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Autore: tonksnape    27/08/2009    3 recensioni
Seconda parte di una fic scritta poco prima dell'uscita del settimo libro, basandosi sulle anticipazioni. La prima parte è di qualche mese fa. Buona lettura.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4.

 

Qualche ora dopo Severus e Tonks erano distesi a letto, nella camera di Severus.

Tonks era rannicchiata contro il suo petto, godendosi il calore del corpo di Piton contro il proprio. Lo avvolgeva con le braccia e con le gambe, gli occhi chiusi contro la sua spalla.

“Vuoi rimanere qui a dormire?” Severus era disteso sulla schiena, una gamba piegata sul letto e un braccio sopra gli occhi.

Tonks era così stanca che non riuscì a comprendere subito la domanda e rispose con un grugnito privo di senso. Piton sorrise al soffitto, senza togliere il braccio dal volto. Era piacevole sentire il corpo di una donna, di quella donna, abbandonato contro il suo.

Quando se n’era andato da lei era sicuro della propria morte. Intendeva tradire Voldermort e questo non gli avrebbe lasciato scampo.

L’ultimo colloquio che aveva deciso di fare con Harry Potter gli serviva solo per potergli spiegare quanto Silente aveva spiegato a lui, ma era stato il ragazzo che l’aveva stupito con informazioni tali da togliere il fiato.

Lo aveva ascoltato con una sensazione di gelo che gli attraversava il corpo, un misto di terrore e stupore per quello che Voldemort era riuscito a fare. Quando Harry gli aveva posto il problema del serpente e di come poterlo raggiungere si era sentito di nuovo esaltato dalla possibilità di riscattare l’errore fatto tanti anni prima. Harry non l’avrebbe mai perdonato, ma percepiva una qualche forma di ammirazione verso di lui, probabilmente per la sua coerenza e tenacia.

Era stato Ron Weasley ad abbozzare il piano che poi avevano messo in atto.

In quel momento, proprio allora, si era accorto che la vita poteva essere ancora una scelta possibile. Era disposto a morire per sconfiggere l’Oscuro Signore, ma la presenza di Tonks aveva sconvolto ogni suo piano. Si era aggrappato a quella possibilità, cercando di non lasciarsi mai trasportare dalla speranza.

La mente di Voldemort era in grado di leggere ogni sua emozione, ogni suo ricordo. Aveva dato prova, in tanti anni, della sua forza nel opporvisi, escludendo molti dei suoi ricordi dalle invadenti richieste di lealtà di Voldemort e non temeva di fargli vedere dove aveva vissuto in quei pochi giorni, ma intendeva proteggere Ninphadora.

Per farlo aveva controllato le emozioni grazie alla sua esperienza. Quello che temeva era di sentire la voce di lei urlare il suo nome, ma era stata brava, la ragazzina e non aveva pronunciato parola.

In quel momento Tonks aprì gli occhi.

“Mi hai chiesto qualcosa?”

“Se ti fermi questa notte.”

“Sono stravolta dalla stanchezza, Severus…” Gli accarezzò il petto con una mano.

“Lo so, anch’io.” Coprì quella mano con la sua, togliendo il braccio dalla faccia.

Rimasero in silenzio per un po’.

“Ninphadora…”

“Mhm…?”

Piton si girò su un fianco per guardarla negli occhi. I capelli gli scivolarono su una guancia e lui li allontanò con un gesto infastidito.

Tonks lo guardò, in attesa. Quando la chiamava per nome era per avere tutta la sua attenzione.

“Se Voldemort ti avesse vista, anche solo nella mia mente, avrebbe colpito te per punire me. E non potevo permetterglielo. Capisco la tua rabbia e la tua delusione. Ma preferisco vivere con loro che senza di te.”

Tonks lo fissò per un momento. La rabbia accumulata dentro stava bollendo quanto l’acqua per il the. Bolle e bolle di tensione e di frustrazione. Gli si lanciò addosso, costringendolo a girarsi nuovamente con la schiena contro il materasso. La sentì piangere e tempestargli il petto di pugni.

Le fermò le mani con le proprie.

“Ehi! Fermati…” Gliele lasciò andare lentamente e lei rimase contro il suo petto, scossa dai singhiozzi.

“Ti odio!”

“Sei ripetitiva.”

“Sei un maledetto egoista!”

“Per aver scelto la tua vita invece della mia?”

“Non è così!”

“E come la vedi allora?”

