Quando chiusero la porta della cella non gridai. Nemmeno piansi o
supplicai.
Mi limitai a sedermi su una specie di lettino e poi restai immobile. In
silenzio.
Non che non avessi paura, eccome se ne avevo..ma era come se avessi sempre
saputo che sarebbe finita così e ora che stava accadendo sentivo il nodo che
avevo allo stomaco che si scioglieva.
Niente terrorizza di più della paura stessa.
Non sapere dove e quando..o come..ma sapere che accadrà.
L’unica cosa che avevo sempre saputo in effetti era il perché.
Il perché era facile, lo era sempre stato.
Avevo quattro anni quando avevo capito che ero diversa.
Otto quando mi avevano detto che ero molto malata.
Quattordici quando, da malata ero diventata un abominio.
Il salto di categoria aveva coinciso con l’outing dei vampiri.
Il mondo era impazzito e io ero diventata un mostro.
Tutto ciò che era diverso faceva paura.
Era sbagliato.
Da correggere o eliminare.
Dato che sfortunatamente la mia malattia non poteva essere curata..adesso
stavo per essere eliminata.
Sfortunatamente..era proprio così che mi aveva detto Ann,
la responsabile dell’istituto in cui ero cresciuta, quando mi aveva affidato
alle cure del reverendo Newlin, capo della Compagnia
del Sole, una simpatica chiesa che professava l’appartenenza dei mostri a
Satana e che si proponeva in nome di Dio di eliminarli tutti. Me compresa.
Oh, sapevano che ero umana..ma corrotta, irrimediabilmente corrotta, nello
spirito e nel corpo.
Mi avevano detto che uccidermi era l’unica speranza che mi rimaneva per
salvare la mia anima.
Per essere onesti, era da quando mi avevano declassata a subumana che
nutrivo sinceri dubbi nei confronti di tutto ciò che riguardava la
religione..ma mi astenni dal dirlo.
Ultimamente l’unica cosa in cui credevo e in cui mi dava conforto credere
era la natura.
No, non la natura, ma la Natura.
Il mondo. In tutte le sue forme e con tutte le sue creature.
Credevo in una forza creatrice che non era né buona né cattiva, ma che
semplicemente ERA.
Credevo nelle cellule, nel DNA..nell’evoluzione..nel cerchio della
vita..secondo cui tutti siamo prede e predatori.
Avevo sempre trovato tutto ciò che riguardava le scienze molto
interessante..ma, negli ultimi due anni, avevo iniziato a trovarlo
rassicurante.
Così, nonostante tutto quello che pensavano di me, io sapevo di non essere
un mostro o un abominio..ero solo malata, avevo la LES: Lupus Eritematoso
Sistemico.
Un nome simpatico per una malattia che non lo era affatto, specie nel mio
caso, in cui si presentava in una forma
insolitamente acuta.
In parole povere si trattava di una malattia autoimmune che veniva acuita
dall’esposizione al sole.
La pelle si copriva di eritemi, il più peculiare dei quali era sul viso e
ricordava una macchia tipica sul muso dei lupi, da cui l’originale nome
Lupus..anche se ormai era conosciuta come Sindrome del Vampiro..e in effetti
era diventata una manifestazione della corruzione dell’anima più che una
malattia.
La cosa più buffa era che i veri vampiri prosperavano allegramente grazie a
un nutrito gruppi di vampiro fili che li veneravano e li adoravano come esseri
superiori.
E io invece stavo per essere uccisa..vabbè che la
fortuna non era mai stata la mia compagna di vita..ma così era un po’
esagerato, no?
Il rumore di un’altra porta che si chiudeva mi strappò ai miei pensieri.
Una donna e un uomo erano stati messi nella cella accanto alla mia.
Ma la loro politica sul silenzio era decisamente diversa.
Prima avevano urlato contro chi li aveva rinchiusi, poi l’uno verso l’altra
e adesso l’uomo si stava esibendo in un
assolo decisamente irritante.
Soffriva di claustrofobia e sembrava intenzionato a farlo sapere a tutti.
Quando non ce la feci più mi avvicinai alle sbarre e gli chiesi di
smetterla.
-C’è qualcuno?-chiese la donna.-Dove sei?
-Nella cella accanto.
