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Autore: KronaJ    20/01/2021    1 recensioni
Bakugo è stato rapito durante il ritiro nei boschi! Chi è questa ragazza che lo va a trovare finché è prigioniero? Le loro anime sembrano simili, i due si capiscono alla perfezione! Delle decisioni andranno prese in fretta.
Scontro! Un'anima in trappola e una furente di incontrano?
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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«Cazzo. Kirishima, questa stronza continua a svenire» commentò Bakugo osservando il corpo senza sensi di Jisei. Il compagno si girò e la guardò a sua volta.
 
«L’hanno ridotta malissimo. E per qualche motivo continua a tremare… Non c’è affatto freddo» rispose. «Comunque, è meglio fermarci tra poco. Lascerò la macchina dove mio fratello potrà trovarla domani.»
 
Katsuki continuò a guardare la ragazza. Aveva una maglietta bianca e un paio di pantaloni corti dello stesso colore. La maglietta era macchiata di sangue e bruciata in più punti. Un fianco era nudo a causa di questo. Le braccia e le gambe erano piene di tumefazioni, alcune fresche, altre più vecchie. Sembrava avessero lasciato intatto il viso: Katsuki le scostò i capelli dalla fronte. No, c’erano segni di contusioni anche alle tempie e sul collo… un segno rosso diverso dagli altri. L’avevano anche molestata?
 
«Come cazzo possono ridurre così una loro compagna…» pensò ad alta voce Katsuki. «Kirishima! Torniamo indietro! Uccidiamo quei fottuti malati!» Il compagno non rispose subito. «Non ignorarmi, bastardo! Devono pagare.» 
 
Eijirou fermo la macchina in un viale buio e deserto. Sospirò. Aveva viaggiato per almeno venti minuti, senza rispettare un singolo limite di velocità. Pregò che nessuno li avesse visti. Scese dalla macchina e aprì la portiera posteriore dove era accasciata la ragazza.
 
«Cazzo.» Non l’aveva guardata attentamente fino a quel momento. «Cazzo. Dobbiamo portarla in ospedale.» Guardò Katsuki. Aveva uno sguardo particolarmente furente. Respirava pesantemente. Si stringeva le ginocchia con forza. «Bakugo? Non possiamo portarla alla Yuei. Non possiamo farla rimanere così un secondo di più.» Il ragazzo si destò dai suoi sogni di vendetta. La guardò, constatando che tremava ancora.
 
«Aspettiamo che si svegli», rispose Katsuki. «Non posso sapere se ha documenti, o se è registrata come Villain. Se la portiamo in ospedale potrebbe finire dentro.»
 
«Forse è meglio così.» Katsuki fulminò l’amico con lo sguardo.
 
«Coglione! Non l’hai capito? Questa stronza ha rischiato di farsi ammazzare per aiutarmi a scappare. Credi che possa vivere sapendo di dovere qualcosa a qualcuno? Mi mangio le mani piuttosto. Finché non si sveglia, non la portiamo da nessuna parte. Sì, proprio così. Si sveglia e poi le dico che non le devo più un cazzo.»  
 
«Ma sta male, non vedi come trema? Che cazzo…» Katsuki si tolse la felpa nera che aveva messo per confondersi nella notte. La fece indossare alla ragazza. Finché la vestiva, la senti lamentarsi per il dolore. Cercò di essere il più gentile possibile. Poi afferrò come poteva i fianchi della ragazza e se la mise sulle gambe. La strinse.
 
«Per il freddo ci penso io.» Bakugo evitò intenzionalmente lo sguardo dell’amico, guardando nella direzione opposta. Kirishima era stupito e un po’ imbarazzato. 
 
«Ok, amico. Capisco perché vuoi aiutarla. Ma cerchiamo di non peggiorare le cose. Se non si sveglia entro breve, ti trascinerò insieme a lei in ospedale. Chiaro?» Katsuki grugnì in risposta, finché sentiva che la ragazza si stava lentamente scaldando. 
 
 
 
 
Dopo una decina di minuti, Katsuki sbottò. «Kirishima. Guarda», disse indicando un punto sul fianco di Jisei. «Qui c’era un ematoma enorme, sembrava piuttosto vecchio. Si sta già rimpicciolendo? Sto diventando pazzo?» Eijirou, tornato al posto del guidatore per accendere il riscaldamento, si voltò.
 
