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Autore: SilvanaFreesound    13/02/2021    1 recensioni
Grande estimatrice di Haikyuu, in questa fan fiction Vi racconterò del mio personaggio preferito, Kei Tsukishima il quale si troverà alle prese con la quotidianità della sua vita scolastica e di tutti i giorni, argomento poco sviluppato da Furudate. Affiancato dal simpatico lentiggiinoso Tadashi Yamaguchi, i nostri beniamini faranno conoscenza con una nuova compagna di classe, Lucy Hirose, estroversa, briosa, solare, invadente, sfacciata e passionale nonchè brillante negli studi: tutte caratteristiche che al nostro Kei danno sui nervi ! La storia si svolge dal primo giorno di scuola al liceo Karasuno fino a qualche giorno dopo la finale di prefettura contro la Shiratorizawa. Vi auguro buona lettura e buon divertimento con il Monster Blocker n. 11 ....vediamo cosa combinerà !
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Tsukishima, Nuovo personaggio, Tadashi Yamaguchi
Note: Lime, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SETTE

 

Tsukishima si presentò all’appuntamento con Tadashi alle ventidue in punto, come concordato, non un minuto più, non un minuto meno, davanti al disco-pub già gremito di ragazzi all’apparenza poco raccomandabili. Con cadenza metodica fissava, sospirando, le lancette dell’orologio per poi ritornare a braccia conserte; un rituale che aveva adottato per scaricare l’ ansia.

Che diavolo sto facendo qui? Questo non è posto per me. Forse dovrei tornare a casa”

Questi erano i dubbi che lo attanagliavano, mentre rivolgeva lo sguardo corrugato verso il basso.

“Tsukkiiiiii!!!” si sentì provenire da non molto lontano.

Il biondo sussultò udendo la voce dell’amico il quale lo raggiunse in men che non si dica con una leggera corsetta.

“Scusami, Tsukki, per il ritardo, ma mi ero perso!” disse Yamaguchi con voce tremante, lasciando trasparire un lieve imbarazzo.

“Non fa nulla, non so neanche se è il caso di entrare o meno.”

E’ la prima volta che mi scusa per aver tardato ad un appuntamento” pensò il lentigginoso fra sé e sé ”di solito è piuttosto inflessibile! Deve essere davvero agitato per aver soprasseduto questa volta.”

“Ma che sei stupido? Ormai siamo qui, entriamo e divertiamoci!” sentenziò Tadashi che ormai, dopo il duro scontro al training camp estivo, aveva acquisito giorno dopo giorno maggiore sicurezza e consapevolezza nel rapportarsi con il suo best friend.

All’ingresso venne chiesto ai ragazzi il loro nome e cognome, annotati dagli organizzatori in una lunga lista in gran parte smarcata. Il locale era a numero chiuso ma fu confortante riscontrare che Lucy non si era affatto dimenticata di loro.

Ad entrambi venne consegnato un volantino che Tsukishima si fiondò immediatamente ad analizzare, parola per parola, come se fosse un questionario di verifica da superare. Rimase sorpreso nell’apprendere che non si trattava di un vero e proprio concerto, era più una battle fra gruppi rock locali.

Ecco…….. e ora come si chiama il gruppo di Lucy ……. che idiota, non gliel’ ho chiesto!” pensò frastornato.

“Tsukki, guarda, il gruppo di Lucy si esibirà verso la fine, abbiamo tutto il tempo di ambientarci.”

Lo sguardo di Kei scese in fondo alla scaletta fino al numero nove: “Lucy in the sky” abbozzò un sorrisetto dei suoi “avrei dovuto immaginarlo”.

Per la prima volta entrambi si ritrovarono a varcare un locale del genere tutt’altro che rassicurante: di fatto era un enorme sotterraneo fumoso, un tempo adibito a fabbrica manufatturiera. I gruppi avevano già iniziato a darsi battaglia e, alla vista di tutta quella gente accalcata sotto il palco, che gridava, cantava e saltava con bottiglie di birra in mano, tutta borchie, giubbotti di pelle, creste colorate, catene e piercing, Tsukishima sobbalzò inorridendo; venne subito bloccato da una vigorosa stretta al braccio di Yamaguchi, il quale lo incoraggiò a non indietreggiare.

