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Autore: Aliceisoverit    13/02/2021    0 recensioni
Dal testo:
«Crawling back to you»
I due ragazzi si guardarono di nuovo con avidità perché c’era tanta verità in quel testo: era il loro ritratto degli ultimi mesi, senza imbrogli o inganni.
Derek non era completamente sicuro di cosa passasse per il cuore o la testa di Alexis, ma quelle parole, in quel momento, erano unicamente per lei. Perché era sempre e solo lei.

Alexis e Derek hanno una vita condivisa insieme, dalla loro infanzia fino alla loro travagliata adolescenza. Nonostante quasi un anno sia ormai passato dalla fine del liceo, i sentimenti segreti che li uniscono non li hanno mai abbandonati.
Ed è ora che entrambi ci facciano i conti.
Genere: Angst, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Giovedì, ore tre del mattino circa
 
 
 
«Lexi?»
Il tono pacato di Derek riportò Alexis al presente, ricordandole del cellulare tra le sue mani e del ragazzo che la stava pazientemente aspettando dall’altra parte.
«Sì, scusa, mi ero… un attimo persa nei miei pensieri» si lasciò sfuggire Alexis prima di mordersi la lingua. Dannazione. La ragazza rimase taciturna per un altro minuto abbondante, torturandosi il labbro inferiore mentre rimuginava in preda all’indecisione.
«Per favore» bisbigliò Derek a fior di labbra, suonando quasi come una cauta, fragile supplica e la settimana di lontananza sembrò riversarsi sulle spalle di Alexis in un’unica volta: Derek le era mancato terribilmente. Il suo cuore traditore si sciolse senza alcun tipo di resistenza di fronte a quelle poche e semplici sillabe, non poteva non accettare.
«Due minuti e scendo, d’accordo?» rispose a bassa voce Alexis, non volendo frantumare la magia di quel momento surreale. Il ragazzo si lasciò scappare un respiro profondo.
«D’accordo, Lexi, ti aspetto giù» disse Derek prima di riattaccare, gettando nuovamente la stanza nel silenzio. Alexis si ritrovò a fissare un punto davanti a sé senza metterlo a fuoco, prendendo un abbondante sorso d’acqua dalla bottiglia. Questa volta non si scappava, pensò con amara ironia la ragazza, anche se il suo corpo fu percorso da un brivido di eccitazione.
Si alzò in piedi di scatto, castigando quei pensieri impuri, assicurando più volte a sé stessa che non sarebbe successo niente, dovevano solo parlare.
Alexis si rifugiò nel bagno adiacente alla sua camera da letto, tentando di sistemarsi alla bell’è meglio, anche se sarebbe stato impossibile nascondere i capelli sfatti e le occhiaie scure in quei pochi minuti. Con le mani appoggiate saldamente ai bordi del lavandino, dette un ultimo sguardo al suo riflesso e annuì con fermezza.
Dopo aver recuperato il cellulare dal letto, Alexis iniziò a scendere con passo quatto le scale del duplex. Nonostante il padre non si trovasse in casa quella sera, la ragazza aveva una paura immotivata di fare un qualche rumore brusco, un passo falso, come se il pericolo di infrangere quel momento così delicato e sospeso nel vuoto fosse dietro l’angolo.
Scosse la testa, quasi a cercare di sbarazzarsi di quell’assurdità con la sola forza del movimento e recuperò il cappotto dall’appendiabiti, le chiavi di casa e il primo paio di scarpe che le capitò sotto mano. Il risultato era abbastanza ridicolo, ma si trovavano già a metà dicembre e il gelo si nascondeva meschino dietro l’angolo, pronto ad entrarle nelle ossa.
E poi, erano le tre del mattino.
Attraversò con passo rapido il vialetto del suo condominio, gustandosi la quiete placida della notte, non un’anima all’orizzonte a deturpare quel ritratto idilliaco. D’altronde, Rainbow Hill era nota per la sua immobilità e pace, avvolta per lo più da campagna coltiva e natura rigogliosa che, curiosamente, la rendeva pittoresca ad occhi estranei.
Alexis era grata per quel piccolo angolo d’intimità.
Come promesso, Derek era lì ad aspettarla nella sua auto, posteggiata un po’ in disparte nel parcheggio pressoché deserto. Alexis rallentò esitante sui suoi passi, studiando il volto del ragazzo senza essere vista: le sembrava lo stesso Derek di sempre e allo stesso tempo un estraneo.
Come se avesse percepito il suo sguardo su di sé, Derek incrociò i suoi occhi nello specchietto retrovisore e un brivido che nulla aveva a che fare col freddo le percorse la schiena.
Sospirando agitata, la ragazza si avvicinò alla storica Ford del migliore amico, affrettandosi a entrare per ripararsi dall’aria gelida che le mordeva con ferocia le caviglie scoperte.
Derek si voltò verso di lei, occhieggiando dubbioso la sua mise. Ancora prima che riuscisse a mettersi comoda, il ragazzo aprì la bocca per rimproverarla.
«Siamo alle porte dell’inverno e sei uscita in pigiama? Vuoi prenderti un accidente?» le domandò Derek con tono severo.
Alexis roteò gli occhi contrariata, sentendo l’imbarazzo abbandonare il suo corpo per lasciare spazio alla stizza e gli puntò il dito contro, indispettita.
«Mettiamo le cose in chiaro, non sono stata io a chiederti di uscire di casa alle tre del mattino» ribatté lei con sarcasmo, poggiando poi entrambe le mani contro le ventole di areazione.