«Cazzo. È vero! Bakugo, anche le bruciature si stanno facendo più lievi. E non trema nemmeno più,» Il ragazzo sorrise a Katsuki, «a quanto pare sei un bravo medico.» L’amico in risposta digrignò i denti.
 
«Deve essere il suo quirk.» disse serio. Incontrò lo sguardo di Kirishima, leggermente stupito. «Io sono bravo in tutto. Deve ritenersi fortunata a potermi stare così vicino.» disse stizzito.
 
Finché accadeva questo, Jisei lentamente tornò cosciente. Aprì gli occhi e sentì subito un miglioramento eccezionale rispetto a prima. Abbassò gli occhi e vide una gamba che non riconosceva. Si rese conto subito di essere sopra a Katsuki, per via dell’odore di glicerina che proveniva dalla sua pelle. Arrossì violentemente. Si ribellò alla stretta del ragazzo, che la lasciò subito andare, come scottato. Jisei si ritrovo dall’altro lato della macchina, ansimante, con braccia e gambe legate. Guardo Katsuki e poi Kirishima, che d’altra parte la osservavano attenti.
 
Passò qualche secondo prima che qualcuno parlasse. Kirishima stava per chiederle come stava, ma Bakugo fu più veloce.
 
«Ohi, bastarda. Buongiorno.» disse. Kirishima voleva picchiarlo.
 
«Liberami, cane.»
 
«Zitta! Dovresti come minimo ringraziarmi! Ingrata di una deficiente» urlò incrociando le braccia.
 
«Bakugo, datti una calmata. Ehi… come stai? Ti sei ripresa?» chiese Eijirou. Jisei ci mise un momento a controllare mentalmente il suo corpo.
 
«Sì, sto meglio.» rispose seccamente.
 
«Hai bisogno del calore per guarire le tue ferite? È questo il tuo quirk?» chiese sollevato Kirishima.
 
«Non proprio…»
 
«Chissenefrega. Dove sono i miei ringraziamenti? Ti ricordo che ti abbiamo appena salvato la vita, stronza.»
 
«Dove siamo?» lo ignorò Jisei.
 
«Non ignorarmi stronza!»
 
«Vicino al territorio della Yuei.»
 
«Oh…» Jisei stava riflettendo velocemente. «Voi… volete consegnarmi?» chiese. Katsuki e Kirishima si guardarono. Sapeva già cosa pensava Kirishima. Jisei sapeva che qualsiasi cosa volessero fare di lei, non avrebbe mosso un dito contro di loro. Legata, in quelle condizioni, c’era poco che potesse fare.
 
«Mi dispiace, ma non so davvero cos’altro potremmo fare. In queste condizioni non possiamo lasciarti sola in ogni caso» rispose Kirishima. «Non preoccuparti, sono sicura che una volta che Katsuki spiegherà come sono andate le cose i professori…»
 
«No. Non mi sarà concessa nessuna grazia» disse sommessamente, guardandosi i piedi. «Ho fatto del male a parecchia gente.» continuò. Vide lo sguardo di Kirishima farsi più sospetto. «Non ho mai ucciso nessuno.» Katsuki si irrigidì. «Ma ho fatto del male in altri modi ad altre persone.»
 
«Capisco… ma non possiamo comunque farti rimanere in queste condizioni a lungo…»
 
«Non ho bisogno di dottori, né di cure. Mi basta dormire al caldo. Nient’altro. Il mio quirk farà il resto. Tempo due giorni, forse meno, e tornerò ad essere in salute.» Kirishima guardò Katsuki, che stava ascoltando da un po’ senza dire niente.»
 
«Sei messa più male di quanto pensassi e…»
 
«Verrà al dormitorio.» Lo informò Bakugo. Kirishima lo guardò stupito.
 
«Hai sbattuto la testa?!» Allargò le braccia come a voler mostrare la situazione nella sua completezza. «Non possiamo portarla al dormitorio!»
 
«Verrà al dormitorio.» Confermò nuovamente.
 