“Guarda Tsukki, c’è un soppalco, raggiungiamolo, da lì ci possiamo godere tranquillamente il concerto.”

Dopo tutti questi anni Tadashi sapeva bene come riconoscere le ritrosie dell’amico e da poco riusciva anche a controbatterle.

“Lucy è stata davvero premurosa, guarda! Nella busta ci sono anche dei buoni per una consumazione, che ti prendo, Tsukki, il solito? “

Il ragazzo, ancora palesemente spaesato, non rispose quindi Tadashi pensò che la solita acqua tonica con scorzetta di limone potesse andare bene. Ormai si erano susseguite un paio di band allorquando Yamaguchi fu di ritorno. Tsukishima iniziò a sorseggiare il drink e di lì a poco si sentì parecchio accaldato, al punto da doversi sfilare il cardigan di cotone color corda con motivo a trecce.

“Ma che cavolo c’è in quest’acqua tonica, Yamaguchi?”

“Non lo so, mi spingevano, non ho visto cosa facesse il barman, ho solo chiesto dell’acqua tonica ….credimi Tsukki!”

Kei sospirò com’era di solito fare ogni qual volta l’amico combinava qualche sbadataggine delle sue. Il loro battibecco fu stroncato sul nascere dall’annuncio del prossimo gruppo in scena.

Il palcoscenico si rabbuiò improvvisamente per poi essere illuminato da vari fasci di luce, puntati via via sui singoli componenti della band. Dapprima iniziò l’assolo di chitarra elettrica; riecheggiò fino al soffitto altissimo una melodia rockeggiante semplice ma accattivante per poi unirsi contemporaneamente un basso così invadente ed una batteria così scatenata da far sussultare e dimenare, dopo una manciata di secondi, il pubblico presente.

Ed ecco improvvisamente entrare lei, Lucy, la singer, misteriosa, fasciata da un abito monospalla in lurex nero luccicante, la quale avanzava con passo lento e sicuro verso l’asta del microfono posta al centro del palco.

Tsukishima sgranò gli occhi per lo stupore: si soffermò su di lei, scrutandola dall’alto verso il basso, centimetro dopo centimetro, isolandosi per un attimo dal resto del mondo.

Quei capelli castano chiari, che a scuola portava sempre costretti da mollette, fasce ed elastici legati alla rinfusa, stavolta erano sciolti e cadevano giù, morbidi, fin sotto le spalle, i cui ricci sembravano formare, ad ogni suo minimo movimento, delle onde di mare tra i coralli; i suoi occhi, spesso assonnati o sognatori, ora erano vividi e brillanti, contornati da un trucco marcato che ne esaltava l’iride di un color azzurro cielo mai notato prima. Fu la scollatura dell’abito a catturare subito la sua attenzione: pensò che avrebbe potuto trascorrere intere ore a delineare con le sue lunghe dita i bordi delle clavicole sporgenti di lei, ma solo dopo essersi premurato di scoprirle l’altra spalla rosea. Avrebbe potuto perdersi in quelle labbra voluttuose, rese appena lucide da un gloss trasparente; le avrebbe mordicchiate a poco a poco cosi come si assapora una ciliegia matura.

Quell’abito così stretto, il cui orlo si fermava appena sopra il ginocchio, era però reso funzionale da uno spacco vertiginoso che scopriva buona parte della coscia sinistra, vestita da un collant a rete nero appena percettibile. Egli non poté fare altro che seguirla, ipnotizzato, mentre si muoveva sul palco in lungo e in largo senza mai staccarle gli occhi di dosso.

Ma com’è razionalmente possibile” pensò “ che mi ritrovo a fissare le sue gambe quando in classe le ho sempre avute sotto il naso, nude ed in bella vista ogni volta che indossa quella minigonna così spaventosamente corta?”

Una inaspettata tensione proveniente dai suoi boxer lo fece trasalire; ritornando alla realtà si rese conto che era già trascorso un minuto abbondante e non aveva per nulla prestato attenzione al testo di quella canzone che, sino ad allora, era stata colonna sonora dei suoi pensieri licenziosi, scatenati anche dal superalcolico ormai in circolo.

