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Autore: Roberto Turati    15/03/2021    0 recensioni
Una storia ideata e scritta da Edivad, un content creator italiano di Monster Hunter, revisionata da me. In seguito ad un'attiva collaborazione tra me e lui, abbiamo inserito questa biografia del suo personaggio nell'AU della mia serie "La Commissione di Ricerca", in cui si muovono i miei protagonisti.
 
Edivad Elativ è il figlio di Zovemi, il celebre cacciatore che salvò il villaggio di Moga dai terremoti provocati dal mastodontico Ceadeus. Ma il giovane è sostanzialmente diverso dal genitore: non è fatto per la vita da cacciatore, bensì per quella del ricercatore. Nel suo tentativo di tracciare il proprio percorso, la sua vita non sarà affatto priva di momenti dolorosi e la via accidentata, dopo anni, lo porta prima ad unirsi ad una particolare squadra di cacciatori e poi ad imbarcarsi clandestinamente per il Nuovo Mondo, con la Commissione di Ricerca. Quali dolori ha patito, quali demoni ha affrontato nel corso della sua tormentata carriera?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Commissione di Ricerca'
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Edivad planò col mantello aliante e giunse al suolo. Si guardò intorno e annusò l’aria: tutto era nella norma, tutto era tranquillo. Prese il quaderno che conteneva le sue note di caccia e la mappa disegnata progressivamente a matita dell’isola, su cui stava man mano segnando le coordinate delle varie falde acquifere, come aveva stabilito per quel giorno. Mentre era assorto nei suoi pensieri, sentì a qualche kilometro di distanza dei tonfi tremendi. 

“Provenivano da Ovest. A Ovest c’è il bioma corallino!” rifletté.

Senza indugiare un istante, fischiò forte ed una femmina di Kestodon che aveva addomesticato alcuni mesi prima lo raggiunse.

«Forza, bella, portami ai grandi coralli!»

Ricevuto l’ordine, la Kestodon iniziò a trottare. Edivad si voltò verso il sottobosco, dove intravide il suo compagno Felyne che si era distratto ad inseguire una sfarfalla blu, non sapendo resistere ai suoi istinti da Lynian.

«Ah, sei inutile, Stiles! Stasera col cavolo che ti faccio annusare il rametto di felvina!»

La Kestodon arrivò in pochi minuti sull’altura del bioma corallino e, al suo passaggio, delle Talpy che saltellavano allegre fuori dalle loro buche si infilarono di corsa nel terreno. Edivad smontò e si affacciò subito sulla radura corallina che si vedeva oltre quella sporgenza. Ciò che vide lo lasciò senza parole: laggiù c’era un Rajang, il primo che avesse mai avvistato sull’isola dal clima misto e nel Nuovo Mondo. La creatura urlava al cielo a pieni polmoni, con le zampe anteriori che pian piano si tingevano di un rosso scarlatto, indurendosi. Dopo il ruggito, il Rajang scagliò un pugno a piena potenza contro una cacciatrice che lo stava fronteggiando, gettandola a qualche metro di distanza.

«Dannazione! Sono arrivato troppo tardi!»

Ma rimase senza parole quando vide che quella ragazza dai capelli corvini, nonostante il colpo, si stava rialzando, per quanto facesse fatica. Iniziò ad avvertire una forte tensione nell’aria, quasi schiacciante, come se quello che stava guardando in quel momento non fosse un esemplare femmina di essere umano, bensì qualcosa di estremamente più potente, qualcosa di pericoloso. Era la stessa sensazione che aveva provato quando si era trovato di fronte l’Alatreon, in quel giorno ormai lontano ma sempre vivido nei suoi ricordi.

Rimase impietrito per qualche istante. I suoi muscoli non reagivano, la sua mente navigava in una serie di immagini di ricordi atroci, mentre una voce femminile si faceva sentire, prima debole, poi sempre più forte e sempre più insistente:

“Aiutala. Aiutala. Riprenditi! Salvala! Muoviti!”

Il suo nome rimbombò, quasi come un martello che spacca una campana che, assordante, risuonava senza sosta. Scosse la testa, si guardò intorno e vide delle noci scoppio per terra. Ne afferrò alcune e le caricò nella sua  fionda. Si tuffò di sotto e, mentre il pelagus caricava a testa bassa, scagliò con precisione chirurgica i proiettili sulla testa del mostro, arrestando la sua corsa. Ruzzolò per due metri all’atterraggio, frapponendosi tra il Rajang e la ragazza. Si voltò dapprima indietro, per constatare che la cacciatrice fosse effettivamente viva, dopodiché ripose nuovamente lo sguardo verso la creatura scimmiesca. Gonfiò il petto in segno di sfida e assunse una posa quasi simile a quella del primate. Estrasse lo scudo prima, la spada poi, e con fare fiero e sbeffeggiante lanciò la sua sfida con una frase ad effetto:

«Avanti, fatti sotto!»

