Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Kris    30/01/2021    2 recensioni
Sasuke si era messo in viaggio per espiare le proprie colpe e proteggere la Foglia: il villaggio era l’eredità di Itachi e il sogno di Naruto. Aveva promesso a Sakura di tornare al villaggio, ma con le implicazioni della Maledizione dell’Odio degli Uchiha che i vecchi Hokage gli avevano raccontato, non era sicuro di volerla coinvolgere. Se solo Kakashi non l’avesse assegnata alla sua missione…
"Gli Uchiha sono un clan che prova profondo amore, più di qualunque altro clan.
Ma una volta che un Uchiha conosce l’amore, nel momento in cui lo perde, quel profondo amore si trasforma in profondo odio."

SasuSaku / Post-Naruto / Canon Universe / Blank period (Viaggio di Sasuke e Sakura fino nascita di Sarada) / Riferimenti-spoiler su light novel
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Team Hebi/Taka | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie, Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 5 – Occhi

 

La mattina dopo chiesero in giro dei ninja che li avevano attaccati, ma a quanto pareva non erano passati di lì. Il villaggio stava fortunatamente sperimentando un periodo molto tranquillo durante il quale non venivano attaccati né da briganti né da ninja fuggitivi. Provarono ad informarsi dal capovillaggio se avesse informazioni provenienti da altri villaggi, ma l’unica informazione era la stessa che Kakashi aveva già detto loro: un gruppo di ninja fuggitivi era stato avvistato nella zona del villaggio Uzushio.

- Forse quello che ci ha attaccato era un gruppo autonomo.

- Può essere – commentò Sasuke – O forse no. Ad ogni modo, possiamo proseguire con la nostra missione.

- Capovillaggio, ho notato che ci sono delle persone con delle fasciature. Cos’è successo?

- Ah… ultimamente c’è una malattia che imperversa nella zona. Non è quasi mai mortale, ma lascia piaghe e cicatrici sul corpo. Purtroppo il nostro villaggio è troppo piccolo per avere un medico fisso, e siccome anche gli altri villaggi ne sono colpiti, siamo in attesa che qualche dottore si liberi e riesca a venire da noi, ma la lista d’attesa è lunga…

Il cipiglio di Sakura cambiò.

- Io sono un medico. Datemi più informazioni che potete su questa malattia e farò il possibile.

- Dice davvero? Ma no, non possiamo interrompere la missione di una coppia di ninja per una cosa del genere…

- Non si preoccupi! Lo faccio volentieri! - Sakura sorrise al capovillaggio. Come se si fosse appena ricordata di qualcosa, sobbalzò e si girò verso Sasuke. Il ragazzo annuì senza dire una parola.

- Grazie, Sasuke-kun. – disse Sakura una volta usciti dall’ufficio.

- È per una buona causa.

- Mi dispiace, alla fine ti sto rallentando… - mormorò lei, lo sguardo triste.

- Mi pareva di averti già detto di non scusarti di continuo.

- Ah… scu… va bene.

Sasuke la guardò di sbieco, le labbra piegate in un mezzo sorriso.

- Orochimaru può aspettare, e Kakashi non darà problemi una volta spiegata la situazione.

- E se il piano di quei due ninja fosse stato davvero impedirci di arrivare prima ad Uzushio?

- Se quel jutsu esiste ed è difficile da trovare, Orochimaru l’ha già preso. Se è impossibile, non sarà sicuramente gente di quel livello a trovarlo prima del mio Sharingan.

Sakura sorrise: anche la sua sicurezza che sfociava nella sbruffonaggine non era cambiata più di tanto.

 

***

 

Fu così che quella che doveva essere una notte di sosta per permettere a Sakura di riprendersi dagli effetti del veleno diventò una missione di soccorso a gratis per il villaggio. Il capovillaggio offrì di pagarli, ma sia Sakura che Sasuke avevano rifiutato – l’una perché lo sentiva come un dovere di medico, l’altro perché lo inseriva nel suo programma di “fare del bene al prossimo per espiare i propri peccati”. Ma l’uomo, chiamato Katori, aveva insistito per ringraziarli in qualche modo: alla fine avevano patteggiato vitto e alloggio gratuito fino alla fine della loro permanenza come pagamento. Erano stati quindi trasferiti all’ultimo piano dell’ostello del villaggio, il quale era composto da due grandi stanze comunicanti tramite un salottino dove veniva servita loro la cena.

- Che gentili! – aveva commentato Sakura guardandosi intorno. La stanza era umile ma decorata con un notevole senso dell’eleganza, e invece dei futon entrambe le stanze avevano dei materassi. Fecero subito buon uso del salottino centrale che includeva tavola, sedie e tutto l’occorrente per scrivere. Sakura decise di chiedere a Tsunade se aveva informazioni riguardo la malattia: Sasuke la vide riempire un rotolo di piccole dimensioni in scrittura finissima con tutti i sintomi, descrivendo le ferite e le cicatrici, i casi critici che le erano stati spiegati e come pensava di curarla.

