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Autore: l y r a _    09/02/2021    1 recensioni
Il secondo anno di liceo di Tooru Oikawa è un gran macello. Lo dice Hajime Iwaizumi, il suo migliore amico da una vita, e precisa che lo sarebbe stato un po’ meno se non avessero incontrato Sakurai e subìto tutte le sue complicazioni patologiche.
Il primo anno di liceo di Megumi Sakurai è un fallimento annunciato e lei è arrogante, ambiziosa e ha scrupoli quanti gli spiccioli nel suo portafogli: nessuno. Lo dice tutta Sendai ed è tutta la verità.
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[Oikawa/OC | UshiShira | Accenni OC/Ushijima | Perpetrato reato di canon/OC ]
Genere: Generale, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Kenjiro Shirabu, Nuovo personaggio, Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 16

Anche le brave ragazze vanno all'inferno

La prima neve di quell’inverno cadde durante la prima metà di dicembre. Fiocchi leggeri e minuti danzarono indisturbati fuori dalle finestre dei dormitori dell’Accademia Shiratorizawa, finché l’urlo di giubilo di Satori Tendou non squarciò il sereno silenzio della sala comune in cui erano riuniti gli studenti e le studentesse del secondo anno. Decine e decine di ragazzi abbandonarono le poltrone accanto ai riscaldamenti e altrettanti balzarono in piedi in tutta fretta dai grandi tavoli affollati di libri e cancelleria per accalcarsi animosamente contro le finestre, come se non avessero mai visto in vita loro la neve nel cortile del dormitorio.
Wakatoshi restò al suo posto, il volume che avrebbe dovuto leggere per il progetto di giapponese ancora in mano. Guardò la folla di compagni spingersi sui vetri e si chiese cosa potesse esserci di tanto diverso da quel che avevano visto l’inverno precedente: i pini carichi di neve, la cupola della biblioteca avvolta da una spessa coltre, la fontana all’ingresso come un pugno nell’occhio nel bianco del parchetto, il campetto all’aperto invisibile sotto il manto nevoso. Niente di tutte quelle cose era una novità: le rammentava tutte perfettamente come se i mesi tra febbraio e dicembre non fossero mai trascorsi.
Chiuse un segnalibro fra le pagine del saggio e si arrese all’ozio: non aveva più alcuna voglia di studiare, quel libro era incomprensibile e c’era troppo chiasso nella stanza. Considerò di raccogliere i propri effetti personali e andarsene a letto, per godersi il calduccio del piumone pensando ai diversi gradi sotto zero che regnavano oltre le mura del dormitorio, poi si ricordò che l’anno precedente Megumi era rimasta diversi giorni a Minamisaka a causa della neve che aveva invaso le strade extraurbane e gli venne in mente che, in effetti, lei quella vista se l’era persa. Allora si alzò, ritenendo carino avvertirla, sempre che la notizia non avesse già raggiunto la sala comune del primo anno.
Dopo la cocente sconfitta al torneo del festival scolastico, appena tre settimane prima, Megumi non gli aveva rivolto che monosillabi impercettibili per cinque lunghissimi giorni, e lo stesso aveva fatto con Tendou e con la sua amica Ikeda. Aveva ragione a prendersela: agiocato così bene che lo stesso Wakatoshi aveva faticato a farle fronte e aveva perfino fatto fesso Satori un buon numero di volte. Non aveva capito cosa di quel che aveva fatto l’avesse infastidita tanto, ma quella sfida all’ultimo sangue era stata così stimolante che gli era venuta voglia di fare ancora meglio del solito, il che – visto l’imminente appressarsi dei campionati primaverili a Tokyo – non era affatto male.
Quel che contava era che l’amica d’infanzia era tornata normale, o forse anche meglio che normale: meno appiccicosa e più concentrata, trascorreva più tempo con le sue nuove amiche e non era più molesta quando si trovava con lui. A quanto pareva, riusciva negli allenamenti molto meglio di prima e il suo debutto ufficiale come opposta, durante un’amichevole contro l’istituto Kobayashi, era stato un meritatissimo successo. Del resto, non sapeva molto: la questione Oikawa rimaneva un mistero di cui Megumi non intendeva più metterlo a parte e le uniche informazioni razionate che riceveva erano una gentile concessione di Shirabu, che gli aveva lasciato capire che i due continuassero a frequentarsi con una certa costanza. Wakatoshi aveva incrociato di persona il rivale all’amichevole di Megumi, accompagnato da un paio di amici, e quello aveva subito voltato il capo dall’altro lato per fingere di non averlo notato.
S’incamminò attraverso il corridoio, lasciandosi alle spalle il cicaleccio della sala comune del secondo anno, e sbirciò oltre la soglia di quella del primo, che aveva imparato a conoscere bene nel corso dell’anno precedente.
I ragazzi non si erano fatti distrarre dal chiasso degli studenti più grandi: le spesse tende porpora erano ancora tutte tirate e loro erano impegnati in attività diverse: alcuni, seduti vicini al tavolo, confrontavano gli appunti presi durante le lezioni mattutine, un paio di nuovi membri del club di teatro mostravano alle loro amiche gli abiti di scena che avrebbero indossato durante il saggio natalizio, seduti in cerchio sul tappeto, tre o quattro ragazzi occhieggiavano in loro direzione con aria sognante, i compiti per il giorno dopo dimenticati come la dignità.
Megumi era seduta con Nonaka e Kawanishi sulle poltroncine in fondo alla stanza, fra le finestre serrate e la libreria, Scoiattolo si era adagiata sul bracciolo della sua poltrona, con la testa appoggiata alla sua e guardava assonnata lo schermo del cellulare. Gli altri tre chiacchieravano tranquilli del film trasmesso in televisione. Kawanishi si accorse di lui e lo salutò con una mano.
«Waka-nii, sei venuto a trovarmi?» lo accolse Megumi sorpresa.
Lui si sporse oltre la sua poltrone e scostò la tenda dalla finestra più vicina.
«Avete visto la neve?» annunciò.
«Nevica?» strillò Scoiattolo arrampicandosi sul davanzale ed ebbe immediatamente l’attenzione del resto dei compagni di scuola.
Megumi e gli altri due si alzarono a loro volta per controllare, mentre – esattamente come era accaduto pochi minuti prima nella sala comune del secondo anno – gli studenti correvano ad affacciarsi alle finestre per assistere per la loro prima volta ad uno spettacolo inedito. Kawanishi si azzardò perfino ad aprire un’imposta e porgere a Nonaka una manciata di fiocchi che si erano depositati sulla sua mano.
«Kawanishi, non puoi permetterti il raffreddore.» lo rimproverò Wakatoshi richiudendo la finestra «C’è l’Harukou il mese prossimo e non devi saltare gli allenamenti.»
Lo studente più giovane annuì, colto all'improvviso dalla sua premura. Megumi, con aria di sfida, la riaprì dichiarando che lei e Kaori non correvano alcun rischio di disputare incontri ufficiali nei mesi successivi, ma Wakatoshi la spinse via di peso e richiuse fermamente l’anta.
«No.» ribadì severo «Hai appena ripreso.»
«Ragazzi, facciamo una foto?» propose Scoiattolo agitando in aria il cellulare «Tutti insieme, anche tu senpai! Ce la facciamo scattare da qualcuno, altrimenti non ci stiamo tutti!»
Cinque minuti di tentativi dopo, Hiromi girava agli altri le numerose foto che un compagno di classe di Kawanishi e Nonaka aveva scattato: in ognuna qualcuno era venuto male per un motivo differente e dei fiocchi di neve non c’era alcuna traccia, ma alla fine scelsero la meno peggio da inviare a Ikeda.
