Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: _Bri_    26/02/2021    11 recensioni
[STORIA INTERATTIVA - Iscrizioni chiuse]
2197
Dalla caduta di lord Voldemort sono passati molti anni e la pace tanto agognata, purtroppo, ha avuto vita breve. Una guerra terribile ha coinvolto maghi e babbani, portando le parti coinvolte a decimarsi vicendevolmente. Ma nel momento di massimo buio, dalle macerie fumanti, si è sollevata una voce di donna, che ha promesso la pace per chiunque l’avesse seguita. Ma a quale prezzo?
Dopo 60 anni di regime in cui la magia è stata soppressa, non tutti hanno messo a tacere il loro pensiero e piccoli ma battaglieri gruppi di dissidenti, sono pronti a dare battaglia contro il regime di Nadia e della sua Corte.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO V
“L’arrocco”


 
All’apparenza, la vita del piccolo Atlas Whitelaw poteva annoverarsi fra i sogni di molti dei bambini che abitavano la Terra governata da Nadia. Era pur sempre il nipote dei governatori di una Comune e di certo i suoi genitori non gli avevano mai fatto mancare nulla. Munito di una curiosità notevole, il bambino aveva passato i primi anni di vita ad esplorare quella sorta di castello di Siddharta in cui era nato. Proprio la sua spiccata sete di conoscenza, tendenzialmente atipica per un bambino che non aveva necessità di scoprire in quanto ogni cosa di cui aveva bisogno gli veniva fornita, lo portò a un incontro che avrebbe cambiato la sua vita, stravolgendola in maniera irreversibile.
Tredici anni chiusi in un corpo esile e dinoccolato, pronto a spingersi in una delle viette più isolate della Comune; fra un saltello e un’arrampicata, il giovane Atlas arrivò a fare la conoscenza del vecchio Walter, un vero e proprio enigma. Ma era chiaro da molto tempo che Atlas amasse gli enigmi e gli indovinelli e Walter risultò per lui una sfida da superare, perché il vecchio che si trovava sulla via, probabilmente per fare ritorno alla propria dimora, si arrestò solo per gettare un’occhiata a quel ragazzino e a rivolgergli una domanda che sembrava non avere né capo né coda, almeno non per i comuni mortali.
 
“Cosa significa essere un mago?”
 
Un mago? Atlas sapeva di appartenere a una famiglia in cui scorreva sangue magico, ma da fieri sostenitori di Nadia e dei suoi ideali, Ginevra ed Ernest si erano sempre ben guardati dall’approfondire  il discorso con il figlio, convinti che la magia andasse abolita e soppressa per il bene comune. Quindi con la naturalezza che gli era propria, Atlas rispose di non saperlo.
Non si aspettava di certo che quel vecchio si mettesse a ridere, sbeffeggiandolo senza pudore dicendogli che fosse solo un ignorante. Walter rientrò a casa, non avendo probabilmente la minima idea di cosa avesse scatenato nella mente del giovane.
I dubbi e le domande cominciarono ad ammassarsi nella testa di Atlas che voleva solo saperne di più, non accettando l’idea di essere reputato ignorante da chicchessia, anche se questo non era che un anziano con qualche rotella fuori posto. Così cominciò a rivolgere apertamente domande ai propri genitori. Quale era la differenza fra un mago e un babbano? Come si usa una bacchetta e perché loro non potevano più farlo?
Se inizialmente i genitori si limitarono a rimanere pietrificati, minacciando il figlio di severe punizioni se avesse continuato ad andare in giro a fare quelle domande, davanti all’inarrestabile curiosità di Atlas non ci videro più.
Iniziarono le punizioni, prima piccoli divieti e pasti saltati, eppure Atlas non sembrava propenso ad abbandonare la sua battaglia per amor di conoscenza; venire alle mani fu l’automatica conseguenza per Ernest e Ginevra, nei quali brillava il fuoco della passione per la Governatrice e non c’era amore che tenesse, nemmeno quello nei confronti del loro unico genito.
I lividi aumentavano, sul fragile corpo di Atlas, ma ancora una volta non demorse e se possibile, il fatto che i suoi genitori si rifiutassero di dargli risposte restituendo invece percosse su percosse, aumentò i dubbi. Se Nadia si trovava nella ragione, per quale motivo trattavano le sue domande come dogmi assoluti?
Era chiaro come il sole che quella Comune, ricamata di belle parole e che faceva parte di un tessuto ampissimo che ammantava il mondo intero, fosse solo lo specchio per le allodole di coloro che ne facevano parte.
Oltre di essa, infatti, dovevano nascondersi alcune delle risposte alle sue domande e Atlas non avrebbe rinunciato facilmente ad averne, non certo per qualche costola rotta.
 
 
 
Quartier Generale
 
Skog lanciava sguardi preoccupati intorno a lui, mentre impartiva ordini per risistemare la cucina e il refettorio. Un gruppo nutrito di suo compagni era partito per una missione importantissima e l’uomo sperava che almeno buona parte di loro riuscissero a fare ritorno. L’unica cosa che gli dava speranza, era che si fidasse di loro, specialmente di Sonne; il ragazzo sapeva quel che faceva e lui non poteva che appoggiarlo.
Quando, intorno alle undici di sera, sentì un gran baccagliare all’entrata della grande ala comune, tirò un sospiro di sollievo. Si affrettò a catapultarsi nel luogo da cui provenivano le voci mentre ripuliva le mani con uno strofinaccio consumato; Vide Ame e Leaf, la prima con la maschera antigas stretta fra le piccole mani pallide e tremanti di rabbia, che camminava con passo marziale e il secondo che la seguiva imprecando. Dietro di loro Oleander aggrappata a Dimma, zoppicava un po’.
 
- Kleine vogel(1) , che ti è successo? -
 
La minuta ragazza alzò gli occhioni in direzione di Skog e gli rivolse un gran sorriso, mentre Dimma gli chiedeva aiuto e prese a spiegare al posto suo.
 
- Ci siamo scontrati con delle Sentinelle e una di loro ha colpito il suo clone, niente che non si sistemi con una buona medicazione e un massaggio. -
 
Skog aggrottò le sopracciglia, così fece segno a Dimma di lasciare che fosse lui a sostenere Oleander e subito dopo lanciò un’occhiata a Leaf e Ame, ancora immersi in un’accesa discussione.
 
- Che è successo a quei due? – e poi, indurito il tono, alzò la voce: - Calmatevi! I ragazzini dormono! -
 
- Ame ha impedito che Leaf facesse fuori una di loro… e questo è il risultato. – Oleander seguì con un verso di dolore, mentre massaggiava una gamba.
 
- Skog, puoi occuparti tu di lei? Io devo risolvere questa questione. In infermeria troverai tutto l’occorrente per medicarla; la ferita non è grave visto che il riflesso dell’attacco al clone, ma è bene non sottostimare il colpo. -
 
L’uomo annuì e seguì con lo sguardo Dimma avvicinarsi decisa verso i due. Sapeva che la donna non avrebbe avuto problemi a gestire la discussione, così lanciò un mezzo sorriso alla strega aggrappata a lui: - Forza, andiamo a vedere cosa è successo. Se ti comporti bene mi adopererò per eseguire uno dei famosi massaggi alla Skog, la panacea di ogni male! –
 
Oleander annuì trattenendo un singulto imbarazzato; pensò che avrebbe fatto di tutto per comportarsi bene: quando le sarebbe ricapitata un’occasione simile?
 
La Corte
Il mulino
 
La berlina nera sfrecciava lungo la strada buia che lo avrebbe condotto al mulino; dietro di lui tre Sentinelle lo seguivano a cavallo. La velocità con cui procedeva era incontrollata, ma saputo dell’esplosione, Jude non ci aveva pensato due volte a mollare la ricognizione e catapultarsi lì, sperando di riuscire a beccare i responsabili di quel disastro.
Frenò di colpo, quando vide delle ombre procedere a bordo strada; spalancò lo sportello della berlina e si affrettò per raggiungere Artemisia, Lir e un paio di reclute malconce; notò immediatamente che il suo amico teneva un braccio intorno alle spalle di Artemisia nel tentativo di confortarla e per quello Jude sentì una spiacevole morsa allo stomaco. Sapere che la ragazza stesse bene era diventata una priorità.
Lir, che conosceva a fondo Jude, cercò i suoi occhi chiari nel buio della notte; fortunatamente almeno i fari della berlina fecero in modo di dare consistenza al gruppo.
 
- Sta bene; purtroppo un paio di reclute sono ridotte molto male, mentre una di loro non ce l’ha fatta. Un colpo, sai, l’ha beccata proprio al centro della fronte. Quelli sapevano come usare le armi. -
 
Jude annuì: - Hai mandato qualcuno a chiedere aiuto? –
 
- Ho spedito una delle reclute che non ha subìto colpi; a breve dovrebbero arrivare i soccorsi. -
 
Artemisia era rimasta ammutolita per tutto il tempo; sguardo basso e pugni stretti. Si mosse solo quando percepì la figura di Jude posizionarsi davanti a lei e fu automatico portare il pugno stretto al cuore e piegare la testa per salutare il capo delle Sentinelle, ma trovò difficoltà ad alzare gli occhi chiari.
 
- Stai bene? -
 
Era vero, le parole di Lir lo avevano tranquillizzato, ma Jude sentì comunque l’esigenza di avere conferma diretta da parte di Artemisia, la quale annuì con poca convinzione.
 
- Sto bene, mi sono difesa. Purtroppo non si può dire lo stesso per gli altri. -
 
Ci volle molto poco a far si che la preoccupazione di Jude tramutasse in rabbia; afferrò il pacchetto di sigarette dall’interno della giacca e ne accese una con foga. Solo a quel punto tornò a rivolgersi ad Artemisia.
 
- Guardami. -
 
La strega inizialmente esitante, alzò lo sguardo per scontrarsi con quello gelido di Jude. Solo a quel punto il capo delle Sentinelle tornò a parlare; la sua voce la fece tuffare in un torrente di acqua gelida.
 
- Spiegami come è possibile. Spiegami come cazzo è stato possibile tutto questo. – La mano che tratteneva la sigaretta puntò verso il mulino ormai distante ma ancora in fiamme.
 