Dal canto suo, Sasuke stava preparando il rapporto per Kakashi, spiegando il motivo per cui si erano fermati e chiedendo licenza di posticipare l’arrivo al covo di Orochimaru, dove Yamato li stava attendendo all’ingresso.

Quando ebbe finito alzò gli occhi per trovare Sakura che lo stava osservando con quello che persino lui riconosceva essere uno sguardo dolce.

- Pare che non debba ricordarti di fare rapporto come mi ha chiesto Kakashi.

Sasuke sbuffò.

- Quando è necessario lo faccio. Siete voi che scrivete troppo.

Sakura rise, una risata piacevole e allegra. Nel vederla scrivere davanti a lui seduti allo stesso tavolo sentiva quella familiarità che aveva sperimentato nella sua cucina qualche settimana prima. Si ritrovò a desiderare di ripetere quella stessa scena ogni sera.

- È pronta la lettera?

- Sì.

Sasuke aprì la finestra e con due fischi richiamò due dei suoi falchi messaggeri. Attaccò il proprio messaggio alla zampa di uno dei due.

- Questo lo riconosco – disse Sakura accarezzando l’altro. - È quello che veniva da me. Riconosco la macchia bianca sul petto.

Sasuke prese il piccolo rotolo di Sakura e lo fissò alla zampa del secondo falco.

- È quello che uso per spedire pacchetti o rotoli pesanti – confermò lui guardandolo – Strano che si faccia accarezzare.

- Gli ho solo dato un po’ da mangiare una volta – si difese lei.

Una volta completati i preparativi, Sasuke li fece volare dalla finestra uno alla volta, rimanendo a guardarli per un po’ per assicurarsi che andassero nella direzione giusta.

- Sasuke-kun?

- Mh?

- Le noci erano buone. Grazie.

- Ah. Quelle. – frugò nella saccoccia e ne tirò fuori due piccole noci blu. – Sono utili viaggiando in zone fredde, come avevi detto tu. Queste sono le ultime. Tienile pure.

Sakura prese le noci che le stava porgendo e le guardò.

- Non pensavo che leggessi le mie lettere.

Sasuke chiuse la finestra e tornò a guardarla.

- Perché no?

- Perché non rispondi mai.

Sasuke non aveva mai risposto per evitare che i falchi venissero intercettati mettendo lei e la Foglia in pericolo. Non aveva nulla di cui scusarsi. Però ora che gli era stato fatto notare, si sentiva leggermente in colpa.

- Ma non importa – continuò invece Sakura. Sasuke la guardò con sguardo interrogativo.

- Perché adesso stiamo viaggiando insieme. Non devo più aspettare messaggi o pacchetti: posso vedere quello che vedi tu, e possiamo mangiare le stesse cose insieme.

Sakura sorrise e Sasuke aprì la bocca sorpreso, per richiuderla subito in un mezzo sorriso anche lui.

Insieme.

- Sei davvero fastidiosa.

- È un problema?

Sasuke le si avvicinò, guardandola negli occhi. Quel giorno a Konoha, dopo averla salutata sulla porta, aveva sperato di assaporare di nuovo quei momenti di calma quotidianità: discussioni futili sui colori dei vestiti, scherzare su chi fosse più stressato. Vedere gli stessi panorami e mangiare le stesse cose gli sembravano delle buone aggiunte alla lista di cose che gli sarebbe piaciuto provare. Le sfiorò appena una ciocca di capelli con la mano.

- Non sempre.

Si allontanò con un sorrisetto sul viso e intravide Sakura coprirsi il viso con le mani.

Divertirsi a farla arrossire era nella sua lista già da tempo.

 

***

 

Il falco di Sasuke tornò dopo due giorni seguito da altri due rapaci di Konoha: Tsunade le aveva mandato non solo una risposta, ma anche ingredienti per creare antibiotici e antidolorifici. L’ultimo falco aveva con sé un rotolo di richiamo che conteneva un paio di antidoti e una serie di tonici da battaglia che Sakura aveva chiesto le fossero mandati e che affidò a Sasuke.

- Questi portali con te.

Allo sguardo perplesso di Sasuke, Sakura sorrise.

- Ti insegnerò quale antidoto serve in che occasione.

- Ti ho già detto che…

- Sono informazioni utili e non ci stanno tutti nella mia borsa, puoi portare un po’ di peso anche tu!

Sasuke si rabbuiò, non del tutto sicuro che quella spiegazione gli piacesse e sospettando che fossero antidoti per i “veleni più moderni” che aveva citato qualche giorno prima, ma decise di accontentarla.

Mentre i giorni precedenti Sasuke aveva aiutato soprattutto il capovillaggio, quel giorno aiutò Sakura a preparare le medicine, pestando e dosando gli ingredienti – aveva copiato i gesti di Sakura con lo Sharingan – e infine dividendo in piccoli bicchierini il preparato. Non avendo le basi di arti mediche, nonostante avesse il chakra necessario per praticare la tecnica di cura che Sakura stava usando con i malati non poteva fare altro che aiutarla nelle cose più pratiche.

