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Autore: ARed    08/03/2021    7 recensioni
Isabella Swan e Edward Cullen sono due agenti speciali del FBI, non si conoscono, non si sono mai visti, ma quando viene ritrovata una scatola incisa con i loro numeri di matricola di quando frequentavano Quantico, si ritrovano a lavorare assieme a New York; all’interno vi troveranno disegni, frasi, numeri, enigmi.. tutto avvolto nel mistero.
Ogni cosa ruota attorno al loro presente, al passato, al lavoro.. ma non ne capiscono il perché.
“Mi sentivo violata, come se qualcuno, in quel momento, avesse il controllo della mia vita”
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Dove eravamo rimasti..

Edward e Bella si trovano nel Massachusetts stanno indagando su una clinica privata, da cui pare essere arrivata la piccola Elle. In albergo, dopo essersi introdotti di nascosto nella clinica facendo delle scoperte agghiaccianti, si dichiarano il loro amore.

Capitolo 24

Ridge Rd West

Hamptons NY

 

5 aprile 2019

Si voltò quel poco che bastava per arrivare alle mie labbra. Ricambiai il bacio, appropriandomi di lui.

Le mani di Edward scivolarono sui miei fianchi, alzando la maglietta dei Coldplay che indossavo. La sua pelle a contatto con la mia era ghiaccio. Il mio corpo venne ricoperto da brividi, lo sentivo sorridere sulle mie labbra. 

« Non c’è Chloe? », lo presi in giro.

« No.. niente Chloe, niente Elle », rispose alzando le mie braccia, fece scivolare la mia maglietta che finì sul parquet del pavimento. Riprese le mie labbra, scese sul collo e raggiunse il mio seno. 

Si bloccò all’altezza del mio cuore, « Con te ho imparato a cogliere l’attimo », sussurrò lasciando un bacio. 

« Carpe diem », sussurrò sulle mie labbra. Mi guardava intensamente, come se volesse rapirmi l’anima. Io non ero nei suoi piani, tantomeno lui nei miei. Ci eravamo solo trovati. 

Ero caduta nella trappola del suo cuore e lui in quella del mio, senza volerlo. Era semplicemente capitato. Per questo ero felice. 

Lo baciai stringendomi a lui, una lacrima sfuggì al mio controllo, bagnando anche il suo viso. Si allontanò, lo rassicurai con un sorriso. 

« Per tanti anni c’è solo stata l’agente Swan.. tu stai portando fuori Bella », gli dissi intrecciando la sua mano con la mia. « Mesi fa avrei dato Elle ad una casa famiglia. Ora, grazie a te, so che posso essere io la sua famiglia », sapevo che Elle non era mia, ero ben consapevole che qualcuno me l’avrebbe portata via. Ma ero pronta a lottare per lei.

« Insieme », sussurrò baciando la mia mano. Le sue labbra si posarono fameliche sulle mie. Così come la mia maglietta anche la sua finì da qualche parte sul pavimento. 

Quella notte nessuno ci avrebbe interrotto.

La sveglia del telefono mi riportò nel mondo reale. Quando aprii gli occhi trovai Edward che mi osservava, « Buongiorno Direttore », scappai in bagno a lavarmi i denti prima di tornare e baciarlo. 

« Buongiorno », dissi salendo a cavalcioni su di lui. Le sue mani, come la notte precedente, tentarono di togliermi la maglietta, « Devo far chiudere un posto ».

« Mhm, mhm », scese con le labbra sul collo e le immagini della notte appena trascorsa tornarono. 

Sospiri, baci, brividi. 

« Dovremmo andare », disse alzandosi con me in braccio, si diresse in bagno. Una doccia serviva ad entrambi e visto che eravamo in ritardo...

Il Direttore dell’FBI di Boston ci aspettava ad un miglio dal Saint Andrew Hospital, avevo messo a disposizione che gli agenti circondassero l’area, non volevo nessuna fuga. 

« Direttore Swan, la stavamo aspettando » 

« Buongiorno Direttore Storme, il mio vice l’agente speciale Edward Cullen », dissi stringendogli la mano. 

« Il comando è suo », per una questione di tempo non potevo contare sui miei agenti, per questo avevo chiesto aiuto a Storme. 