Il Rajang, dimenticando la cacciatrice, si concentrò su di lui e provò a schiacciarlo con un pugno a martello. Il cacciatore schivò agilmente e rispose sbattendogli lo scudo sulla mascella, spaccando uno dei canini inferiori. Il Rajang tentò di schiacciarlo a terra con una testata, ma anche quel colpo andò a vuoto e l’uomo rispose ferendogli più volte un braccio. Il mostro compì una giravolta che lo travolse e lo fece finire gambe all’aria, ma Edivad si alzò subito e gli tirò un’altra noce scoppio. Infuriato, il Rajang cominciò a tirare pugni all’impazzata, ma non riusciva a prenderlo perché l’avversario si mantenne sempre dalla parte dell’occhio sinistro, che sembrava essere stato cavato poco tempo prima, impedendogli di vederlo bene. Dopo aver ricevuto un’altra mazzata con lo scudo e aver perso un dito (gliene erano state già tagliate due) per via di un fendente, il Rajang vide che l’uomo si era spostato a ridosso di una parete di calcare, sfidandolo a colpirlo. Subito, si precipitò da lui e colpì, mancandolo; il braccio affondò a metà nella parete, ma non fu difficile sfilarlo. Il figlio di Zovemi fece un sorrisetto, dal momento che il Rajang ci era cascato in pieno. Lo scimmione sentì un rumore preoccupante, guardò la parete e tutto il costone roccioso gli franò addosso, seppellendolo. 

Edivad, a questo punto, pensò di andare a soccorrere la cacciatrice che aveva visto da lontano, mentre se la vedeva col Rajang. Non aveva fatto in tempo a raggiungerla prima che ricevesse quel brutto colpo, ma forse era ancora in tempo per aiutarla. Però decise di accertarsi che il Rajang fosse morto, prima. Così spostò le macerie fino a scoprire il suo faccione ferito e fece per sferrare il colpo di grazia… ma, all’improvviso, il mostro spalancò l’occhio e lo afferrò per la gola con una mano, iniziando a soffocarlo mentre emergeva del tutto dalle macerie. Facendo lo sforzo di non sprecare la poca aria che gli era rimasta in corpo e resistendo al dolore delle sue costole che venivano schiacciate, cercò di liberarsi infilzandogli il braccio più volte, ma non funzionava. Il Rajang sollevò l’altro braccio per colpirlo, ma d’un tratto… qualcosa saltò addosso al Rajang, avvolgendogli il collo con due esili, ma fortissime braccia, e lui fu lasciato andare.

“Ma cosa…” pensò.

La cacciatrice era riapparsa di colpo e stava strangolando il Rajang con le sue forze. Non gli sembrò vero: come poteva essere così forte? Eppure, il Rajang sembrava davvero soffocare; lo scimmione sbatté il dorso contro il muro per liberarsi di lei, ma non funzionò. La cacciatrice, sotto lo sguardo sempre più attonito del nuovo arrivato, morse l’orecchio del Rajang e lo strappò con uno strattone. Il mostro riuscì a prenderla e la sbatté per terra, ma lei non fece una piega. Si rialzò in tutta tranquillità e lo colpì con un pugno, facendolo finire lungo disteso. Edivad era sconvolto: quella non era una donna normale. A quel punto, poté vederla bene ed ebbe un piccolo sobbalzo dalla sorpresa: gli occhi della ragazza erano due tizzoni ardenti e rossi come il sangue, tanto da sembrare quasi quelli di un Nargacuga. Le vene sulle sue guance, sull’addome scoperto per l’armatura rotta e sugli arti erano in leggero rilievo ed erano cremisi, disegnando una specie di rete sulla sua pelle. 

«Fa male, eh?! Ti ho fatto male, bastardo?!» gridò lei, inferocita e folle.

Raggiunse di corsa il Rajang ancora steso e, con un semplice calcio, spaccò il corno destro. A quel punto, lo raccolse, lo sollevò e infilzò il cuore del Rajang, affondandolo nella carne quasi del tutto. Uno schizzo di sangue la imbrattò da capo a piedi, mentre lo scimmione emise un sospiro gorgogliante prima di chiudere il suo unico occhio e morire. Il cacciatore era senza parole.

