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Autore: lady lina 77    07/02/2021    2 recensioni
Grazie a una discussione di ieri sera, ne è uscita fuori questa piccola one shot su Joshua e Grace, i genitori di Ross, che nella serie e nei libri appaiono praticamente solo nei ricordi del protagonista come una coppia unica, unita da un amore indissolubile che li ha legati per l'eternità e di cui Ross e Demelza hanno poi preso il testimone.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nampara, novembre 1764

La nascita di Claude Anthony Poldark fu annunciata al mondo dal vigoroso pianto del neonato, venuto alla luce in un freddo e nebbioso pomeriggio quasi invernale.
Il dottor Choake, il medico del distretto la cui famiglia curava la gente del posto da generazioni ma sulle cui capacità Joshua aveva parecchi dubbi, aveva seguito il parto e per fortuna dei Poldark sia la mamma che il bambino ne erano usciti vivi.
Joshua, dopo aver spedito nei campi il suo servo Jud col figlio maggiore di quasi cinque anni, aveva passato il tempo a fare avanti e indietro nel salotto, dilaniato dalla paura e terrorizzato dai lamenti e dal pianto di dolore della moglie che giungevano dal piano superiore. Avrebbe voluto andare di sopra e fare qualcosa per fermare quella tortura, avrebbe voluto prendere Choake per il bavero e dargli un pugno per il modo in cui si rivolgeva alla sua Grace e avrebbe voluto anche salire e urlare a Prudie che assisteva al parto, di rendersi più utile di così. Ma sapeva anche di non saperne un accidenti di parti, di bambini e di travagli e che se avesse fatto anche una sola di quelle cose, appena fosse stata meglio sua moglie lo avrebbe tormentato con rimproveri e musi lunghi.
Non c'era che aspettare e sperare. E pregare... Joshua non era mai stato molto religioso e la sua vita si era svolta in modo dissoluto in gioventù dove le donne e il buon vino erano stati i suoi migliori amici per quel pezzo travagliato della sua vita. Non c'era gonnella al sicuro se lui era nei paraggi e parecchi padri e mariti avrebbero avuto mille buoni motivi per sfidarlo a duello, ora che ci pensava bene... Poi era arrivata Grace, coi suoi lunghi capelli neri, il suo volto ancora da bambina ma allo stesso tempo affascinante e provocante, coi suoi modi spicci, con la sua dolcezza, col suo capirlo e sorreggerlo come nessun'altra aveva mai fatto. Era diventata il suo mondo, il suo tutto e presto aveva finito per capire che dipendeva da lei, dalle sue parole, dal suo sorriso e anche dalle sue ramanzine. Perché lei con dolcezza, abbracciando anche i suoi difetti e la parte più cupa del suo essere, era pian piano riuscita a cambiarlo e a portare luce nella sua mente, nel suo cuore, nel suo mondo. Aveva abbandonato bordelli e amanti occasionali, aveva scelto di amarla e vivere per lei e da ragazzo dissoluto si era trasformato in uomo, marito e padre. Aveva già un figlio che a breve avrebbe compiuto cinque anni, Ross, bambino caparbio, cocciuto e a volte cupo ma soprattutto testardo. Come lui, come Grace, come ogni Poldark che si rispetti... Era il miglior connubio fra loro e anche se sapeva di non essere proprio il genere d'uomo che sapeva fare il padre, sapeva anche che alle sue mancanze, come sempre, sapeva sopperire Grace. Lei sarebbe sempre stata la luce e il fulcro di quella casa e di quella famiglia e lui, tutti loro, dipendevano dalla sua presenza e dalla sua forza esteriore ed interiore. Anche se era molto più giovane di lui, era stata e sarebbe sempre stata Grace la vera capa e il fulcro di quella famiglia...