- Cosa vuoi che ti spieghi, con esattezza? – Seppure notevolmente scossa, Artemisia tentò di trovare la giusta stabilità per affrontare l’imminente scontro con Jude; alla sua domanda il mago assottigliò lo sguardo e dalla sua bocca uscì qualcosa di simile a un sibilo: - Cosa voglio che mi spieghi? Ad esempio come hai fatto a far distruggere il mulino e a farli scappare. Potremmo partire da questa banalità, che ne dici? -
 
- Ci ho provato, ma erano in quattro, o in cinque… tutti esperti. E io ero sola con un branco di novellini che tu mi hai affiancato; ho fatto del mio meglio. -
 
- Io mi fidavo di te! – Sbottò Jude, facendo sobbalzare Artemisia, mentre Lir aspettò per intervenire: - Ho pensato che fossi abile abbastanza da far fronte a una situazione così, invece guarda che cazzo è successo! Ah… ma l’idiota sono io, che ho pensato di poterti affidare un compito simile. - Jude lasciò cadere la sigaretta a terra e la schiacciò con rabbia sotto la suola. A quel punto Lir mosse un passo in direzione di Jude e gli strinse una spalla: - Jude… non era prevedibile, sai che non è colpa sua. -
 
Non lo era? Certo che no, ma Jude era troppo scosso in quel momento. Aveva tentato di muoversi al meglio dopo la visione di Alida e aveva sperato che le sue Sentinelle fossero sufficienti per far si che il futuro potesse mutare. Ma il destino si era compiuto, per questo dentro di sé il mostro dell’ira aveva smesso di ronfare e aveva preso il sopravvento.
Con uno strattone si liberò dal tocco gentile di Lir, per poi puntare l’indice in direzione di Artemisia: - Mi fidavo. – Ribadì: - e mi hai deluso. Ora vattene a casa, tanto con questo fottuto buio il tuo potere è inutile. Lir vieni con me, cerchiamo di trovare i responsabili di questo disastro. -
 
Artemisia non poteva e non voleva credere a quelle parole. Ormai conosceva Jude da molti anni; se all’inizio lei non era che una ragazzina impaurita davanti a un uomo intransigente e che trasmetteva pericolo con una sola occhiata, con il tempo aveva imparato a capirlo, a comprendere i meccanismi più intricati che appartenevano all’enigmatica figura di Jude. Lei aveva dato prova di essere forte, di adempiere al ruolo di Sentinella nonostante non avesse mai sentito di essere speciale e lui aveva cominciato a smettere di guardarla come fosse una mocciosa impaurita.
Era arrivato il rispetto reciproco, la comprensione e la fiducia.
Artemisia lo sapeva che quando Jude reagiva in quel modo, un velo rosso calava davanti ai suoi occhi che non permetteva al capo delle Sentinelle di analizzare con lucidità le situazioni, come sapeva che le parole sibilate con sprezzo, come quelle appena rivolte nei suoi confronti, erano frutto dell’incapacità dell’uomo di sopire la furia.
Eppure si sentiva ferita. Ferita, addolorata e insicura.
 
- Ok, Jude. Scusami. – sussurrò mentre lo fissava con maggiore sicurezza ora, poi gli dette le spalle e si incamminò verso il centro della città.
Lir mosse lo sguardo verso Jude, che non staccava gli occhi dalla schiena di Artemisia che si allontanava sempre più, finendo per essere inghiottita nel buio. Ma in quel momento Lir non era l’amico di Artemisia, o di Jude; era una Sentinella, guardia del corpo di Etienne e fedele braccio destro del capo delle Sentinelle. Non commentò, limitandosi invece di eseguire l’ordine di Jude il quale marciò verso l’automobile alla quale regalò una violenta manata sul bordo dello sportello, prima di montare dentro e partire, con Lir, a tutta velocità verso il punto in cui quest’ultimo aveva visto sparire gli intrusi.
 
*

 
La vita della piccola Eleanor era sempre stata tranquilla senza intoppi di sorta; i suoi genitori la amavano e dimostravano amore l’un l’altra e vivere nella Corte costituiva un ulteriore elemento di tranquillità. All’interno delle mura della grande comune, infatti, ogni cosa sembrava essere al posto giusto e ogni persona finiva per incastrarsi nel sistema di Nadia con disarmante semplicità.
Dagli occhi di una bambina, quello sembrava un piccolo paradiso; Eleanor non conosceva la vita al di fuori della Corte e l’unica cosa che destava in lei delle preoccupazioni, erano quelle Sentinelle che di tanto in tanto entravano nelle case dei loro vicini e magari portavano via qualcuno. Una sera, a cena, la piccola Eleanor chiese ai genitori ‘come mai quelle persone si comportano così’; in buona sostanza la bambina era curiosa di sapere per quale motivo Nadia ordinasse la deportazione di quelli che erano alcuni dei genitori dei suoi amichetti, ma essendo una bambina di soli otto anni, non poteva di certo comprendere le dinamiche che erano sottilmente nascoste dietro il regime della Governatrice.
I genitori, comunque, ignorarono la sua domanda, o meglio le dissero che non doveva preoccuparsi di cose così.
 
“Ma io voglio sapere!” Si lamentò la piccola Eleanor, sputacchiando pezzetti di broccolo qui è lì e facendo arrabbiare Maggie, la quale rispose che il cibo, in quel mondo lì, non era mica cosa da buttar via.
 
Sostanzialmente le domande della piccola Eleanor non ottennero risposta, ma lei non se ne preoccupò più per un po’ di tempo; del resto aveva tutto ciò che potesse desiderare: una bella casetta in cui vivere, degli amici con cui giocare e dei genitori che la alleavano con amore. Non fosse per quel giorno nefasto, tutto sarebbe proseguito a gonfie vele, per la giovane strega.
 
Presente quelle Sentinelle che di tanto in tanto passavano nelle case dei suoi amichetti, quelle stesse Sentinelle che portavano via i loro genitori, che poi non facevano più ritorno?
E se questa volta fosse toccato proprio alla piccola Eleanor, mentre giocava in cortile con la mamma e pettinava la sua bambola preferita?
Se suo padre Daniel avesse gridato, poi fosse entrato in cortile e fosse corso ad abbracciare moglie e figlia (per un attimo le parve di vedere Maggie nascondere una pistola sotto la gonna) chiedendo scusa, prima di essere trascinato via dalle Sentinelle?
Così, la vita della piccola Eleanor cambiò da un giorno all’altro, o per meglio dire venne spezzata in più parti; era passata da piccola abitante della Corte, circondata da affetto e serenità, alla figlia di un ‘rivoltoso’ (che era il termine che usavano per chiamare il suo papà) e di una donna ormai ridotta uno straccio.
Già, perché Maggie dal momento in cui vide portarsi via l’amore della sua vita da davanti agli occhi, passò dall’essere una leonessa, donna forte e temprata, a l’ombra di se stessa.
E la piccola Eleanor, che man mano cresceva diventando solamente ‘Eleanor’, imparò a farsi forza da sé, sebbene addolorata e segnata dalla scomparsa di Daniel dalla sua vita e da tutto il mondo che, da quel giorno, sembrò crollarle addosso, pezzo dopo pezzo, come un architettura antica abbandonata a se stessa.
 
 
La Corte
 
Yuki aveva notato come Chion, al suo fianco, fosse rimasto scosso da quello che aveva appena fatto Sonne. Il mago si era irrigidito e stretto con automatismo nelle spalle, evitando i commenti; nonostante per la strega non ci fossero problemi, si sentì comunque di prendere la parola; lo fece con cautela e non solo perché la situazione lo richiedeva, bensì perché aveva sempre rispettato Sonne e le sue scelte. Insomma: lo stava facendo solo per clemenza nei confronti di un compagno che percepiva in un certo modo fragile.
 
- Era necessario ucciderlo? – Chiese quindi. Sonne nel frattempo stava ripulendo la lama della sua arma e nonostante indossasse i suoi peculiari occhiali dalle lenti gialle, Yuki poté comunque percepire i suoi occhi puntati su di lei.
 
- Me lo stai chiedendo davvero? -
 
Yuki non si lasciò intimidire dall’amico, tutt’altro: raddrizzò la schiena e annuì, per poi parlare con voce ferma, sebbene il tono fosse dei più bassi: - Credo solo che quella Sentinella sarebbe potuto essere chiunque, magari addirittura uno dei nostri familiari, o amici, o… -
 
Inaspettatamente per Yuki, fu Jabal a rispondere al posto di Sonne; l’uomo che si stava già occupando insieme a Vulkan di trascinare il corpo della Sentinella in un tratto oscuro del sottobosco, si fermò per parlarle con franchezza: - In un momento del genere non possiamo permetterci di porci dilemmi morali, Yuki. Siamo qui per salvare un nostro compagno e se avessimo anche solo stordito questo sgherro di Nadia, una volta ripreso avrebbe potuto lanciare l’allarme. –
 
Dentro di sé Yuki sapeva che Jabal avesse ragione, eppure non poteva non immedesimarsi in Chion, il quale possedeva un punto di vista diverso.
 
- Beh avremmo potuto fare diversamente, magari uno di noi poteva rimanere qui a sorvegliarlo e… -
 
- E se ne arriveranno altri? – La incalzò Vulkan, particolarmente spazientito: - Ci mettiamo a fare i babysitter e ‘fanculo Stafford? -
 
- Vulkan ha ragione- annuì Jabal, - Non abbiamo tempo per questo, dobbiamo agire in fretta. -
 
- Ma io volevo dire che… -
 
- Basta. – Decretò Sonne, rimasto in silenzio fino a quel momento: - Ne riparleremo una volta tornati al Quartier Generale; Dimma, Leaf, Ollie e Ame hanno rischiato la vita per crearci un diversivo e non ho nessuna intenzione di perdere quest’occasione. -
 
- Hai ragione, scusami. – Concluse Yuki stringendo appena i pugni. Che cosa le fosse passato per la testa proprio non seppe dirlo; era stata sciocca, non aveva mai alzato polemiche in momenti così delicati, proprio lei che in battaglia si trasformava in una macchina da guerra. Mentre seguivano Sonne, però, Chion le si accostò; il ragazzo accennò un sorriso e sussurrò un grazie, che la lasciò inizialmente spiazzata. Scosse la testa e ricambiò il sorriso, ma convinta a non aprire più bocca fino alla fine della missione.
 
