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Autore: Hoshi_10000    25/01/2021    2 recensioni
- Convinto di esser etero? -
- Se anche fosse? -
- Niente, è una cosa così stereotipata che non credevo potesse accadere davvero. -
********
- Che sei anche tu gay? Ti prego dimmi di no, ho scommesso con Kenma. -
- Ha importanza? La domanda non è se sono gay o etero ma di che sesso sia la mia soulmate al massimo, non trovi? -
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mondo monocromo
 

Guarda la sua figura riflessa allo specchio, i capelli a scodella, i pantaloni grigi, la maglia chiara, la pelle pallida.
-Mamma, come sto?-
Affacciata alla porta della sua stanza Yuki lo guarda, elegante come sempre, inginocchiandosi al suo fianco e avvolgendogli un braccio attorno alle spalle, guardando il loro riflesso.
-Stai benissimo tesoro, la divisa ti dona.-
Tendou osserva di nuovo il riflesso, per nulla convinto.
-Di che colore sono i pantaloni?-
-Verdi.-
-Il colore dell’erba, giusto?-
-Esatto.-
-E la maglietta?-
-Bianca, come la neve e il latte.-
Annuisce, osservando di nuovo il proprio riflesso.
-Mamma, il verde come sta con il rosso?-
La madre gli bacia i capelli, affettuosa come sempre, prendendolo in braccio.
-Dipende. Il rosso e il verde sono colori opposti, ma in base alle loro sfumature possono stare molto bene insieme.-
Annuisce, osservando di nuovo lo specchio con espressione mogia. Ha ancora solo cinque anni, è normale che non veda i colori, ma la cosa continua a dispiacergli.
-Mamma, com’è il rosso?- domanda girando il capo a guardarla, osservando il suo sorriso sereno. Gli fa quella domanda più o meno tutti i giorni, suo padre ormai quando lo sente chiederlo si arrabbia, al contrario di sua madre, che semplicemente sorride e gli ripete tutti i giorni la stessa cosa.
-È il colore del fuoco e del sangue, usato per rappresentare l’amore, la forza e l’energia. È un colore di capelli molto raro in Giappone, ma si sposa bene con i tuoi occhi.-
Tendou tira delicatamente un ciuffo di capelli davanti agli occhi, osservandolo speranzoso e trovandolo sempre della solita, monotona, triste tonalità di grigio.
-Dobbiamo andare mamma, o faremo tardi a scuola.-
Yuki gli bacia una tempia, pettinandogli i capelli con le dita e passandogli la cartella, senza lamentarsi per i suoi modi.
In fondo lo capisce, vedere tutto in bianco e nero è piuttosto triste e ricorda che all’età del figlio anche per lei era dura dover sempre chiedere agli altri “come sto?” fino al giorno in cui aveva incontrato la sua anima gemella. Vorrebbe poter spiegare a Tendou che è una situazione normale, che nessuno vede i colori alla sua età, ma il bambino pare determinato a non farsi convincere da quella spiegazione, continuando a chiederle quasi ossessivamente cosa siano i colori.
Saluta brevemente il marito, accompagnando il figlio fino a scuola.
-Tendou?- lo richiama, guardandolo girarsi verso di lei con occhi mogi.
Sorride rassicurante, chinandosi al suo livello e abbracciandolo. -Andrà tutto bene Tendou, vedrai.-
 
 
E invece nulla va bene. È un caso del destino forse, una disgrazia, ma nella sua nuova classe ci sono alcuni bambini che hanno già incontrato la propria anima gemella e a differenza sua vedono i colori.
-Guarda che braccia, sono del tutto fuori posto!-
-E gli occhi, hai visto gli occhi? È come un pesce palla!-
-Per non parlare dei capelli, rossi come quelli del diavolo!-
Rannicchiato in un angolino li guarda senza riuscire a rispondere, intimorito e sull’orlo delle lacrime.
Sa di non essere molto aggraziato, quello lo può vedere anche da solo, ma non è mai stato preso in giro fino ad allora per i suoi capelli, forse perché nessuno riusciva a vederli davvero, e la cosa lo fa sentire in difetto.
Non gli importa davvero se è un mostro, ma vorrebbe almeno potersi vedere come lo vedono i grandi, poter valutare da solo se i pantaloni verdi gli stanno bene o no e di che colore vuole dipingere i muri della sua camera, ma non può, non ancora, e forse non potrà mai.
-Non venire nella nostra squadra, Tendou!-
-I mostri non sono ammessi nella squadra degli umani!-
Li guarda senza dire nulla, cercando di non dar a vedere il suo dolore: forse sua madre ha ragione, non vedere i colori alla sua età è normale, ma più osserva la palla grigia saettare da un lato all’altro del campo e più si convince che per quanto normale possa essere non è una cosa felice.
 