« Bene Direttore, metteremo la clinica sotto sequestro. Nessuno deve uscire senza la mia autorizzazione »

Il cancello della clinica era chiuso. Scesi dalla macchina e mi avvicinai alla guardia. « Ha un appuntamento? »

« Apra il cancello », dissi mostrando il distintivo. L’uomo davanti a me impallidì e azionò l’apertura. Feci segno ad un agente di avvicinarsi, « Lo controlli, non deve toccare nulla », ordinai.

« Comandi »

Entrammo nella clinica, avvolta ancora dal silenzio delle prime ore del mattino, un’infermiera ci venne incontro. 

« Signori è presto per le viste »

« Il Dottor Brenner è nel suo ufficio? », mostrai il distintivo e la superai. L’infermiera fece in tempo a spostarsi.

« Si », disse correndo verso il lato opposto, feci segno ad un agente di bloccarla. Niente fuga di notizie. 
Bussai alla porta del dottor Branner, « Avanti », disse con neutralità, nemmeno immaginava l‘’inferno che stavo per scatenare. 

« Signori Smith »

« Sbagliato. Isabella Swan, direttore dell’FBI di New York e il mio vice Cullen », sbiancò. Lentamente si avvicinò alla scrivania, Edward lo notò e lo bloccò alla poltrona. 

« C’è un dispositivo con riconoscimento Touch ID », disse estraendolo da sotto la scrivania. 

« Chi voleva avvisare? » 

Branner divenne completamente rosso, sulla sua fronte cominciò a farsi strada il sudore. Era nei guai. Grossi guai.

« Cosa volete da me? », sputò fuori. 

« La sua clinica è sotto sequestro », lo informai sedendomi di fronte a lui, « Lei è accusato di concorso in omicidio, sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani. Continuo? », gli passai il mandato d’arresto con elencate tutte le accuse derivate dalle prove che avevamo raccolto nella notte.

« Voglio il mio avvocato! » 

« Non sarò io a negarle questo diritto, ma stia certo che sarò io stessa a buttarla in gabbia e buttare la chiave! », non gli avrei più permesso di vedere la luce del sole.

« Questo lo vedremo », si sentiva protetto, era più che certa che non fosse lui la mente di tutto. Era troppo semplice così.

« Ludwick Branner lei  in arresto per i reati elencati nel mandato. È suo diritto rimanere in silenzio e richiedere l’assistenza legale di un avvocato », Edward gli lesse i diritti mettendogli le manette.

« Portalo via da qui » 

Davanti ad ogni camera c’era un agente dell’FBI, ogni entrata era bloccata e controllata a vista. 

La prima stanza in cui entri era quella di Camille, un’operatrice sanitaria del Boston Medical Center le stava accanto.

« È incivile quello che state facendo! », protestò la donna seduta nel secondo letto.

« Come si chiama lei? », la donna mi guardò con astio, non intendeva dire una parola in più, peccato per lei. « Non se lo ricorda? La aiuto io », presi il suo fascicolo. Alice aveva raccolto i dati di ogni paziente ricoverato nella struttura. Tutte prove che bastavano a chiudere il caso sul nascere. « Lei è Kimberly Logan Green.  Nata a Hartford, Connecticut il tre settembre 1983. Secondo le sue cartelle cliniche, lei risulta incinta di trentasei settimane. Mi chiedo dove sia il suo pancione », si morse le labbra.

Aprii l’armadio della camera, ed in fondo, dietro ad un costoso cappotto trovai un sacchetto. Dentro c’era una pancia finta. « Accanto al suo letto c’è una ragazza sua omonima, nata nel suo stesso giorno e nel suo stesso luogo. Coincidenze? Per una cartomante forse. Non per me. Davanti a me c’è Camille Snow, nata a New Castel, il dodici attobre 2001. Non c’è nessun documento che certifichi la sua evidente gravidanza. Bizzarro ».

« Voglio il mio avvocato » 

« Portatela via di qui », dissi facendo segno a due agenti.

Tutte le ragazze vennero messe su un aereo privato dell’FBI dirette a New York, le donne ricoverate con loro erano in stato d’arresto, così come tutto il personale della clinica. 

Sul nostro aereo avevo fatto imbarcare anche il dottor Brenner, non potevo interrogarlo finché non ci avesse raggiunto il suo avvocato. 