Vide quindi per la prima volta da vicino Sakura impartire le cure in tempo di pace: come si legava i capelli prima di indossare il camice, come la pelle del paziente si rimarginava sotto il suo alone di chakra verde, come le persone la ringraziavano come se fosse una divinità scesa sulla terra.

Vide la pelle delle dita sempre più secca per effetto dell’alcol che usava per disinfettarsi le mani ogni volta che una persona entrava nello studiolo medico che il capovillaggio Katori aveva dato loro, ma nulla sembrava offuscare il sorriso, nemmeno il chakra che di volta in volta diminuiva.

- Sakura, dovresti fare una pausa.

- Dovrei riuscire a vedere altre due persone.

Sasuke la guardò severamente: era questa la “modalità lavoro” di Sakura di cui Ino e Naruto si erano lamentati?

- Devi pranzare.

- Ma…

- Se svieni per mancanza di chakra non puoi vedere gli altri pazienti. E sono già le quattro. È quasi sera.

Sakura lo guardò con sguardo colpevole. – E va bene…

Sasuke sospirò, osservandola sistemare le bende nuove che le stava porgendo sul tavolino di fianco a sé con tocco esperto.

Lei con quelle mani screpolate dall’alcool stava salvando vite; il prossimo luogo che avrebbero visitato era invece dove la pelle delle sue mani si era rovinata per affinare la sua tecnica offensiva col fulmine e con la spada in nome della vendetta.

C’era un’infinità a dividerli, e dentro di sé sentì i primi venti di tempesta ululare.

 

***

 

Quando Sakura finì il suo dovere in quel villaggio fece in modo di lasciare una scorta di medicinali preparati da lei e Sasuke al capovillaggio: non c’erano persone in grado di impastare il chakra quindi non poteva insegnare come curare le piaghe lasciate dalla malattia, ma almeno con quelli sarebbero riusciti a resistere fino a quando un medico avesse attraversato la città di nuovo.

Raggiunto l’ingresso del covo di Orochimaru, però, l’atmosfera cambiò completamente. Il luogo era come sempre sotterraneo, come si confà ad un serpente. Yamato confermò che all’interno c’era Orochimaru con i vari membri di Taka – Suigetsu, Jugo e Karin – e li lasciò passare senza ulteriori commenti.

- Sasuke-kun, ultimamente vieni a trovarmi spesso – commentò mellifluo Orochimaru. Nonostante tutto, Sakura pensò di scorgere una certa gioia genuina nell’espressione del ninja leggendario.

- È dettato dalla necessità.

- Questa volta è con te la tua vecchia amica?

Orochimaru lanciò un’occhiata a Sakura, che rimase impassibile, le labbra piegate in un’espressione severa.

- Anche nell’atteggiamento somiglia a Tsunade. Affascinante.

- Cosa sai delle tecniche di sigillo degli Uzumaki?

L’uomo li guardò dalla sua sedia: ormai non si stupiva più che Sasuke arrivasse non annunciato nel suo covo a chiedere cose in tono imperioso.

- Cosa avrò sbagliato con te? Potresti almeno salutare il tuo maestro prima di fare domande.

- Orochimaru…

- E va bene – sospirò – I jutsu di sigillo migliori che il mondo ninja abbia mai creato, così potenti da poter sigillare dei mostri di chakra nel corpo umano. Dati i passati del villaggio della Foglia con gli Uzumaki, Konoha li conosce già tutti.

- Ce ne dev’essere uno che non è mai stato trasmesso.

- Ah, capisco. Ecco perché sei venuto tu.

Sasuke si accigliò e Orochimaru ridacchiò.

- Dev’essere un jutsu proibito. Uno di quelli che solo noi armi segrete di Konoha possiamo trovare e usare.

Armi segrete? Sakura non capiva. Si voltò verso Sasuke, ma il suo sguardo era duro come pietra.

- Tu sei un collezionista di jutsu. Mi stupisce non abbia informazioni a riguardo.

- Non sottovalutarmi – rispose Orochimaru accigliandosi a sua volta. – So che jutsu cerchi. Una mia diretta subordinata è una Uzumaki.

Sakura intuì che si riferisse a Karin: quando l’aveva curata non sapeva chi fosse, ma dopo aver scoperto che era stata colei che con Orochimaru aveva salvato la vita a Lady Tsunade durante la guerra, le era stato spiegato chi fosse e perché avesse quello strano potere curativo.

- Ti darò degli indizi, Sasuke-kun, in onore dei vecchi tempi. Ma nulla di più. Dimostrami cosa sai fare.

Con quell’ultima frase lasciò lo studio andando a richiamare Karin dal laboratorio.