«E poi, sembra di stare ai Caraibi qui dentro» gli fece notare la ragazza, sfidandolo con lo sguardo a replicare qualcosa in merito. Sapeva meglio di tutti che Derek soffriva terribilmente il freddo e che la sua auto sarebbe stato l’ultimo luogo in cui sarebbe morta congelata, perfino i sedili erano ancora tiepidi. Si domandò perplessa da quanto tempo stesse girando a vuoto in macchina, incapace a sua volta di dormire.
A quelle parole, Derek alzò le mani in un chiaro segnale di “non sono qui per discutere” e si allungò verso il sedile posteriore per prendere qualcosa da una busta in plastica non ben identificata.
«Non ero sicuro di cosa avresti preferito quindi…» borbottò, lasciando la frase in sospeso e porgendole una confezione che emanava un profumo delizioso di cioccolato e cottura al forno, mentre nell’altra mano aveva due birre.
Le offrì la scatola misteriosa come gesto di pace e Alexis l’accettò in silenzio, umettandosi le labbra distrattamente. Non appena la aprì, il dolce profumo di waffles riempì l’abitacolo dell’auto.
Alexis si lasciò scappare un gridolino di felicità, riconoscendo il logo di una pasticceria non molto distante dalla loro vecchia scuola in cui erano soliti fare colazione insieme agli altri.
Come avesse avuto i waffles alle tre del mattino era al di là di ogni sua comprensione, ma di sicuro la ragazza non se ne sarebbe lamentata.
Derek ridacchiò osservandola prendere d’assalto un waffle innocente, un sorriso soddisfatto ad adornargli il volto mentre si stappava una bottiglia di Heineken.
Si rifocillarono in un chiacchierio confortante per diversi minuti, lo sguardo perso oltre il parabrezza dell’auto, avvolti dalla pace notturna come fosse una soffice coperta.
Nonostante quell’atmosfera di quiete e familiarità fosse incredibilmente piacevole, Alexis era consapevole di non poter lasciare entrambi in sospeso in quel limbo per molto ancora. Spiò Derek con la coda dell’occhio, dando un altro morso al waffle caldo.
Il viso leggermente in penombra del ragazzo era neutro e imperscrutabile: non sembrava essere minimamente preoccupato all’apparenza, cosa che fece leggermente agitare la ragazza, rendendola smaniosa di riempire quella distanza tra loro per calmare i suoi nervi a fior di pelle.
Prese fiato per parlare, ma Derek la precedette con una domanda diretta, a bruciapelo.
«Perché sei scappata via dal Cherry’s la settimana scorsa?»
Alexis sbuffò dal naso, colta di sorpresa.
«E io che pensavo di poter iniziare con una domanda più facile…» mormorò abbattuta, alzando gli occhi al cielo.
Derek annuì, passandosi la lingua sui denti distrattamente prima di bere un altro sorso e porle un’altra domanda.
«Avresti preferito che ti chiedessi com’è stato il sonno in questi ultimi giorni? Perché se t’interessa saperlo, il mio è stato pessimo e tutto grazie a qualcuno di nostra conoscenza» affermò con decisione Derek, lo sguardo che fluttuò per un attimo alla bottiglia di birra prima di tornare a fissare fuori. Alexis sospirò con fare irritato suo malgrado, girandosi verso di lui questa volta.
«Mi hai chiamata qui fuori per litigare? O per lanciarmi frecciatine criptiche?» ribatté sul piede di guerra. Si sentiva emotivamente con le spalle al muro, una bestia ferita pronta a scattare e difendersi alla minima provocazione.
«Oh tesoro» disse il ragazzo con pesante sarcasmo, «ho grande stima della tua intelligenza e quindi sono più che sicuro che tu abbia capito cos’è successo sabato scorso, non c’è niente di criptico qui se non la tua insistenza nel voler schivare una semplice domanda. Non mi avresti mai ignorato per una settimana altrimenti» concluse con tono lapidario, rifiutandosi ancora di guardarla.
Alexis, scocciata, posò la scatola del suo waffle sul cruscotto, girandosi completamente anche con il corpo verso di lui.
«E sentiamo, cosa sarebbe successo sabato scorso? Perché non mi pare di aver sentito parole uscire dalle tue labbra, ma solo una stupida canzone…» replicò veemente prima d’interrompersi un attimo, incerta su come continuare.
O se continuare proprio.
Non pensava niente di quello che stava dicendo, non per davvero: era la parte ferita di lei, la corazza che non voleva lasciare emergere quella più fragile che avrebbe saputo come affrontare la situazione al meglio, senza causare del male a Derek.
Derek gonfiò le guance con frustrazione, scrutando la bottiglia di birra come a cercare l’origine del cosmo.
«Solo una stupida canzone quindi?» chiese poi senza umorismo nella voce, mordendosi l’interno della guancia, nervoso e chiaramente ferito. La sua mascella ebbe uno spasmo involontario e Alexis non poté fare a meno di fissarla con rapimento, strofinando i polpastrelli della mano sinistra contro il pollice. C’era elettricità nell’aria.
«Forse ho davvero sopravvalutato la tua perspicacia dunque» mormorò Derek con tono sconfitto.
Alexis si alterò contro ogni buonsenso, fulminandolo con lo sguardo e incrociando le braccia al petto, notando solamente in quel momento di essersi completamente dimenticata il reggiseno.
«Derek, non voglio passare il resto della notte a sentire i tuoi insulti velati. Io… senti, sabato scorso ho fatto una cazzata, okay? Non avrei dovuto tagliarti fuori così, ma… ora, i hai chiamata nel cuore della notte con urgenza eppure siamo qui a non capire un cazzo di tutta questa situazione e a litigare come due bambini e…» la ragazza si fermò un secondo, la voce sul punto di spezzarsi.
