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Autore: NikkiLu    10/03/2021    1 recensioni
Tratto dal prologo:
Mentre mi prendevo cura della mia bellissima bambina addormentata mi sentì osservata.
“Che c’è?” Alzai lo sguardo puntando i miei occhi in quelle pozze verdi che ancora mi fregavano. Maledizione.
“Perché?” Rispose subito guardingo.
“Non lo so.. mi guardi”
(...)
Se quattordici anni fa mi avessero detto che sarei finita con lo sposare l’odioso fratello maggiore della mia migliore amica dai tempi del liceo, Alice, gli avrei risposto con una sonora risata. Se due anni fa mi avessero detto che saremmo finiti con il lasciarci avrei fatto una risata ancora più forte.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Capitolo 6 


POV BELLA 

 

“Edward, sto lavorando. Ti chiamo dop..”

“Sono in ospedale. Ho avuto un mezzo infarto, credo...” 

Quasi sentì le gambe cedermi “un mezzo infarto?  Che vuol dire? In che ospedale ti trovi?”

“Al Seattle Grace”

“Arrivo”

 

 

Non ricordo niente del tragitto dal grattacelo dove stavo mostrando un attico all’ospedale dove era ricoverato Edward, ricordo solo di aver chiesto ad un’infermiera dietro al bancone principale il numero della camera e di essermi precipitata con il cuore in gola. 

Lo trovai seduto sul letto rivolto verso la finestra, dava le spalle alla porta. La prima cosa che notai fu che non indossava già più il camice, ciò significava che lo avrebbero dimesso quel giorno stesso, rilasciai un sospiro di sollievo.

“Ehi si può sapere cosa combini?”

“Bella” si voltò sorpreso.

“Allora che è successo? Mi hai fatto spaventare..” confessai.

Iniziava a farmi male la testa. Tutta la tensione accumulata nell’ultima mezzora si stava preparando a liberarsi. 

“Non lo so esattamente, non ci capiscono niente nemmeno i dottori. Dicono che ho avuto una specie di attacco di panico causato da un accumulo di ansia e stress e sono svenuto. Mi hanno fatto degli accertamenti e pare che ci sia un problemino ad un valvola del cuore, quindi è probabile che la vera causa sia quella”

“Oh- non sapevo cosa dire, Edward un attacco di panico? Sapevo che prima o poi lo stress avrebbe avuto la meglio su di lui: lavorava 20 ore al giorno e aveva quel vizietto del fumo che non aiutava - il fatto che ti mandino già a casa è un bene, no? Voglio dire se ci fosse anche un minimo pericolo non ti manderebbero via cosi presto. Sei anche il figlio del primario di chirurgia, sono sicura che hanno avuto un occhio di riguardo. Stai tranquillo”

Cercai di rassicurarlo, sapevo che in quel momento aveva bisogno di qualcuno che gli infondesse sicurezza. 

Mi scrutò in volto, sembrava indeciso se credere alle mie parole o meno, cercai di fargli un sorriso.

“Sai le ho fatte impazzire, le infermiere intendo. Magari vogliono farmi fuori”

“Mmm credo ci voglia di più di qualche infermiera arrabbiata per metterti Ko..adesso andiamo, ti accompagno a casa”

 

“E se mi prende un infarto mentre dormo? Non voglio morire da solo.”

“Edward ma sei pazzo?” Distolsi un secondo gli occhi dalla strada, per guardarlo shoccata.

“Bella sul serio, ho qualcosa che non va al cuore. Potrei morire da un momento all’altro” era tremendamente serio.

“Ti ripeto che se ci fosse questo rischio adesso ti troveresti ancora nel letto dell’ospedale e non diretto a casa”

“Non mi fido dei dottori, sbagliano continuamente”

“Tuo padre è un medico, Edward- lo ammonì divertita- un medico dell’ospedale dove ti hanno ricoverato oggi...devi stare tranquillo, non agitatarti. Hai sentito il dottor Jenks cosa ti ha detto? Devi riposarti”

Il silenzio calò nell’abitacolo della macchina, ma stranamente era un silenzio piacevole, non imbarazzante.