- Cosa intendeva dire? – chiese Sakura perplessa. Tutto sommato le era sembrato che Orochimaru fosse effettivamente una persona controllata, addirittura disponibile ad aiutare Sasuke. Considerati i precedenti dell’uomo, aveva pensato che il loro incontro sarebbe andato molto peggio, ma non solo Sasuke era già stato lì di recente, Orochimaru li avrebbe addirittura aiutati. Sasuke, però, rimase ad osservare il vuoto senza risponderle.

Nei suoi occhi non riusciva più a percepire il calore che aveva visto nei giorni precedenti.

- Sasuke-kun…?

Il ragazzo si voltò a guardarla come se si fosse dimenticato che fosse lì con lui. Prima che Sakura potesse dar voce ai suoi dubbi, la porta si spalancò.

- Sasukeee!

- Karin.

La ragazza fece per lanciarsi su Sasuke come al suo solito quando vide Sakura.

- Sakura, giusto?

- È un piacere rivederti, Karin.

Karin sorrise debolmente: non sapeva perché stessero viaggiando insieme, ma i sentimenti di Sakura per Sasuke le erano parsi cristallini fin da quando l’aveva vista piangere. Chissà se Sasuke aveva deciso di ricambiarla? Ad ogni modo, aveva deciso che non era un buon motivo per odiare la persona che dopotutto le aveva salvato la vita.

- Anche per me.

- Spero avremo modo di parlare.

- Certo.

- Sono lieto di vedere che andate d’amore e d’accordo – interruppe Orochimaru – Ma Sasuke-kun qui ha una domanda per te, Karin.

- Cerchiamo una tecnica di sigillo degli Uzumaki ritenuta perduta da decenni. Ne sai qualcosa?

- Una tecnica di sigillo perduta…?

Karin rifletté per un po’ scavando nella memoria prima di proseguire.

- C’è una tecnica conosciuta per essere stata creata e mai usata.

- Potrebbe essere quella che cerchiamo – disse Sakura – Che tecnica?

- Permette di sigillare la forza vitale in oggetti.

- Non mi sembra una tecnica rara – commentò Sasuke.

- Si parla di forza vitale umana, e questa permette di utilizzare l’energia intrappolata. Le tecniche di sigillo normalmente rinchiudono e impediscono alla forza di fuoriuscire, mentre con questa il ninja che la usa può controllare l’energia dall’esterno e usarla a piacimento. In base a come viene usata può creare degli abomini.

- Tipo?

- Tipo… Mettiamo che la usi su di te, Sasuke, e ti rinchiuda dentro Kusanagi. Nell’usare la spada, potrei richiamarti e avrei accesso a tutto il tuo chakra, jutsu, poteri oculari. Un po’ come il tuo contratto con Manda o Garuda. E alla fine ti rinchiuderei dentro la spada: saresti intrappolato lì dentro, anima e chakra, per sempre.

- Se una tecnica del genere venisse utilizzata su delle persone… - iniziò Sakura.

- È vita eterna, ma rinchiuso dentro un oggetto e al servizio della persona che ti rinchiude, o di chiunque erediti quell’oggetto – commentò Orochimaru.

- È una maledizione estrema, ed è il motivo per cui non è mai stata usata – confermò Karin.

- È agghiacciante – sussurrò Sakura.

- Una tecnica del genere avrà sicuramente dei costi enormi – commentò Sasuke.

- Non saprei. È una leggenda, dopotutto.

- Esiste un jutsu per scioglierla?

Karin sollevò le spalle. – Non essendo mai stata usata per le implicazioni morali, probabilmente nessuno ha mai pensato a creare la contro-tecnica.

Sasuke si rabbuiò: come Izanami, la tecnica oculare degli Uchiha, nata solo quando il clan aveva iniziato ad abusare di Izanagi. Si chiese perché il villaggio della Foglia fosse interessato ad un jutsu simile.

- E dove si trova?

Karin guardò Sasuke e poi Orochimaru.

- Non ne ho idea. Ma è una storia antica, e mia madre accennava al fatto che di solito i jutsu più complessi e pericolosi erano nascosti in zone sacre del villaggio.

Sasuke si voltò di nuovo verso Orochimaru.

- L’hai trovata?

- Chissà? Ne ho collezionate così tante…

Sasuke aggrottò le sopracciglia e l’uomo sorrise.

- Controllerò la mia collezione di jutsu e ti dirò se ho qualcosa per te, Sasuke-kun. Nel frattempo potete restare qui.

- Non siamo venuti in vacanza. Quanto ci metterai?

- Qualche giorno.

Il ragazzo non sembrava estasiato dal dover restare in quel covo più di qualche ora, ma non avendo alternative, accettò di buon grado. Perplessa da quella conversazione e dall’atteggiamento improvvisamente scontroso di Sasuke, Sakura rimase a guardare, scambiando uno sguardo interrogativo con Karin.

