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Autore: __Lily    24/03/2021    1 recensioni
«Come potresti essere un mostro? Chi te lo ha detto?»
Mi strinsi nelle spalle.

Quella volta stavo giocando con Asuka non lontana da casa e lei era andata a riprendere la palla che era rotolata lontana, degli uomini ci videro e uno di loro disse «sono le figlie di quel demone, altri due piccoli mostri.»

Non ricordo il loro volto ma le loro parole non le ho mai dimenticate.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kagome, Naraku, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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SEI.





«Setsuna?»
«Nessuno.»
Mio zio si fermò e quindi anche io, sentii la sua mano stringere più forte la mia poi si sedette a terra.
«Non lo dirò a tuo padre e nemmeno a tua madre, non lo dirò a nessuno.»
«Io…»
«Lo prometto Setsuna.»
Lo guardai un po’ diffidente, avrebbe davvero tenuto il segreto?
«Sai quando ero un bambino nemmeno io ero accettato nel villaggio in cui vivevo, ho visto mia madre piangere per me ma ero troppo piccolo per capire e poi quando è nata Kikyo ho capito e mi sono chiesto se sarei stato in grado di evitarle quella sofferenza.»
Era la prima volta che lo sentivo parlare così, la mamma mi aveva parlato di nonna Izayoi, io, Asuka e Kikyo avevamo degli abiti che lei aveva fatto per noi.
«Non ricordo i loro volti ma… ci hanno chiamate mostri» ammisi con aria triste, era difficile dirlo ad alta voce.
«Chiunque sia stato si sbaglia, non sei un mostro» rispose mio zio facendomi una carezza.
«Lo so ma quella parola non riesco a dimenticarla, non l’ho detto nemmeno ad Asuka lei soffrirebbe più di me e io non voglio che soffra.»
«Sei una brava sorella. Setsuna devi promettermi che se accadrà di nuovo me lo dirai.»
«Davvero sarà un segreto? Non voglio che mio padre lo sappia si arrabbierebbe e la mamma e Asuka sarebbero tristi.»
«Non lo dirò a Sesshomaru, l’ultima cosa di cui Musashi ha bisogno è di un demone arrabbiato e non è un bene far arrabbiare tuo padre. Promesso?» domandò allungando la mano.
Annuii e la strinsi.
Si rialzò e prendemmo di nuovo a camminare.
«Cosa gli dirai allora? So che ti ha chiesto mio padre di parlarmi.»
«Sei una bambina sveglia, non preoccuparti inventerò qualcosa» rispose facendomi l’occhiolino.
Guardai il cielo, le nuvole spinte dal vento andarono a coprire il sole per qualche istante e prima ancora di rendermene conto arrivammo a casa nostra.
Fuori ad aspettarmi c’era Asuka che stava intrattenendo Jaken, finalmente anche lui era tornato al villaggio.
«Jaken!» lo chiamai e poi gli corsi incontro, ero così felice di vedere il mio amico kappa.
«Setsuna!» urlarono in coro lui e mia sorella.
«Com’è andata?» chiese lei prima ancora di fermarsi.
«Bene.»
«Ahh! Sono felice! Sono simpatici i compagni? E com’è lo zio di Hisui? Cosa hai imparato? E-»
«Asuka dalle il tempo di rispondere» disse mio padre raggiungendoci insieme alla mamma.
«Inuyasha grazie» disse mia madre sorridendogli «vi aspettiamo a cena una di queste sere, l’ho detto anche a Sango.»
«Riferirò il messaggio a Kagome» disse lo zio salutando con la mano, mi guardò un’ultima volta facendomi l’occhiolino e rimasi a guardare finché non lo vidi più.
La sua veste rossa e i capelli argentei come quelli di mio padre e Asuka sparirono oltre l’orizzonte, proprio mentre il sole stava calando del tutto e la notte iniziava a farsi avanti.
«Entriamo» disse mio padre.
Asuka mi prese per mano ed entrammo dentro.
«Hai fame Setsuna? Ho preparato del tè e ci sono i biscotti di zia Kagome.»
«Un po’» risposi, in effetti quel giorno avevo mangiato poco.
«Dai! Racconta!»
Guardai Asuka e il suo incredibile entusiasmo, non che io non lo fossi ma come al solito non riuscivo a esprimerlo come faceva lei invece, così le feci un piccolo sorriso che non sfuggì a nessuno e mi sembrò che persino mio padre stesse sorridendo.
«Sei stata bene con Kohaku?»
«Sì è un bravo maestro anche se oggi non abbiamo imparato molto.»
«Allora cosa hai fatto?» chiese Asuka prima di addentare un biscotto.
«Ecco il Sensei ha voluto formare delle squadre e ha detto che non si possono cambiare finché resteremo con lui.»
«Sensei? E’ strano sentirlo chiamare così.»
«Sì anche Kohaku lo ha detto questa mattina» rispose mia madre sorridente.
«Chi l’avrebbe mai detto che quel ragazzino sarebbe diventato un maestro? Se non fosse stato per voi e quella sacerdotessa nobile Sesshomaru ora sarebbe morto.»
«Kohaku merita di vivere e di essere felice» replicò mio padre guardando un po’ severamente Jaken.
«A me è sembrato felice» dissi.
«Anche a me tesoro. Hai detto che avete formato delle squadre? Con chi sei in squadra?»
«Hisui» risposi poi anche io mangiai un biscotto mentre tutti mi fissavano.
«Hiusi?»
«Sì padre, è stato lui a scegliermi.»
«Be’ non avevo dubbi che sarebbe stato lui» rispose la mamma.
Mio padre emise un picco ringhio ma tutto sommato non era dispiaciuto, conosceva bene Hisui e la sua famiglia e la mamma era contenta.
«Ho fatto questo mentre eri via» disse Asuka porgendomi un braccialetto.
«Dove le hai trovate queste perle?» chiesi meravigliata.
Erano così belle e luminose, riuscivo quasi a vedere il mio volto riflesso in quella superficie liscia e dura.
«Le ho chieste a papà, ne ho fatto uno anche per me e Kikyo così lo abbiamo tutte e tre uguali!»
Lo presi con delicatezza, non volevo che il lavoro di Asuka finisse sul pavimento.
«Grazie.»
«Ti piace?»
«Molto, me lo metti?»
Auka sorrise, prese il braccialetto fatto con le perle che nostro padre le aveva donato e me lo legò al polso.
Era solo un oggetto in più che dimostrava il nostro legame come il ciondolo, quel ciondolo serviva a tenere sotto controllo i nostri poteri e nostro padre ci aveva fatto giurare di non toglierlo mai.
«Il mio maestro ti rispetta molto» dissi a mio padre dopo che Asuka ebbe finito di legare il braccialetto «ha detto che tu sei un demone buono.»
«U-un demone buono? Ma cosa dice quel ragazzino insolente?» borbottò Jaken.
«Sì, perché proteggi il villaggio.»
«Ha detto così?»
«Sì ma lo sapevo già» gli risposi sorridendo.




