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Autore: Juliet8198    06/01/2021    1 recensioni
Choson, 1503
La condizione di principe esiliato aveva portato Yoongi a fidarsi unicamente delle persone che vivano sotto al suo tetto. La cosa, però, in fondo non gli dispiaceva. Erano pochi quelli che tollerava e ancora meno quelli a cui concedeva confidenza. Eppure, per qualche motivo, quando Namjoon si presentò al suo cospetto con quella schiava dalle sembianze tanto inusuali, decise di andare contro i suoi stessi principi.
Il mondo di Diana era cambiato nel giro di istanti. Dall'essere così vicina a scoprire quel meraviglioso impero di cui suo padre le aveva tanto parlato, al ritrovarsi sola e in catene, venduta ad un padrone dall'attitudine fredda e scontrosa. Solo il suo intelletto e la sua conoscenza avrebbero potuto aiutarla nell'impervia strada verso la libertà, costellata di ostacoli, complotti e pericolosi intrecci politici.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Jung Hoseok/ J-Hope, Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La voce di Seukjin era talmente squillante da riempire completamente la cucina e colmare il silenzio delle altre due figure presenti. L'uomo chiacchierava incessantemente, lasciando che dalla sua bocca fuoriuscisse un flusso continuo e disarmante di parole, ognuna accompagnata da una generosa dose di enfasi e da espressioni del viso atte a sottolineare il suo punto di vista. 

 

Da quando Jungkook aveva messo piede nella cucina, invece, non aveva pronunciato parola. Aveva preso la ciotola colma di riso fumante e verdure stufate e aveva iniziato a ingoiare il cibo con gli occhi bassi, concentrati sull'obbiettivo. Sembrava essere abituato al discorrere incessante del cuoco che, per contro, appariva irritato dall'indifferenza del più giovane. 

 

A un certo punto arrivò perfino a schiaffeggiare il collo del ragazzo dopo aver ostinatamente continuato a rivolgergli la stessa domanda per tre volte, senza ricevere risposta. A seguito di quel gesto, la guardia aveva finalmente sollevato gli occhi dal cibo e si era girata verso il maggiore con un mugolio irritato. 

 

Mentre i due prendevano a battibeccare animatamente nella loro lingua, Diana ingoiava un risolino divertito insieme ad agglomerati di verdure. Anche se il ragazzo non l'aveva ancora guardata da che si erano incontrati per la prima volta, non sentiva alcuna forma di ostilità provenire da lui nei suoi confronti. Sembrava essere semplicemente un giovane riservato, che non amava avere a che fare con le persone. 

 

Questa tesi fu ulteriormente avvalorata dal modo con cui interagiva con Seukjin. Pareva che il carattere estroverso e un po' rumoroso dell'uomo riuscisse a stimolare in un qualche modo la timidezza del ragazzo, tirandolo fuori dal suo bozzolo di silenzio. Il cuoco aveva detto di averlo cresciuto e, in effetti, sembrava proprio che nel corso degli anni si fosse ritagliato un posto nel cuore del giovane con pazienza e tanto lavoro. Scavando a fondo oltre la coltre di riservatezza e raggiungendo un livello di intimità che gli permetteva di aprirsi più di quanto normalmente avrebbe fatto. 

 

Osservando ciò, Diana sentì un senso di rassicurazione rasserenare la sua mente, almeno per poco. 

 

Poteva esserci posto per lei in una casa come quella? 

 

Quelle persone avrebbero dimostrato lo stesso livello di cura e di attenzione nei suoi confronti? 

 

Mentre meditava su quelle domande che le ronzavano incessantemente in testa, volando in circolo senza lasciare che i dubbi la abbandonassero, una quarta figura fece il suo ingresso nella stanza. 

 

Diana aggrottò le sopracciglia. L'espressione sul viso di Hoseok era assai diversa da quella che le aveva mostrato poco tempo prima, quando l'aveva accompagnata lì. Sembrava... terrorizzata. 