La donna, avendo soddisfatto la sete di sangue, si inginocchiò e prese ad ansimare freneticamente per calmarsi, come al solito. Mentre si puliva la faccia dal sangue, si girò e guardò Edivad. Il modo in cui la fissava, un misto fra perplessità, soggezione e paura di lei, sembrò darle sui nervi.

«Che hai da guardare? Io non sono un mostro, anche se mi vedi senz’altro così!» ringhiò.

Lui rimase in silenzio qualche secondo, poi provò a risponderle: 

«Ecco, stavo cercando falde acquifere qui in zona, poi ti ho vista da lontano e sono venuto a…»

«Lasciami stare!» esclamò lei.

«No, aspetta, sei della Commissione di Ricerca? Come avete fatto a trovare quest’isola? Pensavo che ormai non…»

«Voglio stare da sola. Per favore, va’ via»

«Scherzi? È la prima volta che vedo una persona da…»

«Via!» gridò lei, furente.

Colto alla sprovvista, il figlio di Zovemi portò d’istinto la mano all’elsa della spada, ma si trattenne. Lei, capendo di aver esagerato, si impose di calmarsi. Chiuse gli occhi e respirò più a fondo e piano che poté. Finalmente, poco alla volta, la rabbia svanì, così come i segni estetici. Quando Edivad vide gli occhi e le vene di lei tornare “normali”, non ci capì più niente. La donna, tornata in sé, gli sorrise con imbarazzo:

«Perdonami! Non volevo trattarti così, è solo che… be’, è una lunga storia, non mi piace condividerla. Fatto sta che sono così, ogni tanto mi succede, quando caccio. Non volevo che mi vedessi così»

Lui, a quella rassicurazione, si rilassò a sua volta.

«Comunque, chi sei? Non ti ho mai visto»

«Be’, anche la mia è una lunga storia, tranquilla. Stai bene, comunque? Sei ferita?»

«Sono ammaccata, ma fa nulla. Non hai risposto alla domanda, però. Be’, io sono Ayla, della Quinta Flotta» ridacchiò, arrossendo e tendendogli la mano.

«Piacere, Ayla! Io sono Edivad» rispose lui, stringendogliela.


QUALCHE ORA DOPO…

Edivad accompagnò Ayla al suo rifugio, in cima ad una delle guglie dell’isola, che raggiunsero attraverso un percorso tortuoso scavato nella roccia dall’erosione. Era una semplice casa singola a un piano, in pietra e legno col tetto di paglia; non era affatto fatiscente, anzi: era ospitale quasi quanto gli alloggi privati di Astera. Era evidente che lui aveva avuto parecchio tempo per lavorarci. Le diede delle fasciature e delle scaglie di pesce sushi per curarsi e lei, mentre si medicava, guardava il panorama dell’isola dal bordo del ripiano su cui era stata costruita la casa, a kilometri di altezza.

«E così, sei venuto con la Terza Flotta e ti trovi nelle Terre Guida da tutti questi anni?» chiese, dopo aver sentito il suo breve racconto.

«Sì. Una volta ho trovato una galleria che non era segnata su nessuna delle mappe, la Prima Flotta diceva che era sicuramente opera della Kulve Taroth. Ho scoperto che ce n’erano di simili in tutte le regioni del continente, poi ho visto che diversi mostri ci entravano, senza mai uscirne»

«Strano»

«Un giorno ho organizzato una spedizione in solitaria per seguirli e mi sono ritrovato qui. I mostri sono attratti da quest’isola per la sua abbondanza di risorse. E poi, siccome ci sono diversi climi, ognuno può trovare il suo posto»

Quello era molto interessante: la Kulve Taroth aveva collegato tutti i luoghi del continente tra loro e li aveva pure connessi alle Terre Guida, facendone il Paradiso terrestre a libero accesso per tutti i mostri del Nuovo Mondo. Era sorprendente tanto quanto il fatto che si trattasse di uno Zorah-Magdaros fossilizzato.

«Ma perché non sei mai tornato? Non riesci a capire come percorrere le gallerie al contrario?» chiese lei.