Quella notte non riuscii a prendere sonno così rimasi sdraiata a fissare Asuka che dormiva tranquilla al mio fianco, ero così agitata per la lezione che mi aspettava, ero euforica all’idea di imparare altre tecniche di combattimento da qualcuno che non fosse mio padre o mio zio.
«Sembra che le piaccia» sentii dire a mia madre.
«Sì ma non vivere qui.»
«Credi che sia successo qualcosa?»
«Domani lo saprò» rispose mio padre.
«Be’ ora che la prima lezione è andata bene puoi stare più tranquillo.»
Lo sentii ridere, era così raro che lo facesse.
«Eri tu quella agitata oggi, molto più di Setsuna.»
«E’ vero… ora dobbiamo trovare qualcosa per Asuka.»
«Le piace aiutare, credo che non ci sia posto migliore per lei se non stare al fianco di Kagome e la vecchia Kaede. Se quella è la strada che vuole prendere…»
«Non ti piace l’idea?» chiese mia madre e sentii un po’ di preoccupazione nella su voce, nel frattempo mia sorella si voltò e disse qualcosa ma spesso parlava nel sonno.
«La sosterrò sempre qualunque sarà la sua scelta, non pretendo che si getti nella mischia ma voglio che sia in grado di difendersi se dovesse servire.»
«Lo voglio anch’io, l’idea che possa trovarsi sola e in pericolo… non riesco nemmeno a pensarci.»
Asuka non sarebbe mai stata sola, io sarei rimasta al suo fianco, io l’avrei protetta.
Quella notte diventai ancora più consapevole di quel ruolo, se lei non voleva combattere dovevo rispettare quella scelta e al tempo stesso essere io la sua protettrice, era giusto così e di certo non mi pesava.
Poi i miei pensieri si focalizzarono su Hisui e la sua scelta che ancora non comprendevo.
Poco dopo mi addormentai ripensando alla giornata trascorsa.
Era normale per me svegliarmi al sorgere del sole, mi piaceva vedere come tutto si colorasse e di come la vita tornasse a farsi sentire, la mia mano era stretta a quella di Asuka ma feci attenzione a non svegliarla.
Mi guardai intorno e vidi che la mamma stava ancora dormendo e anche Jaken ma mio padre non c’era.
Mi alzai e uscii fuori sapevo che si stava allenando.
I raggi del sole nascente illuminarono i suoi capelli argentei e la sua spada, i suoi movimenti erano così fini e aggraziati e ogni volta che lo vedevo allenarsi rimanevo meravigliata era come se stesse danzando, i suoi movimenti erano tanto aggraziati quanto letali.
Avrebbe potuto uccidere chiunque senza scomporsi.
Smise poco dopo anche se si era accorto che lo stavo osservando.
«Come ci riesci?» chiesi io.
«A fare cosa?»
«Non so come spiegarlo ma i tuoi movimenti sono perfetti» dissi ancora meravigliata.
Mi raggiunse e posò la mano sulla mia testa.
«Esercizio, piano piano ci riuscirai anche tu.»
I suoi occhi dorati fissarono il cielo per qualche istante, non lontano da noi gli uccelli avevano preso a cinguettare e vidi non troppo distante da dove mi trovavo delle lepri che correvano sull’erba fresca della mattina nascente.
«Oggi ti accompagno io.»
«Sul serio?»
«Sì» mi rispose risoluto.
Musashi non piaceva molto nemmeno a mio padre, l’unica ragione per cui ci vivevamo era perché la mamma era cresciuta lì e teneva a quel luogo e ai suoi abitanti.
«Il mio Sensei sarà felice di vederti.»
«Sono passati molti anni dall’ultima volta in cui ho visto Kohaku.»