«Senti. Non serve che mi portiate da nessuna parte, basterà portarmi dove vivevo prima e…»
 
«Tu verrai al dormitorio. Fine della discussione.» sbottò Katsuki rivolgendo lo sguardo a Jisei. «Il bastardo che può usare il teletrasporto sa dove abiti, giusto?» La ragazza non rispose. Era vero. Probabilmente sarebbe stato il primo posto dove l’avrebbero cercata.
 
«E dove cazzo starebbe, esattamente? Con il prof Aizawa che gira e tutti gli altri. Se Lida sente anche solo odore di regole infrante…»
 
«Zitto. Chissenefrega. Starà nella mia stanza finché non si riprende. Poi se ne andrà a fanculo appena riuscirà di nuovo a correre come un cazzo di coniglio impazzito»
 
«E tu ti fideresti?» chiese Kirishima sempre più sgomento.
 
Katsuki voltò il busto e guardo in faccia Jisei. Alzò la mano. La ragazza senti contrarre lo stomaco. Aveva visto molte mani alzarsi su di lei in quei giorni. Non era mai stato piacevole. Katsuki premette un dito contro la fronte di Jisei.
 
«Questa qui non può proprio farmi un cazzo. Se anche volesse, saprei difendermi.» spiegò. Jisei si inasprì.
«Ti piacerebbe, cane. Mi rifiuto di vivere con un pazzo del genere. Ehi, compagno, lo sai che il tuo amico Hero qui mi ha rotto due dita? Perché cazzo dovrei voler stare nella stessa stanza con questo idiota che pensa solo con i suoi muscoli?»
 
«Zitta! Sta zitta! Ti ho rotto le dita perché tu mi hai rotto il naso, ricordi stronza? Non fare la santarellina» Jisei voltò lo sguardo, stizzita. A Kirishima sembrava una scena talmente surreale che pensò di sognare. «Ohi.» la richiamò Katsuki. «Ohi! Guardami! Non ignorarmi»
 
«Che vuoi?» Sibilò tra i denti Jisei voltandosi. Appena stabilito un contatto visivo, Bakugo allungo di nuovo le mani. Si mise a liberare le braccia della ragazza. Essendo legate dietro la schiena, dovette avvicinarsi. Jisei si accorse solo allora della felpa che aveva addosso. Le maniche penzolavano.
 
«Ho deciso di fidarmi di te.» iniziò Katsuki. «Se deluderai questa fiducia -te lo giuro, stronza- ti pentirai di essere nata» finì serio, finché armeggiava con la cintura. Lei lo lasciò fare. Poteva sentire il suo respiro sul collo.
 
«Non ti ho chiesto di fidarti di me, cane.» Cominciò lei una volta libera, si massaggiò le braccia libere.
 
«Immagino tu voglia vendicarti dei bastardi che ti hanno ridotto così.» Si scostò per guardarla. Gli occhi di Bakugo erano accesi di odio. Sentendo quelle parole, anche Jisei si infiammò. Si guardarono con lo stesso sguardo furente, e giunsero a un accordo mentale, stipulato con la rabbia. La ragazza annuì.
 
«Li ucciderò con queste mani.» proclamò. La sua voce non tradiva rabbia. Il che la rendeva più minacciosa. Katsuki sorrise.
 
«Bene. Allora è deciso»
 
«Voi due... La cosa non finirà bene in un nessun cazzo di caso.» Commentò Kirishima sommessamente. Jisei avvertì un senso di colpa verso quel ragazzo. Non provava pena per Katsuki. Quel tipo non rifletteva troppo su quello che stava per fare. Ma il compagno sembrava più riflessivo.
 
«Non paragonarmi a questo coniglio.» si lamentò Katsuki.
 
«Siamo passati ai conigli? È un bel miglioramento rispetto a stronza.» commentò ironicamente Jisei.
 
«Io i conigli li mangio, stronza.»
 
 
 
 
Proseguirono a piedi. Katsuki e Kirishima camminavano vicini, mentre Jisei li seguiva nascondendosi quando poteva. Il suo corpo era stanco, il suo quirk era quasi completamente impegnato a guarirla, perciò dovette stare molto più attenta del solito. “Dubito sarei riuscita a scappare da quel posto senza l’aiuto di quei due. A questa velocità non sarebbe stato difficile catturarmi”, pensò avanzando. Erano appena le nove di sera, perciò nessuno si chiese perché i due compagni di classe si trovavano all’esterno del dormitorio. Prima di avvicinarsi, spiegarono a Jisei dove si trovava la stanza di Bakugo. Sulla via verso l’entrata furono fermati.
 