 

***

 

Sakura ricordava il viso di quell’uomo – Sasuke l’aveva chiamato Jugo – e ricordava anche di averlo visto sul campo di battaglia durante la guerra. Sasuke le aveva brevemente spiegato che era l’originale del marchio maledetto e che veniva colto periodicamente da spasmodici attacchi di omicidio, ma più Sakura lo vedeva parlare con i pettirossi e muoversi silenzioso dentro il covo, meno riusciva a capire. La sua curiosità da ricercatrice scientifica aveva vinto e gli aveva rivolto la parola, scoprendo che aveva davvero un’indole quieta. Si era fatta spiegare bene il suo passato, come fosse andato da Orochimaru per curare i suoi istinti omicidi, e come Sasuke fosse uno delle poche persone capaci di calmarli senza rinchiuderlo in una stanza.

In quei giorni dentro il covo, lei e Sasuke non si erano visti molto; tra i due, spendeva molto più tempo con Jugo e Karin.

- Sasuke sembra ancora inquieto. – commentò l’uomo un giorno. Sakura annuì leggermente.

- Sembra abbia degli incubi, ma non me li vuole raccontare.

Jugo la guardò, indeciso su cosa dirle, prima di ricordare le parole di Karin.

- L’ultima volta che Sasuke è venuto qui, Karin ha detto che sta volontariamente lontano da Konoha per allontanare le minacce che vogliono i suoi occhi. Se si sparge la voce che Uchiha Sasuke non è mai al villaggio, Konoha non verrà presa di mira. Karin è una ninja sensitiva e riesce a capire le persone dal chakra, quindi immagino abbia percepito qualche cambiamento nel chakra di Sasuke.

- I suoi occhi…?

A Sakura tornò in mente quello che Kido le aveva detto.

- Jugo… tu cosa sai dello Sharingan?

Jugo la guardò perplesso, al che Sakura proseguì.

- Qualche mese fa un uomo di nome Kido puntava allo Sharingan di Sasuke. Mi ha rapita, dicendo che mi voleva uccidere davanti ai suoi occhi per renderli migliori.

Jugo annuì.

- Il Secondo Hokage ha detto una cosa simile durante la Guerra.

- Allora… è vero? Lo Sharingan è una reazione all’odio?

Questa volta Jugo scosse la testa di lato.

- No, parlava di amore.

Sakura sembrò sorpresa, e Jugo si chiese quanto sapesse di quella storia.

- Ha chiamato lo Sharingan “gli occhi che riflettono il cuore”.

Era una definizione che Sakura non aveva mai sentito. Lo Sharingan, così come il Byakugan, sono sempre stati considerati armi di alto livello, non… specchi di sentimenti. Sia gli Uchiha che gli Hyuga sono famosi per essere clan letali e potenti; nel caso siano anche amorevoli, stanno ben attenti ad esserlo solo dietro le porte chiuse delle loro case.

- Che cosa intendeva dire?

- Diceva che di natura gli Uchiha provano profondo amore. Una volta conosciuti questi forti sentimenti, il loro potere è inarrestabile. È per questo che quando gli viene strappato via, quel profondo amore si trasforma in profondo dolore e disperazione, che alla fine mutano in odio e vendetta. La perdita degli affetti e la delusione per la propria incompetenza rilasciano un chakra speciale che agisce sui nervi oculari.

- Dal dolore e dalla disperazione…?

Sakura trattenne il respiro. Solo pensare che Kido avesse pianificato di usare lei, una vecchia amica di Sasuke, e la sua morte per obbligare Sasuke a soffrire e poi odiare se stesso per potenziare lo Sharingan le dava la nausea.

- È per questo che il Secondo Hokage riteneva che la Maledizione dell’Odio degli Uchiha fosse dovuta al fatto che molti di loro siano di natura sensibile, rendendoli più esposti alle forti emozioni e moltiplicando il rischio di cadere nelle tenebre. E per questo gli Uchiha per generazioni hanno imparato a sopprimere qualsiasi sentimento.

- Sasuke-kun… lo sapeva?

- Dalla sua reazione, non penso sapesse tutto.

La freddezza del Sasuke adolescente iniziava ad avere senso: era naturalmente programmato a cercare di sopprimere i propri sentimenti e a tenere le distanze con le persone. Ed è vero che, se ripercorreva gli eventi del passato, riconosceva come la forza di Sasuke aumentasse man mano che qualcosa o qualcuno lo scuoteva in modo positivo o negativo: il Team 7, Gaara, Itachi…

Un’idea bizzarra le si pose davanti agli occhi: non era che anche quell’atteggiamento insolito che Sasuke dimostrava nei suoi confronti, quel cercare di voler dimostrare e accettare affetto per poi ripensarci e isolarsi di nuovo, fosse per paura di ricadere di nuovo nella voragine delle tenebre?

No, forse c’era anche quello, ma non era sicura fosse il motivo principale. Sembrava qualcosa di diverso.

Forse non voleva obbligare le persone intorno a lui – o dopo di lui – a dover vivere la Maledizione dell’Odio, solo per il fatto di essere legati agli Uchiha o di condividerne il sangue? A dover subire traumi per sviluppare lo Sharingan?