« Hey », Cullen mi lasciò un bacio alla base del collo, « Appena arriviamo a New York lo mangerai in sala interrogatori », mi disse notando il mio nervosismo, e capendone la fonte. 

« Credo non operi da solo, dobbiamo capire cosa attivava quel meccanismo sotto la sua scrivania », mi voltai verso di lui. Era stanco. Il suo viso un perfetto riflesso del mio.

« Alice ci sta lavorando », mi lasciò un bacio sulla punta del naso, nemmeno mi ero accorta di essere tra le sue braccia.

« Dovremmo limitare questa cosa sai », dissi giocando con la sua giacca.

« Non lo fare.. non ti allontanare », scossi la testa nascondendo il mio viso nel suo petto. Chiusi gli occhi per godermi la pace che mi dava il battito del suo cuore. Da quando ero diventata così romantica? 

« Piccola dovremmo riposare almeno un po’ », mi prese per mano e mi fece accomodare al mio posto. Si mise davanti a me e prese le mie gambe. Tolse i miei stivali e prese a massaggiare i piedi. 

Sorrise.

« Perché sorridi? »

« Il tuo smalto rosso », era perso nei suoi pensieri. Non mi guardava, semplicemente continuava a sorridere.

Poi ricordai.

 

« Sono due ore che siamo fermi qui! E le giuro Brenner che non mi muovo da qui finché non mi dice chi c’è dietro tutto questo schifo! », lo guardai dritto nei suoi occhi scuri. Sudava, era paonazzo, tremava. Aveva paura.

« È un presta nome.. è una pedina di un ben più abile giocatore di scacchi », mi voltai verso Alice. Mi diede un foglio su cui aveva scritto a penna un appunto.

« Sei settimane », dissi guardando Brenner. Spalancò gli occhi. Era in trappola e ne era ben consapevole.  Abbassò lo sguardo verso le sue mani ammanettate. Sapeva che quella era la fine che avrebbe fatto.

« C’è una villa » 

« Non parli! », lo fermò il suo avvocato.

« Negli Hamptons è lì che si incontrano ogni sei settimane » 

« Chi? » 

« Non lo so » 

Uscii dalla sala interrogatori stremata.  Avevo passato due ore con quell’uomo e avevo ricavato solo che qualcuno si riuniva in una villa negli Hamptons.

« Troveremo quella villa », mi rassicurò Cullen. Fece in tempo a lasciarmi un bacio, prima che le porte dell’ascensore si aprissero.

I computer del laboratorio di Alice, mostravano gli Hamptons in tutto il loro splendore.

« Ogni sei settimane nella sua agenda c’è un’acca », mi spiegò Alice mostrandomi le immagini dell’agenda del dottor Banner.

« La prossima? », domandai.

« Domani », rispose. Non avevamo tempo, trovare quella villa in così poche ore sarebbe stato impossibile.

« Come troviamo quella Villa, Alice? », chiese Edward.

« Non ho molto su cui basarmi, ma se partiamo dal presupposto che gli Hamptons sono una contea da ricchi e che le case vengono utilizzate principalmente in estate.. », disse Alice mettendosi davanti alla mappa che aveva messo sul suo computer. 

« Ci basterà capire chi utilizza corrente elettrica durante il resto dell’anno », dissi sentendo quel senso di impotenza scivolare via.

« Con un aumento dei consumi ogni sei settimane » 

Vidi una scintilla nello sguardo di Alice, forse il poco tempo ci avrebbe agevolato.

Cominciò a far scorrere velocemente le sue dita sulla tastiera. Edward mi passò una tazza di caffè, mi guardò fiducioso. Gli sorrisi.

L’area si ridusse ad una decina di ville, tutte sulla costa, tutte super lussuose.

« Bingo! », urlò Alice. Cerchiando di rosso un’area sulla mappa.

« Organizziamoci », dissi cominciando già a pensare al piano. Gli avrei presi uno ad uno.

Sentii il suo pianto non appena le porte dell’’ascensore si aprirono, Edward mi sorrise, ero così impaziente di vederla. 

« Calmati », mi sussurrò dandomi un bacio sulla tempia. 