«Ka-chan, Kirishima-san, siete andati a fare un giro?» chiese Midoriya, che si stava allenando.
 
«Zitto, Merdeku. Non sono affari tuoi.»
 
«Sei scortese, Bakugo-san. Comunque, sì, siamo andati a fare un giro.» rispose Kirishima pacatamente. Midoriya sembrava distratto, perciò non disse nulla.
 
Quando furono sulle scale che portavano ai piani superiori, finalmente soli, Kirishima affrontò Katsuki.
 
«Meno male che dovevi dirle che non le devi più un cazzo» sbottò. «Capisco volerla salvare, ma stai esagerando. Non è un bel momento per questi giochi.» Katsuki si fermò. Aveva lo sguardo rivoltò in basso.
 
«Le hanno rotto le dita che le avevo già rotto io.» iniziò a dire. «L’hanno bruciata più volte negli stessi punti. Credo l’abbiamo stuprata, anche. O almeno qualcosa di simile». Alzò lo sguardo e incontrò quello di Kirishima, che lo ascoltava preoccupato.
 
«Non è colpa tua. Dopotutto, lavorava per loro. Sapeva a cosa stava andando in contro».
 
«Non hai capito, idiota. Queste non sono torture che si fanno per punire. Se avessero voluto punirla, l’avrebbero uccisa, avrebbero fatto qualcosa di più drastico.» Kirishima sembrò non capire. «L’hanno interrogata. Le hanno fatto domande su di me. È sicuro. E lei non ha detto assolutamente niente. Non so cosa le abbiano chiesto. Rimane il fatto che non ha cercato di mentire, o salvarsi. Ha detto quello che aveva fatto. Poco ma sicuro. E perciò hanno continuato.» Katsuki strinse le spalle. «Non posso lasciare una persona del genere morire, né venire rinchiusa. Ha avuto coraggio.» L’amico ci pensò sopra un momento, poi annuì.
 
«Scusa. Hai ragione. In effetti, mi sembra una dura.» commentò Kirishima. Poi ci pensò sopra. «Mi sembra strano che tu ti sia impegnato così tanto per salvarla, ad essere onesto.»
 
«Zitto. Non mi piace avere debiti.» disse senza cattiveria. I due sembravano aver raggiunto un accordo. «Kirishima.»
 
«Uh?»
 
«Grazie, amico». Il compagno sorrise imbarazzato. «Ora vado.»
 
 
 
 
Katsuki entrò nella sua stanza, aprì la finestra, e accese la torcia del telefono tre volte. La ragazza arrivò prima che il terzo fascio di luce di spegnesse. Il ragazzo mise le mani in tasca e la guardò finché lei osservava la camera. Jisei restituì lo sguardo.
 
«Che vuoi?» ringhiò. Katsuki si inalberò subito.
 
«Che cazzo vuol dire?» Jisei non rispose. «Nessuno è mai entrato qui a parte me. Vedi di fartelo piacere.»
 
«Che c’è, sei un arredatore? Vuoi che valuti il design?»
 
«Zitta! Mi hai già rotto il cazzo.» sbottò in risposta Katsuki. Si diresse verso l’armadio, tirò fuori un cambio di vestiti e un futon. Aprì il futon il più distante possibile dal letto, posizionandolo anche in modo che aprendo la porta fosse l’ultima cosa visibile. «Ora aspettiamo che tutti se ne vadano a nanna. Di solito per le 11 non c’è già più nessuno. Poi ti vai a lavare.»
 
Jisei arrossì. Probabilmente era ridotta uno schifo. Non offrono bagni termali nei pacchetti di tortura comuni. Si portò le mani ai capelli, che erano incrostati di sangue e spettinati. Per un momento, si vergognò del suo aspetto. Katsuki, d’altra parte, era pulito e in ordine. Era un ragazzo attraente, non aveva bisogno di sistemarsi i capelli la mattina. Il ragazzo sembrò cogliere i pensieri di lei.
 