Sasuke stava seriamente giocando con l’idea di sacrificare la propria felicità personale per evitare che qualcun altro dovesse soffrire per diventare più forte?

Sakura si sentì improvvisamente stupida: pensava di aver capito il tormento di Sasuke, in realtà non sapeva assolutamente nulla.

Jugo vide Sakura tormentarsi i guanti in preda ad un conflitto interiore.

- Se vuoi saperne di più, dovresti chiederglielo direttamente.

La ragazza continuò a tenere lo sguardo basso. – Sì… penso lo farò. Grazie, Jugo.

Ma nonostante avesse detto così a Jugo, Sakura non era sicura sarebbe riuscita ad affrontare Sasuke su come avesse ottenuto il Mangekyo o anche solo sui suoi incubi. Soprattutto in quei giorni. Da quando avevano messo piede nel covo di Orochimaru il ragazzo sembrava nervoso: la ragazza non pensava fosse dovuto direttamente al ninja leggendario, né agli altri del Team Taka. Che avesse detto o fatto qualcosa lei stessa? Eppure non ricordava niente che potesse danneggiare l’umore di Sasuke.

 

***

 

Sasuke si sentiva irrequieto in quel covo. Non era Orochimaru il problema: odiava i metodi che usava per ottenere i suoi fini, ma era pur sempre uno dei tre ninja leggendari ed era stato il suo maestro. Non aveva il rapporto che Sakura aveva con Tsunade o Naruto con Jiraya, ma gli doveva buona parte della sua forza e del suo addestramento, oltre ad avergli dato la possibilità di parlare con i vecchi Hokage, dando pace al suo animo tormentato. Inoltre era sempre molto collaborativo quando Sasuke andava a chiedergli aiuto per le missioni che Konoha gli affidava: si era chiesto se magari Orochimaru non avesse effettivamente iniziato a considerarlo a sua volta un suo discepolo e non una semplice cavia o subordinato, e questo fosse il motivo per cui era l’unico a cui dava volentieri una mano.

No, il motivo della sua irrequietezza era un altro.

Essere in quel luogo gli ricordava dolorosamente il suo ruolo nella società shinobi: grazie al suo passato si era trasformato in una creatura a metà tra il bene e il male. Anche Orochimaru gliel’aveva detto l’ultima volta che lo aveva incontrato per la questione clan Chinoike.

 

“Io e te siamo le loro armi speciali, l’assicurazione da sfruttare quando succede qualcosa che non si può contrastare con il buon senso.”

“Assicurazione?”

“Ogni epoca ha le sue pecore nere e in quei casi servono forze inumane come noi. Ci sono cose che non possono essere protette solo seguendo le regole. Per questo è meglio domarci per tempo, in modo che ci sia profitto per entrambe le parti”.

 

In quegli anni aveva cercato di redimersi, e l’aveva fatto. Però come diceva Orochimaru, il modo con cui poteva contribuire alla protezione di Konoha era quello di essere un’ombra, la lunga mano nera che agisce di nascosto in maniera non necessariamente legale. Fare il lavoro sporco per tenere la facciata del Villaggio pulita. Era la strada che aveva scelto anche Itachi. Questo implicava essere continuamente in viaggio e agire in luoghi e modi moralmente discutibili.

 

“Però probabilmente i tuoi amici non hanno mai considerato questo genere di strategia.”

“Lo penso anch’io”.

 

Anche se Naruto o Sakura non l’avrebbero mai costretto a trasformarsi nella versione eccessivamente losca di un Anbu, non cambiava il fatto che effettivamente fosse la strategia migliore per il villaggio.

Se n’era dimenticato.

Si pentì di nuovo di aver desiderato una vita normale con un lavoro normale e una famiglia normale al villaggio. Più di tutto si pentì di aver inserito nel progetto Sakura: lei aveva probabilmente un futuro come capo del dipartimento medico. Era un titolo che mal si sposava con quello di mezzo criminale che portava lui.

La cosa paradossale era che mentre lui si rendeva sempre più conto di come il suo passato e il suo sangue avessero danneggiato irreparabilmente il suo futuro, Sakura sembrava amalgamarsi bene con le persone del suo trascorso e la vedeva parlare spesso con Jugo e Karin; com’era tipico suo, spargeva gentilezza in giro. Forse oltre al passato che lo inseguiva e la consapevolezza di avere un futuro incompatibile con una quieta vita familiare, anche quel fatto lo urtava: o Sakura non si stava accorgendo delle implicazioni di stargli accanto, o non le importava. In entrambi i casi, non gli andava giù.  

Più ci pensava più si rendeva conto che erano diversi come la notte e il giorno.

A questo si aggiungeva il fatto che lui e Naruto potevano aver interrotto la maledizione di Indra e Ashura, ma non avevano bloccato il fatto che lo Sharingan si sviluppasse solo grazie a traumi psicologici, e non era una cosa che era pronto ad augurare a nessuno.

