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Autore: Torija    13/02/2021    0 recensioni
Prima del mito il Fato affidò a Zeus dodici Guardiane protettrici della natura. Affascinato dal loro potere Zeus, il padre degli dei, insegnò alle semi dee i rudimenti del cosmo affidando loro l'arduo compito di forgiare le sacre vestigia dei cavalieri. Spaventato ed invidioso dal lor cosmo sempre più potente le affidò alle cure di Dioniso, imponendo al Dio di tenerle celate per l'eternità, cancellando così il loro ricordo.
L'oblio imposto dal Dio è però destinato ad infrangersi. Quattro anni sono passati dalla guerra sacra ed il potere delle Guardiane è oramai spropositato. Per Zeus è giunto il momento di agire una volta per tutte
Intrighi, bugie, guerra, passione, amore e nuovi guerrieri saranno ciò che troveranno i cavalieri di Athena quando verranno a conoscenza della storia mai raccontata.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il folto gruppo do cavalieri si lasciò alle spalle la grande arcata che separava la navata principale del tempio di Dioniso con l'esterno. Sulle loro larghe spalle portavano il peso della miriade di informazioni ricevute durante la giornata. Gli eventi che li li avevano visti come protagonisti erano altamente contraddittori: da un lato l'arroganza e la presunzione del Boia, ma soprattutto dei Paladini; dall'altra la gentilezza di Pia, delle Tolomee ed infine, sebbene in modo più riservato, il garbo e l'aiuto delle ancelle che avevano incontrato. Mille dubbi a cui se ne aggiungeva uno più spaventoso degli altri, a chi credere tra Zeus e Dioniso? Entrambi sembravano effettivamente buoni e sinceri, ma dare fiducia a Dioniso sarebbe equivalso a non credere ad Athena, per la seconda volta.  La Dea da loro protetta aveva deciso di affidare sè stessa e i cavalieri a quell'uomo , non poteva essere pura follia o ingenuità. Dal canto suo Dioniso  non si era risparmiato nel mostrare loro il suo lato più oscuro e minaccioso. Se avesse vissuto nella menzogna mai avrebbe rivelato quella parte di sè.

< Tante belle parole, ma quel Dioniso non ci ha nemmeno detto quali strade dobbiamo seguire per raggiungere le nostre armature!> .Protestò Seiya sedendosi per terra e arruffandosi energicamente i folti capelli castani illuminati da un caldo sole estivo. Accanto a lui il resto dei cavalieri si guardava attorno disorientato, tutti si ponevano il medesimo quesito. Quale strada seguire per ricongiungersi alle proprie armature?  

< Sarebbe sufficiente seguire il cosmo prodotto dalle nostre armature, ma per quanto mi sforzi nel ricercarlo mi sfugge. Se Dioniso non ci avesse informato della loro presenza non me ne sarei mai accorto>,  il tono della Vergine, solitamente pacato e saccente, era intriso di un tacito sgomento. Gli occhi azzurri  sorprendentemente aperti scrutavano, avidi di risposte, il tempio.  Disorientamento, attrazione, curiosità, vulnerabilità. Queste erano le nuove sensazioni che provava il cavaliere più vicino alla dea Athena. Poco più in là, appoggiati all'ombra di una colonna, Ioria e Milo fremevano di rabbia. Lo scherno e l'affronto dei due Paladini avevano scalfito il loro dorato orgoglio. Essere scherniti in tal maniera, davanti i propri discepoli, essere chiamati "pacchiana imitazione" dopo il sacrificio al quale si erano sottoposti al muro del lamento era troppo. Se solo avessero avuto addosso le armature avrebbero subito spazzato l'onta sul loro conto, assieme ai sorrisi beffardi di Malik e Morgan. < Milo, fratello, non rabbuiatevi. Non è ancora giunto il tempo di dar battaglia. Dobbiamo trovare le nostre armature e ricongiungerci con esse>, Aiolos sorrideva dolcemente rivolgendosi ai suoi compagni. Comprendeva il rammarico dei due cavalieri, ma sentiva che non era ancora giunto il momento di dar battaglia. 

< Aiolos, fratello mio, hai ragione, ma come puoi pretendere che due cavalieri d'oro lascino impunita tale infamia!> I pugni del Leone erano serrati, spinti violentemente contro la colonna. Lo sguardo basso e torvo.  < Se solo avessi avuto la mia armatura avrei fatto passare il sorriso sul volto di quel damerino> sibilò, velenoso, Milo. 