“Ho visto te e Elizabeth” 

“Cosa?”

“Quando mi sono sentito male,prima di perdere i sensi...pensavo di essere in punto di morte e tutto quello a cui riuscivo a pensare eravate voi due.”

Parcheggiai in quel momento sotto al suo palazzo e lo guardai. Non sapevo cosa dire.

“Andiamo, ti accompagno su. Non voglio averti sulla coscienza se ti trovano in ascensore...-mi fissò con occhi stravolti, mi affrettai a chiarire le mie parole- sto scherzando. Non fare il fifone ora.”

Nel suo appartamento ci aspettava una super preoccupata Alice, la quale si era offerta di restare lí con lui per la notte.

“Allora cosa é successo?”

“Ho un problema al cuore”

“Che significa un problema al cuore? Oddio Edward .. puoi morire da un momento all’altro? Significa questo?“

“Alice vuoi calmarti- la ammonì. Edward non aveva bisogno di quello, aveva bisogno di essere rassicurato- non è in pericolo. L’hanno rimandato a casa strappandogli la promessa di riposarsi e non stressarsi. Aiutalo a mantenerla...”

Alice annuì e cercò di calmarsi: capì cosa volevano dire le mie parole.

“Io allora vado. Domani cerco di passare con Lizzie...prima voglio che ti riposi. D’accordo?”

“E io voglio che resti qui, con me” disse sicuro.

Rimasi spiazzata da quella esternazione ed evidentemente non fui l’unica dato che con la coda dell’occhio vidi Alice lasciare la stanza, in silenzio.

“Edward..”

“No, niente Edward. Io, io ho bisogno di te, di voi. Siete tutta la mia vita. Quando..quando mi sono sentito male vedevo te Bella, il tuo viso - prese il mio volto tra le mani, come se fossi la sua unica ragione di vita e mi fissò negli occhi accarezzandomi freneticamente le guance- i tuoi bellissimi occhi, il tuo corpo..io, io..non riesco a vivere senza di te, senza Lizzie. Rivoglio la mia vita, rivoglio il posto che mi spetta: accanto a te.”

Non sapevo cosa dire, era ancora chiaramente sotto shock, vulnerabile. Non potevo credere alle cose che aveva detto, dopotutto era sconvolto. No?

Prima ancora che riuscì ad aprire bocca lui accorciò la breve distanza che ci separava e poggiò le sue labbra sulle mie per un secondo, prima di allontanarle. Era incerto, aspettava che lo allontanassi ma io non lo feci così mi baciò di nuovo. Mi lasciai andare come non facevo da tanto, troppo tempo. Le nostre labbra iniziarono a muoversi in sincronia. Dio quanto mi era mancato il suo sapore. Mi chiese il muto permesso di approfondire il bacio e ancora una volta lo assecondai. Le nostre lingue entrarono in contatto e un gemito uscì delle sue labbra. In pochi secondi il bacio da dolce diventò passionale, fino a quando realizzai cosa stava accadendo e mi allontanai di scatto.

“No, no, no” scattai indietro e inizia a camminare avanti e indietro.

“Bella ti prego... “ la sua voce suonava disperata.

“Non così..”

“Non così?”

“No. È troppo presto...e tu..tu sei ancora scosso da quello che è successo oggi. Ho bisogno che tu sia lucido, non posso rischiare di cedere se non ho una minima sicurezza”

“Ti prego, non farmi questo. Non rifiutarmi, non più. Sono sicuro, non lo sono mai stato cosi tanto in vita mia.”

“Non ti sto dicendo di no Edward. Sto solo dicendo non adesso, non dopo quello hai passato oggi.”

“Mi stai dicendo..- esitò qualche secondo- mi stai dicendo che ce una possibilità?”

Aspettai qualche secondo prima di rispondere, volevo esserne davvero sicura “si, ma ogni cosa a suo tempo, non possiamo più sbagliare”.

 

Tornare a casa quella sera fu una delle cose più difficili che avessi mai fatto. Vederlo così vulnerabile mi aveva davvero toccato e baciarlo mi aveva fatto realizzare quanto davvero mi mancasse. 