Forse portare agli antichi fasti il clan Uchiha significava in realtà farlo finire con grazia. Con se stesso.

Per liberarsi la mente da quei pensieri, Sasuke si era diretto verso l’ampia sala che aveva usato in passato per allenarsi: come previsto era vuota. Decise di seguire la sua vecchia routine: tutte le variazioni del Chidori e poi lancio dei kunai in volo.

L’elettricità gli solleticava la pelle mentre modificava la forma del chakra in spada, corrente e senbon elettrici in rapida sequenza più e più volte. Chiuse gli occhi e si concentrò esclusivamente sulla sensazione del chakra che gli copriva il corpo e continuò a giocare con la forma: provò a modificarlo in lancia, in arco e freccia, a concentrarlo sulla parte inferiore del corpo, poi superiore, poi rilasciarlo con violenza tutto intorno a sé.

Ancora ad occhi chiusi si rese conto che non era più solo nella stanza.

- Sakura.

La ragazza sobbalzò leggermente all’essere chiamata: era sicura di aver soppresso completamente il chakra quando era entrata, ma evidentemente mentre Sasuke si stava concentrando sul proprio, la sua sensibilità ad influenze esterne era amplificata.

- Non volevo disturbarti.

- Cosa vuoi?

- Mi chiedevo… magari potremmo allenarci di nuovo insieme.

- No.

La risposta di Sasuke era tagliente come il Chidori che lo avvolgeva e non ammetteva repliche. Sakura non ricordava di aver mai sentito quel tono negli ultimi mesi.

- V-Va bene…

La ragazza era rapita dalla velocità con cui Sasuke stava facendo cambiare forma al proprio chakra: l’elettricità intorno al suo corpo era maestosa e potente, di un colore blu e viola intensi. Lei era una professionista del controllo del chakra, ma quel genere di manipolazione della forma del chakra era uno spettacolo per gli occhi.

- Sei ancora qui?

Sasuke aprì gli occhi e agganciò il proprio Sharingan agli occhi di Sakura: a quella vista la ragazza capì che non era decisamente il momento adatto per parlare con lui. Vedeva la tempesta in piena forza davanti lei, e non era stata Sakura a dire che il marinaio esperto sa quando allontanarsi dal mare in tempesta? Chinò il capo e fece per andarsene, accompagnata dal suono di mille falchi stridenti dietro di lei. Quando arrivò alla porta si fermò, un pensiero le attraversò la mente. Qualcosa in quello sguardo non le era piaciuto: vi aveva letto astio, e sembrava diretto a lei. Perché?

Aveva deciso che avrebbe fatto capire a Sasuke che poteva fidarsi di lei, ed era stanca di essere continuamente messa all’oscuro di quello che provava.

- No, Sasuke-kun. – disse imperiosamente, girandosi.

Sasuke la stava ancora osservando, Sharingan e Chidori attivi. Incuteva soggezione.

- “No” cosa?

- Non vado via. Spiegami cosa c’è che non va.

- Non c’è nulla che non va. Voglio allenarmi da solo.

- È da quando siamo arrivati qui che mi eviti. Cosa c’è?

Sasuke ritirò il Chidori Nagashi ma lasciò attivo lo Sharingan.

- Siamo qui per una missione, ho parlato con Orochimaru e i membri del mio vecchio team. Devo farti rapporto?

- Perché ce l’hai con me?

- Non ce l’ho...

- Smettila di sottovalutarmi.

Sakura lo interruppe e si avvicinò al ragazzo che ancora la fissava.

- Fino a qualche giorno fa sorridevi agli abitanti del villaggio. Da quando sei qui sei scontroso.

- Non sei mai stata qua. Non sai nulla di come mi comporto con loro.

- Ho sentito abbastanza da capire che l’altra volta non ti sei comportato così. L’unica differenza è la mia presenza. Perché ti dà fastidio che sia qui?

Sasuke aggrottò le sopracciglia in un cipiglio minaccioso.

- Non pensare di essere al centro del mondo. Non riguarda te.

- Menti.

Questa volta era il tono di Sakura a non ammettere repliche. Il fatto che Sasuke fosse così violento nella scelta di parole era l’ultima prova che le serviva per capire che il problema era veramente lei: era il suo modo di allontanare le persone.

- Non mi spieghi che incubi hai e non mi lasci aiutarti nonostante sia un medico. Mi dici che vuoi cambiare, e poi appena arriviamo in un posto del tuo passato ti chiudi a riccio.

Sakura fece un respiro profondo e dando fondo a tutto il suo coraggio, decise di mettere tutte le carte sul tavolo.

- Prima sembra tu mi voglia nella tua vita, ma poi mi lasci al villaggio. Iniziamo a viaggiare insieme, ma continui a tenermi lontana. Che cosa vuoi da me?

Gli occhi di Sasuke si spalancarono per un istante prima di accigliarsi di nuovo.