Il resto dei cavalieri, lontani dalle colonne del tempio, scrutava l'orizzonte, cercando di scorgere la via da seguire. 

< Bello il panorama, vero?>

La voce squillante e fresca di Kipnut fece capolino da dietro le loro spalle facendoli sobbalzare. Il ragazzino sorrise diabolicamente e si avvicinò al gruppetto, sorpassando con noncuranza Milo e Ioria, i quali erano ancora appoggiati alle fredde colonne in marmo. 

< Scommetto che quel tonto di Dioniso vi abbia detto un sacco di stupidaggini senza però dirvi come raggiungere le Corti>, disse beffardo il bambino. 

< Esattamente... Tu sapresti indicarci la via?> Il tono di Mur era estremamente gentile. Il ragazzino dai corvini capelli spettinati gli ricordava tantissimo Kiki, il suo allievo prediletto. Ea naturale per lui approcciarvisi in modo simile.  Kipnut calciò una pietra e si girò verso gli altri cavalieri, raggiunti nel frattempo da Ioria e Milo. < Certo che potrei!> squillò fiero. Seiya si alzò di scatto e corse verso il ragazzino, avvicinandosi carponi al suo volto. < Bhe, quale sarebbe la strada?! Avanti non tenerci sulle spine!>. Gli occhietti azzurri s'illuminarono maliziosamente, < Ho detto che la so! Mica che ve la indico!>.

Camus, il quale per tutto il tempo era stato in silenzio e in disparte, si fece spazio tra la piccola folla arrivando alle spalle della peste, < Non abbiamo tempo da perdere con inutili giochetti. Indicaci la via o levati di mezzo>. La voce monotona e glaciale fece rabbrividire Kipnut, il quale, voltandosi verso il giovane dai lunghi capelli fulvi perse il sorrisetto beffardo che fino ad ora lo aveva contraddistinto. < E va bene... Vi indicherò la via, ma in cambio vi chiedo un favore...>, il ragazzino deglutì sentendo il cavaliere dell'acquario sbuffare nervosamente, < Mi dovrete allenare!>. Uno stupore generale si manifestò prepotentemente sui volti dei cavalieri. <  Con tutti i cavalieri che ci sono qui perchè ti affidi a noi, che di questi luoghi non siamo natii?>, chiese dolcemente Shun appoggiando la mano sull'esile spalla del ragazzino. Kipnut rivolse lo sguardo a terra, del sorriso beffardo era rimasta solo l'ombra. Serio e fiero il fratello minore del Patriarca stringeva forte i pugni, tanto da far diventare bianche le nocche. 

< Io sono Kipnut, il fratello minore di Ichingut, il Patriarca. Come lui sono un fauno, ma non per via volontà. Mio fratello mi ha imposto questa vita per proteggermi, vietando a chiunque di allenarmi >

I presenti lo ascoltavano rapiti, combattuti nell'ammirare il coraggio del bambino o quello del fratello, il quale pur di tenere lontano Kipnut dai dolori che la vita di cavaliere imponeva, era disposto a farsi odiare. 

< Per tutti questi anni mi sono allenato di nascosto, o meglio mio fratello me lo faceva credere. Guardiane, Paladini, Capitani, Gladiatori e Centurioni erano i miei maestri, ma ora si vociferano cose brutte. Si teme una guerra e nessuno può più aiutarmi>. Gli azzurri occhi di Kipnut si riempirono di lacrime. Aiolos si avvicinò al bambino, facendo spostare Seiya e Shun, < E come mai il fratello minore del Patriarca  ci tiene così tanto ad allenarsi, accontentandosi persino dei cavalieri di Athena?>. Sorrideva bonariamente il Sagittario, scombinando con la mano i crespi e folti capelli corvini di Kipnut. 

< Perchè un giorno diventerò anche io Patriarca! Ce la sto mettendo tutta! E se ci sarà una guerra voglio combattere, prenderò la mia Mistica e farò la mia parte!>. Gli occhi azzurri del piccolo fauno brillavano ora di fierezza e orgoglio.  < Bhe se è a tal punto forte il tuo desiderio ti alleneremo, ma non saremo noi a permetterti di partecipare ad una guerra> disse Mur, salvando Aiolos dall'imbarazzo di una risposta più che mai difficile. Il volto di Kipnut diventò rosso dalla gioia. Il fauno saltò al collo del Sagittario facendolo cadere all'indietro.  

La reazione così gioiosa e spontanea del bambino rilassò a tutti l'animo. Il cortile al di fuori del tempio di Dioniso si animò di fragorose risate.