Quartier Generale
 
- Sei stata muta per tutto il tragitto, ora hai intenzione di dire qualcosa?!-
 
Leaf era fuori di sé dalla rabbia. Trovava il comportamento di Ame inaccettabile e non era intenzionato a rimanere in silenzio; doveva capire per quale motivo gli avesse impedito di uccidere quella pericolosa Sentinella la quale, per altro, stava per farla scoprire e che con ogni probabilità, non fosse intervenuta Oleander, l’avrebbe anche uccisa. Ma Ame si era rifiutata di dire anche solo una parola, nemmeno una spiegazione mozzicata; chiusa nel silenzio non aveva reagito fino a quel momento e una volta arrivati sani e salvi al Quartier Generale, aveva cominciato a prenderlo a male parole.
 
- Ho le mie motivazioni, cazzo! – Urlò lei, mentre alcuni Ladri ancora svegli gettavano a loro occhiate interrogative, curiosi di capire se fosse andato storto qualcosa durante la missione.
 
- Non puoi limitarti a dire così! – Gridò Leaf, con gli occhi sgranati e le vene delle tempie che si gonfiavano a ogni urlo – Siamo una fottuta squadra e il tuo comportamento ha rischiato di farci scoprire! Claudia è rimasta ferita per aiutarti! -
 
La strega aveva preso a mordersi con ferocia la bocca, per poi passare alle cuticole del pollice; guardava Leaf come fosse in procinto di esplodere, ma era ovvio che stesse facendo di tutto per trattenersi. Poi si voltò di scatto, intenzionata ad andare nel suo dormitorio. Doveva sedare l’ira, altrimenti nemmeno lei sapeva che cosa sarebbe potuto accadere se fosse andata fuori controllo. Ma Leaf non mollò, tutt’altro: la raggiunse a grandi falcate, afferrò la spalla destra e la fece voltare con vigore arrivando a farla barcollare: -Tu non vai da nessuna parte. – Masticò fra i denti.
 
- Lasciala stare. – La voce gelida di Dimma arrivò al suo fianco – Non lo vedi che è sconvolta? -
 
- Voglio capire, abbiamo il diritto di sapere perché ha messo a repentaglio la nostra vita per salvare una maledetta serva di Nadia! -
 
- Non è una Sentinella qualsiasi! -
 
Ame lo gridò con tutto il fiato che aveva in gola e l’eco delle sue parole spaziò nell’architettura sconnessa della sala centrale. Dimma la guardò di tralice: Ame tremava.
 
- Lei… lei è mia sorella. -
 
Inizialmente sbigottito, Leaf finì per strofinarsi con eloquenza il viso: - Mi prendi per il culo? So benissimo che non hai una sorella. –
 
- Non di sangue, ma… ma è come se lo fosse. È l’essere umano più vicino a una sorella che ho. -
 
Rispose con un tono più misurato, incerto e tremante; fu a quel punto che Dimma trattenne il fiato, giunta alla consapevolezza di aver capito. Alzò quindi una mano e la pose con cura delicata sulla spalla sporgente di Ame; pensò che sebbene non la superasse che di un paio di centimetri in altezza, la più giovane sembrasse proprio un uccellino indifeso e affamato.
 
- Liv… quella ragazza era Artemisia? -
 
Ame spostò il viso quel tanto che bastò per incontrare il suo sguardo, poi annuì. Andra annuì a sua volta, per indicare che avesse compreso. Con tutto quel trambusto e il buio, non aveva riconosciuto la ragazzina dello Strong che stava sempre in sua compagnia; ma effettivamente quello strano e inquietante potere non poteva che essere il suo.
 
- Qui ci penso io, tu vai a farti una doccia e riposare, hai bisogno di riprenderti. -
 
Ame si limitò ad annuire, poi lanciò un’occhiata glaciale a Leaf e in un attimo corse verso il dormitorio. Quanto a Leaf, era chiaro che il ragazzo volesse fermarla, ma Dimma puntò l’indice sul suo petto, mentre i suoi occhi si erano fatti sottili e la sua bella bocca morbida era mutata in una linea rigida: - Tu non hai la minima idea di che cosa possa aver passato Liv poco fa; stavi per uccidere un pezzo di lei, lo capisci? –
 
- Un pezzo di lei? – Un verso di scherno volò dalle labbra del ragazzo: - Sarà, ma quel pezzo è una Sentinella e aveva tutta l’intenzione di ammazzarci. -
 
 - Non sto dicendo che hai agito erroneamente, ma che è ovvio che lei ti abbia fermato. -
 
- E quindi non posso nemmeno più dire la mia, ora? Una di noi fa una stronzata colossale e noi dobbiamo stare muti solo perché rischiamo di ferire i suoi sentimenti? -
 
Poche cose al mondo avrebbero fatto tremare Leaf; una di queste era lo sguardo che Andra Strong gli stava riserbando in quel preciso istante. La donna  fece un passo e arrivò a pochi centimetri da lui: - Non parliamo di sentimenti, razza di imbecille: in questo momento Ame è fuori di sé, è… instabile. Sai cosa potrebbe accadere se non riuscisse a contenersi, questa notte? Ti piacerebbe vedere un bel falò di Ladri, Atlas? –
 
Ovviamente, Leaf deglutì e scosse il capo in segno di diniego, sebbene mantenesse un’aria compita.
 
- Allora la prossima volta vedi di ragionare, prima di incalzarla in un momento tanto delicato. -
 
- Ho capito. – Sputò il ragazzo, prima di stringere gli occhi con le dita; un lieve verso di dolore fece inarcare il sopracciglio di Dimma, che lo osservò poi con sospetto: - Da quanto tempo è che non ti fai controllare gli occhi? Appena tornerà Malik vai da lui per un controllo. -
 
- Non mi serve… sto bene. – Ciò detto, Leaf si allontanò proprio mentre Angelica era arrivata nella sala grande. Si fermò accanto a Dimma, mentre guardava il suo ragazzo andare via.
 
- Ma che diavolo è successo? Sono corsi ad avvisarmi del vostro rientro, ero in doccia… dicono che stava discutendo con Ame. -
 
 - Siamo solo stanchi e tesi; va da lui… avrà bisogno di sfogarsi. Ah… e convincilo a farsi visitare da Jabal al suo rientro. -
 
*

 
Probabilmente aveva commesso un grosso errore, quando aveva deciso di rubare una bacchetta che alcune Sentinelle avevano portato alla comune; ma era stato più forte di lui, perché nonostante gli ultimi anni erano stati un vero e proprio calvario e il suo rapporto con i genitori fosse andato drasticamente peggiorando di giorno in giorno, Atlas non riuscì a resistere all’opportunità di tenere in mano una bacchetta.
Bighellonava nella residenza degli zii, in cui veniva regolarmente spedito nella speranza che mettesse la testa a posto, stando a contatto diretto con i governatori, quando sentì l’arrivo delle Sentinelle, alle quali venne ordinato di riporre le bacchette ‘ nel solito posto ’, ovvero uno studio a cui di certo lui non aveva accesso. Creare un diversivo per le Sentinelle non fu difficile e quelle dimenticarono di richiudere subito la stanza. Poveri stolti.
Atlas scivolò dentro e afferrò una delle bacchette contenute in una valigia appena depositata sopra lo scrittoio della zia, in attesa che lei stessa le riponesse e così come era arrivato, scappò via nascondendo il legno sotto i vestiti.
Avrebbe dovuto riconsegnarla, Atlas lo sapeva. Il problema però fu che trovò troppo inebriante maneggiare quella bacchetta; per la prima volta in vita sua, sebbene non conoscesse incantesimi, il diciassettenne percepì il suo sangue magico reagire. La bacchetta non sprigionava che qualche scintilla ogni qualvolta la faceva ondeggiare, eppure era per lui la dimostrazione del fatto che la repressione della magia fosse un atto disumano, contro la loro stessa natura.
Ogni giorno che passava la prima cosa che Atlas faceva, appena aperti gli occhi, era afferrare la bacchetta, per poi riporla nel fedele ripostiglio e raccontarsi che il giorno dopo avrebbe fatto in modo di riconsegnarla; magari l’avrebbe lasciata in una sacca proprio davanti alla porta della residenza degli zii.
Ma rimandava, ancora e ancora, perché distaccarsi da quella che percepiva come un naturale prolungamento del braccio stava diventando impossibile.
Sì, aveva commesso un grave errore, il giovane Atlas.
Le Sentinelle non ci misero molto a scoprirlo, considerato che con ogni probabilità si erano subito accorti che all’appello mancasse una bacchetta – merce rarissima, ai tempi di Nadia – e riferito l’accaduto agli zii, arrivare ad Atlas era stato abbastanza semplice.
Venne braccato durante il suo solito girovagare per la comune, con la bacchetta stupidamente fra le mani; era in una strada molto isolata, chi mai avrebbe potuto vederlo?
 
“ Atlas Whitelaw! Consegnaci immediatamente la bacchetta e vieni con noi! Hai commesso un crimine e dovrai subire le conseguenze della tua stupidità! “
 
Un’altra persona sarebbe stata sopraffatta dal panico e i meno temerari avrebbero nell’imminente consegnato la bacchetta, nella speranza che facendo ammenda quello potesse passare come il gesto sconsiderato di uno che era poco più di un ragazzino. Ma Atlas non era una persona comune.
Si rifiutò, pronto a darsi alla fuga, ma le Sentinelle sfoderarono le armi e cominciarono a sparare; che fosse un Whitelaw non aveva alcuna importanza, fintanto che si ostinava ad assumere atteggiamenti che potevano essere associati ai rivoltosi.
Atlas tirò fuori dalla fondina la pistola che si era procurato anni prima, rifiutandosi di andare in giro senza, così senza pensarci su rispose al fuoco, finendo per colpire a morte una delle Sentinelle.
Non avrebbe voluto farlo, ma lo avevano costretto a rispondere al loro attacco, fu questo che pensò Atlas davanti alla vista della caduta al suolo della Sentinella che aveva colpito poco prima. Tremò, perché davvero non avrebbe voluto uccidere nessuno e in un batter d’occhio venne catturato.
 