«Tanto eri brutta anche quando ci siamo visti la prima volta.» mentì lui. Lei non rispose. Sembrava che le torture fisiche e mentali subite fossero culminate in questo senso di inadeguatezza verso il suo aspetto momentaneo e l’avessero resa fin troppo mansueta per i suoi standard. Lui non fu contento di quell’atteggiamento. «Ohi.»
 
«Non mi va di farmi insultare per il mio aspetto. Vado a lavarmi subito.» borbottò stringendo i denti.
 
«Che c’è? Hai fretta di farti bella per me?»
 
«Non preoccuparti, non intendo provarci con te. I cani con la rabbia vanno evitati.» rispose lei a tono. Lui sorrise.
 
«Vedo che non hai ancora perso la tua lingua affilata. Bene. Comunque aspetterai.»
 
«Con il mio quirk ci metterei tre minuti. Fammi la guardia. Dopotutto è ciò che fanno i cani.»
Katsuki grugnì stizzito.
 
«Cazzo. Sei insopportabile.» poi ci pensò sopra. Probabilmente era stanca. Non aveva senso farla aspettare ancora due ore. Avrebbe rischiato di addormentarsi prima. E non se la sentiva di farla dormire in quelle condizioni, con ferite da pulire e tutto il resto. Anche l’odore, in realtà, non era piacevole. «D’accordo, andiamo.»
 
 
 
Non incontrarono nessuno nel tragitto fino alle docce e la cosa finì in men che non si dica. Jisei, di nuovo pulita, si infilò velocemente i vestiti di Bakugo. Una semplice maglietta a maniche corte e pantaloni fino a ginocchio, neri entrambi. Tornarono in camera senza intoppi. Lei era troppo sfinita per fare qualsiasi cosa a parte dormire. Bakugo chiuse la porta a chiave.
 
«Vedi non fare mosse strane, coniglio. Ho troppa voglia di picchiarti per fermarmi a riflettere.» disse finché lei si sdraiava nel futon. Aveva le guance rosse e i capelli scompigliati e bagnati. Stava meglio.
 
«Hai paura che ci provi?» chiese lei stanca.
 
«Paura? Che cazzo dici. Sei tu che dovresti averne.» Lei si voltò a guardarlo mentre si cambiava. Si era lavato anche lui, visto che non c’era nessuno. In ogni caso lei sarebbe potuta tornare senza farsi vedere. Aveva il fisico giusto per il suo quirk. Non aveva un filo di grasso, sembrava costantemente in tensione. Doveva allenarsi davvero molto.
 
«Perché, vuoi provarci tu con me?» chiese, divertita. Lui la guardò e vide che lei lo stava già scrutando. Era senza maglietta. Sorrise sicuro di sé.
 
«Ti stai godendo la vista, eh?» la incalzò lui. «Sai, sei nella stanza di un uomo. Stai per dormire qui, con i suoi cazzo di vestiti addosso. Starei attenta fossi in te.»
 
«Tanto ci sono abituata.» rispose tetramente. Katsuki cambiò espressione. Non distolse lo sguardo, ma si fece più serio.
 
«Non sono il tipo che fa queste cose.» lei sorrise.
 
«Se abituato a farti adorare? Sarà per questo che sei così arrogante.»
 
«Di che cazzo parli, coniglio? Vuoi adorarmi? Fai pure. Non me ne frega un cazzo.» Jisei se lo aspettava. Lui finì di cambiarsi e si infilò a letto.
 
Dopo pochi minuti Jisei stava già dormendo. Bakugo se ne accorse perché il suo respiro si era fatto più lento. La osservò. Jisei aveva i capelli bianchi, lunghi fino alle clavicole, con uno strano tipo di frangia sulla fronte, asimmetrica e sfilettata. I suoi occhi, come Bakugo ricordava, cambiavano colore finché usava il suo quirk. Normalmente erano gialli, ma si era accorto che li aveva rossi durante lo scontro che li aveva portati a conoscersi. Quando l’aveva salvata, i suoi occhi erano quasi bianchi. Aveva un bel viso. Il fisico sembrava perfetto per il suo quirk. Era slanciata e magra. Aveva dei tratti quasi spigolosi. Come se fosse aerodinamica. L’aveva trovata attraente anche finché era ricoperta di sangue e ferite. Forse era più per il fatto che la vedeva come una dimostrazione di forza. Finché Bakugo si addormentava, pensò che dovesse essere proprio una dura per essere sopravvissuta in quelle condizioni.
 