«Eh, un sacco di cose; un po’ è per quello. Non è tanto questione di perdersi: gli insetti-guida sono utili, laggiù, il fatto è che i mostri in viaggio vanno quasi letteralmente a sbatterti in faccia ed è veramente un problema, perché sono sempre parecchi. E poi non voglio veramente andarmene, non ancora. Qui le risorse sono uniche, i mostri hanno comportamenti del tutto differenti perché devono adattarsi alla convivenza con specie che di solito non vedrebbero mai: ogni cosa, sull’isola, è completamente diversa dal resto del Nuovo Mondo. Voglio studiare per bene tutto, prima di tornare alla base»

Infatti, Ayla aveva visto che il muro accanto al suo letto di foglie era letteralmente tappezzato con fogli di appunti, disegni di mostri, cartine dei mini-biomi, una ricostruzione della rete di gallerie nel sottosuolo dell’isola fatta con dei fili rossi e quant’altro. Gli angoli “vuoti”, poi, erano praticamente delle esposizioni da museo di fossili, pezzi di minerali, parti di mostro, campioni floreali e piante in vaso. Quel tizio aveva battuto palmo a palmo tutte le Terre Guida fino ad imparare ogni singolo dettaglio sul loro ecosistema; anche se lui scoprì solo grazie a lei che la Gilda aveva deciso di chiamare quell’isola “Terre Guida”. L’unico contatto che aveva ancora coi capi della Prima erano i rapporti che mandava mensilmente con un Avis glaciei che aveva addomesticato.

«Immagino che ti sia sentito al settimo cielo a vedere delle persone dopo tutto questo tempo, eh?» disse Ayla.

«Direi di sì! Però non tornerò alla base, anche se la Commissione ha cominciato a mandare dei cacciatori regolarmente sull’isola. Anzi, adesso mi chiedo se il mio rifugio sia abbastanza nascosto»

«Perché? Sembra quasi che ti stia nascondendo»

«È più o meno così, a dirla tutta»

«Posso sapere perché?»

«Presto o tardi lo saprai. Per ora, comunque, vorrei che parli di me solo al Comandante, all’Ammiraglio e al Segugio, per piacere. Non dirlo a nessun altro!»

«Ma perché?»

«Tu me lo prometti?»

«Io… ehm… d’accordo, prometto che lo sapranno solo quei tre»

«Grazie»

A quel punto, Ayla guardò il Sole ormai al tramonto e batté le mani, avviandosi:

«Be’, penso che la mia squadra sia in pensiero per me, al momento, quindi tornerò al campo. È stato un piacere conoscerti, Edivad! Scusa ancora per come ti ho trattato, giuro che non dipende da me»

«Non ti preoccupare. Ah, potresti salutarmi gli Eroi di Kokoto? Io ero con loro, prima di venire qui»

«Ah, vuoi dire la squadra di Kahlmuxon?»

«Proprio loro»

«Lo farò: io e i ragazzi ci abbiamo collaborato, una volta. Era per le ricerche sulla Kulve Taroth. Sono davvero una bella squadra, anche se non erano al completo. Però non ti hanno mai menzionato»

«Ah, quello è perché gli ho detto io di non preoccuparsi. Tanto sapevano già tutto attraverso le mie lettere, per loro è come se non fossi mai sparito»

«Mh-hmm»

«Ascolta, c'è un'altra cosa: probabilmente sarà tornata nel Vecchio Mondo, però se la vedi salutami anche Raven! È una buona amica, ci tengo tanto»

«Raven? Scusa, non so chi sia. Non c’è mai stata, da quando sono approdata con la mia Flotta»

«Ah, è già tornata a Pokke, peccato. Oppure è finalmente riuscita a trasferirsi nella Frontiera? L’ultima volta non parlava d’altro»

«Chi è?»

«Una cacciatrice espertissima: ricordo che una volta il Mastro Cacciatore si è tolto l’elmo e le ha fatto un cenno di omaggio per quanto la ammirava!»

«Addirittura? Mi sembra strano non averla mai sentita nominare»

«Ecco, non è che facesse granché per rimanere famosa: è simpatica, ci mancherebbe, però non è una che fa il primo passo. Il Nuovo Mondo non sembrava convincerla più tanto, da quel che ricordo»

«Capisco. Anch’io sono così, molte volte»

«Oh, scusa, sto divagando! Be’, ti lascio andare. Ci si sente!»

«Ciao»

Ayla chiamò un Mernos e cominciò a farsi riportare all’accampamento nel bioma tropicale, planando giù dall'altura. Nel frattempo, Edivad la fissò sul ciglio del dirupo, riflettendo. Gli era venuta in mente una cosa, parlando con Ayla.

“Possibile che questa Ayla sia la figlia dei due Grantalenti della C Maiuscola? Con quegli occhi, quella forza, quella rabbia... no, meglio non darlo già per scontato” pensò, scuotendo la testa.

Mentre le prime stelle apparivano in cielo, tornò nella casa e si chiuse dentro, andando ad aggiornare la mappa delle Terre Guida aggiungendo il nuovo passaggio per il vulcano, aperto dal Rajang. Magari un giorno avrebbe provato a provocare un mostro per fargli creare una scorciatoia per il bioma glaciale, visto che era il più difficile da raggiungere facendo il giro.

   
 
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