 

Dopo aver percorso con gli occhi l'ambiente e inglobato la scena davanti a sé, il giovane si decise a posare lo sguardo su di lei con una misteriosa dose di apprensione, malcelata nella piega inquieta delle labbra. E pronunciò una frase.

 

Seukjin lo fissò per un lungo istante, convertendo velocemente il sorriso spensierato in un cipiglio confuso. 

 

-Mwoya?- chiese infine abbassando la voce ad un tono più calmo, quasi sospettoso. 

 

Hoseok emise un breve sospiro, allontanando gli occhi dalle persone sedute a terra, intente a consumare la cena. Poi, li riportò sul cuoco con un'oscurità ancora più funesta e replicò con un'altra breve serie di parole, pronunciate a denti stretti. 

 

L'interlocutore fissò il giovane con le labbra dischiuse, prima di inghiottire una smorfia amara e cercare di rilassare i lineamenti del viso. 

 

-Principe vuole vederti. Segui Hoseok. 

 

Diana, dopo un attimo di esitazione, annuì. Sollevandosi da terra, si avvicinò al giovane che evitò cautamente il suo sguardo curioso e le rivolse prontamente la schiena. Percorrendo lo stretto corridoio in legno, Diana poté nuovamente constatare come l'abitazione fosse più piccola rispetto a quella del suo venditore. Le porte che si susseguirono sotto al suo sguardo furono di numero molto inferiore, tanto che per giungere nella stanza del principe non dovettero fare più di dieci passi. 

 

Hoseok scostò la porta scorrevole e chinò il capo, indicandole brevemente di entrare. Quando si raddrizzò, però, Diana vide nei suoi occhi una strana luce ansiosa, quasi preoccupata. La giovane, con un ultimo, esitante cenno del capo, lo salutò cautamente e fece il suo ingresso. 

 

A catturare avidamente il suo sguardo non appena mise piede nella stanza fu la figura seduta e accartocciata in avanti, con i gomiti appoggiati su un basso tavolino che sormontava le sue gambe. Il principe indossava la stessa semplice veste che portava durante il loro primo incontro, una lunga casacca incrociata sul petto dalla forma assai simile all'hanfu di un nobile di basso rango. 

 

La stoffa non era trasandata ma era troppo semplice per appartenere ad un membro della famiglia reale. L'unico vago segno del suo stato appariva essere l'ornamento d'oro sulla cima della sua testa, che reggeva una piccola crocchia di capelli scuri. Le lunghe ciocche che non erano state catturate dall'ornamento scendevano mollemente fino raggiungere la parte bassa della sua schiena, tanto lisce da riflettere la luce delle candele come il mare al tramonto. 

 

-Entra. 

 

La sua voce era più rauca di quando avevano parlato in precedenza. Sembrava essere stata affilata da un fabbro maldestro, che aveva lasciato frastagliature lungo il prezioso filo. 

 

Diana obbedì, portandosi davanti a lui e inginocchiandosi nell''inchino che le era stato insegnato. L'uomo, però, non sollevò il capo, lasciandolo intrappolato fra le mani e cadente in avanti. La giovane, allora, pur mantenendo la testa umilmente bassa approfittò del silenzio del padrone per scrutare il suo circondario. 

 

Se il vestiario non sembrava riflettere la posizione del signore, l'ambiente circostante pareva non essere da meno. La stanza era più piccola del luogo in cui era stata ricevuta e il suo arredamento si limitava a due mobiletti a cassetti in legno e ad una serie di rotoli appesi alle pareti, recanti componimenti calligrafici o dipinti di fiori. 

 

-Spogliati. 

 

Il respiro morì nella gola di Diana prima di poter raggiungere il suo petto. 

 

-Come? 

 

Doveva aspettarselo. Che stolta. 

 

-Sembra che sia calato l'udito di tutti gli abitanti di questa casa. Spogliati, ho detto.

 

La giovane strinse la stoffa della gonna tra le dita, aggrappandosi ad essa come ad una scialuppa di salvataggio. Le labbra tremanti dovevano farla sembrare ancora più patetica di quanto già non appariva, perciò le morse violentemente, conficcando i denti nella carne finché non sentì il sapore ferroso del sangue stuzzicarle la lingua.