 
 
Bakugo si svegliò all’alba come d’abitudine. Aveva scalciato via le lenzuola durante la notte. Il suo corpo era costantemente caldo, per poter facilitare il rilascio della nitroglicerina. Anche la maglietta si era alzata. Appena il sole sorgeva il calore aumentava, e si svegliava accaldato.
 
«Dormito bene?» chiese una voce nella stanza. Le finestre erano aperte. Jisei era seduta alla scrivania, leggeva un libro preso in prestito dalla libreria del ragazzo. Non si era girata a guardarlo. Katsuki si abbassò la maglietta e sbadigliò. La ragazza a quel puntò si voltò nella sua direzione. «La mattina sei più silenzioso.» affermò.
 
«Zitta. Che cazzo fai con quel libro?»
 
«Leggo».
 
«Questo l’avevo capito, cazzo.»
 
«Ho preso la colazione», replicò lei, chiudendo il libro. «Comunque, prendi più appunti di quanto pensassi. Sei una specie di studente modello?»
 
«Non c’è una cosa a questo mondo in cui io non sono il migliore. Dove sarebbe questa colazione? E come cazzo te la sei procurata?»
 
«Uh? Sono scesa. È proprio qui. Nessuno è sveglio, comunque.» Jisei si alzò. Katsuki per un secondo dimenticò di respirare, sbalordito.
 
«Sei guarita.» disse. Lei guardò il proprio corpo.
 
«Le ferite superficiali sono tutte guarite, sì.»
 
Bakugo, che fino a quel momento non se ne era interessato, finalmente disse «Dimmi del tuo quirk.» Jisei alzò una mano e strinse il pugno.
 
«Accelerazione.» Katsuki si alzò, infilando le mani in tasca. La guardò, come a invitarla a continuare. «Posso accelerare qualsiasi parte del mio corpo, compreso tutti i miei organi interni.»
 
«Per questo sei in continuo movimento. E riesci a guarire in fretta», commentò, e lei annuì.
 
«Quando accelero il mio metabolismo per guarire, la mia velocità ne risente. Ma è molto utile.» Katsuki ci pensò su. Si grattò il retro della nuca. Non lo avrebbe mai ammesso, ma lo considerava un potere davvero figo.
 
«Quindi sei guarita.» ripeté Katsuki.
 
«Superficialmente lo sono. Il problema è il veleno. E ovviamente tutte le contusioni interne.» spiegò. «Nelle mie attuali condizioni, posso arrivare da 0 a 500 in qualche secondo. Ma avendo delle costole rotte, rischierei di peggiorare la situazione.»
 
«Il veleno?»
 
«Sonniferi. Per cavalli, immagino. Me ne hanno iniettati una certa quantità, per tenermi ferma.» Lo sguardo di Katsuki si accese.
 
«Ti hanno…?» chiese.
 
«Cosa?» Lui distolse lo sguardo. Lei a fatica capì cosa intendesse.
 
«No. Non che ricordi comunque. Anche se ricordo Dabi…» Lei rabbrividì. «Figlio di…» Katsuki sembrava ugualmente incazzato.
 
«Fanculo. Sono stufo di sentire queste cazzate. Faccio colazione.» Bakugo la superò e si sedette alla scrivania a mangiare.
 
«Prego.»
 
«Zitta! È il minimo che tu possa fare, visto tutto quello che sto facendo per te.»
 
«Ti ricordo che sono stata io la prima a salvare il tuo culo.» ringhiò lei. Forse era la rabbia nel ricordare ciò che le era stato fatto, cominciava a sentire caldo.
 
«Non ti ho chiesto io di salvarmi, coniglio.» replicò, cominciando a montare una certa quantità di rabbia, allo stesso modo della ragazza. Lei strinse i pugni.
 