Non voleva tutto questo, non doveva andare così.
Si stava comportando come la ragazzina spaurita che era stata mandata a vivere dall’altra parte del paese a soli quindici anni per un fatto che non aveva mai compiuto. Aveva giurato di non essere mai più quella persona, di essere coraggiosa e sé stessa, di non permettere mai più a nessuno di ferirla, ma Derek aveva abbassato le sue difese a suon di musica, ancora una volta, e questa volta era terrorizzata che non sarebbero mai tornate come prima, ordinate e compatte al loro posto. Di fronte a quell’improvvisa assenza però non sapeva come comportarsi: essere senza difese non le usciva facile, nemmeno di fronte a qualcuno che la conosceva da tutta la vita.
Voltò il capo verso il finestrino, cercando di ricomporsi.
Quello era il momento di essere fragili. Per quanto la spaventasse, per quanto quel miscuglio ingarbugliato di sentimenti la facesse sentire vulnerabile ed esposta ad un potenziale dolore.
Derek meritava una risposta, anche se il futuro che ne sarebbe scaturito era incerto, impervio, difficile. Un futuro che era stanca di negarsi.
La ragazza prese un lungo respiro prima di rigirarsi. Derek stava giocando distratto con la bottiglia di birra, in silenzio, le sopracciglia aggrottate in un cipiglio a metà tra il pensieroso e il triste.
Stay afraid, but do it anyway. Abbiate paura ma fatelo comunque.
«Puoi continuare ad essere spaventata, ma fallo lo stesso, continua a muoverti e usa quella paura come carburante. Sii come Leia» le ripeteva sempre sua madre quando era piccola.
Quello era il momento di essere Leia.
«E sono spaventata Derek, tanto. Sono terrorizzata»
Il ragazzo sembrò irrigidirsi a quelle parole, forse colto di sorpresa.
Alexis allungò una mano verso il viso di Derek, sfiorando la mascella con i polpastrelli contratta di lui, tastando appena la barbetta pungente dimenticata da qualche giorno. Con delicatezza, fece pressione sul lato sinistro del suo viso.
«Derek, per favore, guardarmi negli occhi. So che non me lo merito perché sono testarda anche di fronte all’evidenza, ma ti prego» lo supplicò Alexis, la rabbia completamente evaporata dal suo corpo.
Derek prese un respiro a sua volta, come per incoraggiarsi, il volto ora cedevole sotto il tocco attento di lei. Il ragazzo si voltò a guardare la sua migliore amica, il viso ora completamente illuminato dalla luce di un lampione poco distante. Occhiaie profonde e scure, gemelle delle sue, gli contornavano gli occhi, rendendo il loro azzurro ancora più vibrante ed espressivo; erano un chiaro sintomo innegabile di notti insonni.
I due ragazzi si fissarono senza una parola, ma Derek per primo interruppe quel momento, iniziando a ridacchiare, facendo aggrottare le sopracciglia ad Alexis, preoccupata. Era questo il momento in cui perdeva completamente la sua sanità mentale?
«Dio mio, sembra che tu abbia messo le dita in una presa di corrente» commentò con tono morbido il ragazzo, inclinando la guancia completamente contro la mano di lei. Alexis lo guardò scioccata, dandogli dei pugnetti sul bicipite indignata nonostante il fatto che un ghigno si stava facendo lentamente strada sul suo volto.
«Ma che razza di stronzo idiota che sei!» esclamò la ragazza, ridendo liberamente senza ritegno. Derek nemmeno provò a difendersi da quell’attacco, troppo preso a soffocare con le sue stesse risate. Alexis si ritrovò in ginocchio sul sedile del passeggero, cambiando strategia e ricorrendo ad una delle più grandi e segreti debolezze di Derek Reynard: il solletico.
Il ragazzo prese a dimenarsi come un pesce fuor d’acqua, cercando inutilmente di sfuggire alle dita malefiche in quello spazio ristretto. Dopo un’intensa lotta fatta di imprecazioni, urletti e lacrime, Derek riuscì a prenderle delicatamente una mano tra le sue, soffiandoci sopra e strofinandole tra loro per scaldarla.
«Hai le mani gelate» disse con semplicità per giustificare il gesto.
Alexis sghignazzò, facendogli una linguaccia. «Come se fosse una novità, sono sempre fredde. E poi se qualcuno si fosse degnato di accendere il riscaldamento…» lo punzecchiò la ragazza mentendo con spudoratezza, pungolandogli il petto con l’indice dell’altra mano.
Derek inarcò le sopracciglia alle sue parole, ghignando con soddisfazione sentendo il cambio d’umore nel tono scherzoso di Alexis.  
«E la benzina chi la paga poi?» domandò oltraggiato, prendendole anche l’altra mano quando lei tentò di tormentarlo una seconda volta. Alexis lo osservò con curiosità, scuotendo leggermente il capo, stranita dalla piega senza logica degli eventi che li avevano portati a quel momento.
Derek deglutì e il pomo di Adamo che sobbalzò sembrò ricordare ad Alexis che in realtà c’era una logica dietro a tutto quello: sentimenti inaspettati erano fioriti tra loro, rompendo ogni previsione.
Eppure nessuno dei due sembrava pronto ad esprimerlo ad alta voce, in modo chiaro e inequivocabile.
«E comunque ci sono altri metodi efficaci per riscaldarsi» le fece notare Derek con tono giocoso, massaggiandole il polso sinistro. O forse Derek non aveva alcun ritegno nell’esprimerlo.
Alexis lo scrutò dubbiosa. «Da non credere»