Tonks si alzò, mettendosi seduta sui talloni, al centro del letto. Lo guardò per un attimo e poi scese, portandosi contro la finestra della camera.

Si strinse le braccia al petto e lo fissò.

Aveva i capelli scompigliati, gli occhi e il naso rossi.

“Mi hai messa da parte! Potevi parlarmene! Dirmi che c’era una possibilità! E invece mi hai lasciato credere che fossi morto, che non ti avrei mai più avuto tra le braccia!”

Piton si era messo a sedere sul bordo del letto e la guardava serio.

“Voldemort mi ha letto così tante volte la mente per assicurarsi la mia lealtà” le spiegò con pacatezza. “Tante volte ha guardato i miei ricordi, il mio passato. Non volevo che tu facessi parte di quello che poteva vedere.”

“Pensavo fossi morto!!” gli urlò Tonks, stringendosi ancor di più le braccia sul petto. “Ti ho pianto per giorni!!”

Piton la guardò in silenzio.

“Questo non posso cambiarlo, Ninphadora. Posso solo spiegarti perché l’ho fatto e dirti che lo rifarei.”

“NON ESSERE COSÌ RAGIONEVOLE!” gli urlò piangendo. Era scossa dai singhiozzi.

Piton rimase interdetto.

“Ninpha…” Era una domanda. Vedeva il suo dolore, ma non lo capiva e non sapeva come proteggerla.

Tonks si lasciò scivolare a terra, rannicchiandosi con la testa tra le ginocchia.

Allora Severus si alzò di scatto e le si mise accanto, abbracciandola.

“Ninpha… amore…” le sussurrò tra i capelli.

Lei lo guardò con gli occhi bagnati, il naso e le guance arrossate, le labbra che tremavano.

“Amore….” Le prese il volto tra le mani, imbarazzato e intimidito.

Lei continuò a guardarlo, come in attesa di qualcosa d’altro.

“Ti amo, Ninpha…”

Tonks chiuse lentamente gli occhi e lo abbracciò.

“Ti odio…” gli disse ancora, la voce soffocata che gli solleticava il collo.

Rassicurato da quelle parole, Severus la strinse a sé.

“Alzati,” le chiese dopo qualche secondo.

Tonks si alzò, pulendosi la faccia con la manica della maglietta. Sorridendo Piton le baciò gli occhi.

“Due volte in meno di un anno è abbastanza per me,” le disse di nuovo guardandola negli occhi.

Gli rispose con un sorriso tremolante.

La baciò di nuovo sugli occhi e fece scivolare le mani dai suoi fianchi alla schiena.

Tonks si appoggiò di nuovo contro il suo petto.

“Hai la camicia bagnata,” sussurrò.

“Lo immagino.”

“Te lo sei cercato, comunque.”

“Sì, lo so.”

“Sai sempre tutto, come quando eri il professore. Sei un rompiscatole. Sei fastidioso. Sei arrogante.”

“Allora perché mi ami?” le chiese sorridendo.

“Ti odio!”

“Ah, già.” Le baciò la testa. “Sono anche bugiardo. Insofferente. Intransigente.”

“Egoista.”

“Posso sperare in qualche aspetto positivo?”

“No!”

“Neppure per aver pensato a te prima che a me stesso?”

“Quando?” Tonks si staccò da lui e lo guardò.

“Mi hai ascoltato oppure no?” si inalberò Severus.

“Sempre,” gli rispose. “Anche quando spiegavi quelle stupide pozioni del primo anno. Sai, quelle che nessuno riesce a fare perchè sono troppo difficili.”

Piton sorrise.

“Non ci sei mai riuscita, vero?”

Tonks allungò le braccia fino a circondargli il collo.

“Eri pronto a morire per salvare me.”

Piton fece un piccolo cenno di assenso.

“Allora per il futuro, ricorda che preferisco morire che stare senza di te.”

Piton la fissò per alcuni secondi e scosse la testa.

“No, questo non lo accetterò.”

“Non mi interessa. È una mia scelta, non tua.”

La guardò un momento.

“Stai usando il mio ragionamento contro di me.” Aveva la voce arrochita dalla stanchezza e dall’emozione. La voce che Tonks sentiva quando pensava a lui, bassa, profonda. Sensuale.

“Più o meno…” gli sorrise. “Ma è una scelta che farei veramente.”

“Non per me, Ninpha. Io non ho nessuno a parte te, tu hai la tua famiglia e molti amici. Non saresti sola.”

“Senza di te?” chiese ironica.

Piton appoggiò la fronte contro quella della ragazza e chiuse gli occhi.