«Che cazzo stai dicendo? Nemmeno io ti ho chiesto di salvarmi.»
 
«Tu stavi per morire. Io no.»
 
«Cazzo, sei proprio stupido, vero?» sbottò lei. «Proprio per questo il mio salvataggio è stato il più rischioso!»
 
«Zitta! Smetti di dire cazzate!»
 
Lei si infervorì. Si lanciò contro di lui, lo prese per la maglia e lo scaraventò a terra. Alzò un pugno a mezz’aria e lo guardò furente.
 
«Pensi che mi farei problemi a prenderti a calci in culo?»
 
«Cosa cazzo stai facendo str-»
 
«Smettila di chiamarmi stronza! Coglione! Hai idea di quello che ho passato per salvare la tua faccia di merda? E tutto questo per vederti lì! A rischiare di mandare tutto a puttane!» sbraitò. Delle lacrime fuoriuscirono a gocce dai suoi occhi scarlatti, cadendo caotiche a causa dei movimenti tremolanti del capo.
 
«Non ti ho chiesto di salvarmi.» replicò nuovamente Katsuki. Stava digrignando i denti, ma lo disse con calma.
 
«No», sussurrò lei, calmandosi. Abbassò la testa appoggiandosi al petto del ragazzo. Con le mani strinse la presa sulla maglia. «No, non l’hai fatto. Ma allora, perché diavolo ti ho salvato?» A quel punto, Katsuki, che non sapeva come reagire a tutto questo, se ne venne fuori con il commento più opportuno che riuscì a trovare.
 
«Perché sei una stupida testa di cazzo.» lei sobbalzò, ma non si mosse. «E…» prese un profondo respiro di coraggio prima di continuare. «Forse le stupide teste di cazzo si coprono le spalle a vicenda.»
 
Gli occhi di Jisei si spalancarono. Alzò la testa. Katsuki la stava guardando arcigno, ma sembrava un po’ imbarazzato. La ragazza scoppiò in una risata. Era rossa in faccia, senza fiato.
 
«Cazzo. Sei uno spasso.» Katsuki si innervosì. «Le stupide teste di cazzo di coprono le spalle a vicenda! Sei serio? Da dove cazzo l’hai tirata fuori questa?»
 
«Cazzo! Sta zitta! Ti spacco la faccia!» lei non accennava a smettere. Katsuki alzò il busto repentino e le diede una testata. La ragazza smise di ridere. I loro sguardi si incontrarono, a pochi centimetri. «Smettila di prenderti gioco di me.» disse.  
 
Jisei si allontanò di un centimetro, solo per dargli una testata a sua volta.
 
«Cosa? E perché dovrei?»
 
«Maledetta…» ringhiò Katsuki. «Spostati. Questa posizione mi sta creando dei problemi.» Ed era vero. Jisei era a cavalcioni su di lui. Insomma, era a cavalcioni su un giovane ragazzo, svegliatosi da poco. La ragazza arrossì violentemente. Si allontanò. Katsuki si alzò. Si massaggiò il petto. «Cazzo, il tuo quirk è davvero una seccatura.»
 
«Scusa.»
 
Bakugo continuò a toccarsi il petto. «Grazie. Mi hai salvato. Non lo dirò mai più. Non chiedermi di ripeterlo. Crepa.»
 
Lei guardò altrove. «Ok.»
 
«Che cazzo vuol dire ok? Dovresti ringraziarmi anche tu. Ingrata bastarda.»
 
«Grazie.»
 
«Tutto qui?»
 
Lei sospirò, spazientita. «Grazie per avermi salvata. Non avresti dovuto farlo, è stato completamente stupido, irresponsabile e da vero deficiente. Ma grazie.» I due si guardarono con intensità.
 
«Bene. Attaccami di nuovo e ti spacco il culo.»
 
«Sì, certo. Ti piacerebbe. Non esiste che tu possa superare la mia velocità e potenza. Vai a farti esplodere.»
 
«Vincerei sicuramente.» disse lui con sicurezza.
 
«Vuoi provare, testa di cazzo?»
 
Katsuki sorrise aggressivo. «Cominci a piacermi. Quando ti sarai ripresa completamente ti farò rimpiangere di avermelo chiesto.»
   
 
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