«Andrà su tutte le furie quando la vedrà!» gongolò il libero.
«Credo di doverla mandare a qualcuno anche io.»
«Megumi-chan, non starai parlando di Oikawa?» suggerì Kaori divertita.
«Certo che no! Sappi che se nevica per tutto il resto del mese è colpa sua, sai… per via di quella… ehm… circostanza di cui ti ho parlato. No, credo proprio che la invierò a Kenjiro, per farlo scoppiare d’invidia. Così impara, a starsene a casa sua e a godersi la cena di mammina.»
«Non è colpa sua se ha la fortuna di abitare in città.» osservò Wakatoshi.
«Ma è colpa sua se a cena, mentre io mando giù del riso praticamente bianco, lui mi gira le foto del Sukiyaki di sua madre. Che abbia quel che merita!»
Mentre Megumi picchiettava coi pollici sullo schermo del proprio telefono, Tendou comparve all’ingresso della sala, facendosi strada in mezzo ai primini per raggiungerli.
«Wakatoshi-kun, ho indovinato dov’eri senza nemmeno sforzarmi!» spiegò allegrò « Megumi-chan come va con…»
«No. Non te lo dirò, capisci sempre a modo tuo.»
«Mi sembravate molto in confidenza l’altro giorno alla partita.»
«A me invece sembra che tu non ti faccia abbastanza i fatti tuoi. Davvero, c’è già Kurihara che non mi dà tregua, è sempre lì che sghignazza e fa allusioni. Siamo soltanto buoni amici, tutto qui.»
«Io vi ho visti di persona: eravate così carini, mano nella mano!»
Megumi arrossì, poi decise di ricorrere ai metodi di persuasione che padroneggiava meglio.
«Se continui te le suono.»
«Per carità, Megumi-chan» la canzonò Tendou divertito «Preferirei evitare, potrei innamorarmi, pare che accada ai ragazzi che prendi a calci.»
«Ti colpirà veramente.» lo ammonì Wakatoshi.
«No, non lo farà!» lo corresse Nonaka ridacchiando «Non dentro una stanza piena di studenti.»
Megumi li ignorò. «Tanti saluti da Kenjiro, insieme alla richiesta non troppo velata di fargli copiare i miei compiti di inglese. Salgo qualche minuto in camera per fare delle foto al quaderno.»
Arisu si appropriò a pieno titolo del posto sulla poltrona che Megumi aveva temporaneamente liberato. La compagna di stanza aggrottò le sopracciglia.
«Se quando torno insisti per rimanere lì giuro di sedermi addosso a te.»
L’altra fece spallucce.
«Sembra interessante, vorrei provare. Prima di scendere, ricordati di accendere il riscaldamento o stanotte congeleremo.»
Wakatoshi notò con piacere che i rapporti fra le due compagne di stanza sembravano essere tornati normali. Megumi le fece il verso, poi si diresse a grandi falcate fuori dalla sala comune, lasciando agli altri l’onere di commentare.
«Allora, Kaori-chan, esce con Oikawa o no?»
La palleggiatrice del club femminile socchiuse gli occhi e agitò un dito davanti al proprio volto.
«Non ti dirò nulla, Tendou-kun
«Dai, scommetto che Wakatoshi è geloso e vuole saperlo!»
«No.» replicò piatto lui.
Non riusciva a comprendere come mai tutti dessero per scontato che gli interessasse Megumi in senso romantico. Da parte sua non aveva mai fatto nulla di concreto per incoraggiare quelle voci e, per di più, le ragazze non erano affatto una sua priorità. Aveva ben altro a cui pensare: gli allenamenti, le materie facoltative da scegliere per il terzo anno, la causa che la famiglia di Megumi aveva intentato contro Hattori, il torneo primaverile a Tokyo, gli esami da superare entro la fine dell’anno scolastico, quella convocazione nella Nazionale juniores, il misterioso fenomeno per cui Shirabu entrava negli spogliatoi solo quando tutti gli altri ne uscivano.
Quando ne aveva parlato con Megumi, l’amica si era limitata a sorridergli e ad assicurargli che si trattasse solo di un caso: Kenjiro – gli aveva risposto – era lento perfino a raccattare le sue cose dal banco. Wakatoshi sapeva chiaramente che mentiva: la fossetta che compariva all’angolo destro della bocca di Megumi tradiva sempre nervosismo. Infine, il fatto stesso che l’amica infrangesse il suo giuramento di sincerità in favore di Shirabu aveva fatto sì che quella bizzarra circostanza lo intrigasse ancora di più, soltanto che ogni suo tentativo di estorcerle una nuova informazione veniva magistralmente eluso.
Osservò Kawanishi, ancora appoggiato al davanzale e incantato dallo spettacolo. Ricordava un suo diverbio con Shirabu, vecchio di mesi prima, scoppiato durante una pausa dagli allenamenti del club. Forse aveva solo bisogno di cambiare obiettivo.
«Kawanishi… vorrei farti una domanda.»
Il ragazzo trasalì e Tendou trattenne un risolino.
«Si tratta di Shirabu.» spiegò «Ho notato che trascorre con noi meno tempo possibile. Voi siete dello stesso anno e credo vi conosciate meglio. Mi chiedevo se tu sapessi darmi una spiegazione.»
Preso in contropiede, il più giovane si fece teso almeno quanto lo era stata Megumi quando gli aveva posto lo stesso quesito. Accanto a lui, Nonaka assunse un’aria allarmata e Scoiattolo perse ogni traccia di colorito.
«Ecco…» biascicò Kawanishi intimidito dall’attenzione che i due compagni di squadra più grandi gli stavano rivolgendo «...immagino che sia solo timido.»
«Taichi, ti hanno mai fatto presente che non sai dire le bugie?» commentò Tendou divertito.
Il ragazzo mise su un cipiglio offeso.
«No, sono onesto, non ne ho idea!»
«Tempo fa accennavi a delle voci di corridoio su di lui…» lo stuzzicò.
«Non riesco proprio a ricordare.»
«Kaori-chan, tu sai tutto di tutti. Non negare. Cosa sai?»
«Ufficialmente nulla, ho solo deduzioni e pettegolezzi privi di fonti che non divulgherò per etica professionale. Io diffondo solo informazioni certificate, dovresti saperlo.»
A quel punto, Wakatoshi e Tendou si rivolsero a Scoiattolo, che cercava – a quanto pareva – di mimetizzarsi con il tessuto della poltrona, impresa di difficile riuscita dal momento che il rosa prepotente dei suoi capelli c’entrava ben poco col resto dell’arredamento.
«Io lo conosco appena!» squittì allarmata.
I due amici si guardarono: Tendou si era appena unito alle personali indagini del capitano. Wakatoshi lo aveva appena autorizzato, con uno sguardo di assenso, ad usare qualsiasi trabocchetto per mettere in fallo i tre studenti più giovani quando Megumi rientrò in tutta fretta nella sala per riprendersi il suo posto, salvando involontariamente gli amici da un interrogatorio più difficile da sostenere.
Di fronte alle resistenze di Scoiattolo a renderle la poltrona, la ragazza fissò la preda con occhi famelici, le rivolse un sorriso tagliente e poi prese a solleticarla ferocemente finché non ebbe dichiarato la resa incondizionata.
«Megumi-chan» la biasimò Tendou mentre Hiromi si sistemava nuovamente sul bracciolo per farle spazio «Non ti sembra di tiranneggiare un po’ troppo?»