A volte il suo amico Tholly gli chiedeva se non gli mancasse la sua vecchia vita, lo invitava a qualche scorribanda romantica in un bordello ma lui aveva sempre rifiutato da quando c'era Grace. Molti uomini tradiscono le mogli ma lui non voleva farlo anche se la spinta poteva essere futile e priva di conseguenze. Con Grace aveva tutto, perché andare a cercare altrove la perfezione che già possedeva per amore e per legge di matrimonio?
Il pianto del neonato ruppe il silenzio opprimente di Nampara e pochi istanti dopo, trafelata, Prudie scese dalle scale. "E' nato, signore! Un maschio, pesa più di tre chili e sta benissimo!".
La prese per le spalle, scuotendola. "E Grace?". Al diavolo, al neonato avrebbe pensato dopo, ma ora voleva sapere di lei perché non c'era nulla al mondo che lo terrorizzasse di più che saperla stare male.
"Stanca come ogni donna che ha appena partorito. Ma sta bene".
Joshua non chiese altro e a grandi falcate salì le scale, travolse quasi Choake che usciva dalla stanza e poi corse da lei.
Grace, coi suoi lunghi capelli neri e il viso giovane di una ragazza di ventiquattro anni, era seduta sul letto, poggiata a due cuscini, con un fagotto fra le braccia. Era stanca, il suo viso era segnato da quelle lunghe ore di travaglio ma anche in quello stato, coi capelli scompigliati e le guance arrossate per lo sforzo, era bellissima e assolutamente seducente. Sua moglie era sempre seducente, sia quando lo ammagliava a letto, sia quando giocava nel prato con il loro primo bambino. La grazia, nel suo nome e nel suo modo di essere, erano insite in lei.
Grace lo guardò con sguardo felice e allo stesso tempo divertito e malizioso. "Non lo sai che si bussa, prima di entrare nella stanza di una signora?".
"Me lo ricorderò la prossima volta" - rispose lui scherzosamente, avvicinandosi e sedendosi sul letto accanto a lei. Le prese il viso fra le mani e ancor prima di provare voglia di vedere suo figlio, la baciò teneramente sulle labbra. Sarebbe sempre venuta prima di tutto il resto...
Lei poggiò la fronte contro la sua. "Hai quasi travolto Choake!".
"Non sarà una grave perdita! Perso lui, ci sarà quell'idiota di suo figlio a curarci o a ucciderci tutti".
Grace sorrise. "Ma per ora siamo vivi! Anche se tu sei un pò smemorato".
"Cosa avrei dimenticato?".
"Di salutare tuo figlio".
"Oh...". Joshua abbassò lo sguardo e fra le coperte, scorse il faccino del piccolo Claude che, coi capelli neri e gli occhi grigi come suo fratello, lo scrutava curioso. Joshua sapeva di essere un buon marito e un ottimo amante ma era sempre stato impacciato a rapportarsi ai suoi figli e pur amandoli moltissimo, faceva davvero fatica a fare e dire la cosa giusta con loro. Toccò Claude con la punta del dito sulla guancia, orgoglioso di lui e del capolavoro che ancora una volta Grace aveva messo al mondo. "Sembra grasso ma dopo tutto pare pure grazioso".
Grace rise, era davvero il massimo che poteva aspettarsi da lui. "Sei deluso? Volevi una femmina?".
"Una femmina? Assolutamente no! Fra quindici anni mi avrebbe portato in casa un idiota con la pretesa di sedurla e portarsela a letto e io avrei dovuto sfidarlo a duello! Meglio un maschio, meglio un maschio...".
Grace rise ancora. "Buono a sapersi! Conosci bene i vizi maschili, mio caro!".
"Come ben sai..." - ammise lui. "Ci fu un tempo in cui ero il terrore di padri e mariti... Tanto tempo fa...".
"Lo so..." - rispose Grace, sorridendo. "Tanto tempo fa...".