Derek si rilassò un po’ di più contro il sedile, pronto a non demordere, costringendo Alexis ad avvicinarsi di più a lui: stavano giocando con una situazione pericolosa, sempre su quel dannato filo del rasoio. Ora che l’iniziale incazzatura era passata, la ragazza percepì il desiderio ormai correre libero attraverso ogni cellulare del suo corpo.
«Giuro, scientificamente provati» ribatté Derek, fissando Alexis con uno sguardo peculiare: vulnerabile, speranzoso, sofferente e, allo stesso tempo, desideroso.
«Ah ah» lo incalzò Alexis, «a me sembrano un mucchio di cazzate. Scuse» rimarcò, scandendo bene le s con le labbra. Il ragazzo non poté fare a meno di fissare la sua bocca prima di tornare agli occhi della ragazza, sconfitto ma risoluto.
«Sinceramente, ormai ho esaurito le scuse tre scuse fa» affermò Derek, facendo aggrottare le sopracciglia ad Alexis di fronte a quell’improvvisa pioggia di sincerità. La ragazza si umettò le labbra, la gola d’improvviso fattasi più secca. Il gesto catturò senza pietà l’attenzione incondizionata di Derek come una calamita.
«Non ha il minimo senso, cos…a» mormorò Alexis, pronunciando a fatica l’ultima sillaba perché una mano del ragazzo era risalita lentamente lungo il suo collo, sorreggendole con tenerezza la guancia sinistra col palmo. La mano di Derek era incredibilmente calda e leggermente umida, un segno inequivocabile di un nervosismo condiviso.
Anche Alexis si sentiva tesa e la rigidità nelle sue spalle ne era una prova, ma come poteva non sciogliersi a quel contatto che da troppo tempo si negava? Si rese conto di essersi inconsapevolmente avvicinata al volto di lui solo quando ci fu un flebile respiro a separarli.
«Derek…» sussurrò sottovoce Alexis, come una preghiera. Il ragazzo incastrò i loro sguardi, fronte contro fronte, deglutendo alla ricerca del coraggio di sabato.
«Dio Lexi, sono così stanco di scappare da tutto questo».
E con quelle parole Derek annullò finalmente il vuoto tra le loro bocche.
Le labbra di Derek erano soffici e voraci contro le sue, il desiderio e la fame di amarsi a malapena trattenuti. Quello voleva essere un tentativo di condensare la frustrazione di mesi, anni, i sentimenti più profondi, tutte le parole che aveva soppresso nel suo io più recondito e mai detto. Riversò sé stesso in quel bacio, come aveva fatto sabato scorso cantando quella dannata canzone. Sapeva quanto fosse impossibile racchiudere così tanto in un gesto così piccolo, ma era determinato nel dare il massimo possibile.
Alexis s’incendiò sentendo il palmo di Derek contro la sua guancia ad accompagnare con delicatezza il bacio, quasi con timore reverenziale. Davanti a tutta quella dolcezza, Alexis cedette e crollò, travolta dall’amore innegabile che provava per lui: Derek si stava ponendo a nudo per lei e ciò era più di quanto avesse mai potuto sperare. Come tornare a respirare finalmente l’aria di casa dopo anni e anni di sofferta lontananza.
Derek però presto si staccò, con lentezza quasi calcolata, poggiando la fronte contro quella di lei, un respiro condiviso come a non volere lasciarla andare.
«Dovremmo parlare» fece notare la ragazza con tono lieve, cercando di recuperare fiato e un pizzico di ragione.
Percepì Derek annuire piano con il capo, ma non si allontanò.
«Possiamo farlo. Ora, dopo, domani, per i prossimi giorni, mesi, anni. Sono completamente nelle tue mani» le rispose Derek con voce roca, mormorando quelle parole come un segreto, sfiorandole la mandibola con le nocche della mano destra.
Alexis decise di mandare la ragione a quel paese una volta per tutte, perché quel semplice tocco aveva liberato l’elettricità dentro di lei, desiderio liquido sottopelle che pretendeva di più.
I due ragazzi aprirono gli occhi titubanti, curiosi. Alexis nemmeno ricordava di averli chiusi, totalmente persa in lui.
Si fissarono per un millisecondo, una domanda implicita nello sguardo di Derek che fu presto dimenticata quando Alexis iniziò un secondo bacio.
La ragazza si ritrovò ad assalire famelica la bocca di Derek senza riserbo, lasciando finalmente libero quell’innegabile bisogno di appartenersi.
Derek la tirò sempre più vicina a sé, approfondendo quel delizioso contatto e presto Alexis si trovò seduta in grembo al ragazzo, che senza perdere un colpo, le fece scivolare giù la zip del lungo cappotto invernale, con lentezza da tentatore. Alexis sospirò con approvazione contro le labbra di Derek, mordicchiandogli il labbro inferiore.
Un brivido le risalì lungo la spina dorsale quando i lembi infine si aprirono, lasciando intravedere il misero pigiama che indossava sotto, incapace di difenderla da quel freddo di metà dicembre.
Con un agile movimento, Derek circondò il corpo della ragazza all’altezza della vita, attirandola contro il suo petto.
Ad Alexis sfuggì un soffice gemito sentendo il contatto ruvido del maglione di Derek contro la t-shirt, così leggera da sembrare velina, i capezzoli inturgiditi dal contatto, dalla frizione, dal freddo, da tutto.
Derek fremette di piacere a sua volta a quella vista, la lingua che chiese il permesso di incrociarsi con la sua, gettando ulteriore benzina sul fuoco di quella passione.