Quando torna a casa quella sera sua madre lo saluta radiosa come sempre, andandogli incontro per salutarlo e notando subito la sua faccia.
-Cos’è successo Tendou?-
-Nulla mamma.- prova ad andare in camera sua a nascondersi ma la madre lo blocca per le spalle, piegandosi alla sua altezza e guardandolo negli occhi.
-Cos’è successo?- ripete guardando le prime lacrime accumularsi negli occhi del figlio.
-Non ci voglio più tornare.- dice fra i singhiozzi, spiegando lentamente la situazione alla madre.
Lo sguardo della donna, sempre mite e affettuoso, si fa improvvisamente furente.
-Akihito!- urla vedendo il marito varcare la porta, bloccandolo sull’uscio -Prendi la macchina, adesso andiamo a scuola e risolviamo la cosa, non preoccuparti tesoro.-
Suo padre guarda la moglie scettico, chiudendo la porta dietro di sé e spostando lo sguardo sul figlio.
-Puoi spiegare anche a me cos’è successo Tendou?-
-I suoi compagni di classe lo bullizzano, adesso andiamo a scuola e lo diciamo al preside, forza.-
Akihito scuote il capo. -Non faremmo che peggiorare la situazione.-
-E quindi cosa proponi? Vuoi lasciare le cose come stanno senza far nulla?-
-Non ho detto questo. Tendou, per cosa ti prendono in giro di preciso?-
-Per i capelli, vedono i colori, e le braccia, e gli occhi, e dicono che sono un mostro, e non mi vogliono far entrare nella squadra di pallavolo.-
Suo padre si piega al suo livello poggiandogli una mano sulla spalla. Ha i capelli corti, neri, a detta di sua madre, ma gli occhi del suo stesso colore, sebbene siano molto più aggraziati con il resto del viso.
-T’insegneremo a giocare a pallavolo, e diventerai talmente bravo da potergli rendere pan per focaccia, vedrai.-
Sua madre fa per protestare, ma Tendou annuisce, guardando il padre carico di determinazione. Forse il metodo di sua madre è più veloce, ma se riuscisse a vendicarsi sente che sarebbe molto più felice, quindi segue volentieri il padre quando va a bussare alla porta dei vicini per chiedere al figlio più grande d’insegnargli a giocare: la gioia quando riesce a bloccare le schiacciate dei suoi compagni di classe è qualcosa di indescrivibile. Non sarà aggraziato, non vedrà i colori, ma a pallavolo è migliore di loro.
 
 
Il suo primo giorno del liceo si sveglia in ritardo, tuffandosi in bagno rischiando d’investire il padre, lavandosi in fretta e furia e infilando i pantaloni della divisa al contrario prima di riuscire a raggiungere la porta di casa, bloccandosi di fronte allo specchio all’ingresso.
Ha i capelli sparati in aria con il gel, come piacciono a lui, la cartella buttata su una spalla, gli occhi stralunati di una persona che si è svegliata da poco. Se non si sbriga rischia di perdere il pullman, ma c’è una cosa che deve fare, prima, a costo di arrivare tardi il suo primo giorno.
-Mamma?- chiama entrando in cucina, richiamando la sua attenzione e facendole alzare lo sguardo dalla colazione, guardando il consueto sorriso stamparlesi in viso: sa benissimo cosa vuole chiederle, ma aspetta per prestar fede alla tradizione.
-Di che colore sono i pantaloni?-
-Viola.-
-La fusione di blu e giallo, simbolo di magia e metamorfosi, vero?-
-Esatto.-
-E le scarpe?-
-Marroni, come la terra e il cioccolato.-
Sorride, senza preoccuparsi dell’espressione inquietante che assume la sua faccia nel farlo, baciando il capo alla madre e correndo fuori casa.
Non gli importa se è inquietante, non gli importa se è un mostro, a suo modo è coerente e tanto gli basta: non vedere i colori è quasi parte del personaggio ormai, e anche se una parte di lui ancora spera di poter incontrare un giorno la sua anima gemella ha imparato a farsi scivolare addosso tutto, ridendoci semplicemente su.
Il mondo che da piccolo gli appariva bianco e nero è diventato di mille varianti di grigio, a loro modo incredibilmente affascinanti.
 