Inutile dire che Ginevra ed Ernest non ne vollero sapere nulla, di quel figlio che era stato per loro e per tutta la famiglia soltanto una disgrazia, fin dal suo primo vagito. Un disonore, una macchia indelebile.
Atlas si era permesso di contrastare il volere di Nadia in persona nel peggiore dei modi e questo gli fece meritare un biglietto di sola andata per le Colonie più vicine.
 
Atlas non provò nemmeno a negoziare con i propri genitori; se ai loro occhi lui non era che un danno da riparare, loro per Atlas avevano assunto il mostruoso aspetto di persone senza morale e dignità.
 
Le Colonie lo accolsero solo dopo un paio di giorni e l’unica settimana che Atlas vi passò all’interno, bastò per creare in lui una crepa profonda; se esisteva l’inferno, cosa di cui il giovane mago dubitava fortemente, quello doveva trovarsi proprio lì, fra i fumi tossici delle scorie e i colpi di tosse rancida dei prigionieri, costretti a lavorare quattordici ore al giorno in condizioni che sarebbe un eufemismo definire disumane.
Ma forse, come esisteva una flebile possibilità che esistesse l’inferno, egualmente doveva esserci da qualche parte un motore ‘ divino ‘, che concesse ad Atlas la possibilità di salvarsi. Questa possibilità si concretizzò in una rivolta che esplose fra i prigionieri e le Sentinelle di guardia e che in breve coinvolse l’intera Colonia in cui risiedeva.
E ’ letteralmente ‘ esplose, nel senso che una devastante esplosione fece saltare una parte della recinsione elettrificata che serviva a contingentare i malcapitati che finivano in quell’incubo.
Atlas ne approfittò, impiegando tutta la sua agilità e scaltrezza per utilizzare quel varco come via di fuga e dentro di sé ringraziò i prigionieri artefici di quell’esplosione, che gli aveva appena permesso di andare incontro a quella libertà non sperata, fatta di fumo denso e scuro e un orizzonte di rottami d’altri tempi.
 
 
La Corte
 
Sonne aveva preso da parte Mångata e Jabal e aveva cominciato a spiegare loro che cosa avrebbero dovuto fare, mentre Vulkan, Chion e Yuki li osservavano in silenzio, senza riuscire a interpretare quelle parole sussurrate. Poi il nipote della governatrice tirò fuori dal suo zaino delle ampolle, che consegnò ai due:
 
- Sono le uniche dosi che abbiamo. Ci abbiamo messo secoli a reperire gli ingredienti e Dimma le custodiva con gelosia; non la prenderà molto bene quando scoprirà che abbiamo dato fondo alle scorte. -
 
Mångata annuì e intascò le ampolle, poi gettò uno sguardo a Jabal: - Pronto compagno? –
 
- Certo che si, piccoletta. – Il babbano rivolse poi lo sguardo a Sonne: - fra un’ora esatta al punto in cui siamo entrati. -
 
Sonne annuì, indicò loro la strada da seguire e li guardò allontanarsi nel buio; scomparsi alla sua vista, piroettò su se stesso e si rivolse agli altri: - Bene, a noi il compito ingrato di far si che nessun pezzo grosso si avvicini alla Magione di contenimento, fico eh? –
 
Vulkan roteò gli occhi, Chion si strinse nelle spalle e Yuki mostrò reale eccitazione; Vulkan fu il primo a porre la scomoda domanda: - Quindi che cosa hai in mente di preciso? Possiamo farla finita con tutto questo mistero, ora? –
 
- Dobbiamo assicurarci che Jabal e Mångata riescano ad agire in totale sicurezza e dobbiamo metterci meno tempo possibile, visto e considerato che qualcuno potrebbe vederci e scoprirci. -
 
- Qualcuno? – Chiese Chion aggrottando le sopracciglia, - Lo stesso qualcuno per il quale ti sei dato tanto da fare per tirar su il diversivo? -
 
- Già… a lei non sfugge nulla. - La bandana rossa nascose un sorriso amaro, spuntato sul viso di Sonne con spontaneità.
Chion e Yuki si scambiarono uno sguardo interrogativo, mentre Vulkan rimase in silenzio, lasciando intendere di aver idea a chi si stesse riferendo Sonne. Sebbene anche gli altri due avessero vissuto alla Corte, erano davvero poche le persone che conoscevano Alida e lo straordinario potere che possedeva la ragazza, visto con quanta premura la Governatrice la teneva distante dalla maggior parte degli abitanti della comune. Vulkan non aveva mai avuto rapporti diretti con la giovane, ma non per questo non era riuscito a capire perché Nadia la tenesse sempre al suo fianco.
 
- Andiamo, dobbiamo perlustrare la Magione. Quella prigione ha un suo impianto elettrico autonomo, ragion per cui non sarà rimasta priva di elettricità nonostante l’esplosione del mulino. Dobbiamo essere cauti… Chion, presta attenzione al tuo udito e tu Vulkan, qualsiasi movimento o odore particolare dovessi sentire, avvisaci. Yuki, confido in te per tenere la mente bene aperta. -
 
I tre annuirono e seguirono Sonne nel buio, mantenendo le mani sulle proprie armi, pronti a colpire qualora ce ne fosse stato bisogno.
 
*

 
“Eleanor, siediti qui per piacere.”
 
La giovane aveva appena finito di rassettare la cucina e con uno strofinaccio ancora fra le mani, prese posto al tavolo, proprio di fronte la madre. Erano passati solo cinque anni da quando Daniel era stato portato via dalle Sentinelle, ma su Maggie erano pesati come macigni; era invecchiata, pensava Eleanor con amarezza.
Sua madre prese un grande sospiro, così arrivò a ricercare lo sguardo chiaro della figlia, quello stesso sguardo che tanto le ricordava suo marito.
 
“Credo sia giunto il momento che tu sappia per quale motivo tuo padre è stato portato via. “
 
Eleanor aveva atteso quel momento per molto tempo. Aveva quindici anni, ma proprio come sua madre, in lei si era innescato un meccanismo di crescita precoce e da parecchio tempo la ragazza si riconosceva come una donna adulta; ciò nonostante sua madre si era sempre rifiutata di raccontarle la verità, fin quando non aveva deciso che fosse giunto il momento che anche sua figlia sapesse; vessata dagli altri ragazzi, additata come figlia di un ribelle, un rivoltoso, Eleanor aveva diritto di sapere la verità.
La ragazza ascoltò in silenzio ogni singola parola della madre, trattenendo spesso il respiro come se dovesse fare meno rumore possibile, per non rischiare di incrinare la fragilità delle parole materne.
 
“Tuo padre era un grande guerriero, tesoro. Quello che vedi qui, la vita che vivi, non è che una menzogna; lei non è nel giusto… “ Quelle parole le sussurrò, Maggie, intimorita. “All’interno della Corte e delle altre comuni si vive una vita che potremmo definire idilliaca, ma fuori da qui troveresti solo distruzione, fame, paura… si lotta per la sopravvivenza, perché lei si è approfittata della guerra che ha decimato la Terra, creando così un mondo a sua immagine e somiglianza. A tuo padre e a tanti altri come noi, questo non stava bene; noi a vivere nella bambagia di una chimera, sedati dalla prosperità, ma incatenati e obbligati a non poter usare la magia che scorre dentro di noi… e là fuori, Eleanor… la gente soffre, lotta, combatte ogni giorno per riappropriarsi di ciò che ci è stato strappato via.”
 
Maggie raccontò come Daniel fosse in contatto con vari gruppi di rivoltosi sparsi per l’intero territorio che un tempo veniva definito Gran Bretagna e che, nascosti chissà dove, esistevano quelli che venivano chiamati ‘Ladri di bacchette’. Non erano in molti, ma si battevano ogni giorno per ricostituire uno stato libero dal regime di Nadia.
Fu in quel momento che Eleanor riuscì a mettere insieme i pezzi: nessuno poteva usare la magia, nessuno possedeva una bacchetta tranne qualche raro eletto di Nadia; chi osava ribellarsi al suo volere, come suo padre, veniva ammazzato, o spedito nelle Colonie che erano luoghi concreti e orribili e che nulla avevano a che fare con il racconti propagandistici, che descrivevano le Colonie come luoghi in cui si prestava servizio per liberare la Terra dalle scorie tossiche. O almeno lo erano, ma lì si veniva trascinati contro la propria volontà; nelle Colonie avvenivano soprusi inimmaginabili e la gente si ammalava in fretta.
 
“Papà è lì? È nelle Colonie?”
 
Maggie scosse il capo con rassegnazione “Non lo so amore mio. Probabilmente si, ma temo che ormai lui… lui… “ Un singhiozzo violento scosse il fragile corpo di Maggie. Eleanor tentò di dare conforto alla madre, mentre nella mente si aggrovigliava un piano: Eleanor avrebbe fatto in modo di integrarsi alla perfezione nella Corte, facendo si di non destare alcun sospetto; sapeva che lei e sua madre fossero sotto osservazione per essere figlia e moglie di Daniel, così Eleanor avrebbe impiegato tutte le sue energie per riscattare la sua immagine.
Studiava senza sosta e intanto aveva trovato un impiego nel Giornale della Corte, un posto in cui sperava di poter strappare quante più informazioni possibili. Inoltre decise di iniziare a prendere lezioni di karate in gran segreto, così entrò in contatto con un vecchio sensei che da subito l’aveva presa sotto la sua ala protettiva; di giorno studiava e lavorava e quando arrivava la sera, non importava quanto fosse stremata, Eleanor si allenava senza sosta per apprendere la disciplina che le avrebbe permesso di far emergere il suo lato più micidiale. D’altro canto il suo fine era uno: scappare dalla Corte e capire che fine avesse fatto suo padre; avrebbe fatto di tutto per sapere la verità e per unirsi a coloro che volevano sovvertire il regime di Nadia.
 