La performer con un colpo d’occhio cercò istintivamente Kei tra la numerosa folla urlante.

Chissà se è venuto? Ma che sto facendo? Non devo perdere la concentrazione! Io sto cantando per il pubblico ... è il mio sogno che finalmente si avvera.”

In quel momento arrivò l’inciso: fu un’esplosione che travolse Tsukishima come un fiume in piena. Quella voce, lontana dall’ essere sottile e cinguettante, era invece calda e passionale, a tratti sabbiosa, e gli arrivò dritta allo stomaco trasmettendogli una forza ed una disperazione che al primo impatto lo stordì.

Al termine della prima canzone il pubblico si ammutolì per un secondo per poi scoppiare, al tempo stesso, in un mix di acclamazione ed eccitazione. Tsukishima rimase di sasso, accartocciando tra le sue grandi mani un pacchettino contenente un cadeau che aveva acquistato giorni addietro per Lucy.

“Tsukki, cosi lo rovini!” asserì Yamaguchi notando il viso dell’amico visibilmente scomposto.

“Ah, già!” rispose Kei, cercando di riprendersi da quel turbinio di emozioni.

La band eseguì altri tre pezzi, tutti molto intensi ed impressionanti, che trattavano dei temi di grande interesse come la solitudine, il disagio sociale, lo smarrimento individuale ma, per il biondo, la prima canzone vinceva a mani basse a causa dello sconvolgimento interiore che gli aveva arrecato.

Lucy terminò l’esibizione stravolta dalla gioia, pervasa dall’ adrenalina che le scorreva nelle vene; da tempo era ben consapevole che la loro musica meritava una chance, ma non aveva considerato di ottenere al primo ascolto un consenso plateale e per di più così clamoroso.

Mentre alzò il capo riponendo il microfono, il suo sguardo si pose fra tutti su Tsukishima: non si aspettava di individuarlo così facilmente ma la sua altezza era imponente e se lo ritrovò proprio di fronte a lei appollaiato sul soppalco a fissarla.

Si diresse verso di lui con fare deciso, dritta come un treno, incurante dei richiami dei componenti della sua band né di tutto ciò che le accadeva intorno. La folla, riconoscendola, le creò un varco quasi ad agevolarne l’incontro.

La ragazza sorrise non appena lo vide: il suo aspetto goffo testimoniava un lodevole tentativo di mettersi in ghingheri, seppur fallito. Egli indossava un paio di jeans azzurro chiaro dall’aria vissuta, di una o forse due taglie più grandi del dovuto, tenuti su a stento da una cinta sottile di pelle nera.

Probabilmente avrà rovistato nell’armadio del fratello” ragionò ad alta voce.

Effettivamente Tsukishima non era proprio tipo da ritrovi e discoteche, anche se avrebbe potuto facilmente riscuotere consensi, se solo si fosse adeguato ai passatempi preferiti dai suoi coetanei. Tra i capelli si intravedevano alcuni ciuffi umettati di gel, maldestramente applicato al fine di disciplinare la bionda chioma ribelle, ma che di fatto lo facevano apparire come un pulcino bagnato. Quel buffo golfino chiaro a trecce appoggiato sulle spalle lo rendeva ancor più demodé. Del suo outfit si salvava solamente la camicia, blu navy, in contrasto con i suoi meravigliosi occhi color ambra, appena sbottonata sul collo, stretta al punto tale da accompagnare magnificamente quei suoi addominali scolpiti.

L’aveva indossata con le maniche arrotolate a tre quarti le quali facevano sembrare quelle mani ancora più grandi di quanto già non fossero.

Lucy pensò che con un po' di magia, avrebbe potuto farsi piccola piccola, rannicchiandosi il più possibile tra quelle mani longilinee e rassicuranti, trascorrendo così il resto della sua esistenza.

A quell’immagine, scosse lievemente il capo strabuzzando gli occhi.

“Ciao, alla fine sei venuto! “ esclamò la ragazza contenta.

“E che altro potevo fare, ho perso la scommessa!” rispose il biondo con sufficienza.

“Ne ero quasi sicura.” ribatté Lucy con fare provocatorio.