Raggiante di felicità e fiero della sua piccola vittoria, Kipnut sciolse il forte abbraccio. Indietreggiò di qualche passo, si girò beffardo verso Camus e trotterellò verso la scalinata che collegava la Corte dei Miracoli al Tempio di Dioniso. < I cavalieri d'oro alloggeranno all'interno delle Corti, avete già la camera sistemata. Là troverete il vostro scrigno con l'armatura.  I cavalieri di bronzo alloggeranno invece nella Silva Mirabilia, anche per voi è tutto sistemato>, disse Kipnut disegnando col dito riccioli immaginari nell'aria. < Alloggiando all'interno delle Corti saremo a stretto contatto con i Paladini, che già abbiamo incontrato, ma soprattutto con le Guardiane. O sbaglio?> , esordì incalzante Saga, < Bhe con i Paladini avrete sicuro a che fare... Con le Guardiane no, non si fanno tanto vedere da queste parti...>, rispose vago Kipnut. Sapeva che i forestieri gli avrebbero posto una domanda a tal proposito . Erano stati proprio i Paladini a raccomandargli di non rivelare la reale identità delle fanciulle. Li aveva incontrati mentre scappava dall'agguato degli scagnozzi, proprio mentre si stavano recando al Tempio di Dioniso. Fu Venio, fratello maggiore di Cassia e Paladino del sagittario, a fargli giurare di non rivelare chi fossero le Guardiane, facendole  passare per semplici ancelle. Così fece il piccolo fauno, il quale era assolutamente orgoglioso del suo ruolo e della missione affidatagli. Stava proteggendo le Guardiane, lo stava facendo per davvero.

< Per raggiungere le Corti dovrete tornare alla Corte dei Miracoli e seguire i sentieri che partono in prossimità delle colonne. Ogni colonna ha sulla sommità una statua rappresentante un segno zodiacale. Non vi potete sbagliare> , continuò scaltro Kipnut. 

< Ehi! Perchè loro se ne vanno nelle Corti e noi nella Silva Miraqualcosa!?>. Protestò Seiya. 

< Perchè noi siamo cavalieri d'oro e voi no ragazzini!>, rispose beffardo Cancer, < Si da il caso che questi ragazzini vi abbiano già fatto vedere di che pasta sono fatti!>. Seiya e il cavaliere d'oro finirono muso a muso, ruggendosi a vicenda in modo quasi caricaturale. < Sarebbe meglio che la smetteste di dare spettacolo. Questo ragazzino vorrebbe diventare un cavaliere, non un clown. Siete un esempio pessimo>, la voce acidula e calma di Shura smorzò il siparietto.

Giunse l'ora e i cavalieri si avviarono verso le proprie stanze. Scortati dall'allegro Kipnut i cavalieri di bronzo arrivarono alla Silva Mirabilia, mentre invece i cavalieri d'oro, raggiunsero senza problemi le Corti all'interno delle quali, misteriosamente, nessuno li attendeva. Tutti gli effetti personali erano stati delicatamente posti sui letti, accanto ai quali brillavano i dorati scrigni delle armature. La doccia e il sonno ristoratore durarono poco,  la musica gioiosa che animava incalzante le terre di Dioniso portò loro alla mente la festa che il Dio stava dando in loro onore. Si levarono le armature da allenamento che portavano per indossare gli abiti poggiati sul cuscino. Era chiaro loro che sarebbe stato sconveniente presentarsi con le sacre vestigia, non rimaneva altro da fare che assecondare la tacita richiesta di Dioniso. In solitudine i cavalieri d'oro si recarono alla Corte dei miracoli. Poco importava loro dei grandi festeggiamenti, la sola speranza che avevano era quella di incontrare le misteriose Guardiane, le donne tanto protette da Dioniso quanto temute da Zeus.

Era il crepuscolo quando arrivarono alla Corte dei Miracoli. L'intera piazza era gremita di gente festante. Ragazzi e ragazze si districavano tra colorate bancarelle e tavoli imbanditi. Qualche guerriero alticcio strimpellava delle bizzarre canzoni agitando un calice di birra mai abbastanza pieno. Su di un palco Gringoire, colui che si faceva chiamare "il fauno musico", intonava una dolce canzone, accompagnata dalla sua bianca e lucente cetra.