- Sai che cosa provo per te. Te l’ho detto mille volte. Ma cosa provi tu?

Sasuke strinse i denti: anche se lo sapeva dolorosamente bene, non voleva rispondere a quella domanda.

- Se pensi ancora di non avere motivo di amarmi, dimmelo qui e giuro che questa sarà l’ultima missione che faremo insieme. Una volta tornati a Konoha, non ti rincorrerò più.

Solo all’idea di una Sakura che non gli rivolgeva più la parola, il cuore di Sasuke fece un balzo. Per la prima volta si rese conto che i suoi fardelli emotivi rischiavano davvero non solo di mandare all’aria quei piccoli  passi che aveva fatto in quel periodo, ma anche di fare l’unica cosa che Naruto gli aveva detto di non fare: farla soffrire.

- Ma se… - la voce di Sakura tremò leggermente per la prima volta in quel discorso, come se temesse di mettere a parole i suoi pensieri – Se invece adesso c’è posto per me nel tuo cuore, ma per qualche motivo c’è ancora un ostacolo, dimmi cos’è.

Sasuke rimase testardamente in silenzio e Sakura iniziò ad irritarsi.

- È la Maledizione dell’Odio? È tuo fratello? È il tuo passato da ninja fuggitivo?

- Non sai di cosa stai parlando – sibilò Sasuke in quello che suonava terribilmente come un avvertimento.

- Allora dimmelo tu, perché io da sola non ci posso arrivare.

- Parlarne non cambierebbe né i fatti né le loro conseguenze.

- Ma mi aiuterebbe a capirti.

- E a cosa ti servirebbe capire?

In uno scatto di rabbia Sakura afferrò la maglia di Sasuke.

- Smettila di evitare l’argomento ripetendo le stesse cose! Smettila di trattarmi come se fossi ancora la tua debole compagna di team. Ho le spalle abbastanza larghe per sopportare qualsiasi peso tu ti stia portando addosso.

- È questo che non capisci, Sakura. Non ho nessuna intenzione di dividere nessun peso con nessuno.

La voce di Sasuke era calma e fredda, come se stesse solo enunciando verità assolute. Sakura si rese conto che la sua ipotesi formulata dopo aver parlato con Jugo era corretta. Sentiva sempre di più l’istinto di prenderlo a pugni, lui e il suo atteggiamento da martire: adesso capiva perché Naruto l’aveva pestato.

- Perché ti ostini così tanto?

Sasuke le afferrò il polso che gli teneva ancora la maglia; il braccio di Sakura era sottile sotto la sua mano. Strinse appena le dita per far sì che lo lasciasse, ma la presa di Sakura era ferrea.

- Te l’ho già detto, i miei peccati non ti riguardano.

- L’ultima volta che hai deciso di fare tutto da solo sei finito in un tunnel di vendetta. Io posso aiutarti ad evitarlo, lasciamelo fare!

- Non puoi evitarlo, è nel mio sangue!

- Dov’è finito il Sasuke che prende la sua vita a due mani e parte per un viaggio di redenzione? Persino il Sasuke che lascia il villaggio per cercare il potere era meno codardo di quello che ho davanti a me adesso.

- Siamo troppo diversi. Non puoi capire perché agisco così!

- Allora spiegamelo! – gridò lei tirandogli di nuovo la maglia e avvicinandolo a sé come conseguenza.

- Non cambierebbe nulla!

- Sei un bambino! Perché no!?

D’impulso, Sasuke chiuse i pochi centimetri che li separavano e le sue labbra si scontrarono con quelle di Sakura. In quello che era il primo bacio che condividevano c’era troppa rabbia e troppi sentimenti feriti da entrambe le parti per rappresentare di più di quello che era: la totale e assoluta confusione che viveva nel cuore di entrambi da mesi – anzi, anni.

- Ecco perché – disse in un sussurro.

Perché aveva capito che era innamorato di quella ragazza.

E non sapeva se fosse il sangue degli Uchiha che reagiva a questo fatto, ma solo l’idea di non poterla rendere felice lo portava ad odiarsi.

Lasciò andare il polso di Sakura, la cui mano aveva finalmente perso la presa sulla maglia nera, e abbandonò l’arena di allenamento senza aggiungere altro, lasciandola ancora sotto shock a sfiorarsi le labbra con le dita.

 











Nota dell'autrice

È con un po' di emozione che posto questo capitolo, perché è dove finalmente le carte vengono scoperte e mi rendo conto sia un'evoluzione che può piacere come no... datemi fiducia ^^;
Penso che Sakura sia sì innamorata, ma sia anche una donna forte che ha imparato a lottare per quello che vuole; dalla sua, Sasuke ha conosciuto più traumi che amore nella sua vita ed agisce più che parlare. Non bastano 2 anni di viaggio di redenzione per affrontare un PTSD come il suo.
Ma ovviamente non è finita. Al prossimo capitolo!
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Kris