“Sicura di cosa? Che sarei venuto?” disse Tsukishima schernendola.

“No, quasi sicura che avresti perso la scommessa!” affermò la ragazza con fermezza.

I due pallavolisti non riuscivano proprio a capire cosa volesse intendere.

“Devi sapere che a scuola me la sono sempre cavata bene e in inglese ero assolutamente certa che ti avrei stracciato.”

Le facce dei due si fecero attonite quasi a formare un punto interrogativo.

“Ancora non l’hai capito? Mia madre è londinese!”

“Brutt... Stronz… “ proruppe d’impulso senza riflettere sui risvolti di quella esternazione.

Poi fece per mordersi il labbro, pentito di aver enfatizzato nei toni e nei modi l’accaduto; era più forte di lui, se c’era una cosa che lo mandava particolarmente in bestia era sentirsi preso in giro.

Si rimproverò per non essere stato sufficientemente attento; avrebbe dovuto accorgersene, c’erano dei dettagli eloquenti: la sua carnagione rosea, i suoi tratti somatici e, dulcis in fundo, quell’azzurro dei suoi occhi, che ben poco aveva di giapponese. Ma Kei sino ad ora non aveva mai pensato alle ragazze in tal senso, forse qualche volta da un po' di tempo a questa parte, timidamente corteggiato dalle sue vicine di banco.

“Tsu…Tsukki…” balbettò imbarazzato Tadashi senza riuscire ad aggiungere altro.

Lucy scoppiò in una risata fragorosa.

“Hai ragione, me lo merito. Credimi, non avrei mai voluto sfidarti, ma non sopporto coloro che giudicano a priori la mia musica senza nemmeno ascoltarla!”

Tsukishima ritornò velocemente indietro con la memoria sforzandosi di analizzare le ragioni del suo comportamento. Effettivamente c' era andato giù pesante con quella espressione “ pivelli che strimpellano in un garage” che adesso gli suonava del tutto fuori luogo. Ma cosa lo aveva irritato al punto tale da sbottare in quel modo?

Forse non aveva gradito l’invadenza della ragazza da poco conosciuta che si era permessa, durante la ricreazione, di sfilargli le cuffie interrompendo l’ascolto della sua canzone preferita. O forse perché gli aveva manifestato con entusiasmo quella sua passione così intensa e così pura per la musica, mostrandosi decisa a perseguire il suo sogno contro tutto e tutti. Possibile perché l’aveva vista qualche ora prima all’entrata della scuola baciare sulla guancia quel brutto ceffo che l’aveva accompagnata in moto?

“Sono stato scortese” ammise Kei, osservando per un attimo la punta delle sue converse.

Yamaguchi, che fino ad allora era rimasto in disparte ascoltando solo a tratti ciò che si stavano dicendo per via dell’eccessivo schiamazzo dovuto all’esibizione dell’ultima band heavy metal in gara, capì che era giunta l’ora di intervenire.

“Tsukki, non glielo dai il regalo?” suggerì all’amico.

“Ah, si! Tieni, questo è per te!” farfugliò Kei arrossendo.

Dal sacchetto ormai sgualcito la ragazza tirò fuori una piccola sciarpa di lana rasata blu notte ricamata con tante stelline e piccole lune argentate e dorate. I ragazzi avevano impiegato un pomeriggio a gironzolare tra i negozietti del paese alla ricerca di un regalo appropriato ma non troppo impegnativo. Fu Tadashi che gli consigliò questa fra tutte, attirato dalle piccole lune che gli ricordavano il suo cognome. (*)

“E’ una meraviglia!” esclamò la ragazza, appoggiandola istintivamente sulla guancia, riscaldandosi col suo tepore “e poi è così soffice.…grazie, non dovevi!”

“Non ti montare la testa! Ti servirà per proteggerti dal freddo, visto che hai l’abitudine di scorrazzare in moto col tuo ragazzo!” contestò Tsukishima stizzito.

La risata della ragazza divenne ancor più fragorosa: “Ma che stai dicendo? Di chi stai parlando? Quello … quello è il mio fratellone! George, come George Harrison, il primo a subire, suo malgrado, la passione dei miei per i Beatles. Ha tutta l’aria di essere un teppistello, lo so, ma in fondo è un bravo ragazzo oltre ad essere un ottimo chitarrista.”