 
Con il modulo d’iscrizione al club di pallavolo in mano cammina con orgoglio verso la palestra.
Sono passati anni da quando ha trovato nel volleyball la sua ancora, il suo porto sicuro, acquisendo sicurezza proprio grazie a lei.
Osserva le divise scure della squadra, le facce tese dei primini e le ceste dei palloni. Tutto appare grigio, ma ha imparato a immaginare le cose, o a farsele descrivere.
-Tu vedi i colori?- sussurra al suo ragazzo alla sua destra, un altro primino largo come un armadio e forte come un orso, guardandolo scuotere il capo in segno di diniego.
Scuote le spalle, girando il capo verso sinistra, più interessato a trovare qualcuno che potesse soddisfare la sua esigenza di colore che al discorso del capitano della squadra.
-Tu vedi i colori?-
Il ragazzo annuisce debolmente, lo sguardo fermo sul capitano, l’orecchio teso verso di lui: evidentemente ci tiene a far bella figura ma si annoia da morire.
-Mi puoi dire di che colore sono i palloni?-
-Blu e giallo.-
-E il pavimento?-
-Penso sia legno di pino, ha una colorazione giallastra-aranciata.-
Annuisce soddisfatto, assillato ancora da un’ultima domanda.
-La tua pelle mi sembra in qualche modo più scura del normale, come mai?-
La faccia del ragazzo al suo fianco si fa drasticamente più cupa, facendogli abbandonare quella finta parvenza d’attenzione al discorso.
-È nera, problemi?-
Piega il capo da un lato, ignorando i richiami dei senpai.
-Non mi pare nera, è troppo chiara per esserlo, al massimo marrone, come il cioccolato.-
La piega dura delle labbra del ragazzo si ammorbidisce, lasciando posto ad un sorriso.
-Piacere di conoscerti, Rosso, io sono Reon.-
-Tendou.- risponde tendendo la mano verso di lui, prima di venir colpito da una pallonata in faccia dal capitano della squadra.
Si scusa con scarsa convinzione, raddrizzandosi sorridente: ora che ha chi può vedere i colori al suo posto può dare inizio alla sua vita da liceale.
 
 
I primi tempi in una nuova squadra se ne sente dietro di ogni, come sempre, ma pian piano arriva ad integrarsi con tutti, da Semi a Hayato, senza troppi problemi, perfino il freddo Ushijima.
-Ushijima-kun, mi fai qualche schiacciata?-
Il giovane asso annuisce senza riserve, coinvolgendo anche Semi per le alzate e iniziando un estenuante sessione di allenamento extra. È forte Tendou, e molto abile, capace perfino di bloccare qualche sua sporadica schiacciata, senza per questo montarsi la testa, restando un vivace casinista capace di esprimere ciò che sente con semplicità e chiarezza, a differenza sua.
Giocano bene assieme, uno schiacciatore e un muro capace di bloccare ogni tentativo d’attacco avversario.
-Vinceremo già dalla nostra prima partita come titolari, batti il cinque Waka-kun!-
Ushijima guarda le mani alzate di Tendou, alzando le proprie senza particolare grinta, battendolo contro quelle del Middle blocker, guardandolo riaprire gli occhi soddisfatto per la vittoria ottenuta, saltando indietro il secondo dopo.
Aggrotta brevemente un sopracciglio senza capire, prima di prestar caso all’asciugamano che ha poggiato sul collo.
Non è né grigio né bianco, è qualcosa di diverso, è…
-Azzurro!- strilla Tendou, tuffandosi verso di lui e afferrandolo per un polso, girando il capo a destra e sinistra, guardando le palle blu e gialle, le divise bianche e viola dei compagni, la porta rossa degli spogliatoi e soffermandosi infine sulla faccia di Ushijima.
Lo fissa penetrante, più interessato ai colori che non alla sua solita, monotona faccia, deformando le labbra in un espressione di disgusto di cui decisamente lo schiacciatore non capisce appieno il motivo, finché non lo sente parlare.
-Mi aspettavo di più dal marrone, tu no Ushijima kun?-
Gira il capo verso una finestra, guardando brevemente i suoi capelli e poi quelli di Tendou.
-Non mi dispiace il rosso.- dice soltanto, senza particolare calore nella voce, scontrandosi con l’espressione sconvolta di Tendou.
Sì, sarà divertente vedere i colori, se il mondo fosse stato ancora grigio non avrebbe mai notato il modo in cui le guance della sua anima gemella potevano chiazzarsi in un istante di uno splendido colore rossastro.
   
 
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