«E a te sembra che il mio sedere grosso stia comodo sul bracciolo quanto quello minuto di Risu?»
Tendou scoppiò a ridere, colpito dall’autoironica onestà della studentessa più giovane.
«Sta’ tranquillo, Tendou.» lo rassicurò Scoiattolo allungando le gambe a destra e scivolando dal bracciolo alle ginocchia di Megumi «A prima vista può sembrare che sia lei a dettare legge, ma in realtà sono io che comando: Megumi-chan deve smaltire diversi mesi di angherie ingiustificate. E poi si sta più comodi così che sul cuscino.»
«Stai insinuando che le mie gambe siano più molli del cuscino?»
«Ovviamente, Naomi ti ha sollevata dall’obbligo di seguire quella dieta e il cuoco continua ad avere un occhio di riguardo per te.»
Wakatoshi obiettò che, da quando Megumi aveva ricominciato a mangiare a pieno regime, aveva una cera molto migliore e che la signorina Kato aveva agito nel migliore dei modi quando l’aveva dispensata da quello sforzo infruttuoso. La sua amica aveva finalmente recuperato parte del peso che aveva perso nei mesi precedenti a causa del forte carico di stress: le sue guance non erano più scavate e non le servivano più diversi strati di trucco per coprire le occhiaie scure. Di certo non sarebbe più ritornata ad essere la ragazza paffuta che era stata ad aprile, dopotutto era pur sempre nell’età della crescita, ma chiunque avrebbe potuto facilmente notare la differenza rispetto ai suoi mesi più bui.
«Beata lei!» sospirò Nonaka, che aveva fin troppo generosamente acconsentito a rinunciare a gran parte dei suoi sfizi e perdere alcuni chili. In effetti, da un mese si era sfilata appena. «Non dovevo propormi per quel ruolo: corro sempre da una parte all’altra del campo, quanto odio la seconda linea!»
Kawanishi le lanciò un’occhiataccia: Wakatoshi osservò fra sé e sé che quel gruppetto del primo anno si conosceva meglio di quanto si fosse aspettato e, con tutta probabilità, anche Shirabu doveva esserne parte attiva. Era piuttosto scontato che si coprissero le spalle a vicenda, come era altrettanto scontato che Tendou non si sarebbe mai arreso.
«Megumi-chan, cosa sapete su Kenjiro che noi non sappiamo?»
La ragazza sollevò il sopracciglio mutilo e gli rivolse un sorriso enigmatico.
«Se non lo sapete significa che non sono affari vostri.»
«Non si risponde così a un senpai. Wakatoshi-kun, strigliala per bene!»
«Waka-nii, anche se mi sgriderai non ti dirò nulla di Kenjiro. Te l’ho detto: è solo timido.» ribadì decisa e Scoiattolo, spaparanzata sulle sue gambe e fra i braccioli della poltrona, annuì con solennità. Da quando la sua compagna di stanza era tornata aveva acquistato coraggio, come se Megumi fosse garanzia di protezione.
«Sto cercando soltanto di capire se non si trovi bene con noi.»
«Allora chiediglielo, no?» sospirò l’amica stanca.
«L’ha già fatto, ma non è cambiato niente.» intervenne Tendou, anche se non interpellato «Sostiene che sia tutto a posto ma continua a non entrare con noi negli spogliatoi.»
Kawanishi trattenne un risolino dietro la mano, Kaori gli diede una gomitata.
«Taichi-kun, cosa sai?» lo incalzò Tendou con un sorriso sornione.
«Non sa nulla!» replicò Megumi stringendo le labbra e rivolgendo al colpevole uno sguardo severo. «Nulla di più di quanto non ne sappiate voi o chiunque altro, la questione è chiusa. Nevica ancora?»
Davanti alla porta della sua stanza, poco più tardi, Wakatoshi e Tendou avrebbero conversato ancora riguardo il mistero di Shirabu. Tendou sosteneva, piuttosto fantasiosamente, che avesse qualche malattia cutanea imbarazzante da nascondere, ma Wakatoshi non ricordava di aver mai notato nulla del genere quando, i primi tempi, il ragazzo si comportava ancora normalmente: doveva essere accaduto qualcosa in seguito.
«Oh, e perché lo osservavi, Wakatoshi-kun
«Non lo so.» confessò, preso alla sprovvista «Forse mi ero incantato.»
«Incantato implica che tu non ricordi cosa abbia visto, invece mi sembra che tu lo sappia benissimo.» lo canzonò allegro il compagno di squadra appoggiandosi con le spalle alla parete e incrociando le braccia al petto.
«E con questo cosa vorresti dire?» domandò perplesso.
«Io? Nulla!» replicò con una certa patina di ambiguità «Solo che trovo il fatto singolare.»
Wakatoshi liquidò l’osservazione di Tendou come l’ennesimo dei suoi sproloqui incomprensibili e decise di congedarsi, ma non fece in tempo a raggiungere la maniglia della porta che l’altro gli si parò davanti.
«Davvero non t’importa che Sakurai esca con Oikawa?»
«No. Ti sembra forse il contrario?»
«Mi sembri onesto. Ma, di tanti ragazzi che esistono, proprio Oikawa! Non disapprovi nemmeno un pochino che esca con la concorrenza? Credevo ci fosse rivalità fra di voi e mi risulta che tu non l’abbia mai elogiato per la maturità. Hai sempre protetto Sakurai da chiunque altro abbia dimostrato dell’interesse per lei, perfino dai tuoi stessi compagni del club, e poi permetti che Oikawa si prenda il lusso di giocare con lei? Non mi sembri coerente, Wakatoshi-kun
Tendou non aveva tutti i torti: non era coerente come amava essere. Ad esser franco, quando Megumi si era azzuffata con Oikawa nei corridoi del palazzetto, aveva provato insofferenza per quel che lui aveva fatto e detto per umiliarla pubblicamente, e aveva insistito che si scambiassero in fretta delle scuse perché desiderava sottrarla per sempre al suo tiro. Nei giorni successivi, mentre Megumi ancora si lagnava con lui della mortificazione subita, era stato certo di aver compiuto la mossa giusta e che le strade dei due non si sarebbero mai più incrociate. Per questo, quando il signor Sakurai gli aveva fatto il nome di Oikawa, ne era stato sconvolto e aveva dovuto riconsiderare l’entità dei suoi sentimenti per Megumi. Hiromi gli aveva poi riferito che i due si erano rivisti nel tempo compreso fra la loro zuffa e l’aggressione di Hattori, e non era più riuscito a giustificare la condiscendenza di Megumi.
Non ci era riuscito finché non li aveva visti chiacchierare sugli spalti durante i preliminari per l’Harukou e si era accorto di quanto i modi di lei si addolcissero quando Oikawa era nei paraggi: aveva creduto che quella Megumi – la bimba gentile e vivace che rincorreva un pallone lercio in un campo di angurie – fosse stata uccisa e sepolta dalla smania sopraggiunta durante l’adolescenza e invece sorrideva a Tooru Oikawa con tutta la sua ritrovata serenità.
Non sapeva come fosse possibile, aveva sempre creduto che le abilità di Oikawa fossero squisitamente sportive, eppure aveva preso la Megumi peggiore che potesse mai incontrare, corrosa dall’invidia e dalle vessazioni, e ne aveva tirato fuori la versione migliore possibile. Aveva grattato via con pazienza e accortezza tutte le sue preoccupazioni, una alla volta, finché non aveva riportato alla luce la brillantezza dei suoi colori originali, quasi stesse restaurando un’opera d’arte dimenticata dall’umanità.