Tsukishima rimase esterrefatto.

Merda, suo fratello? Avrei dovuto chiedere in giro! Sono un coglione!” Recriminazioni senza fondamenta le sue: orgoglioso com’era, non avrebbe mai investigato direttamente su di lei o tramite il suo amico fidato.

Chiarite le cose, Lucy gli chiese:

“Allora, Tsukishima, che ne pensi? Quale pezzo ti è piaciuto di più?”

“ Non siete poi così male per essere dei pivelli” affermò ironicamente.

“Per le canzoni, non so, forse la prima mi ha preso di più.”

My angel. E’ la nostra ultima nata. La musica era già stata composta da mesi, per il testo ho dovuto faticare non poco. Ero a corto di idee. Fin quando un giorno mi sono imbattuta nei pressi della vostra palestra; ti ho visto giocare... e sono riuscita a scriverla” argomentò la ragazza con straordinaria naturalezza.

Tsukishima restò pietrificato udendo tale confessione.

“Possibile che sia stato io la fonte di ispirazione?” si domandò incredulo.

“Tsukki, hai capito? ti sta dicendo che……” sussurrò Tadashi strattonandogli la manica della camicia.

“Taci, Yamaguchi!” rimproverò l’amico che si ammutolì all’istante.

Cercò velocemente di ricordare le parole di quella canzone rigorosamente in inglese e si pentì di non essersi sufficientemente concentrato sulla comprensione del testo durante la sua esecuzione, inizialmente rapito dal fascino della performer. Scartò a priori l’ipotesi di chiedere aiuto a Tadashi in quanto notoriamente una frana nelle lingue straniere.

Un improvviso flash lo fece sussultare:

Angel, my blond angel, don't fly away from me” ……. Angelo, mio angelo biondo, non volare via da me.

Angel, my blond angel, I will die for you” ………… Angelo, mio angelo biondo, morirei per te.

Queste erano le parole dell’inciso.

Della seconda strofa si rammentò qualcosa a tratti:

the sweat in your body causes sinful thoughts in me”…… il sudore che hai sul corpo provoca pensieri peccaminosi in me.

I Know that I can’t hold here with me anymore”………. So che non posso più trattenerti qui con me.

So  fly higher and catch your dreams”………. E allora vola sempre più in alto e realizza i tuoi sogni.

we are both like two sides of the moon”…….. siamo come due lati della stessa luna.

 

In quel frangente si udirono delle grida provenire dal fondo della scalinata in ferro:

“Lucy, ma che diavolo fai? Ti cerchiamo da una vita! Abbiamo vinto, c’è la premiazione, i giornalisti ci aspettano. Muoviti!”

Era suo fratello George che irruppe come una furia afferrando la cantante per i polsi, trascinandola bruscamente via con sé.

“Grandioso, sei…. sei… fantastica” urlò Kei con tutte le sue forze ma la ragazza non potè sentirlo, fagocitata da tutta quella calca.

I due ragazzi assistettero alla premiazione; Tsukishima sperò che il gruppo eseguisse nuovamente quel pezzo, ma gli organizzatori optarono per della musica tecno la quale rimbombava assordante, al limite della sopportazione.

“Tsukki, che facciamo? La aspettiamo?”

“Ma no, no!” rispose il biondo agitando come sua consuetudine il palmo della mano vicino all’orecchio “C’è troppo fracasso. Andiamo a casa.”

Nella strada di ritorno, Tsukishima appariva più pensieroso del solito.

“Che figo il gruppo di Lucy, le canzoni sono stupende, che sound, e poi lei sul palco è davvero Kawaii, ha un futuro da star! Magari domani le chiedo l’autografo” divagava Tadashi a ruota libera.

Avrei dovuto aspettarla per dirle che è stata fantastica. Ormai è andata così, un’altra occasione si presenterà, presto la rivedrò a scuola”.

 

(*) Tsukishima in giapponese Tsuki = luna e shima= isola;

Kei = lucciola, che brilla di luce propria.

 

   
 
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