 
La Corte
Magione di contenimento
 
Ajax, tallonato da Izzie, si era assicurato che l’impianto della Magione di contenimento non avesse subìto nessun tipo di danno. Dopo un’attenta, lunga e meticolosa analisi, Ajax decise di rivolgersi a Izzie: - So che con questa roba te la cavi abbastanza bene, vuoi dare un’occhiata? –
 
Colma di felicità nel sentirsi abbastanza utile da essere presa in considerazione, Izzie si diede da fare. Era tutto regolare, ne era più che certa. Stavano quindi per varcare il cancello della Magione con un sorriso carico di soddisfazione dipinto sul volto (quantomeno su quello di Izzie, mentre Ajax si limitava ad incurvare impercettibilmente gli angoli della bocca), quando furono raggiunti da Saskia; la Sentinella aveva l’aria trafelata di chi aveva appena intrapreso la maratona del secolo, ragion per cui Izzie cominciò a darle dei lievi colpetti di incoraggiamento sulla spalla.
 
- Non… non vi siete resi conto che… che siamo al buio? – Prese a spiegare lei intanto che tentava di riprendere fiato. Ajax e Izzie si guardarono e poi rivolsero lo sguardo intorno a loro: effettivamente esclusa la prigione, il resto della Corte sembrava immerso in un tetro buio. Finita la spiegazione, il ragazzo drizzò la schiena e portò un pugno chiuso al petto: - Non dobbiamo perdere tempo, il nostro capo avrà bisogno di tutto il nostro sostegno. -
 
Le ragazze annuirono, sebbene fosse ovvio come il sole che sorge che Izzie stesse tentando di nascondere un certo timore. Ciò nonostante i tre iniziarono a confrontarsi per capire se sarebbe stato meglio trovare Jude, oppure partire alla ricerca di coloro che avevano causato l’incendio, quando Ajax sentì dei colpetti sulle spalle.
La Sentinella si voltò, trovandosi davanti due figure bardate fin sopra ai capelli; l’uomo, imponente e mastodontico, puntò i grandi occhi di pece nei suoi.
 
- Buh. – Disse quello, prima di caricare un destro che stese Ajax in una frazione di secondo, facendogli perdere contemporaneamente i sensi, senza che avesse alcuna possibilità di replica.
 
Quartier Generale
 
Quella che si erano conquistati, era una stanza piccolissima, sufficiente a contenere un letto sgangherato e poco altro; però era la loro stanza, dove Leaf e Angelica, nota fra i ladri come Hail, si rinchiudevano quando tornavano dalle missioni e dove passavano molto tempo a confrontarsi, condividere e non per ultimo fare l’amore. Leaf e Hail non amavano stare chiusi al Quartier Generale, ma amavano quel piccolo spazio tutto per loro, ragion per cui quando la ragazza decise di raggiungerlo dopo lo scontro con Dimma, non aveva alcun dubbio su dove trovarlo.
 
- La prima missione che fai senza di me e non mi hai nemmeno salutata? – Hail si chiuse la porta alle spalle, incrociò le braccia e accennò un lieve sorriso che andò a increspare il volto pallido, incorniciato dai lunghi capelli chiari come la luna. Leaf, sdraiato sul letto con un braccio a coprire gli occhi, nel sentirla entrare ricambiò il sorriso; che la sua ragazza fosse una delle poche persone che riusciva a farlo sorridere di cuore era ormai noto a tutti.
 
- Stare lì senza di te è stato orribile. – Rispose lui, sinceramente scosso, mentre Hail sedeva sul bordo del letto – Quanti anni erano che non ci dividevamo? -
 
- Mpf, impossibile contarli. Vuoi dirmi cosa è successo? La missione non è andata bene? -
 
A quel punto Leaf spostò il braccio e puntò gli occhi innaturalmente chiari in quelli di lei: - Abbiamo fatto ciò che andava fatto, ma ho avuto a che ridire con Liv. –
 
- Me ne sono accorta; è talmente raro che ti arrabbi in quel modo, che Rosée è venuta a chiamarmi. Ho pensato che dovesse essere davvero grave. -
 
Allungò una mano per carezzare i capelli di Leaf, sparpagliati sul letto ma incredibilmente luminosi e puliti; il ragazzo bofonchiò – Mi sono lasciato prendere dal momento… e non ho preso in considerazione  le sue emozioni. –
 
- Spiegati meglio. -
 
Così Leaf tirò il corpo magro a sedere e riferì alla sua bella che cosa fosse accaduto; le spiegò la tensione del momento, che non si capacitasse del fatto che una come Ame si fosse lasciata fregare dalle emozioni e che c’era stato il rischio che il loro piano andasse in fumo. Hail si limitò ad annuire e alla fine, quando Leaf ritenne di aver concluso il proprio resoconto, si permise di carezzargli il viso.
 
- Sei un imbecille. – Disse poi, in totale contrasto con il suo atteggiamento fisico.
 
- Lo so. – Ammise lui, lasciandosi accarezzare; quando strinse gli occhi, Hail aggrottò la fronte e lo ispezionò con attenzione.
 
- Andra mi ha detto che non ti vuoi far visitare, ti rendi conto che non puoi rimandare? -
 
- Da quando Malik ha sostituito Herb… non è la stessa cosa. Non fraintendermi, lo trovo estremamente capace, ma un conto è occuparsi di edifici, un altro di occhi. -
 
- Ti direi di farti controllare da Herb, ma non credo sarebbe molto utile. -
 
- Certo… rischierebbe di cavarmi un occhio con quel suo corno da sordo. -
 
I due si guardarono, per poi scoppiare a ridere all’unisono; Leaf trovò che ridere in quel modo fosse liberatorio e anche se la voglia di scolarsi una bottiglia si era fatta sempre più impellente, con quella risata quella scomparve. Angelica gli trattenne il viso con le mani e con un gesto agile salì a cavalcioni su di lui; quello che gli dedicò fu un sorriso malizioso e uno sguardo carico di promesse peccaminose e poi, con un cinguettio morbido e suadente, gli disse che dovevano festeggiare il suo ritorno al Quartier Generale.
Atlas si trovò totalmente in accordo con la sua ragazza e lo dimostrò affondando la bocca in quella di lei, pronto a strapparle via i neri vestiti che le fasciavano il corpo.
 
*

 
Entrare a tutti gli effetti a far parte dei Ladri di bacchette non era stato difficile: Atlas possedeva una vastissima conoscenza delle Terre di nessuno, un carattere temerario e un odio spassionato nei confronti del regime di Nadia, ma a livello personale aveva avuto non poche difficoltà nell’integrazione. Non era semplice avere a che fare con lui, munito di una tempra indipendente e che mostrava grandi difficoltà a rimanere all’interno del Quartier generale; quel ragazzo che sembrava potersi rompere in mille pezzi ad un solo soffio di vento o lo si amava, o gli si stava alla larga. Micah era stato uno dei pochi, agli inizi, a riuscire ad entrare davvero in confidenza con lui; si staccavano di qualche anno e entrambi venivano da un contesto privilegiato, ma che li aveva portati a scappare per rimpolpare le fila dei rivoltosi.
Un’altra figura fondamentale per la sua permanenza al Quartier Generale fu senza ombra di dubbio Angelica, conosciuta come Hail, così simile ad Atlas per aspetto e temperamento; la giovane era cresciuta fra i ladri, ragion per cui a lei era stato affidato l’arduo compito di seguire Atlas nella fase di formazione, condividendo con lui le missioni e ritrovandosi, in più di un’occasione, a spiegare al ragazzo cosa poteva e cosa ‘ categoricamente ‘ non poteva permettersi di fare.
Se all’inizio fra i due era scattata una chimica tutta intellettuale, basata sulla reciproca quanto morbosa passione per la scoperta, col passare del tempo era sopraggiunta l’attrazione fisica, alla quale Atlas trovò soluzione lasciando un biglietto nel cappotto di Angelica, in cui con poche e semplici parole esprimeva i suoi sentimenti.
L’amore arrivò nella vita dei due, dapprima compagni di missione, poi compagni sotto ogni punto di vista; e sarebbe stato perfetto così, non fosse che Atlas (ormai divenuto Leaf, o anche detto ‘ Leaf il temerario’, epiteto che lui mal sopportava) di stare chiuso fra quattro mura, proprio non aveva voglia.
Ogni occasione era sempre stata utile per prendere la porta d’uscita e gettarsi in quella che definiva con amore ‘ la grande distesa ‘, affamato di scoprirne ancora e ancora e Angelica, sebbene lievemente più accorta di lui, lo seguiva di gran carriera.  Ma quando Leaf tornava al Quartier generale guardava alla bottiglia con cupidigia, esigente di estraniarsi da quel luogo che non gli concedeva la stessa adrenalina delle Terre di nessuno.
La dipendenza dall’alcol fu inevitabile e aumentò a dismisura quando un terribile incidente incise sui suoi occhi.
Gettato in una delle tante missioni in cui si infilava senza esitazione, Leaf non aveva tenuto in considerazione le parole di Ladri molto più esperti d lui.
 
“Non andare in quella direzione, ci sono ancora le mine. “ Gli disse un compagno, davanti alla sua volontà di ispezionare un lembo di territorio per lui ancora inesplorato.
 
“ So quel che faccio, conosco questo posto meglio di tutti voi messi insieme. “ Aveva risposto, sinceramente convinto di quel che diceva. Purtroppo per lui dovette pagare il suo debito nei confronti dell’inesperienza: una mina antiuomo saltò prima che lui fosse realmente in grado di mettersi in salvo e alcuni frammenti di essa colpirono gli occhi.
 
Quando Leaf fu trascinato al Quartier Generale, nessuno avrebbe scommesso sulla sua sopravvivenza, o almeno sulla sua vista; ma Herb, affiancato da Malik, aveva in serbo per il ferito una soluzione, seppur incerta e sconsiderata.
Ci vollero ore per praticare l’intervento, che consistette nell’applicare ai suoi bulbi oculari delle lenti speciali, figlie di un’innovazione ingegneristica che aveva visto la luce qualche anno prima dell’avvento di Nadia, ma che il mentore di Herb aveva salvato e custodito con cura, insegnando al suo discepolo come costruirle, insieme a molti altri segreti dell’avanguardia scientifica.
Sperarono che il corpo non rigettasse le lenti, che sarebbero state utili a riottenere la vista, almeno per un periodo limitato di tempo; le cose andarono meglio del previsto, complice con ogni evidenza la magia che scorreva nel corpo di Atlas, che aveva fatto in modo di ottenere una miracolosa fusione delle lenti agli occhi. Con esse non solo il ragazzo aveva riacquisito la vista, bensì era arrivato a svilupparne una più che speciale, in grado di fargli vedere dettagli che nessuno era in grado di cogliere.
Ma la degenza era stata lunga e la bottiglia lo aveva chiamato di nuovo a sé; un giorno Angelica esplose, andando da lui con Micah e urlandogli contro che, così facendo, sarebbe morto prima di chiunque di loro e che se proprio doveva buttare la sua vita, almeno che fosse in una missione, tanto per rendersi utile alla causa.
Il percorso di disintossicazione fu lungo e difficile, ma Leaf detto il temerario, poté contare sull’appoggio della sua famiglia, l’unica che avesse mai avuto: i Ladri di bacchette.
 