< Finalmente siete qui giunti cavalieri, vi stavamo aspettando. Kipnut vi ha assegnato il tavolo migliore. Seguitemi>, il sorriso dolce di Pia rincuorò i giovani spaesati. Con grazia la tolomea si districò tra la folla accompagnando i prestigiosi ospiti a destinazione. I cavalieri sedevano nuovamente assieme, ma questa volta senza divinità alcuna accanto. Guardandosi attorno notarono alcune ancelle, aiutate da coloro che probabilmente erano fauni, impegnate a servire. Fu allora che, con estremo stupore,  notarono in mezzo alla folla anche le giovani che li avevano curati in infermeria. Le dodici ancelle correvano da una parte all'altra della piazza, portando pesanti vassoi o boccali. Nonostante la fretta, i capelli scompigliati e le guance arrossate per la fatica, spiccavano tra la folla come rose rosse in un campo innevato.

< A me l'onere e l'onore di servirvi prodi cavalieri>, spavalda Yamineth si rivolse al gruppo, catturando irrimediabilmente ,con la sua figura snella, la lunga treccia nera e i profondi occhi blu, l'attenzione dell'Ariete. La Guardiana si appuntò velocemente le comande. < Spero per voi che sappiate danzare, solitamente dopo la cena i fauni amano coinvolgere tutti nelle loro folli danze. O per lo meno che non abbiate sonno, in  modo da godervi lo spettacolo>, disse beffarda avviandosi verso le cucine.

 Lasciati soli, i cavalieri mangiarono famelici ed avidi. La conversazione non fu certo il piatto principale, tutti erano impazienti di addentrarsi tra la folla. 

Saga non era certo il tipo da dar spettacolo, contrariamente ad Aldebaran, il quale, attorniato da uno sciame di bambini, si divertiva a sollevarli in aria seduti su pesanti panche in legno. La sua risata da sola serviva a coprire metà degli schiamazzi animati dal vino. Il cavaliere dei gemelli preferiva osservare  da distante, lontano da occhi e orecchie indiscrete, nella calma dove in qualche modo si sentiva sicuro e protetto. Non si accorse però di essere capitato, nella sua disperata ricerca di pace, accanto ad un tavolo imbandito di dolciumi. Era troppo assorto nei suoi pensieri e nell'osservazione di quell'inusuale festa per accorgersene.

< Signor cavaliere! Mi taglierebbe un pezzo di torta?>

Un faccino sveglio spuntava timidamente dal fianco destro di Saga. < Che cosa?!>, chiese il cavaliere sorpreso. Non aveva minimamente sentito i passi del bambino avvicinarsi a lui. < La torta! Ai bambini non è permesso tagliarla... Ma agli adulti si>, incalzò il bambino. Scostando lo sguardo, Saga si accorse di altri marmocchi nascosti dietro a delle grosse botti in legno in attesa dell'agoniata fetta di torta. Svogliato, si voltò verso il suo piccolo disturbatore, avrebbe esaudito il suo desiderio, in quel modo i bambini lo avrebbero lasciato in pace.  Rabbrividì. Il bambino, non più grande di cinque anni, gli porgeva radioso e fiducioso un piccolo coltello dorato. Quel bambino si fidava di lui, non gli importava chi fosse , quel bambino chiedeva solo una fetta della golosa torta al cioccolato poggiata sul tavolo dinanzi a lui.  Il cavaliere prese riluttante il coltello e si apprestò a tagliare la prima fetta quando una voce recentemente conosciuta lo fermò. 

< Bambini! Non vi era stato detto di stare lontani da questo tavolo?>

Febe apparve dal nulla, in tutta la sua austera bellezza. Leggermente curvata sui bambini li sgridava amorevolmente come una sorella maggiore. Allontanati i monelli si girò verso il cavaliere, era visibilmente più rilassata che nel pomeriggio. L'ancella posò una mano su quella di Saga sfilando delicatamente il coltello.

< Quei marmocchi sono dei furfanti! Li perdi di vista un secondo e combinano guai! Non farti abbindolare dai loro occhietti innocenti, ne sanno una più del diavolo stesso!>

Saga non distoglieva lo sguardo dalla ragazza, la quale, dal canto suo non perdeva di vista nemmeno per un secondo i bambini.

Febe teneva ancora in mano il coltello, ad uno sguardo inesperto la sua presa sarebbe parsa blanda e rilassata. 

La Guardiana, nonostante le belle parole d'incoraggiamento fatte da Dioniso mentre i cavalieri erano occupati con il ritrovamento delle armature, non si sentiva sicura nello stare al fianco del giovane. Sarebbe bastato un passo falso del forestiero per farla attaccare.

   
 
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