Tre settimane prima non era riuscito a spiegarlo a Megumi con le parole giuste: era stata solo in grado di farla infuriare, ma gli venne più semplice ammetterlo con Tendou.
«Le ha salvato la vita.» disse, e Tendou assunse un’aria sorpresa, perciò fu costretto a rettificare «Mi costa molto accettarlo, ma senza da lui Megumi non sarebbe mai tornata al club e nemmeno a scuola. Non avrebbe mai chiarito con me e prima ancora sarebbe morta in quella galleria. Non fraintendermi: ha fatto tutto da sola ma se lui non le avesse dato una linea da seguire, si sarebbe persa per strada. Perciò mi sta bene che si frequentino, purché Oikawa non le spezzi il cuore.»
«Quindi tu credi che lei sia innamorata?»
«Io non le capisco queste cose. Le emozioni e i sentimenti sono difficili.» confessò schietto «Ma quando Megumi è su di morale, mi viene voglia di fare ancora di più per superarla.»
«Come sei diventato profondo, Wakatoshi-kun!» esclamò l’altro allegro «Deve essere per via tutti quei romanzi che ti presta il tuo compagno di stanza, ti fanno male. Troppa cultura nuoce alla salute.»
«Dici?» domandò prendendo seriamente in considerazione l’ipotesi.
«Certo! Il prossimo anno facciamo domanda per la stessa stanza: ti presterò tutti i miei numeri di Jump e sia mai che qualcuno osi portare la cultura dove regna l’ignoranza!»

Mikoto era piuttosto soddisfatta dell’ammirazione reverenziale che le ragazze avevano manifestato per via del suo personale mezzo di trasporto. Tutta contenta, aveva ceduto il suo posto sul sedile posteriore alle tre amiche e poi si era accomodata sul sedile del passeggero accanto a Soichiro e il suo autista aveva pigiato sull’acceleratore. Un vero peccato che ci fosse la neve: avrebbe voluto mostrare loro quanto veloce poteva sfrecciare la sua auto personale. Si voltò per spiare con la coda dell’occhio il sedile posteriore: Megumi aveva la faccia di una che non aveva mai visto tanto lusso in vita sua e Mikoto ci credeva, dal momento che l’auto standard su cui viaggiava era un pick-up mezzo scassato.
Abbassò l’aletta parasole e si specchiò per controllare che l’eyeliner nero fosse impeccabile e che sul suo viso non ci fosse nessuna traccia del brufolo che aveva dovuto coprire con diverse mani di fondotinta e correttore. Con l’indice spazzò via dal rivestimento in pelle del sedile un pelo di gatto e assunse l’aria più fiera che avesse in repertorio: avrebbe scoperto, quel tamarro, contro chi aveva osato mettersi! Si sarebbe goduta tutta l’invidia sulla sua stupida faccia proletaria. Non c’era nessun altro motivo per cui si era offerta di accompagnare Megumi e le altre due amiche all’amichevole fuori casa dell’Aoba Johsai: voleva soltanto chiudere il conto con chi non l’aveva rispettata a sufficienza. Takahiro Hanamaki era il nome in cima alla sua lista nera, sottolineato diverse volte: era ora che pagasse l’affronto.
«Ha ricominciato a nevicare!»
«Di che ti stupisci, Scoiattolo?» replicò Mikoto pregustando in anticipo la vacanza che la sua famiglia aveva programmato «Poco più di una settimana ed è Natale!»
Megumi, seduta fra Arisu e Kaori, si coprì le orecchie con le mani.
«Ah, vi prego, non ricordatemelo!» protestò ansiosa.
«Deve essere dura» commentò Kaori «rinunciare ai Red Falcons di José Blanco.»
«Durissima. Mi piange il cuore! Ma perché il dormitorio deve chiudere? Uno studente del primo anno non può pensare di trascorrere una festività consumistica che non c’entra assolutamente nulla con la nostra cultura a fare i compiti delle vacanze nella propria stanza?»
Tutte e tre risero del lamento di Megumi e perfino Soichiro non riuscì a trattenere un sorriso.
«Voi ridete, ma io sarò a Minamisaka, attaccata alla stufa mentre il mio posticino in prima fila al Gymansium rimane vuoto. La mia vita è davvero un enorme scherzo.»
«Il tuo aitante cavaliere si è offerto di ospitarti, no?» ridacchiò Mikoto «Ti basta accettare. Certo, mi dispiace per la tua verginità, ma prima o poi succede.»
«Dovresti smetterla di farla preoccupare inutilmente!» la rimproverò Kaori con compostezza, mentre il colorito di Megumi si faceva di un rosso intenso «Oikawa non è solo in casa e le ha assicurato più di una volta che l’avrebbe sistemata in un’altra stanza. Non l’ha mai nemmeno baciata – Megumi divenne ancora più rossa – e le ha promesso che non la toccherebbe nemmeno con un dito. Ed è per questo che la qui presente Megumi Sakurai è una stupida.»
«Si tende ad essere stupidi quando si è innamorati. Io lo so bene: ma sta’ attenta, Megumi: i maschi sono tutti uguali, pezzi di merda dal primo all’ultimo. Scusami Soichiro, tu sei un’eccezione speciale.» commentò Mikoto per girare il dito nella piaga.
«Non sono innamorata, siamo amici.»
«Amici che si tengono per mano.» precisò Arisu prendendo finalmente parte alla discussione. «Amici che hanno avuto diversi appuntamenti.»
«Non erano appuntamenti» obiettò contrariata «erano contingenze!»
«Amici che, durante le contingenze, si tengono per mano.»
«Risu-chan, da che parte stai?»
«Da nessuna parte, mi diverto. Secondo me dovresti andarci, voglio dire… non ti ha mai fatto nulla. Oppure ci nascondi qualcosa?»
«Non vi nascondo niente!» balbettò tesa Megumi, lasciando invece intendere tutto il contrario.
Mikoto prese atto del maturo cambio di rotta di Scoiattolo: nei mesi precedenti si fiutava lontano un miglio la sua cotta per Megumi, se n’erano accorti tutti ad eccezione della diretta interessata. Dopo le tensioni del festival scolastico, in cui Arisu aveva definitivamente accettato che la compagna di squadra avesse altre preferenze, il piccolo libero aveva assorbito bene l’urto e si era rimessa autonomamente sulla strada della ripresa, migliorando il proprio umore. Il tutto senza mai aver fatto presente a Megumi né quel che era accaduto, né il fatto ovvio che le piacessero sia i ragazzi che le ragazze.
«Siamo due contro due.» sottolineò Kaori.
«Siamo tre contro una.» la corresse Mikoto «Che dice Ushijima?»
«Siete tre contro due.» sospirò Megumi.
«Davvero? Mannaggia, sembrava che fosse di vedute più ampie, invece è proprio un vile campagnolo come te.»
«Miko, puoi offendere me ma non Waka-nii
«Chiedo pietà per aver peccato! Ma anche tu peccherai, mia bella Giulietta, quando oggi vedrai il tuo Romeo e accetterai la sua ospitalità, contro la volontà del tuo Waka-nii
«Non accadrà niente del genere!»
«Mi duole contraddirti» intervenne Kaori trattenendo a stento un ghigno «Ma durante l’amichevole contro la Kobayashi, quando l’hai visto sugli spalti ti sei distratta e ti sei presa una pallonata in faccia. Non è stata la tua azione migliore, ma sei stata adorabile.»