Aprii la porta di casa, percorsi il corridoio e la vidi. Elle era in braccio a mia madre, mi stringeva il cuore sentirla piangere. Come poteva quel piccolo essere umano avermi cambiata in così poco tempo? Mi tolsi la giacca e mi avvicinai. Allungai le braccia verso di lei, mamma mi sorrise e me la passò. La strinsi a me e mi sentii a casa. 

Mi avevano detto di non affezionarmi. Era troppo tardi. 

La piccola smise di piangere, sembrava come se mi conoscesse, come se sentisse quanto già il mio cuore la amasse.  

« Ciao amore », sussurrai lasciandole un bacio tra i radi capelli. 

« Non ha smesso di piangere per tutto il giorno, poi vede te e smette. Piccola birbante », disse Chloe, dandomi un bacio sulla guancia, per poi tuffarsi tra le braccia di sua padre. 

« Ciao bellissima », Edward si abbassò e lasciò un bacio sul nasino della piccola. 

Notai mia madre guardarci con dolcezza, sapevo che quello che si stava ritrovando davanti era ben lontano da quello che le avevo sempre detto. 

Mancava poco alla mezzanotte, e seguendo la tabella di marcia della piccola, era ora della sua poppata. 

Mi misi a letto con la piccola in braccio, Edward entrò in camera con il biberon, lo presi dalle sue mani e lo diedi alla piccola, « Sei affamata tesoro mio! », dissi mentre venivo rapita dai suoi movimenti. Era così perfetta, come si poteva fare del male ad un essere così fragile? 

Edward le fece fare il ruttino per poi metterla nella culla accanto al nostro letto. Osservavo il tutto ed ero serena. Come non lo ero da anni. Nonostante tutto. 

Mi addormentai memorizzando il profilo della piccola mentre le braccia del mio vice mi stringevano da dietro. Ero in paradiso, nel mio personale paradiso. 

« Non la lascerai andare, vero? », mi sussurrò, prima di lasciami un bacio poco sotto l’orecchio.

Scossosi la testa, avrei fatto di tutto per tenere con me la piccola. Edward continuò la sua scia di baci. Si concentrò prima sul collo, poi le palpebre per finire sulle mie labbra.

« Ti amo », disse. Fronte su fronte. Occhi negli occhi. Ripresi le sue labbra. 

Il mio posto felice. 

 

6 aprile 2019

Non fu semplice lasciare la piccola a mia madre, mi ero ripromessa di cercare una babysitter, ma la verità era che avevo paura. Non mi fidavo di nesso al di fuori della mia famiglia e del mio team.

« Appena tutto questo sarà finito io e te ci faremo una vacanza », disse Edward mentre con altre tre auto dell’FBI raggiungevamo la Villa negli Hampton. 

« E quando finirà? », domandai vedendo quella possibilità molto remota.

« Presto amore mio », disse sicuro di sè, mentre l’auto cominciava a rallentare. Ci trovammo nel retro di una grande villa,  dai colori chiari. La piscina di un azzurro cielo la faceva da padrone. Nessuna guardia, nessun giardiniere, sembrava regnare la calma più assoluta. 

Solo il canto degli uccelli rendeva vivo quel posto. 

« Alfa I a sud », dissi cominciando a regolare le squadre. Saremmo entrati da quattro punti diversi. Sarebbe stato impossibile per chiunque scappare.

« Direttore, lato ovest libero », mi disse Cullen quando entrò. 

Io e la Beta I entrammo dalla porta principale. Era tutto tranquillo, di un silenzio quasi inquietante. 

« Libero », dissi constatando che non ci fosse nessuno. Eppure nell’aria il profumo di costosi dopo barba era ancora fresco. 

In perfetta sincronia entrammo in quella che doveva essere la sala da pranzo. Era completamente vuota. 

Il tavolo era apparecchiato per la colazione, mi avvicinai e notai tazze usate, briciole. Toast ancora caldi e uova strapazzate ancora fumanti. Qualcuno gli aveva avvisati. Ma come avevano fatto a scapare? Era da più di due ore che la villa veniva controllata.

« Non toccate nulla », dissi ai miei agenti. Quelle tazze mi avrebbero dato tutte le riposte.

 

——

Buonasera bellissime.

Che emozione ritornare qui! Mi siete mancate davvero tanto ♥️

Ditemi cosa ne pensate, mi raccomando! 

Un bacio

——

 

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