«Non vedo l’ora di imparare cose nuove!»
«Ero sicuro che ti sarebbe piaciuto» disse guardandomi negli occhi.
«Molto e poi il Sensei parla spesso di te padre.»
«Kohaku da troppa importanza ad alcune cose accadute in passato, mi attribuisce meriti che non ho.»
«Ma Jaken e la mamma dicono di no e poi anche altri dovrebbero ringraziarti» gli dissi in tono serio.
«Per cosa?»
«Perché difendi il villaggio, se gli altri demoni non attaccano è perché tu sei qui.»
Vidi una piccola scintilla nei suoi occhi e la sua bocca si curvò in un lieve sorriso.
«Setsuna ci sono molte cose che ancora non sai e se le sapessi cambieresti parere su di me, un tempo ero molto diverso da come sono ora.»
Non dissi nulla, era così raro che parlasse del suo passato.
«C’è stato un tempo in cui disprezzavo gli umani e i mezzidemoni, non comprendevo perché mio padre avesse sacrificato la sua vita per una donna umana e incolpavo Inuyasha per la sua morte, ho commesso degli errori non sono perfetto come credi.»
«Ora lo sei» risposi prendendo la sua mano, esitò qualche istante poi la strinse nella sua.
«Sono molto lontano dalla perfezione, se c’è qualcuno che è perfetto quel qualcuno è tua madre. Non credevo di poter amare qualcuno finché non ho incontrato lei e finché non siete nate voi e Kikyo.»
«Diventerò più forte di così padre, sarai orgoglioso di me anche se non sono un demone» dissi.
«Non devi diventare più forte per me e poi sono già orgoglioso di te Setsuna, lo sono dal giorno in cui sei nata. Sia tu che Asuka siete perfette così come siete e non dovresti desiderare di essere diversa.»
Gli sorrisi felice di quelle parole, quando ci voltammo per rientrare vidi mia madre sulla soglia della casa con una coperta sulle spalle che ci sorrideva.
Ci venne incontro, baciò prima mio padre e poi me.
«Tuo padre ha ragione, sei perfetta così come sei e noi siamo già molto orgogliosi di te e anche di Asuka. Se vuoi continuare a seguire i corsi di Kohaku devi farlo solo per te stessa Setsuna» mi disse spostandomi una ciocca di capelli scuri come i suoi dietro all’orecchio.
«Sì madre voglio farlo per me.»
«Bene, avanti rientriamo ora tra poco tua sorella e Jaken si sveglieranno.»
Sorrisi a tutti e due e poi corsi in casa per svegliare Asuka mentre i miei genitori approfittavano di quei piccoli momenti per scambiarsi qualche effusione.








 

Vi saluto come sempre e vi lascio con una piccola anticipazione.

 

Non mi fermai, ero piena di rabbia e volevo sfogarmi, liberarmi, tirarla tutta fuori o altrimenti sarei esplosa.
«Dillo ancora, codardo! Dillo!»
Sentii le braccia di mio padre afferrarmi e sollevarmi mentre ancora furiosa prendevo a calci l’aria e il vento mi soffiava sul volto accendendo ancora di più le mie guance rosse di rabbia e di vergogna.
Rabbia per tutti i commenti che avevo sentito negli anni ma che solo di recente avevo capito cosa davvero significassero, rabbia perché quegli stolti non riuscivano ad accettare la nostra diversità, rabbia perché nonostante mio padre difendesse il villaggio loro lo insultavano, rabbia per il modo in cui chiamavano mia madre nonostante fosse sempre buona e gentile con loro.

  
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