 

Doveva aspettarselo. 

 

Sapeva che una cosa del genere sarebbe accaduta eppure...

 

... eppure come una stupida aveva pensato che non potesse succedere a lei. 

 

Che Mei Lin l'avesse salvata perché a lei fosse risparmiato questo destino. 

 

Quanta presunzione. Pensare che lei non avrebbe subito lo stesso trattamento. Per quale ragione?

 

Era una schiava. Un possedimento di cui il padrone poteva disporre a proprio piacimento, quando voleva e nel modo che voleva. 

 

-Non mi hai sentito? 

 

Il giovane signore, infine, sollevò il capo. I suoi occhi scuri, dal taglio stretto ed enigmatico, erano offuscati da una coltre di fitta nebbia. Era visibilmente ubriaco. 

 

Troppo tardi Diana si accorse che ormai il suo intero corpo era pervaso dai brividi. Troppo tardi si accorse di essere come un cerbiatto terrorizzato davanti ad un orso di montagna con la zampa pronta a perforarle un fianco. 

 

-Sopravvivi. 

 

Lo voleva. Voleva sopravvivere. 

 

-A qualsiasi costo. 

 

Anche a quel costo? 

 

La giovane non riuscì a schiudere la bocca per emettere una risposta. Temeva che, nel momento in cui l'avesse lasciata sfuggire alla sua morsa, i denti avrebbero preso a battere rumorosi come zoccoli di cavallo. 

 

Il principe piegò il capo, mantenendo lo sguardo annebbiato sul suo viso. Poi, con lenti e pigri movimenti, si voltò. Il sibilo basso di una lama fece scattare gli occhi della giovane sul luccichio gelido della spada puntata contro di lei. Spada che aveva maldestramente mancato di notare quando aveva osservato l'ambiente. 

 

-Devo riformulare la richiesta? 

 

Diana voleva piangere. Voleva raggomitolarsi lì, sul nudo pavimento, e iniziare a dondolarsi come una bambina mentre lasciava che il mal di testa che le offuscava i pensieri si convertisse in singhiozzi e gocce di paura. 

 

-Sopravvivi. 

 

Doveva obbedirgli. Doveva obbedire al comando di suo padre. A qualsiasi costo. 

 

-No. 

 

La parola sfuggì al controllo della sua mente, scivolando dalle sue labbra furtiva come una ladra. 

 

"Mi dispiace padre." 

 

-No? 

 

La domanda non fu rivolta con rabbia o con frustrazione. Piuttosto, sembrava che un rivolo di curiosità vi si fosse insinuato dentro, come se il suo possessore fosse piacevolmente stupito da quella semplice, breve parola. 

 

-No, mio signore. 

 

"Padre, perdonami. So di essere una delusione." 

 

"Ma... padre, non posso." 

 

Aveva ceduto la sua umanità. Aveva ceduto il suo diritto ad essere una persona, ad appartenere a se stessa e a nessun altro. Non le rimaneva altro che quello. La sua dignità. Una minima eredità. Una piccola consolazione. 

 

Ma era la sua unica consolazione. 

 

La cosa per cui Mei Lin si era sacrificata. 

 

La cosa per cui aveva continuato a correre anche se le gambe urlavano di fermarsi, implorando pietà. 

 

-Hai una spada puntata contro e un uomo dalla dubbia morale che non ha timore di usarla. Hai forse il desiderio di morire? 

 

Diana strinse ancora di più la stoffa fra le dita e abbassò il capo fino a piegare il busto. 

 

-No, mio signore. Non desidero morire. Desidero compiere la mia scelta.

 

Avrebbe fatto meglio a starsene zitta. Suo padre le diceva sempre che la sua impulsività era la causa di tutti i suoi guai. Avrebbe dovuto ingoiare il suo stupido orgoglio eppure...

 

-Una scelta? Nella posizione in cui ti trovi pensi di avere una scelta? 

 

Diana deglutì, sperando che la raucedine delle lacrime intrappolate nella sua gola non la tradisse. 