Il ragazzo si puntò contro il sedile per cambiare posizione, tirandosi su a sedere, permettendo ad Alexis di appoggiarsi completamente contro di sé. Le mani di lui s’insinuarono sotto la maglietta, sospirando contro le labbra di Alexis, finalmente libero di sentire il calore della ragazza sotto i suoi palmi, iniziando ad esplorare ogni sua curva morbida.
Alexis accolse con piacere quel cambiamento, posando le mani ancora leggermente fredde ai lati del collo di Derek, gustando la lieve amarezza della birra sulla sua lingua mentre si esploravano reciprocamente.
Una mano di Derek si fermò poco sotto le scapole di lei, proprio al centro della sua schiena, cercando qualcosa che non avrebbe trovato. Il ragazzo sembrò rendersene presto conto perché la lieve erezione che Alexis sentiva premere lungo l’interno coscia sembrò farsi più prominente, strappandole un gemito.
Si staccarono quasi contemporaneamente l’una dall’altro per respirare ma non per pensare: quella era la parte più spaventosa. Alexis non si lasciò demordere dal germoglio del dubbio, iniziando a baciare il collo del ragazzo, leccandolo a tratti con una voracità che a malapena descriveva la voglia repressa, imprimendo un lieve marchio sopra la clavicola sinistra.
Dal canto suo, la mente di Derek era inebriata da Alexis, niente più esisteva all’infuori della sua pelle, del suo calore, del suo profumo. Ora sapeva con assoluta certezza di non poter tornare indietro, neanche volendo, non ora che aveva assaporato cosa volesse dire stare con lei così. Si sentì più che completo, rinato.
«Lexi» sospirò il ragazzo, nascondendo il naso nell’incavo del collo di lei e inspirando piano in estasi, prima di percorrere il profilo della sua gola con la punta del naso con tenerezza, facendo ridacchiare Alexis per il lieve solletico.
«Iris» affermò lui certo, depositando piccoli baci lungo il profilo della sua mascella. Alexis gettò il capo leggermente all’indietro, lasciando così la gola ben esposta agli assalti di Derek. Il ragazzo presto percepì la risata di Alexis riverberare contro le sue labbra.
«Lo sai quanto amo quel bagnoschiuma» si giustificò senza vergogna Alexis, guardando Derek di sottecchi, con gli occhi resi lievemente lucidi dalla passione.
«E crema corpo» disse lui, mordendole piano il punto di giuntura tra il collo e la spalla.
«Crema mani» continuò con voce roca di desiderio, mentre le sue mani, posizionate sulla parte bassa della schiena di Alexis, la intrappolarono contro di sé, prendendosi il loro tempo per esplorare i suoi fianchi e il fondoschiena pieno e invitante.
«Profumo» concluse sogghignando, risalendo a mordicchiarle il lobo destro. I palmi di Derek accompagnarono quel gesto, risalendo ad esplorarle il ventre e sfiorando con il pollice la rotondità del suo seno destro.
«Dannazione Lexi» mormorò Derek senza fiato quando la ragazza rispose con entusiasmo al suo tocco muovendo il bacino contro il suo, strappandogli un sonoro gemito.
La ragazza per poco non roteò gli occhi sentendo la sua voce profonda così vicino all’orecchio, accrescendo ulteriormente l’eccitazione che si riversava sempre più nel suo basso ventre di secondo in secondo.
Alexis riprese a baciarlo, rispondendo alla provocazione e zittendolo divertita. Una mano andò a scompigliargli i capelli, giocandoci distrattamente e lasciando che il cervello si perdesse ancora di più nel sapore della sua bocca.
Derek, nel frattempo, stava armeggiando con la leva del sedile, senza successo, nel tentativo di abbassarlo così da permettere ad entrambi di avere più spazio.
Alexis decise di aiutarlo, nonostante forse divertente vederlo frustrato nel non riuscire a compiere un gesto così mondano e le scappò un urletto smorzato contro la mascella di Derek quando, senza preavviso, si ritrovarono distesi. La ragazza ebbe la prontezza di spirito di poggiare i palmi dove poté per evitare di dargli una craniata, ridacchiando quando udì Derek bofonchiare qualche frase sconnessa a fior di labbra.
Alexis spostò i palmi dal petto di Derek ai lati della sua testa, tracciando con fascinazione il contorno delle labbra di lui, arrossate e gonfie. Solo quando Derek si agitò sotto di lei, Alexis si rese conto che, nello spostamento, il suo corpo era scivolato leggermente più in alto, facendo salire il maglione di Derek e scoprendo gli addominali bassi.
La ragazza risucchiò il fiato di botto, cercando di trattenere un gemito secco perché lo sfregamento involontario aveva attraversato gli strati di stoffa per arrivare dritto al centro del suo desiderio, incendiandola.
Derek percepì subito il cambiamento: il calore di lei ora era a contatto diretto con la sua pelle e non poté fare a meno di fremere, lasciandosi scappare un’imprecazione. «Merda»
Alexis non rispose. Come se una secchiata di acqua ghiacciata, la sua razionalità fece capolino per asserire cosa stava succedendo: il suo migliore amico, se tale si poteva ancora definire, si trovava sotto di lei, con un’erezione che le premeva contro le natiche. Merda.
Derek incrociò il suo guardo: i capelli senza controllo di Alexis le erano scivolano ai lati del viso, creando uno spazio intimo, un velo a dividerli da tutto ciò che non fosse loro due. Alexis non osò muoversi, la sua agitazione chiara nelle spigolosità assunte dal suo volto.
Derek le appoggiò una mano sulla guancia e l’altra sul polso destro, percependo il suo cuore galoppante sotto le dita.