 
La Corte
 
La voce di Sonne, ferma e intransigente, tradiva però urgenza e apprensione. Se Chion avesse potuto scontrarsi con i suoi occhi, era certo sarebbe venuto in contatto con un maremoto emotivo; non potevano fallire, Chion lo sapeva bene. Se fosse successo, per loro non ci sarebbe stata nessuna speranza di sopravvivenza: finire nelle Colonie sarebbe stato il finale meno indolore, il che era tutto dire. Così ritrovò la calma che lo distingueva e ascoltò gli ordini di Sonne, deciso ad eseguirli al meglio e senza lasciarsi prendere né dal panico, né da emozioni che lo avrebbero potuto far vacillare. La stesso valeva per Yuki, ovviamente.
Vulkan invece era calmo e nella sua testa non vi era che una sola parola: vittoria. Per Vulkan vi era solo un obiettivo e non ci sarebbe stato alcun margine di errore; avrebbero salvato Stafford e sarebbero tornati tutti sani e salvi al Quartier Generale.
Chion strinse gli occhi, poi scambiò una rapida occhiata con Vulkan.
 
- Hai sentito anche tu? -
 
L’uomo annuì – Inequivocabile… si stanno avvicinando dei cavalli… e un’automobile. –
 
- Un’automobile, hai detto? – Chiese in un sussurro Sonne. Vulkan annuì di nuovo. – Potrebbe essere lui. -
 
- Non possiamo permettere che arrivi qui. – Addossato al muro di cinta della Magione di contenimento, Sonne incrociò le braccia e si fece per un po’ meditabondo, poi alzò di scatto la testa: - Yuki, Chion: correte in quella direzione. Fate rumore, sparate dei colpi in aria, spaventate i cavalli e se riuscite fermate l’automobile, io e Vulkan rimarremo qui e ci occuperemo di fermare le Sentinelle che usciranno dalla prigione. Sentiranno il baccano e correranno fuori per dare aiuto. -
 
Così fecero. I due ragazzi corsero nel campo che costeggiava la strada della prigione non risparmiando il fiato; era importante che agissero in una zona parzialmente buia e se fossero rimasti nei pressi della Magione di contenimento, avrebbero potuto vederli. Appena l’auto si fece più vicina, Yuki cercò consenso da parte di Chion, così afferrò le sue pistole, le alzò entrambe in aria e sparò un paio di colpi ciascuna, ottenendo il risultato sperato: la berlina ormai molto vicina rallentò la corsa e le Sentinelle che la seguivano a cavallo dovettero lottare per tranquillizzare gli animali che si erano imbizzarriti. A quel punto Chion estrasse dalla cinta due delle sue shuriken, quatto quatto si avvicinò al bordo della strada e quando la berlina fu sufficientemente vicina, sebbene stesse rallentando parecchio con la volontà di arrestarsi, lanciò con meticolosa precisione le armi contro la ruota anteriore destra, che affondò a causa dell’incisione profonda. Con il cuore che batteva all’impazzata nel petto si addentrò nuovamente nel campo di tutta fretta, mentre Jude e Lir uscivano dall’automobile e le Sentinelle a cavallo si radunavano intorno all’auto.
 
- Ma che… - Lir osservò lo squarcio e subito riferì a Jude che doveva esserci qualcuno nelle vicinanze, così corse verso il campo alla ricerca del colpevole di quel danno. A salvare Chion dall’essere scoperto ci pensò Yuki: la ragazza si era allontanata di molto e aveva sparato altri colpi, pronta a depistare il capo delle Sentinelle e i suoi sottoposti.
 
- Voi, andate di là! – Gridò Jude alle Sentinelle, indicando il punto in cui doveva trovarsi Yuki. Chion era convinto gli sarebbe esploso il cuore, tanto quello non la smetteva di martellare; non aveva fatto in tempo ad allontanarsi a sufficienza e colui che aveva riconosciuto come Lir, la guardia del corpo di Etienne, era così vicino…
Si convinse non sarebbe morto solo quando gli ordini di Jude fecero sì che Lir cambiasse direzione.
Yuki era distante e sapeva bene che non l’avrebbero mai trovata, ora non restava che attendere che si allontanassero gli altri per poter fare ritorno al punto di incontro e aspettare il resto dei Ladri.
 
*

 
Eleanor non voleva più tornare indietro, così un giorno si decise a parlare con sua madre. Aveva preso la difficile decisione di seguire le orme paterne, ma non lo avrebbe fatto dall’interno della Corte.
Maggie non voleva accettare la decisione di sua figlia, nonostante avesse sempre appoggiato gli ideali di Daniel, condividendo con lui il malcontento nei confronti del Regime, l’ultima cosa al mondo ora che lui non c’era più è che alla sua unica figlia toccasse la sua stessa sorte.
 
“Non accadrà. Sono forte mamma, saprò cavarmela. E poi me lo avete insegnato voi, che non vale la pena di vivere una vita finta e vuota, in un mondo che non riconosciamo. La libertà, mamma… dobbiamo pretendere la libertà. “
 
La donna soffriva, ma la fiamma dell’orgoglio si accese in lei; sua figlia, la sua Eleanor, era diventata ciò che lei non aveva più avuto il coraggio di essere. Non aggiunse nessuna parola, limitandosi invece ad annuire e cambiare argomento.
 
“Forza, apparecchia la tavola, la cena è quasi pronta. “
 
Quella stessa sera, Eleanor si recò dal suo sensei. Il vecchio maestro la accolse al solito con entusiasmo, quando d’un tratto la giovane gli aveva chiesto di poter parlare.
 
“Ebbene, sono qui in ascolto, cosa c’è che ti turba?” Chiese lui, porgendole intanto una tazza di profumata tisana. Eleanor strinse la tazza e per un po’ indugiò con lo sguardo chiaro sul liquido fumate, infine parlò.
 
“ Ho bisogno di sapere tutto quello che sai sui Ladri di bacchette. Ogni dettaglio, anche dove pensi che possa trovarne alcuni.”
 
Inizialmente restio, il sensei la studiò a fondo. Le chiese come mai quella domanda e a quel punto Eleanor iniziò a parlare a fiume, riferendo all’uomo del confronto che aveva avuto con la madre e della sua decisione di scappare dalla Corte per unirsi a coloro che condividevano gli ideali di Daniel. Aggiunse di non essere né una sciocca, tantomeno una sprovveduta; si allenava da anni e ormai sapeva di essere in grado di affrontare il mondo là fuori e quelle che tutti chiamavano Terre di Nessuno.
Fu così che il suo sensei le spiegò di essere stato un grande amico e compagno di suo padre; passarono buona parte della notte a parlare degli ideali dei ladri di bacchette e l’uomo spiegò nel dettaglio, carta alla mano, dove si sarebbe potuta recare per sperare di avere un contatto con qualcuno di loro.
 
“Sarà difficile e pericoloso, te la senti davvero? “
 
Un cenno d’assenso decretò la volontà di Eleanor e il sensei sorrise, fiero anche lui di quella sua allieva che possedeva una forza interiore ineguagliabile.
 
Eleanor abbandonò così la Corte senza guardarsi indietro. Non disse mai a sua madre il giorno in cui avrebbe deciso di scappare, né la saluto quella gelida mattina d’inverno, perché sapeva che avrebbe potuto metterla in pericolo.
Faceva freddo, ma a Eleanor non importava; doveva raggiungere la meta designata dal suo maestro, l’ombelico di vecchi ruderi che un tempo dovevano essere una splendente cittadina. Giunta lì fece l’unica cosa che gli era possibile: attese, fin quando non si sentì assalire alle spalle; l’impatto con il terreno fu doloroso e Eleanor cominciò ad annaspare sotto la presa di una mano forte, che le stringeva la gola. Possibile che sarebbe stato quello il giorno della sua morte? Aveva ancora così tante cose da fare, così tanto da scoprire.
Salvifica fu la distrazione del suo assalitore, che solo per un momento alzò lo sguardo a seguito di un urlo, così Eleanor riuscì a caricare un calcio che colpì il ragazzo al centro dello stomaco, riuscendo a ribaltare, per un soffio, la situazione; ora era lei a trovarsi sopra di lui, con il suo stiletto dal quale mai si separata, puntato sulla gola del nemico.
Eleanor rimase di sasso quando una risata limpida oltrepassò la bandana che copriva il viso di lui.
 
“Agguerrita, la ragazza, Mi piaci. Ora per piacere puoi spostarti? Hai superato la prova, ma se mi ammazzi temo sarà stato inutile. “
 
Scossa, Eleanor esitò a ritirare lo stiletto, ma si convinse per forza di cose a farlo quando notò di essere stata accerchiata da altre quattro persone.
Quel giorno, Eleanor aveva fatto la conoscenza di Sonne e di altri futuri compagni Ladri.
 
 
Quartier Generale
 
-… E così siamo riusciti a scappare, però è stata davvero tosta questa volta. Per un momento ho temuto per il peggio, sai? –
 
Dopo aver constatato che la gamba di Oleander non avesse riportato ferite dannose, Skog aveva mantenuto la promessa e si era dedicato a un massaggio delicato, atto a sciogliere le contrazioni più ostiche, mentre la ragazza raccontò come fosse andata la missione.
 