«Naomi lo è stata un po’ meno!» aggiunse Arisu ancora divertita dal ricordo «Segnare un punto con la faccia! L’effetto sorpresa ha sconvolto l’altra metà del campo!»
«Perciò io spero che continui a nevicare.» concluse Mikoto solenne.
«Non sarà mica una maledizione?» domandò Megumi preoccupata.
«Non lo era, ma adesso lo è: spero che nevichi così tanto il ventiquattro che la neve ti arrivi fino alle ginocchia e le strade si gelino. Così non avrai altra scelta che rimanere da Oikawa.»
Megumi si mise le mani nei capelli: aveva sempre sostenuto di non credere alle dicerie sul suo conto, ma in fin dei conti anche lei ne era intimamente impressionata. Era l’ultima soddisfazione che Mikoto avrebbe potuto godersi durante la giornata, perché – a partire dal momento in cui arrivarono a destinazione – nulla seguì la direzione che aveva accuratamente pianificato.
Nessuno venne ad accoglierle: era troppo freddo perché – a pochi minuti dalla partita – il coach permettesse ai propri ragazzi di uscire nel cortile, perciò non poté sfoggiare la propria Mercedes a nessuno, tantomeno a quel maleducato di Hanamaki. Indossare un paio di calze leggere sotto la gonna non era affatto stata un’idea intelligente. Per fortuna qualche mese prima Kaori e Arisu avevano giocato un’amichevole contro il club femminile della scuola e ricordavano la strada per la palestra, altrimenti avrebbero battuto i denti al freddo per un tempo imprecisato senza trovarla.
La palestra era gremita di spettatori. Non aveva senso – osservò la ragazza – si trattava solo di una banale amichevole fra zotici, nemmeno un match ufficiale, eppure il soppalco era piuttosto affollato.
«Caspita, se è pieno di ragazze…» commentò Arisu mentre salivano le scale per raggiungerlo.
«È il debutto di Tooru dopo l’infortunio.» spiegò Megumi visibilmente tesa «Immagino che il fanclub sentisse la mancanza del suo bel faccino. Chissà con quante di queste è già uscito.»
In effetti, la maggior parte del pubblico era composto di ragazze ben vestite e agghindate, che strillavano il nome di Oikawa come se fosse stato il cantante belloccio del concerto di cui attendevano l’inizio. Mikoto conosceva i ragazzi abbastanza da poter appoggiare la teoria dell’amica: probabilmente era già stato con parecchie di loro e sarebbe stato con altrettante in futuro. Stando lì, loro quattro davano l’impressione di far parte di quel triste novero di aspiranti. Le venne un conato di disgusto e provò pena per Megumi.
«Vorrei sapere qual è la famosa Asuka.» mormorò malinconica.
«Quella con cui usciva quando siete stati al caffè?» domandò Arisu preoccupata.
«Magari ci esce ancora e io non lo so. L’altro pomeriggio si è lasciato sfuggire che gli ha regalato un orologio firmato per il compleanno, capite? Gli fa perfino regali costosi, quando io in tasca ho solo due spiccioli. Forse non dovremmo stare qui, forse dovremmo soltanto andarcene.»
«Megumi-chan, io ti proibisco di lasciare questo posto prima che l’amichevole sia terminata.» intervenne Kaori con durezza «Noi non ci muoveremo da qui per nessun motivo al mondo. E smettila di negare che t’interessi: tutta la scuola vi ha visto tenervi per mano al festival e, per giunta, tu sei qui a piagnucolare perché sei gelosa delle sue ammiratrici. Vorrei che la piantassi di trarre conclusioni affrettate e gli dessi qualche opportunità: è venuto a vederci, tu ricambi il favore, lo saluti e ce ne andiamo. Guarda almeno come si comporta!»
Megumi schiuse le labbra per rispondere ma Mikoto fu più rapida.
«Adesso fai così perché in macchina ti abbiamo presa in giro e quindi stai cercando una scusa per sottrarti alla resa dei conti senza perdere. Notiziona del giorno: non puoi sempre vincere, ma credevo che questo lo avessi imparato benissimo negli ultimi tempi.»
La ragazza strinse le labbra e si appoggiò rassegnata alla ringhiera della tribuna. Alla fine, prese a guardare Oikawa così intensamente che Mikoto non si sarebbe stupita se di tanto in tanto lui avesse avvertito un brivido freddo lungo la schiena. Avvertiva tutta l’indecisione e l’indignazione di Megumi: come aveva potuto tessere una rete così fitta di relazioni e mantenerla anche quando sosteneva così strenuamente di essere innamorato di lei?
I maschi – si ripeté il suo mantra – sono tutti identici.
Seguire la partita fu un supplizio dall’apparenza interminabile: quell’esercito di esaltate aveva reso impossibile dedicare abbastanza attenzione al gioco. Mikoto dubitava fortemente che ognuna di loro conoscesse anche solo i fondamentali della pallavolo e si chiese come facessero i ragazzi a portare a termine quattro set in mezzo a tutto quel baccano.
Oikawa, che aveva giocato oltre qualsiasi aspettativa che uno potesse avere su un infortunato appena uscito dalla convalescenza, agitò la mano verso di loro subito dopo l’inchino e la sua personale claque esplose in gridolini estasiati, ciascuna convinta che si fosse rivolto a lei.
Tuttavia lui si congedò con garbata fretta dalle coraggiose che gli si erano avvicinate e raggiunse le quattro spettatrici fuori dal coro quando erano ancora sulle scale. Le ringraziò educatamente per aver assistito all’amichevole e scambiò perfino alcune chiacchiere con loro, finché Kaori non ficcò i gomiti nei fianchi di Arisu e Mikoto e s’inventò la scusa che voleva uscire e prendere un po’ d’aria. Mentre veniva trascinata via dalla decisa intraprendenza dell’amica, Mikoto obiettò che fuori non ci sarebbe voluta andare per nessun motivo al mondo, con cinque gradi sotto lo zero.
Kaori la zittì con lo sguardo.
«Ma non ti sei accorta? Ci stava praticamente supplicando di lasciarlo solo con lei!»
«No, non ho colto. Sai, tutto questo trambusto riduce sensibilmente le mie facoltà intellettive. Deve essere per questo che qui dentro sono tutti così stupidi.»
Scoiattolo nascose un sorriso sotto la sciarpa bianca, per non irritare Kaori che nel frattempo si era appoggiata al muro dietro di lei, piuttosto lontano dall’uscita e dagli spifferi gelidi che ne provenivano. Mikoto rivolse le spalle al campo, controllò impaziente se i due fossero ancora sulle scale: la discussione sembrava aver assunto toni meno pacifici.
«Ne avranno per molto, immagino.» commentò una voce maschile che conoscevano.
«Ciao Iwaizumi-kun! Eri in perfetta forma oggi!»
Kaori faceva gli onori di casa meglio di una rodata conduttrice televisiva. Come facesse a sembrare sempre amica di tutti, Mikoto non riusciva a comprenderlo: doveva essere una sorta di super-potere mistico che le spalancava le porte della carriera nelle pubbliche relazioni.
«Confesso: avevo scommesso mille yen con Issei e Takahiro che non sareste mai venute a vederci. Ho perso, adesso mi tocca pagare, ma sono contento di vedervi.»
Al suo fianco, Matsukawa annuì solennemente e gli tese la mano in attesa del bottino pattuito. Iwaizumi borbottò che aveva il portafoglio nel borsone.
«Per cosa litigano oggi?» domandò preoccupato.