«Lexi, stai tremando» disse con voce vellutata Derek, una grazia e delicatezza disarmante contornate da una nota di preoccupazione: non voleva assolutamente spaventarla, non quando si era finalmente aperta con lui. Era un bocciolo appena schiuso che andava preservato, protetto dalle intemperie per potergli permettere di crescere forte e robusto.
La ragazza schiuse le labbra per rispondere con qualche battuta sarcastica ma niente sembrò abbastanza, troppo persa in un vortice di sensazioni e sconvolta dalla vicinanza dei loro corpi che travalicava il puro e semplice contatto fisico: quella vicinanza era soprattutto emotiva.
Quanto aveva desiderato quel momento, solo per ritrovarsi paralizzata da una paura più grande di lei.
«Ehi, ehi, Lexi. Torna qui, va tutto bene» le disse Derek con tono dolce e rassicurante, disegnandole cerchi sulla guancia col pollice e sulla pelle delicata del polso, confortandola.
«È spaventoso, lo so. Lo sento anche io…»
Derek si bloccò, facendo un cenno del capo per indicare prima lei e poi lui.
«Questo momento, questa energia. Mi terrorizza, lo ammetto, Lexi. Sento che un passo falso potrebbe distruggere il nostro mondo, ma rinnegherei ogni capo saldo della mia vita se non ammettessi a me stesso e a te che le cose sono cambiate. Da tempo, ormai» le confessò con sincera vulnerabilità nella voce, dando forma a tutte quelle verità taciute.
Alexis deglutì, lo sguardo egoistica che voleva catturare tutti i dettagli di Derek come fosse l’ultima volta.
Sii come Leia.
Ma anche Leia aveva avuto paura.
Non riusciva ad esprimere il tumulto che le ribolliva nel petto, non riusciva ad afferrare un concetto o un pensiero abbastanza a lungo per tramutarlo in parole coerenti. La sua mente viaggiava a velocità della luce eppure tutto quello che riuscì a dire fu «Derek».
In quella parola c’era tutto, vi infuse tutto il suo essere, pregando le stelle che fosse abbastanza. Ogni emozione, nuda e cruda, era lì.
Derek, dolce croce e delizia della sua vita, il suo confidente, la sua fiamma nei momenti bui comprendeva davvero.
E per questo, piano piano e senza fretta, le sistemò la maglietta del pigiama prima di richiudere la zip del cappotto di Alexis, per poi baciare la pelle sottile di quel polso tremante.
La ragazza socchiuse gli occhi, poggiando ancora una volta la fronte contro quella di lui. Derek chiuse gli occhi, accarezzandole i capelli con gesti pieni d’amore.
«Scusami, scusami, scusami» sussurrò Alexis, il respiro che ad ogni parola sfiorava le labbra gonfie del ragazzo.
Derek scosse il capo piano, il cuore che pareva sul punto di esplodere.
«Shh, non piangere Lexi, così mi uccidi»
Alexis aggrottò le sopracciglia a quelle parole, sfiorandosi la guancia sinistra e scoprì che Derek non stava mentendo: scie salate le percorrevano la pelle. Le seguì con la punta dell’indice, quasi meravigliata, prima che una risata strozzata le montasse in gola.
Gli occhi azzurri e penetranti di Derek la fissarono mentre si prodigò ad asciugarle lacrime con il pollice.
Alexis scosse il capo, racchiudendo la sua mano bollente tra le sue, baciandogli il palmo.
«Scusami, ma sono incredibilmente felice e non so come reagire» si spiegò con un filo di voce Alexis, incapace di fermare quel suo pianto di gioia.
Derek annuì, un sorriso così luminoso da far impallidire il sole ad adornargli la bocca invitante, cingendo Alexis con il braccio libero.
La ragazza si sentiva travolta, un nervo scoperto troppo reattivo al minimo stimolo, incapace di riprendere il controllo delle sue azioni eppure era piena di gioia travolgente. Un calore nuovo si era riversato in lei e niente gliel’avrebbe strappato via questa volta.
Restarono abbracciati per minuti che parvero eterni, con il volto di Alexis nascosto nell’incavo del collo di Derek, mentre il peso rassicurante di lei lo ancorò alla realtà, ricordandogli che non era un sogno.
«Vuoi prendere una boccata d’aria?» domandò Derek, rompendo il silenzio confortante in cui si erano avvolti. Alexis annuì, dandogli un buffetto con la punta del naso.
Alexis scese con lentezza dal grembo di Derek, rimettendosi seduta sul sedile passeggero con gambe tremolanti, il suo centro che pulsava ostinato di desiderio, insoddisfatto. Notò come Derek strizzò gli occhi a quel movimento prima di borbottare sottovoce qualcosa che somigliava a «un minuto e arrivo, giuro, solo un minuto».
Alexis aprì la portiera dell’auto per prima, respirando con gratitudine l’aria fredda della notte a pieni polmoni che alleviò in parte la sensazione di smarrimento che albergava nella sua mente.
Si alzò in piedi con cautela, tenendo una mano saldamente poggiata alla carrozzeria nel caso in cui le ginocchia decidessero di tradirla e, quando fu sicura di essere sufficientemente stabile, chiuse la portiera dietro di sé.
Dal canto suo, Derek restò disteso sul sedile, sentendo il fantasma del calore di Alexis che andava scemando sempre più. Si passò una mano sul viso stanco, cercando di calmare l’erezione galoppante che non sembrava volerne sapere di placarsi. Eppure poco poteva farci, il suo cervello era andato in cortocircuito nel momento in cui aveva scoperto Alexis senza reggiseno.
I pantaloni sembrarono stringersi ulteriormente, assecondando quel pensiero.