Joshua la ribaciò sulle labbra, rendendosi ancora una volta conto di quanto la sua vita e la sua condotta dipendessero da lei che lo capiva e sapeva leggergli nell'animo come nemmeno lui sapeva fare. Lei, che lo aveva accettato coi suoi peccati e le sua mancanze, lei che quelle imperfezioni aveva imparato ad amarle e ad accettarle come parte di lui e di loro. "Mi hai redento... Ora sono il più fedele e noioso dei mariti...".
Grace rise ancora. "Dovrei pentirmene?".
"Non lo so, pensaci su e dammi una risposta. Molte donne a causa tua, staranno piangendo la mia grave perdita".
"Oh, se ne saranno fatte una ragione negli anni!E poi in fondo ti sei redento da solo e avevi libero arbitrio, potevi scegliere altro...".
Joshua la baciò, poi prese Claude in braccio. "Non volevo scegliere altro" - sussurrò, intrecciando le mani con quelle di sua moglie per portarle alle sue labbra e baciarle.
La porta in quel momento si aprì e un bambino riccioluto dai capelli scuri entrò nella stanza, tenuto per mano da Prudie.
Grace sorrise al piccolo allargando le braccia, e il bambino le corse incontro facendosi stringere. "Mamma" - esclamò, rasserenato dal vederla star bene dopo che Jud gli aveva raccontato cose spaventose sulle donne che hanno bambini.
Grace lo baciò sulla testolina, prendendolo in braccio. "Ross, amore mio. Guarda, hai un fratellino tutto nuovo".
Il piccolo Ross alzò lo sguardo incuriosito, osservando il neonato fra le braccia del padre. "Ha più rughe di Prudie!" - sbottò, facendo ridere Grace e Joshua mentre la serva, sotto voce, lo malediva con mille improperi.
"Oh, ma poi diventerà bello come te" - lo rassicurò sua madre.
Joshua avvicinò il neonato al fratello. "Salutalo, Ross. Lui è Claude".
"Ciao Claude" - disse il piccolo, rannicchiandosi poi fra le braccia di sua madre.
Grace lo strinse a se, accarezzandolo. "Sai Ross, oggi è un giorno fra i più felici per me e tuo padre. Come quello in cui ci siamo sposati e sei nato tu. Ora Claude ti sembra piccolo e rugoso, ma da grande capirai quanto una nascita sia un evento felice per chi si ama e per le famiglie".
"Perché?".
Joshua si sedette sul letto accanto a loro e anche se non era bravo a rapportarsi con suo figlio, ci provò. "Da grande troverai una donna che sarà speciale e che amerai come io amo tua madre. E in questa stanza, in questo letto, nasceranno i vostri figli. E capirai...".
Ross lo guardò come si guarda un pazzo e poi decise che quel discorso per il momento era troppo difficile da capire per lui. Annuì poco convinto e poi Prudie lo richiamò all'ordine.
"Su, non far stancare tua madre e lascia un pò soli i tuoi genitori".
Ross non aveva voglia di lasciare sua madre ma lei con dolcezza lo spinse ad ubbidire e ad andare di sotto ad allenarsi con la scrittura e lui ubbidì perché nessuno era capace in quella casa, di dirle di no.
Joshua lo accarezzò sulla testa e il piccolo scese di sotto dove sul tavolo lo aspettavano penna e calamaio.
"Devo scrivere? Mi farai scrivere perché ho detto che hai le rughe come Claude?".
Prudie annuì. "Ovviamente! E poi tua madre vuole che tu impari a scarabocchiare il tuo nome".
Imbronciato, Ross si sedette al tavolo, prendendo la penna in mano. "Non è giusto, perché non posso stare su con mamma come fa Claude?".
"Perché non puoi, sta zitto e scrivi!" - sbottò Prudie.
"Ma perché non posso?" - insistette.
Prudie lo guardò storto. "Perché i tuoi genitori meritano di stare da soli in un giorno tanto importante per loro. Da domani saranno tutti tuoi".
Jud riemerse in quell'istante dalle stalle e Ross lo guardò storto. Lo aveva portato in campagna e gli aveva fatto fare gran parte del lavoro che avrebbe dovuto fare lui. "Mi hai fatto stancare!".