-Siamo venuti a prendere Godric.-mi annunciò
felice la donna.
-Beh, mi fa piacere per lui.
Evidentemente il mio sarcasmo non le aveva fatto piacere perché le altre
domande furono più sospettose.
-Chi sei ? Perché sei qui?
-Mi chiamo Phoebe. Mi hanno chiusa qui.
L’uomo intanto continuava a gridare finchè lei
non gli urlò contro con un tono piuttosto autoritario. Poi ritornò a rivolgersi
a me.
-Perché non ci chiedi chi siamo?-era sempre più sospettosa.
-Cosa cambierebbe saperlo? Domani sarà comunque finita.
-Che vuoi dire?
-Mi uccidono domattina.
-Perché?-chiese ancora, ma stavolta
on c’era sospetto nella sua voce, piuttosto sorpresa.-Sembri così
giovane..quanti anni hai?
-Sedici. –potei quasi vedere lo sgomento che si
dipingeva sul suo viso.
-S-sedici? Ma perché?
Scrollai le spalle anche se lei non poteva vedermi.-Ho la LES.
-La cosa?
Fu l’uomo con lei a rispondere per me. –La
Sindrome di Vlad. Non sai cos’è? Ma dove vivi Sookie?
-Vuol dire che sei una vampiro fila? –non so se
fu quello che disse o come lo disse ma non riuscii a trattenermi dal ridere e
fu bello.
Era tanto che non ridevo così. Quasi fino alle lacrime.
Lei, Sookie, mi lasciò sfogare e aspettò che mi
fossi calmata prima di continuare a fare domande.
-Mi sembra di capire di no.
-In realtà non lo so..non ho mai visto un vampiro dal vero..-chissà magari
facevano bene a uccidermi, forse ero davvero corrotta.
-Ma allora cosa sei?
-La domanda giusta è “cosa” hai.-la corressi automaticamente. –E’ una malattia. Il mio corpo non sopporta il sole.
-Ti scotti?-scoppia di nuovo a ridere.
-Quello ed altro.-dissi sempre ridacchiando.
-Ma se sei malata perché..?
-Mi uccidono?
-Sì.
-Perché viviamo in un mondo pazzo Sookie.-ammisi
tristemente.
-Sei sicura di avere 16 anni?
-Avrei dovuto compierne 17 in ottobre.
-Non parlare così. Ti tireremo fuori vedrai.-disse di nuovo carica di
entusiasmo.
-Non per contraddirti..ma siete in gabbia proprio come me..e non credo che
il vostro amico sia messo meglio.
Non mi rispose ma in compenso il suo amico ricominciò a gridare. E a pieni
polmoni.
-Fatemi uscire!!!!!!!!
Lei cercò di calmarlo ma fu inutile.
Sembrava impazzito. Lo sentivo scuotere le sbarre, come se la sua voce non
fosse un fastidio sufficiente.
Passammo così il resto del pomeriggio.
Smise di gridare solo una volta e allora potei sentire che li gli diceva
che era tutto vero, che ero sincera.
Avrei voluto chiedere come faceva ad esserne sicura, ma poi le urla
ricominciarono, se possibile più forti di prima, e persino pensare diventò
difficile.
Sembrava che la mia sincerità lo avesse sconvolto più di tutto il resto.
Non accadde più nulla di rilevante finchè non
venne sera e tre cose accaddero in rapida successione.
Per prima cosa l’uomo impazzì del tutto e la situazione precipitò quando la
donna lo accusò di essere un traditore.
Poi, il reverendo Newlin entrò con una specie di
gorilla dallo sguardo folle.
E infine, dopo una breve predica se ne andò e ci lasciò con quel tipo.
Da quel momento in poi i fatti si fanno confusi.
Le voci si sovrappongono.
Si sentivano solo grida.
Per certo so che l’uomo prigioniero venne zittito e che l’altro voleva fare
molto male a Sookie.
Voleva violentarla. Voleva farle tanto tanto
male..e la cosa più orribile era che questo pensiero sembrava farlo felice.
E io non riuscivo a far altro che pensare”No, questo no! Non lasciare che
lo faccia! Non lasciare che lo faccia anche a me!”.
Probabilmente svenni o forse fu lo choc, comunque tutto divenne nero e
quando riaprii gli occhi non ero più in cella.