- La piccoletta sta bene? – Chiese poi, riferendosi ad Ame. Oleander però fece una lieve smorfia: - Fisicamente si, ma di testa non molto; non si è mai comportata così, quindi credo che quella Sentinella le abbia fatto scattare qualcosa. Speriamo che con il dovuto riposo riesca a riprendersi. Jack invece? -
 
Skog aveva smesso per un momento di massaggiarle il polpaccio, così Oleander aveva stiracchiato la gamba lasciando intendere che avrebbe preferito continuasse. L’uomo accennò una risata profonda e scosse il capo – Te ne stai approfittando.- ma riprese comunque il massaggio, tornando serio: - Sta bene, non ha capito cosa siate andati a fare. Io e gli altri abbiamo fatto di tutto per distrarre lui e il resto di quei piccoli ficcanaso. –
 
- Vi siete messi a giocare a nascondino? – Chiese lei in uno sbeffeggiamento bonario.
 
- Peggio: lezione di cucina! Un groviglio di piccole mani sudice sulle mie pentole e padelle, è stata un’agonia vera e propria! -
 
- Ma piantala! Sono sicura che ti sarai divertito come un pazzo a strillare improperi nei loro confronti; quale miglior valvola di sfogo? -
 
- Tu scherzi, ma ho perso la voce a suon di grida! Fortunatamente non ero solo, sono troppo vecchio per queste cose ormai. -
 
Oleander sgranò gli occhi, poi scoppiò in una risata ampia e coinvolgente: - Ma che vai dicendo! Tu non sei vecchio, sei perfettamente splendido! – Disse poi imitando Ame e facendo arrossire il babbano.
 
- Dico solo che ci sono già passato con i miei figli e… - Ma Skog si ammutolì di botto e la serenità che fino a quel momento riempiva l’infermeria si dissolse. Succedeva ogni volta che Skog arrivava a nominare i suoi figli, per questo Oleander non si stupì affatto. Al contrario era intenzionata a non permettere che l’uomo cadesse nella tristezza, così allungò la mano destra a posarsi su quelle di Skog, ancora allacciate intorno alla sua gamba. Un sospiro profondo, poi alcune parole.
 
- Sono passati tanti anni ormai, ma certe volte non mi sembra passato un giorno. -
 
- Certi dolori non passano e certi vuoti non si colmano, ma ciò che puoi fare è continuare a lottare ogni giorno, senza dimenticarti che lo stai facendo affinché la loro morte e quella di tanti come loro non venga dimenticata. -
 
Gli occhi di lui si erano fatti lucidi, mentre le mani si spostarono, per chiudere quella di Oleander, che lo guardava con un sorriso comprensivo e carico di speranza.
 
- Grazie di ricordarmi qual è la mia battaglia, kleine vogel. -
 
- Non pensare lo faccia per te, è che non sopporto di vederti triste. Se crolli te rischiamo di venirti tutti appresso. -
 
- Certo, piccola bestiolina dal cuore di pietra, lo so. Poi chi te li farebbe questi massaggi? -
 
Oleander annuì e mai il sorriso abbandonò il volto: - Vedo che ci siamo capiti, mio bel musone. –
 
La Corte
Magione di Contenimento
 
Riposare, in quella cella, era diventato praticamente impossibile. Stafford aveva fatto di tutto per mantenere la mente salda alla realtà, cercando di mettere da parte l’immagine di sua moglie e pensare, invece, a quella di suo figlio. Jack era senza ombra di dubbio l’unico pensiero felice che gli era rimasto e lo aiutava a subire gli interrogatori, le violenze e il dolore; era solo per lui che stava mantenendo la bocca cucita e la speranza di poterlo riabbracciare lo aiutava ad architettare i piani per poter evadere di prigione.
Purtroppo Stafford era anche una persona estremamente realista; conosceva alla perfezione le dinamiche della Corte e sapeva che evadere con le sue sole forze sarebbe stato praticamente impossibile. L’unica cosa che sperava davvero era di non incontrare i suoi familiari, anche se ben consapevole che prima o poi Jude avrebbe aperto bocca; suo padre e i suoi fratelli, con ogni probabilità, sarebbero stati gli assi nella manica del capo delle Sentinelle.
Sentì lo sferragliare della sua cella e il rumore gli ricordò che quella sera non aveva ancora ricevuto il suo pasto; beh, se era come i precedenti, valutò fra sé mentre si metteva a sedere sulla branda in attesa dei suoi carcerieri, sarebbe rimasto a digiuno senza troppi pensieri.
Quando vide entrare una ragazza dai ricci capelli scuri, gli occhi dolci e la pelle di seta scura, a Stafford venne da sorridere; non aveva mai incontrato prima quella Sentinella che doveva essere molto giovane e inesperta. Se fosse stata sola, forse avrebbe avuto l’occasione di disarmarla e fuggire; purtroppo però la ragazza non parve essere sola, visto che sulla soglia apparve, di schiena, una sagoma mastodontica che faceva il suo ingresso camminando all’indietro, come stesse trascinando un grosso sacco pesante.
 
- Forse dalla cucina mi avete portato un grosso cinghiale da mangiare a morsi? – Chiese Stafford, stranamente divertito. Ma quando capì chi era l’uomo di spalle, non esitò a saltare in piedi.
 
- Jabal. Tu… lei. -
 
La ragazza portò il dito alla bocca facendogli segno di rimanere in silenzio, poi strizzò l’occhio ed estrasse un’ampolla dalla tasca interna della giacca mentre Jabal sistemava una sentinella svenuta che Stafford aveva già visto, sulla sua branda. Nel frattempo la giovane strappò dei capelli dalla nuca di Staffy senza troppi complimenti.
 
- Tappati il naso e bevi. – Disse lei porgendogli la pozione, senza dargli ulteriori spiegazioni. Per la prima volta da molto tempo quello che sbocciò sul bel volto di Stafford, fu un sorriso ampio e ricco di speranza.
 
 
 
- Ahia! – mugugnò Ajax e il suo primo istinto fu quello di portare una mano alla guancia; era stato svegliato con un ceffone vigoroso. Ma appena tentò, si rese conto di essere impossibilitato a muoversi: con mani e piedi legati, era steso sul letto di una piccola cella umida e in piedi davanti a lui, con uno sguardo truce che non le apparteneva affatto, Izzie lo stava fissando.
 
- Ti sei fatto un bel sonnellino, eh? – Lo canzonò lei, sotto lo sguardo allibito di Ajax, che la fissava incredulo.
 
- Izzie… cosa diavolo sta succedendo? -
 
- Cosa diavolo sta succedendo… - fece il verso lei e poi con un movimento rapidissimo tappò il naso di Ajax, facendo si che la Sentinella aprisse in automatico la bocca; infine gli cacciò l’ampolla fin quasi in gola e Ajax fu costretto a deglutire per non soffocare.
A seguire un considerevole numero di colpi di tosse, che gli fecero meritare uno scappellotto da parte di Izzie, arrivò la rabbia: - Che diavolo ti prende?! Cosa mi hai fatto bere?! Questa roba fa schifo… Izzie! –
 
- Mammamia quando cazzo parli, sei davvero insopportabile. – Rispose la ragazza, mostrando poi ad Ajax la soluzione al suo problema di loquacità; sfilò infatti dalla tasca una benda, con la quale imbavagliò il ragazzo: - La tua amichetta si è portata dietro un intero kit di medicazione… purtroppo per lei è stato solo utile a farti chiudere questa boccaccia. Ciao ciao bello! -
 
La falsa Izzie ondeggiò la mano in segno di saluto, poi scomparve oltre la porta della cella, lasciando Ajax legato e imbavagliato, oltre che terrorizzato nel percepire il proprio corpo cambiare contro la sua volontà.
 
La Corte
Fuori la Magione di contenimento
 
Come da previsioni, nel sentire il gran trambusto le Sentinelle erano uscite dalla Magione di contenimento, con l’intenzione di capire che cosa stesse succedendo. Ci pensarono Vulkan e Sonne a occuparsi di loro; ne stordirono senza sforzo ben quattro con un’abilità sorprendente, anche se decisero di non ucciderle. Evidentemente Yuki aveva stimolato in Sonne il senso di colpa e il ragazzo valutò che oramai dovevano mancare pochi minuti alla loro fuga, ragion per cui potevano permettersi di risparmiare loro la vita.
A Vulkan non importava in realtà; che vivessero o morissero, l’importante era che non intralciassero i loro piani. Nascosti quindi nell’ombra, avevano legato e imbavagliato le Sentinelle con i loro stessi indumenti in quanto, come Sonne aveva ribadito più di una volta, nessuno alla Corte deve impossessarsi di qualcosa di nostro, altrimenti per noi potrebbe essere la fine. Quella era una delle tante frasi emblematiche elargite da Sonne che a Vulkan avevano sempre dato enormemente fastidio. Erano pochissimi i Ladri ad avere l’onore di conoscere i segreti di Micah Millan e Vulkan non sempre rientrava fra essi.
Ma durante le missioni Vulkan non faceva domande e così era stato anche in quell’occasione.
Comunque avevano sistemato quelle Sentinelle ed erano rimasti in attesa, a contare i secondi mentre il sudore gelido colava sulle loro fronti.
Accadde poi quello che Sonne aveva sperato non si sarebbe mai avverato. Era solo e questo era un bene, ma anche in solitaria, Jude poteva rivelarsi letale.
Micah sentì la gola chiudersi mentre gli occhi iniziarono a tremare al di sotto delle lenti gialle; era chiaro che Yuki e Chion fossero riusciti ad allontanare tutti, tranne che lui. Vulkan, al suo fianco, si irrigidì e con l’altro rimase immobile nell’ombra a fissare Jude avvicinarsi alla cancellata d’ingresso della Magione.
 