 

 

“Questa parete potrebbe essere demolita, così che si venga a creare un unico spazio molto più luminoso- Stavo mostrando un appartamento ad una giovane coppia sposata ma quel giorno non riuscivo proprio a concentrarmi al 100%-e di qua invece abbiamo la zona not..” mi interruppi bruscamente quando notai Edward all’ingresso delle casa: era forse un’allucinazione? 

“Scusatemi un attimo-sorrisi ai due coniugi- Edward cosa ci fa qui?”

“In ufficio mi hanno detto dove trovarti. Dovrei parlarti un attimo”

Voltai la testa in direzione dei mie clienti “Sto lavorando...” dissi con fare ovvio. Che diavolo era venuto a fare? 

“Fai pure, io ti aspetto qui”

“Sicuro? Non so quanto ci vorrà...”

“Certo. Sarò qui fuori..”

Se prima mi sentivo deconcentrata, la presenza di Edward aveva solo peggiorato la situazione. Cosa diamine voleva? Tornai dai due giovani, i quali sembravano davvero apprezzare l’appartamento. Dopo aver mostrato loro tutto, presentarono la loro richiesta facendo un offerta formale. Ci vollero altri 10 minuti per compilare tutti i documenti, mentre scrivevo mi domandavo se Edward fosse ancora li fuori ad aspettare (era passata una mezz’ora buona).

Quando la coppia si congedò e aprì la porta ebbi la risposta: era ancora lì.

Salutò educatamente i due.

“Devo chiudere le finestre” dissi indossando il mio impermeabile Burberry color panna.

“Ti aiuto”

“Che è successo? Ti senti ancora debole?”

“No, mi sento meglio a dire il vero- era teso, terribilmente teso- però se dovessi morire presto...-a quelle parole levai inevitabilmente gli occhi al cielo. Era davvero ipocondriaco- vorrei prima riuscire a dirti delle cose che non sono ancora riuscito a dirti” oltre che teso iniziava a essere terribilmente agitato. Ok da comica la situazione stava diventando seria?

“Cioè?”

“Abbiamo perso troppo tempo dietro alle cose sbagliate Bella, potevamo fare di più per salvare la nostra famiglia”

Spinsi un porta finestra per chiuderla e le parole uscirono senza nemmeno pensare “sei tu quello che ha messo la nostra famiglia dopo tutto, soprattutto dopo la carriera. Sei tu quello che ha definito il nostro matrimonio una prigione”. Il mio tono era pacato. Mi incamminai verso un’altra finestra, non volevo arrabbiarmi, non volevo che andasse a finire come le altre volte che provavamo a parlare, stavo semplicemente ricordandogli come erano andate le cose.

“Erano cazzate”

“E quando l’hai capito? Mentre stavi per schiattare?” Mi morsi la lingua un secondo dopo aver parlato. Perché doveva insistere? Ero stata chiara due sere prima: era ancora troppo presto. Volevo che quando avesse pronunciato quelle parole sarebbe stato veramente sicuro, non impaurito. E lui che faceva? Si presentava all’improvviso 48 ore dopo, facendo come al solito di testa sua. 

“No! L’avevo già capito.. io ho provato in questi mesi a dimenticarti”

“Me ne sono accorta!- risposi acidamente, l’immagine della biondina del ristorante si parò davanti ai miei occhi- con quante donne sei andato a letto?”

“E tu con quanti? Lo so che l’altra sera eri ad un appuntamento” Ah.

“E io per una sera ci sono riuscita a dimenticarti!” Bugia. Perché volevo ferirlo? Probabilmente perché avevo davanti agli occhi l’immagine di mio marito in mezzo a modelle alte 1.80. 

“Io nemmeno per quella!”

“Bhè mi dispiace per te”

“Quindi è una cosa seria? Cosa c’è? Vuoi farmi venire un altro attacco di cuore?”

“Edward” lo ammonì seria, stava decisamente oltrepassando il limite. 