«Non direi che stanno proprio litigando, è più una conversazione accesa.» spiegò Arisu sollevando le spalle, ma stando attenta a non rivelare nulla di più. «Tutto questo rumore è per lui?»
«Ordinaria amministrazione, ci gioco insieme da anni. Tutte le ragazze in questa palestra sono qui per Oikawa, quanto è deprimente da dieci a dieci?»
«Be’, non tutte: noi tre tecnicamente non siamo qui per lui.» puntualizzò Kaori con un sorriso cordiale «Facciamo allora che siamo qui per te: Team Iwaizumi, chi se ne frega di Oikawa?»
I due ragazzi scoppiarono a ridere.
«In realtà» aggiunse Matsukawa «Siete in quattro: oltre voi, c’è la ragazza di Takahiro.»
Mikoto, che aveva seguito la conversazione in assoluto silenzio, agognando disperatamente un analgesico per il mal di testa e un bagno caldo, drizzò le antenne. Improvvisamente, il sangue le fluì al cervello in gran fretta e la cefalea si acuì: il suo piano di vendetta si ritorceva contro di lei.
«Adesso volete farmi credere che quel cafone possa piacere a qualcuno.»
Matsukawa si schermì. «Non è una bugia, lo abbiamo perso per sempre: guardalo, sono lì che si fanno le fusa da almeno dieci minuti.»
In effetti, dall’altro lato del campo c’era una coppietta tutta avvinghiata che si sussurrava vicendevolmente smancerie nelle orecchie e si scambiava baci colmi di tenerezza. La ragazza portava i capelli in un anonimo caschetto marrone ed era così scialba che memorizzare il suo viso le pareva una sfida ardua. Riconobbe il castano rossiccio dei capelli di Hanamaki e distolse subito lo sguardo, preoccupata che le venisse un attacco di orticaria.
«Questa ragazza è disperata o cosa?»
«No, è una brava ragazza. Molto normale in realtà: buoni voti, nessun episodio degno di nota a carico, mediamente carina.» spiegò Iwaizumi.
«Carina?» ripeté Mikoto aggrottando le sopracciglia «Ma se è una cozza?»
«Perdonatela!» intervenne in fretta Kaori tirandole una pacca aggressiva sulla schiena «Mikoto-chan è sempre così – ehm – esagerata!»
«Vorrei poter dire che stiano bene insieme» continuò invece quella, sempre più disgustata «Ma lei è così insulsa e lui così ridicolo che starebbero male a prescindere anche con qualsiasi altro essere umano al mondo.»
«Questa gliela riferisco.» annunciò ridacchiando Iwaizumi «Gli sta bene!»
«Non sarai un po’ crudele, Iwaizumi?» domandò Arisu divertita.
«Affatto: da quando si è messo con Maeda non si fa più vivo. È terminata, a quanto pare, l’era delle uscite di gruppo e delle abbuffate: vuole stargli sempre appiccicata.»
«La strada più semplice verso la totale perdita del libero arbitrio. Fatemi sapere quando lei reclamerà uno spazio temporale che vada oltre il semplice tempo libero, sarà il segnale che dovete trovarvi un nuovo laterale.»
«Esageri Mikoto-chan» ribattè Kaori, più ottimista «Non è detto che le regole che si applicavano al tuo ex funzionino ugualmente anche con la ragazza di Hanamaki.»
«In effetti, solitamente il problema sono i maschi.» sibilò indispettita «Ma conosco bene il genere. Com’è che si chiama questa benefattrice pronta ad accollarsi il peso di tutta la barbarie e l’inciviltà del mondo?»
«Natsuko Maeda.» rispose esitante Matsukawa.
A lei, quella Natsuko Maeda, puzzava. Non avrebbe saputo dimostrare, allo stato dei fatti, il motivo per cui non la convincesse: forse perché non riusciva a comprendere perché a qualcuno dovesse affascinare l’idea di frequentare un ragazzo rozzo come Hanamaki, oppure perché aveva visto troppe ragazze come lei tradire la facciata di normalità con qualche tiro mancino letale. Infine, desiderava distruggerlo: non poteva tollerare che la sua mancanza di rispetto restasse impunita. Mikoto aveva una bozza di piano, per quanto vaga fosse, da seguire a riguardo. Le servivano informazioni attendibili, da una fonte altrettanto affidabile che fosse poi disposta a spacciarle capillarmente. Era una ragazza fortunata, perché aveva tutto il necessario a portata di mano.
Infine, Megumi li raggiunse da sola. Con il viso rabbuiato, salutò Matsukawa e rivolse un cenno cauto a Iwaizumi.
«Hai giocato benissimo, Iwaizumi-kun.» si complimentò, seppur tesa «Belle parallele.»
Il ragazzo, lusingato, mormorò in fretta dei ringraziamenti. Si guardò intorno preoccupato e, non riuscendo a individuare Oikawa, le domandò dove lo avesse lasciato.
Megumi sospirò, in cerca delle parole giuste.
«L’ho perso per strada.» ammise, e indicò col capo un capannello particolarmente rumoroso sulle tribune, in mezzo al quale svettava Oikawa.
Iwaizumi sembrò dispiaciuto, nonostante in passato non fosse stato affatto cordiale con lei.
«Non avete litigato di nuovo, vero? Sembrava che andaste d’accordo ultimamente.»
«È solo per quella storia del ventiquattro notte, continua ad insistere.»
«Quale storia del ventiquattro? Non va a vedere i Falcons, quella sera?»
Dieci punti per Tooru Oikawa: mentre Megumi aveva disperatamente chiesto consiglio sul da farsi a tutti i suoi amici, lui non ne aveva fatto parola con nessuno. I ragazzi fanno presto ad essere maliziosi e, se lui avesse accennato loro che intendeva ospitare Megumi per la notte, sarebbe subito stato travolto da frecciatine provocanti di cui non aveva bisogno né lui, né la ragazza. Ovviamente, l’amica era stata così stupida da scavarsi la fossa da sola e vanificare tutti gli scrupoli di Oikawa. Megumi doveva essere arrivata, seppur con ritardo, alle sue stesse conclusioni e si fece subito bianca in viso.
«Ho capito: quel bastardo mi ha detto di avere solo un biglietto e invece ne aveva due. Dovevo aspettarmi che ne avesse dato uno a te, mi sembrava strano che ci andasse da solo e non piagnucolasse che voleva compagnia.»
«Dopotutto la vigilia di Natale è il giorno delle coppiette.» osservò Matsukawa, rivolgendosi all’amico «Avremmo dovuto unire i puntini, a meno che non lo volessi tu l’appuntamento romantico con Oikawa.»
«Dipende da quale Oikawa.» ridacchiò Iwaizumi «Se è lui, il traditore, passo volentieri oltre.»
«Ti prego, non prendetevela con lui. È la verità, ne ha solo uno: il presidente del Galaxy ce ne ha regalato uno per ciascuno. Ma, ad essere sincera, io non posso…»
«Tu puoi eccome!» intervenne con autorità Mikoto senza permetterle di terminare. Kaori, intanto, nascose il viso dietro le mani, disperata.
I due ragazzi rivolsero loro uno sguardo confuso.
«Durante la prima settimana delle vacanze invernali il dormitorio chiude. Io non sono di Sendai, abitiamo in campagna e la nostra macchina non è così affidabile.» spiegò Megumi.
«Quindi non ci saranno autobus disponibili quando la partita sarà finita.» osservò Iwaizumi ragionevole «Dovresti farti ospitare da qualcuna di loro.» continuò accennando alle ragazze.