- Cosa facciamo ora? – Sussurrò Vulkan, sinceramente curioso di capire come avrebbe reagito Sonne. Quest’ultimo aveva i pugni serrati e tentava di regolarizzare il battito e il respiro. Non era la prima volta che si ritrovava nelle vicinanze di Jude da quando era scappato dalla Corte, ma non era mai accaduto prima che si trovasse a dover decidere se attaccare il cugino; aveva sempre cercato di evitarlo e ci era riuscito con successo, quelle rare volte in cui aveva incrociato la strada di Jude durante le missioni.
Ma quella, lo sapeva, era un’occasione diversa e per quanto odiasse ammetterlo, non poteva permettersi di fare favoritismi. I Ladri erano la sua famiglia, non più Jude, un’amara consapevolezza che Micah ci aveva messo anni ad accettare e che infine aveva accolto in sé, perché nel momento in cui era diventato Sonne, aveva sottoscritto un tacito patto con i Ladri di Bacchette, un patto che non prevedeva Jude nella sua vita.
Esitante, la mano scivolò alla cintura alla quale era allacciata la sua kusarigama, mentre Vulkan seguiva quel movimento con lo sguardo.
Si fermò non appena quest’ultimo gli fece cenno: - Sento qualcuno… sta arrivando qualcuno. –
 
Si sporsero nella penombra quel tanto che fu sufficiente per vedere due Sentinelle al fianco di Jabal e Jude, rivolgendosi alle due, indicò il loro compagno Ladro. Una delle due iniziò a gesticolare, indicando Jabal e se stessa, così dopo qualche istante Jude annuì, fece alle due un vago cenno e varcò il cancello. Fu a quel punto che Sonne e Vulkan si guardarono per poi annuire e ritirarsi nell’ombra, intenti a raggiungere il bosco.
 
La Corte
Residenza di Nadia
 
Era stata così sciocca a pensare di poter riposare almeno un paio di giorni in più. Così sciocca.
Tanto quanto lo era stata nel sorprendersi di sentire uno scampanellare insistente, che l’aveva costretta a scendere dal letto e trascinarsi fino alla porta; non si era nemmeno stupita della luce che era venuta a mancare, troppo stanca per darsi una spiegazione qualsiasi.
Perciò nel ritrovarsi davanti Ryurik, quello strambo ragazzo arrivato da poco alla Corte che parlava la sua stessa lingua d’origine, rimase a bocca aperta.
 
- Mi spiace averti disturbata a quest’ora, fosse stato per me sarei rimasto ad oziare, sai… ma Nadia mi ha chiesto di venirti a prelevare e portarti da lei; suppongo sia successo qualcosa di grave, ma non chiedermi maggiori informazioni, perché non ne ho. -
 
Ryurik si era rivolto a lei in russo, parlando con una proprietà di linguaggio che a lei mancava da tempo; nonostante ciò Alida pensò che fosse piacevole poter riprendere a parlare in russo, lingua che altrimenti avrebbe finito per dimenticare.
Aveva chiesto al ragazzo di attendere un momento, il tempo di mettersi qualcosa addosso e così lui fece, prendendo a girovagare con noia nella sala d’ingresso; infine lo seguì, salendo con lui a cavallo fino ad arrivare da Nadia.
La donna era fuori di sé dalla rabbia: aveva velocemente spiegato ad Alida che la sua visione si era avverata e al fianco di Etienne aveva cominciato ad incalzarla, affinché avesse altre visioni.
 
- Ci sto provando… - mormorò Alida dopo molto sforzo, - ma sono stanca… tanto stanca. Sai che quando sto così non riesco a… -
 
- Ci devi riuscire! Devo capire che cosa è successo e chi sono i bastardi che hanno fatto una cosa simile! -
 
Ryurik, che era stato nuovamente privato del suo collare, osservava la ragazza stringendosi lo stomaco con le braccia mentre al suo fianco Etienne non aveva occhi che per lui. Ryurik provava una pena che non voleva provare, così come si sentì assalire da una stanchezza vorace. Intanto che Nadia insisteva con Alida, Etienne prendeva appunti e chiedeva a Ryurik come si sentisse e se pensava di essere in grado di risucchiare la negatività della ragazza.
 
- Non funziona così. – Sibilò Ryurik con frustrazione – Non posso decidere io, non succede mai. -
 
- Per ora… forse è perché non lo hai mai davvero voluto. Sarebbe comprensibile, sai… -
 
Così, dopo una buona mezz’ora e un incredibile sforzo, Alida crollo sulla sedia accogliendo una vaga e nebulosa visione.
 
Che posto era quello? Forse il bosco della Corte? Era forse la casa di Jude, quella che vedeva in lontananza?
E chi c’era nell’ombra?
Un gruppetto esiguo di persone, le parve di contarne tre o quattro. Poi vide arrivare qualcun altro.
Assurdo, non poteva essere… aveva riconosciuto una Sentinella, una ragazza di nome Saskia e si avvicinava a qualcuno, con un sorriso stanco sul viso.
Doveva essere un ragazzo… era così alto, ma non riusciva a identificarlo, bardato com’era.
Un abbraccio fra i due, forte e vigoroso. Alida capì che dovessero conoscersi molto bene, perché quella lì era una stretta complice, intima.
Ma per quale motivo stava vedendo quella scena, inizialmente non lo capì. Forse la Sentinella Saskia era coinvolta nell’incendio del mulino? E quelli erano cittadini della Corte, oppure dissidenti venuti da fuori, magari Ladri di bacchette?
Sussultò, Alida, quando sentì l’alto uomo parlare.
 
- È bello riaverti con noi, Stafford. -
 
Non poteva riconoscerne il volto, ma la strega era certa di una cosa: avrebbe potuto confondere la voce di chiunque al mondo, ma quella di Micah no, non l’avrebbe potuta dimenticare mai e poi mai. Lo stomaco prese a fare le capriole, esprimendo un miscuglio di sentimenti dalle più varie sfumature.
Era Micah, era vivo… ed era coinvolto con quella storia.
 
La Corte
Il bosco
 
Sonne e Vulkan erano corsi verso il bosco e fortunatamente non avevano incontrato nessuno, probabilmente in quanto la maggior parte delle Sentinelle presenti alla Corte si era riversata nel luogo dell’incendio. Si erano così ricongiunti con Yuki e Chion e i quattro si erano scambiati un rapido resoconto, nell’attesa dell’arrivo di Jabal, Mångata e Ice, il loro compagno finalmente ritrovato.
Una manciata di minuti più tardi sentirono dei rumori e con estrema gioia si resero conto che i tre erano riusciti a raggiungerli; Mångata aveva ripreso le sue sembianze, mentre quello che doveva essere Stafford aveva ancora l’aspetto di una giovane ragazza. Sonne non ci pensò un solo istante ad allungare il passo per stringere il Ladro in un abbraccio.
 
- È bello riaverti con noi, Stafford. -
 
Stafford ricambio, dando delle calorose pacche sulle spalle di Sonne: - Grazie di essere qui. –
 
- Come avete fatto a sfuggire a Jude? – chiese Vulkan che appena aveva visto arrivare il capo delle Sentinelle aveva pensato che per loro sarebbe stata la fine. Mångata, con i capelli ancora stranamente ricci, spiegò con entusiasmo che Jude si era avvicinato a loro e si era subito insospettito riguardo Jabal.
 
- Gli ho detto che fosse un mio parente giunto in giornata da una comune vicina e che me l’ero portato dietro perché è un bravo elettricista. -
 
- Io mi sono presentato, - sghignazzò Jabal, per poi imitare il dialogo avvenuto poco prima con Jude: - Sono onorato di conoscerti, mia nipote mi ha parlato così bene di te! -
 
- Geniali. – Decretò Sonne prima di dare un’altra stretta a Stafford nelle vesti di Saskia – Ora però andiamo senza perdere altro tempo! -
 
Il gruppo cominciò a muoversi con discrezione e Yuki, in coda, si fermò a dedicare attenzione a Chion; il ragazzo era paralizzato e osservava Stafford con occhi tremanti.
 
- Tutto bene? – Sussurrò lei – Dovremmo… andare, ora. -
 
- Io… ecco… si. Jabal, aspetta. -
 
D’improvviso Chion affrettò il passo per raggiungere l’uomo, che si era voltato per dargli ascolto.
 
- Devo chiederti… quella ragazza di cui ha assunto l’aspetto Ice… -
 
- Credo dovremmo rimandare le chiacchiere a più tardi. – Sussurrò bonariamente Jabal, pronto a rimettersi in marcia; ma Chion gli afferrò un polso: -Voglio solo sapere… l’avete… - Esitò, perché anche solo pronunciare quelle parole era per Chion impossibile. Jabal inarcò un sopracciglio: - Stordita? Si. A quest’ora si sarà ripresa insieme all’altra. Andiamo. -
 
La preoccupazione scivolò così via da Chion; certo, il destino gli aveva giocato proprio un bello scherzo, in quanto fra tutte le Sentinelle che avrebbero potuto incontrare e utilizzare per la polisucco, era toccato proprio alla sua amica di una vita. Ma non era il momento per perdersi in pensieri contorti quello lì. Riprese quindi a camminare, sentendo il cuore un po’ più leggero di prima.
 

 
(1) Uccelletto

 
Buongiorno a tutti voi, cari lettori. Ce l’ho fatta, sono riuscita a pubblicare il quinto capitolo e spero che vi abbia soddisfatti. Ora avete capito per quale motivo il titolo è “l’arrocco”? Se non siete informati riguardo alle mosse di scacchi (io pure sono una ciofeca, ma lasciamo stare), vi lascio qui di seguito la spiegazione di nostra madre suprema wikipedia, sempre sia lodata.
 
L'arrocco (sostantivo maschile, derivato di arroccare) è una mossa particolare nel gioco degli scacchi che coinvolge il re e una delle due torri. È l'unica mossa che permette di muovere due pezzi contemporaneamente nonché l'unica in cui il re si muove di due caselle.
 
Fondamentalmente, quindi, avviene uno scambio fra Re e Torre, come nel nostro caso è avvenuto fra Ajax e Staffy.
 
Spiegazioni futili a parte, anche questa volta vi fornisco la lista degli Oc da votare. Vi chiedo di farmi arrivare due voti (privatamente) quanto prima: non preoccupatevi se i commenti al capitolo tarderanno ad arrivare, l’importante per me è avere i voti in modo da potermi mettere a lavoro. Ah, ribadire non costa nulla, quindi vi chiederei di non votare il vostro stesso personaggio.
 
Auden (Chion)
Izzie
Malik (Jabal)
Sophie (Mångata)
Ryurik
 
Grazie inoltre per i messaggi e le recensioni. Lo so sono pessima e non ho risposto che a pochi di voi, cercherò di rimediare, credete in me.
 
Bri
   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: _Bri_