«Ah, fanculo, terapia d’urto sia» borbottò contrariato, spiando Alexis con la coda dell’occhio: anche lei non si era mossa di molto. Solo osservando con discrezione il profilo del viso di lei, rivolto verso il cielo, gli azzerò la salivazione e riempì il cuore di pura gioia, ancora incredulo.
Si sfiorò la bocca un’ultima volta prima di scendere a sua volta, il sapore di Alexis un fresco ricordo sulle labbra a testimoniare che quei momenti precedenti erano accaduti davvero.
Il freddo fu un rimedio efficace contro qualsiasi bollore incontrollabile: la temperatura feroce gli tolse il fiato per un attimo prima che con movimenti lesti indossasse il giubbotto.
Circumnavigò la sua Ford a fatica, avvicinandosi ad Alexis con passo lento.
«Posso?» chiese dolcemente, allungando i palmi delle mani verso di lei. La ragazza lo sorprese quando lo trascinò accanto a sé con un sorriso timido: pareva più calma.
Derek non si fece pregare e l’abbracciò da dietro, incrociando le braccia appena sotto il suo seno mentre le sue mani si intrufolarono nelle tasche del cappotto pesante.
Il ragazzo non resistette all’attirarla a sé, nascondendo il volto contro i folti capelli di lei, più pazzi del solito dopo la loro intensa avventura di prima.
«Sono quasi le quattro del mattino» osservò distratta Alexis, appoggiando completamente il corpo contro Derek. Li separavano un’abbondante ventina di centimetri di altezza, quindi Alexis sospirò contenta tra le sue braccia, sentendosi avvolta e protetta.
«Dovremmo parlare» ribatté Derek, facendo eco alle parole della ragazza e, per quanto fosse vero, erano quasi le quattro meno un quarto del mattino e l’ultimo strascico di lucidità mentale se l’erano portato con sé le labbra di Alexis. Le depositò un bacio sulla tempia destra, inebriato.
Alexis piegò leggermente il capo contro quel piacevole contatto, lasciandosi scappare un sospiro poco casto.
Si voltò verso Derek con la rapidità di una gazzella e il ragazzo si trovò d’improvviso le dita morbide di lei premute contro la bocca arrossata. Rimase immobile, studiandola con genuina curiosità.
«È vero, dovremmo parlare, però… questa volta sento che tocca a me dire qualcosa» affermò con trasporto, inchiodandolo sul posto con quegli occhi cangianti che parevano sempre racchiudere un mondo nascosto. Alexis prese coraggio, tamburellando le dita contro il mento di Derek per dare ordine ai suoi pensieri. 
«Non voglio scappare, Derek. Ho corso per anni lontana da te perché la paura mi suggeriva che fosse la scelta più sensata, quando in realtà era solo quella più comoda» confessò la ragazza, deglutendo e rilassando le spalle, mentre con il pollice destro disegnò cerchi invisibili contro la pelle di Derek.
Il ragazzo inclinò il capo contro quel tocco gentile, annuendo: capiva fin troppo bene quello che Alexis stava dicendo perché era lo specchio dei suoi stessi pensieri.  
«Non voglio scappare mai più, Derek, non da te. Mi sento mancare l’aria al solo pensiero di passare anche solo un’altra notte insonne cercando di nascondere nell’angolo più buio tutto… questo» disse con enfasi, indicando con la mano libera prima sé stessa e poi Derek. Il ragazzo strinse le mani sui suoi fianchi in risposta, gli occhi lucidi ed emozionati.
«So che non ne ho il diritto perché ho continuato a scappare come una codarda, ma non dobbiamo per forza parlare stasera, decidere il nostro futuro insieme come un qualche tipo di ultimatum» continuò la ragazza, cingendo piano il volto di Derek con la mano destra.
«È una conversazione importante e credo che non le daremo giustizia qui ed ora, ci sarò domani e dopodomani ed il giorno dopo ancora perché c’è così tanto da dire ancora…ed è tutto fottutamente pauroso, lo so. Ed eccitante».
Sentire quella parola uscire dalle labbra di Alexis risvegliò un sentimento primordiale in Derek, ma il ragazzo si castigò in fretta: ci sarebbe stato tempo.
«Ed è forse la cosa più giusta che mi sia mai capitata nell’arco di questa stramba vita» concluse Alexis con tenerezza, cogliendo una lacrima del ragazzo come aveva fatto lui solo qualche minuto prima.
Derek deglutì, lasciando scappare una risata strozzata. Una sensazione inebriante gli attraversò le membra, l’adrenalina di sentirsi sul ciglio di un burrone, pronto a camminare su una fune per raggiungere l’estremità opposta. Tentò di parlare, di trovare le parole giuste per esprimere quanto tutto ciò detto da Alexis fosse un eco dei suoi stessi sentimenti, ma era muto e paralizzato dalla gioia.
Una lacrima gemella alla sua scivolò sulla guancia della ragazza, ma Alexis sorrise felice, lasciandogli un lieve bacio all’angolo della bocca e cingendogli il collo con entrambe le braccia.
Solo allora Derek sembrò riprendere vita sotto le sue mani. Avvolgendole i fianchi, strappò una risata ad Alexis quando sentì il terreno mancarle sotto le punte dei piedi e il mondo vorticò attorno a loro, persi in una giravolta scomposta con l’abbandono di due bambini.
Derek baciò via la lacrima di Alexis con amore, restituendole uno sguardo adorante che donò ad Alexis la sensazione di fluttuare verso il cielo, leggera come un palloncino.
«Domani» promise Derek con intensità nella voce profonda.
«E dopodomani» gli fece eco Alexis, suggellando la loro promessa con un bacio appassionato.
 