«Lascia perdere, queste due vengono dalla provincia e i miei hanno prenotato una settimana bianca.» tagliò corto Mikoto.
«Non mi sembra un problema così insormontabile.» spiegò, come se fosse la cosa più semplice e scontata del mondo «Casa di Oikulo è grande, sua mamma cucina divinamente e hanno una stanza vuota da quando suo fratello si è sposato. Puoi chiedere a lui di ospitarti per la notte.»
Megumi recuperò in un battito di ciglia tutto il colorito: tutto il sangue dovette fluirgli alle guance, che le si accesero di un vermiglio colpevole. Iwaizumi e Matsukawa non se lo fecero sfuggire, perché si scambiarono un sguardo divertito.
«Ma certo! Ti ha già invitato lui!» esclamò il centrale «Figurati se quel ruffiano si lasciava sfuggire l’occasione!»
«Da questo deduco che lo faccia spesso.» borbottò accigliata la ragazza.
«In realtà non ci sono precedenti.» precisò Iwaizumi correndo ai ripari prima che Megumi si lasciasse prendere dallo sconforto «Noi ci siamo stati un sacco di volte, a casa sua, ma sono aggiornato abbastanza da poter affermare con certezza che non ci abbia mai portato nessuna ragazza. La sua famiglia è un po’ invadente, se si può dire così, e trarrebbero conclusioni affrettate e moleste. La genetica ha pur sempre le sue leggi da rispettare e da qualcuno deve aver preso.»
«E questo dovrebbe rincuorarmi?» si lamentò Megumi con le mani nei capelli, strappando una risatina alle amiche.
«Sta’ tranquilla! Le domande non saranno per te, ma per lui: se ti ospita, è consapevole di accollarsi tutto il carico dell’imbarazzo, probabilmente ha già pensato alle spiegazioni da dare. Di sicuro premetterà che siete solo amici – e qui scambiò uno sguardo complice con le ragazze – e la situazione sarà leggera sin dall’inizio. Sarebbe un peccato rinunciare ai Red Falcons soltanto per un problema immaginario.»
Megumi incrociò le braccia al petto e assunse un’espressione sospettosa.
«Tutta questa tua buona disposizione mi è nuova, Iwaizumi-kun: credevo di non esserti simpatica. Qualche mese fa mi hai fatto intendere di lasciarlo in pace, oggi mi chiedi di metterlo in imbarazzo. Dov’è la fregatura? Al parco divertimenti mi hai ricattato.»
«Ma lui ne è stato felicissimo. Tu ci hai perso qualcosa? Assolutamente no. Questa volta è anche meglio: ci guadagni una partita della League e io non ti sto obbligando.»
«Per quel che mi riguarda» s’intromise Kaori soddisfatta «Io la penso come Iwaizumi-kun: stai tirando giù una grande tempesta per due gocce di pioggia. Te lo abbiamo già detto un’infinità di volte in questi giorni.»
«Avrai una stanza tutta per te e ti assicuro che con l’ospitalità degli Oikawa non si scherza: servizio da hotel cinque stelle e cucina degna della guida Michelin.»
«Ti offriranno così tanto da mangiare che dovrai implorare pietà.» aggiunse Matsukawa.
Iwaizumi le aveva appena suggerito di andare a recuperarlo per accettare il suo invito e Megumi sembrava essere quasi sul punto di farlo, quando Oikawa riuscì a liberarsi del gruppetto strepitante che lo aveva rapito e li raggiunse tutto preoccupato.
«Gumi-chan, perché sei scappata?» si lamentò.
«Perché sembrava che avessi altro da fare.» replicò stizzita.
«Mi dispiace, non volevo che ci interrompessero.» si scusò, guardando ansioso i suoi amici e le ragazze «Ti va se continuiamo a discutere in privato di quella questione?»
«Lo sappiamo già!» commentarono in coro gli altri, così sincronizzati che nemmeno se si fossero messi d’accordo il risultato sarebbe stato tanto perfetto.
Oikawa arrossì appena, Iwaizumi gli piazzò una sonora pacca sulla spalla.
«Sei proprio uno stronzo, avevi l’opportunità di guadagnare un biglietto extra e nemmeno hai pensato a me. Se Sakurai non ce lo avesse raccontato, avrei creduto che ci andassi davvero da solo. Ci stava proprio dicendo che dormirà a casa tua e che è molto fortunata ad avere un amico come te.»
«Iwa-chan, la conosco abbastanza da sapere che almeno la metà di quel che mi hai appena riferito lo hai inventato di sana pianta. Non vuole nemmeno prendere in considerazione l’idea, forse» continuò scoccando a Megumi uno sguardo risentito «ha paura che me la mangi, o qualcosa del genere.»
«Dipende da qual è la parte di lei che intendi mangiare!» non riuscì a trattenersi Mikoto: quei due avevano accumulato una quantità di tensione fisica spropositata. Sì, lei non reputava Oikawa affatto migliore del resto dei ragazzi ed era certa che a lungo termine si sarebbe rivelato il primo dei disonesti, ma – se Megumi ne era così tanto attratta – avrebbe fatto bene a dar fuoco alle polveri prima entrambi perdessero interesse. Aveva maturato la solida convinzione, non solo per esperienza diretta ma anche osservando le disavventure di chi la circondava, che non esistesse un amore che durasse per sempre. Le bastava guardare i suoi genitori per accorgersi di quante fossero le bugie sulle quali la loro unione si reggeva barcollante: affiatatissimi durante le occasioni mondane, in letti diversi durante la notte. Stavano ancora insieme soltanto per affari, nemmeno per la figlia.
«Cazzo, questa Takahiro doveva sentirla!» protestò Matsukawa sorpreso «Ikeda, non eri quella beneducata?»
«Di’ al tuo amichetto quello che vuoi, se quando avrà finito di farsi consumare la faccia dalla signorina scialba avrà ancora della vita in corpo. Io sono stata elegante, lui è solo un cafone scadente e senza decenza. Questo, sì, riferisciglielo da parte mia.»
Nel frattempo, Megumi si era fatta rossa come un peperone e Oikawa le ripeteva più volte che non avrebbe fatto nulla di quanto pontificato da Mikoto. Infine, pressata da ogni direzione, Megumi capitolò e si ritrovò ad acconsentire: era stata una fatica immane e il suo mal di testa non smetteva di peggiorare. Quando furono di nuovo in macchina, immerse in un silenzio carico di pensieri, Mikoto accavallò le gambe e si adagiò sullo schienale del sedile.
«Kaori, trovami del marcio.»
«Prego?» ribatté la bionda non troppo convinta di aver capito correttamente.
La ragazza sbuffò e sollevò gli occhi al cielo.
«Voglio che tu mi trovi del marcio su questa Natsuko Maeda. Interroga la tua rete di fonti, fatti un giro sui social, non devo dirtelo io cosa fare, no? Sei la migliore sulla piazza.»
«Mikoto-chan, capisco che tu ce l’abbia con Hanamaki, ma questa Maeda sembra proprio una brava ragazza. Io lascerei perdere le vendette e mi concentrerei sui fatti miei.»
Mikoto fece schioccare la lingua sul palato, contrariata.
«Sciocchezze, anche le brave ragazze vanno all’inferno qualche volta! Magari ha dimenticato di restituire un libro alla biblioteca comunale, oppure è salita in metropolitana senza il biglietto, o forse si è liberamente ispirata al compito di giapponese del suo compagno di banco senza permesso e ha perfino preso un voto migliore del suo. Che vuoi con quella faccia? Il plagio è reato e i copioni sono feccia della peggior specie.»