 

-Posso scegliere se obbedire al vostro comando o rifiutarmi e rischiare la vita. Posso scegliere se accettare il mio destino o tentare di scappare. 

 

La giovane sentì una secca risata fuoriuscire dal giovane padrone. Le ricordava il suono delle foglie autunnali che scricchiolavano sotto i piedi qualora qualcuno osava calpestarle. Era, stranamente, rassicurante.

 

-La chiami scelta, questa? 

 

Un'altra risata, priva di gioia, più pesante della precedente.

 

-E sentiamo... come avresti intenzione di scappare? 

 

Diana scavò l'interno della sua guancia con i denti, cercando di sublimare il nervoso tremolio del suo corpo in un gesto meno lampante. 

 

-Potrei provare a prendere la vostra spada e rivolgerla contro di voi. O potrei cercare di distrarvi mentre scappo dalla porta. 

 

Non sapeva se quella fosse la strategia migliore. A quel punto, stava semplicemente improvvisando. Ed era assai probabile che stesse combinando un disastro.

 

-E se dovessi fallire? 

 

Diana sollevò gli occhi e, per la prima volta, li rivolse sfacciatamente contro quelli del giovane. Era tremante, sull'orlo delle lacrime. Ma irremovibile. 

 

-Allora mi getterei sulla vostra spada prima che mi possiate costringere. 

 

Le ultime parole risuonarono nella stanza perentorie, aggravate dal suo tono imbevuto di risolutezza. Era perfino riuscita ad evitare che il tremore le facesse inciampare la lingua. 

 

L'uomo la fissò. Si portò una mano davanti alla bocca e prese a sfiorarsi il mento con le sopracciglia congiunte sulla fronte. 

 

-Una scelta... che idea ridicola...- lo sentì mormorare. 

 

La giovane trasse un lungo respiro e preparò la sua mente agli istanti che avrebbero seguito quell'affermazione. Si preparò a scattare in piedi e correre. Si preparò... ad afferrare la lama fra le mani, a sentire il freddo bacio del ferro prima di lasciare che le perforasse il petto. 

 

Aveva fatto la sua scelta. 

 

-Vattene. 

 

Il metallo tintinnò contrariato quando incontrò il pavimento. L'arma era stata abbandonata al fianco del suo padrone, vicina al corpo che era tornato a contorcersi su se stesso. 

 

Diana necessitò di un solo istante prima di comprendere cosa le era appena stato detto. Dopo ciò, scattò in piedi fulminea e corse verso la porta, facendo scivolare il legno più velocemente che poteva nonostante la sua pesantezza. 

 

Quando richiuse il pannello scorrevole dietro la sua schiena, si appoggiò contro la parete e sollevò la testa. Hoseok era lì. Gli occhi ansiosi percorsero la sua figura per intero e si soffermarono sul suo viso, analizzando preoccupati il terrore che si era annidato nello sguardo della ragazza. Insieme alle lacrime ormai libere di scivolare sulle sue gote. 

 

Il giovane strinse la mandibola, facendole cenno col capo di seguirlo. 

 

Dopo pochi passi, aprì una porta su una semplice stanza con un materasso e una coperta, illuminata da una singola candela. Senza ulteriore esitazione, Diana vi si fiondò dentro, abbandonandosi sul pavimento. 

 

Strinse la coperta attorno al suo corpo tremante e, quando i singhiozzi si fecero troppo violenti, morse il tessuto lasciando che assorbisse i singulti convulsi della sua voce.

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Eh... che dire. Ok, è stato un capitolo tosto. Yoongi è stato... cattivello. Non ve la prendete con lui, però, si redimerà, anche perché lui non è così di solito. È solo che ha ricevuto notizie brutte brutte. 

E comunque... siamo già a 800 letture. A sto punto non mi sorprenderebbe se raggiungessimo le mille nel giro dei prossimi capitoli. In vista di ciò, quindi, sto già iniziando a preparare la sorpresa per festeggiare il traguardo (nulla di paragonabile al what if di Dreamland, non montatevi la testa XD).

   
 
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