 
 
********************
 
 
 
Dopo aver riaccompagnato Alexis a casa e averle strappato almeno altri dieci baci, Derek tornò con passo baldanzoso verso la macchina, un sorriso malandrino ad illuminargli il viso.
Tirò su il sedile del guidatore, dimenticato reclinato, raccogliendo poi la birra ancora non finita, tentato di scolarsela in pochi rapidi sorsi. Desistette subito quando, passandosi la lingua sul labbro inferiore, un sapore di zucchero e cioccolato ed iris gli inondò il palato.
Poggiò il capo contro il poggia testa, mormorando tra sé e sé.
«Oh, dolce Lexi»
Poggiò la birra nel portabottiglie, utilizzando un fazzoletto a mo’ di tappo alla bell’è meglio. Sfortunatamente, i waffles non erano sopravvissuti alle mani avide di Alexis che li aveva prontamente sequestrati con la promessa di una colazione condivisa ad attenderli domani mattina.
Si sistemò la cintura di sicurezza, pronto a partire per tornare a casa e forse riuscire finalmente a rubare qualche ora di sonno. Armeggiò con la radio prima di mettere in moto, la voce dello speaker che prontamente inondò il veicolo, prima di far partire il pezzo successivo.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi incredulo prima che una risata rauca ed incontrollata gli sfuggisse, cogliendolo di sorpresa.
Scosse la testa mentre inserì la retromarcia, ridacchiando dell’assurdità di quella lunga notte.
«Fottutissimo Alex Turner»
 
(Do I wanna know?)
Too busy being yours to fall
(Sad to see you go)
Ever thought of calling darling?
(Do I wanna know?)
Do you want me crawling back to you?

 

 
 
 
 
Footnotes:
 
Durante la riscrittura parziale di questo capitolo finale mi ha accompagnata “I Want to Know What Love Is” dei Foreigner e quindi il tutto si è trasformato in un mix di correzioni e karaoke. Chiedo scusa ai miei vicini.
Ad ogni modo, questa è la fine? No, non lo sarà.
Nonostante la situazione non lasci scampo a molti dubbi, ho già in mente un’altra, forse ultima, OS su Derek e Alexis: credo ci sia spazio per altro, ma non in questa mini-long che si è già allungata molto oltre le mie aspettative. 
Spero che questa breve avventura insieme vi sia piaciuta, grazie a tutt* voi per il supporto e per chiunque si sia pres* la briga di leggere e recensire, mi ha resa molto felice! Tanto amore e abbracci e buon San Valentino a chi di voi lo festeggerà, I guess?
Un ultimo grazie finale alla persona che ha ispirato (involontariamente) questa storia: alcune volte la tua mancanza si fa sentire.

 

 

 

 

 

 

 

 


   
 
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