«Anche se avesse fatto tutte queste cose insieme, sarebbero tutte minuzie. Che te ne fai?»
«L’ultima non è una minuzia, è furto con scasso!» contestò risentita «Ad ogni modo, Kaori, tu trovami qualsiasi cosa, anche la più stupida, su questa dolcissima creatura dal cuore d’oro e gli occhi da cerbiatta e io saprò perfettamente cosa farne.»
«Sei perfida, Mikoto-chan.» sospirò l’amica.
«Ma tu indagherai, perché adesso è venuto qualche dubbio anche a te, non è così? Lo so, che sei una ficcanaso.»
Kaori serrò gli occhi e le labbra, sconfitta.
«Ah, ti odio!» sbuffò estraendo dalla borsa il cellulare.
«Visto? Anche le brave ragazze vanno all’inferno!» sentenziò soddisfatta.

Tooru rientrò a casa sconvolto dalla felicità: lasciò le scarpe da ginnastica all’ingresso e salutò allegro suo padre in salotto, poi curiosò in cucina per tentare di indovinare cosa avessero in serbo per cena e si diresse a grandi passi nella propria stanza. Per poco; non gli prese un colpo quando trovò sua sorella che sfogliava assorta l’ultimo numero dell’edizione giapponese di Elle, sul suo letto e con una maschera idratante in tessuto sul viso.
«Bentornato mostriciattolo, carino da parte tua non inviare nemmeno un messaggio a tua sorella per farle sapere se hai vinto o perso o se il tuo ginocchio è di nuovo in terapia intensiva.»
Il fratello più giovane lasciò cadere il borsone nell’angolo fra la scrivania e il muro e appese al muro la giacca bianca della divisa scolastica. Infine si appoggiò di spalle alla scrivania e le rivolse un sorriso largo e luminoso.
«Sono successe tante cose dopo l’amichevole, che comunque ho vinto, puoi star serena. Se ora fossi così gentile da dirmi perché sei in camera mia e non nella tua…»
«Perché da quando mi sono trasferita a Tokyo hai pensato bene di rubare la mia stufa. Pensavi che quando sarei tornata non avrei sentito freddo?»
Tooru rise: in realtà non aveva immaginato che sua sorella sarebbe tornata dall’università tanto spesso, invece era una piacevole presenza fissa ogni due week-end e lo sarebbe stata per tutta la durata delle vacanze invernali.
«Dai, te la rendo se la vuoi.» propose divertito «Userò la mia.»
«E lasciare che il mio preziosissimo fratellino minore muoia di ipotermia? Non potrei sopportare la perdita, poi chi prenderà per me i jeans della nuova collezione dallo scaffale più alto del negozio?»
«Nobilissima osservazione: ti servo solo per lo shopping?»
«No, fai anche una manicure niente male.» ribatté con un sorriso mentre voltava pagina «Allora, che cos’è quella faccia da scemo?»
«Quale faccia da scemo?»
«Non fingere: ti brillano gli occhi, sei accecante. Se non me ne parli la prenderò sul personale.»
Tooru si sedette sul letto accanto a lei, di buon umore. Premise che gliene avrebbe parlato soltanto se lei gli avesse promesso di non intromettersi e non farne parola con il resto della famiglia. Sapeva benissimo che sua madre potesse inorgoglirsi fino al punto di diventare imbarazzante. Sua sorella, coi suoi lunghi capelli castano scuro e gli stessi occhi grandi, ne era la copia più giovane: chissà se da adulta avrebbe condiviso la stessa indole affettuosa.
«La ragazza dell’appuntamento al parco divertimenti.» iniziò.
La più grande si mise seduta a gambe incrociate; era difficile rimanere seri con uno strato di tessuto unticcio sul viso, ma a lei riusciva semplicissimo.
«Ci sono novità, quindi? Ero rimasta che le avevi vomitato sulle scarpe.»
«Sei rimasta indietro e non le ho vomitato sulle scarpe!» protestò con una punta di vergogna.
«Ma ti ha visto vomitare lo stesso, il che è già abbastanza per decidere di non uscire con te mai più. Se sono rimasta indietro, perché non mi hai aggiornata? Nulla ti vieta di prendere il telefono e chiamarmi, sei proprio un mostriciattolo cattivo.»
«Perché mi vergogno!»
«Come se non mi avessi già raccontato tutte le tue esperienze passate. Ma credo proprio che questa volta tu ti sia innamorato. Il mio fratellino sta crescendo! Ricordo ancora quando gattonavi in mezzo alle mie bambole e oggi una sconosciuta ti porta via da me!» commentò melodrammatica.
«Non puoi ricordartelo, perché quando io gattonavo tu non avevi nemmeno due anni.» precisò risentito «E comunque dubito che Gumi-chan abbia alcuna intenzione di portarmi via di casa.»
Le raccontò quanto più dettagliatamente possibile gli avvenimenti dell’ultimo mese: di come Megumi non temesse più il contatto fisico, di quanto si era fatta vicina il giorno del festival scolastico, di come avesse ricambiato la sua visita alla loro amichevole e – infine – di come Iwaizumi fosse riuscito a persuaderla ad accettare la sua ospitalità.
«Quindi verrà qui a Natale? Ti prego, quando lo dirai a mamma voglio esserci. Incontreremo la prima fidanzata di Tooru-chan! Ah, se sapesse che sporcaccione è il suo amato figlioletto minore!»
Tooru arrossì.
«Ecco, il punto è che mamma e papà non devono saperlo. Gli diremo soltanto che Megumi è un’amica appassionata di pallavolo che non vuole assolutamente perdersi i Falcons, il che è al momento tutta la verità. Gumi-chan si imbarazza facilmente e quando accade sbloccarla è impegnativo, perciò bisogna che si senta a suo agio o mi giocherò questa chance!»
«Ma sentiti, quanto sei serio! Sembra che tu stia pianificando la strategia della tua prossima partita per un compagno di squadra troppo timido. Voglio proprio conoscerla, questa ragazza.»
«Vale anche per te: per favore non essere inopportuna. E per l’amor del cielo, non menzionarle che sono uno sporcaccione o qualcosa di simile! Fra l’altro lo sa già, quindi gradirei che non glielo ricordassi.»
«Ma per chi mi hai presa? Guarda che gioco nella tua, di squadra.» promise stritolandolo in un abbraccio a sorpresa «Non capita mica a tutte le sorelle la fortuna di avere un fratellino così innamorato! Sono sicura che puoi farcela: si renderà conto presto di quanto la ami e capirà quanto sei speciale, dopotutto sei anche un bel ragazzo, che non guasta mai!»
«Non credo che a Gumi-chan piacciano i bei ragazzi nel senso convenzionale del termine, ma sono felice che abbia deciso di restare da noi.» sospirò «Dai, mi sporchi con quella roba che hai in faccia! Se vuoi abbracciarmi vai a toglierla!»
 


NOTE FINALI

Questo capitolo è lento e grossolano, lo so, ma: 1) ho avuto poco tempo per pensarlo e scriverlo; 2) avevo bisogno di introdurre due o tre questioni prima della tempesta. Quindi, sì, non succede nulla, ma spero che un giorno lo rileggerete e penserete: "Cavolo, non era proprio inutile!"
Nel prossimo capitolo nevica... tanto.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno lasciato una recensione e/o mi hanno aggiunta alle liste: siete fantastici/e! Lasciatemi una traccia della vostra lettura anche questa volta, se potete!
Un forte abbraccio e spero a presto!

Lyra

   
 
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