“Potresti essere felice con lui?” Mi ero vista con James una sola volta e lui già mi vedeva costruire una seconda famiglia? Ma poi...Come diavolo eravamo arrivati a parlare del mio appuntamento con James, come diavolo faceva a saperlo? Mi aveva invitata a cena fuori e senza rifletterci troppo avevo accettato. Era un bell’uomo ed era piacevole passare del tempo con lui. Recentemente mi ero ripromessa di non precludermi niente, di fare quello che mi sentivo e così avevo fatto. Per tutta la sera sfortunatamente pensai a Edward e in più non feci altro che sentirmi terribilmente in colpa ad aver accettato quell’invito.

“È buono” dissi la prima cosa che mi venne in mente. Volevo farlo ingelosire anche se il discorso non aveva senso dal momento che avevo stabilito che tra me e James non poteva che esserci una bella amicizia.  Ma questo lui non lo sapeva.

“Che cazzo vuol dire che è buono?” Stava alzando la voce. 

“È già molto, dopo aver avuto a che fare con te” si ero ingiusta, tanto ingiusta. Ma il fatto che non avesse ancora risposto alla domanda che gli avevo posto poco prima mi aveva fatto perdere la testa. Ed ero anche gelosa. Terribilmente gelosa. Ingiusta e gelosa. 

“Perché me l’hai tenuto nascosto?”

“Perché non ha significato niente!” Confessai, chi diavolo era quell uomo insicuro davanti a me? Era una tecnica? Fermate la giostra non ci capisco più niente e voglio scendere.

“Hai idea di come mi sia sentito?” Urlò quasi. 

“Abbassa la voce. Non dovevi saperlo..” tentati di giustificarmi in qualche modo, non so nemmeno io perché.

“Ora si che mi sento meglio..” 

“Fottiti”

“Fottiti tu. Smetti di fare la maestrina e ascoltami”

“Cosa sei venuto a fare? A riconquistarmi insultandomi e mandandomi a quel paese ?”

“Ho provato soltanto a dirti quello che pensavo fosse importante..” sembrava così triste adesso. 

“Hai fatto male. Evidentemente non sei ancora pronto- spinsi l’ultima porta finestra e lui mi aiutó, eravamo così vicini che riuscivo a sentire in suo profumo. Decisi di calmarmi e di indirizzare la nostra conversazione da un altra parte: ero stanca di litigare- ti ho detto di agire con calma e tu ti presenti qui 48 ore dopo!”

“Per me queste 48 ore sono sembrate 48 giorni - esagerato come sempre, non riusciva Ad avere mezze misure. Sorrisi- puoi fermarti a pensare e magari anche apprezzare che sto aspettando fuori dalla porta da un ora, quando dovrei essere in ufficio? Non vuol dire niente questo per te?”

“Certo! Vuol dire qualcosa! Non mi sono dimenticata del nostro bacio, anche quello ha voluto dire tanto per me ma non puoi volere tutto subito! Ho bisogno di costanza, ho bisogno di sapere che se torniamo insieme non commetteremo gli stessi errori. Sto facendo la mia parte, io ci sto lavorando su, sto provando a smussare la mia testardaggine, sto provando a correggere i miei difetti per essere pronta”

“Non voglio che correggi niente! L’ho capito adesso che vi ho perso, non voglio che cambi..voglio solo tornare a casa”

Volevo interrompere quelle conversazione il prima possibile, avevo bisogno di leggerezza e spensieratezza dopo quelle giornate piene di emozioni. Avevamo fatte dei passi avanti, die grandi passi avanti ma bastava un niente per tornare indietro.

“Non ho più voglia di  parlarne- il suo sguardo diventó triste, prima di aprirsi in un sorriso sghembo quando sentì le parole che pronunciai dopo- ho fame Cullen, mi porti a pranzo?” Dovevo sapere disinnescare, lui aveva cominciato già a dimostrarmi che io e Lizzie eravamo davanti al suo lavoro, aveva imparato a chiedere scusa e a rispettare i miei spazi. A modo suo aveva anche allentato con la mania di controllo, stava imparando ad essere paziente (a modo suo). 

Ora toccava a me.

  
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