Jud sbuffò. "Ti ho fatto fare le ossa!".
"Mi hai fatto fare il tuo lavoro".
Jud prese un bicchiere di brandy. "Non è giusto, non è gentile, non è corretto. Un povero uomo si adopera per far crescere la nuova generazione con vigore e questo è il ringraziamento...".
Ross picchiò il pugno sul tavolo. "Quando sarò grande e tu sarai il mio servo, ti farò frustare se non lavorerai al mio posto".
Jud si avvicinò, lanciandogli uno sguardo di sfida. "Sei grande, ora?".
Ross deglutì. "No".
"Sei più alto di me?".
"No".
"E allora zitto".
"Ma un giorno sarò grande...".
Jud sbuffò di nuovo. "Forse, forse... E ne riparleremo allora". Poi osservò il foglio che il bambino teneva fra le mani. "Che fai?".
"Prudie vuole che scrivo".
Jud scosse la testa, si avvicinò alla credenza e ne estrasse un mazzo di carte. "Getta via quella penna marmocchio".
"Perché?".
"Perché non è di scrivere che un uomo ha bisogno. E' barare a poker che un uomo deve saper fare e sei abbastanza grande per imparare a farlo".
Prudie gli diede una manata sulla testa. "La signora non gradirà!".
"La signora è di sopra col marmocchio nuovo! E a questo ci penso io".
Ross rise e per una volta decise di ubbidire a Jud. Certe volte in fondo, non aveva idee così brutte. "Da grande ti frusterò meno, forse...".
Jud si sedette davanti a lui, mischiando le carte, mentre Prudie imprecava contro di lui.
Al piano di sopra, Grace sospirò sentendo quel trambusto. "Jud e Prudie stanno ancora litigando e Ross è nel mezzo. Va a recuperare il nostro povero piccolo".
Ma Joshua era di tutt'altro avviso. "Ross sopravviverà e tu devi riposare".
Capendo che stavolta non c'erano margini di trattativa, Grace si rannicchiò sotto le coperte. "Starai quì finché non mi addormento?".
"Starò quì tutto il giorno" - le disse Joshua, con voce calda. "Dimmi solo che stai bene".
"Sto bene, sta tranquillo...".
"Non sono mai tranquillo se si tratta di te. Sei la mia più grande forza e la mia più grande debolezza".
Era la sua paura più grande, quel pensiero che a volte lo tormentava. Come sarebbe sopravvissuto se avesse perso Grace? Certo, lei era più giovane e in forze e sicuramente sarebbe stato lui ad andarene per prima, ma nella vita niente era mai certo e questo lo faceva impazzire.
"Joshua, sono quì e sto bene. E anche i nostri bambini".
"E sarà così per sempre?" - chiese lui.
Grace sorrise dolcemente. "No, nulla è per sempre, se non i sentimenti che legano le persone. Quelli sopravvivono a tutto, anche alla morte. Ma ora non pensiamoci e godiamoci il presente. Che è sereno e radioso. Claude e Ross meritano che siamo felici".
"E se il futuro non fosse sempre così?" - chiese Joshua.
"Ci penseremo quando succederà...".
Joshua strinse a se la sua donna e il suo bambino, pregando che tutto andasse bene il più a lungo possibile e che le sue paure fossero solo normali paranoie da neo-padre. Eppure l'amore rende forti ma anche guardinghi e Joshua quel giorno non poteva saperlo che ciò che stringeva fra le braccia gli sarebbe stato strappato di mano sei anni dopo, privandolo dell'amore della sua vita e poi, un anno dopo ancora, di quel piccolo che era appena venuto al mondo.
Ma in quell'istante decise di ascoltare sua moglie e di essere solo felice. E lo fu davvero per gli anni successivi dove amore e fortuna, che sembravano racchiusi nel nome di Grace, baciarono con grazia la sua vita.





  
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