“È una discussione senza fine questa.”

“Sì. Possiamo pensare a dormire per ora.”

“Bene, perché credo che mi addormenterei anche in piedi.”

Si staccò da lei e le accarezzò una guancia.

“Vai a casa. Ci possiamo vedere domani sera?”

Tonks fece un cenno di assenso.

“Mangiamo con Remus?”

“Sì, direi di sì. Porta Hetta con te, così li guardiamo litigare.”

Tonks gli pizzicò una spalla.

“Ahi!”

“Non scherzare con i sentimenti altrui!”

“Io sono troppo ragionevole per sapere cosa sono i sentimenti,” le rispose.

Tonks scoppiò a ridere e lo baciò.

 

La sera successiva Hetta arrivò prima di Tonks, portando vino e dolce.

Piton era già  ai fornelli e un profumo di salmone affumicato si sentiva nell’aria.

“Maggiorana…” disse Hetta entrando in cucina.

Si erano salutati a distanza quando aveva suonato alla porta e Piton le aveva aperto con un colpo di bacchetta dopo averle semplicemente chiesto di identificarsi.

Anche accogliere gli amici diventava molto più semplice in tempo di pace.

“Sto pensando si aggiungere un po’ di paprika…” aggiunse pensieroso Piton. Si girò a guardarla. “Eleganti…” commentò.

Hetta sorrise.

“Erano mesi e mesi che non indossavo una gonna!” Fece un giro su se stessa per mostrare il vestito fiorito.

“Buona scelta.”

“Presumo sia un complimento!”

“Il migliore possibile.”

Hetta depositò una torta e una bottiglia di vino che aveva tra le mani.

“Tonks?”

“Deve arrivare a minuti. Remus è sopra che si fa una doccia.”

“Ah... avete cominciato con il Ministero?”

Piton si girò nuovamente verso di lei, allungandole un bicchiere di vino bianco.

“Ufficialmente. Con una discreta accoglienza per entrambi. Il Tribunale sta cominciando a viaggiare a pieno regime e la prigione di conseguenza. In realtà oggi abbiamo fatto solo riunioni e riunioni. Devo ancora andare ad Azkaban.”

“Professor Piton…”

“Severus.”

“Ok, Severus. Ho parlato con Kingsley e mi ha proposto di entrare nel gruppo che guiderà di Auror. Io…” Hetta abbassò lo sguardo un attimo, quasi arrossendo. “Pensi che possa farcela?”

“Hetta Miles!” Il tono di Piton era deciso. “Smettila di pensare a come lo avrebbe fatto tua sorella! Sei troppo grande per continuare  a sentirti inferiore a lei.”

“Mi hai sempre rimproverato per questo.” Sospirò. “Ma non riesco a non pensare che lei sarebbe perfetta per questo compito.”

“Ma non può farlo, Hetta. E non pensare di farlo come se fossi lei!”

Hetta sorrise e poi si morse le labbra.

“Lo ho già pensato…”

“Buonasera Hetta.”

Lei rigirò di scatto al suono della voce di Remus.

“Ciao,” rispose d’istinto, gli occhi spalancati.

“C’è del vino anche per me?”

“Prego.” Piton gli allungò un bicchiere. “Hai preso la pozione?”

“Sì, grazie di averla preparata.”

“Stai male?” chiese Hetta.

“Una notte al mese, di solito,” rispose Remus con leggerezza, ma irritandosi per quella mancanza di attenzione nei suoi confronti.

Hetta comprese all’istante il significato di quella frase.

“Siamo in luna calante…” disse perplessa.

“Puoi venire a cena ancora per qualche sera, allora…”

“Antipatico!” sussurrò Hetta con un tono perfettamente udibile.

Piton, appoggiato contro la cucina, li guardava ghignando, del tutto indifferente al pesce e alle verdure. Hetta era ancora seduta al tavolo e osservava apertamente Remus che, dalla finestra, guardava il cielo, quasi ad avere conferma della fase lunare.

“Come?” chiese Remus guardandola con apparente antipatia.

“Antipatico,” disse di nuovo lei a voce ben chiara. “Non metti certo a loro agio gli ospiti.”

“Un vero maleducato…” ironizzò Remus.

“Un vero lupo,” rispose lei.

“Colpo basso, Hetta.”

“Hai iniziato tu il gioco. Io ho solo chiesto se stavi male.”

“Per potermi controllare nelle notti di luna piena prendo una pozione che Severus mi prepara e che mi aiuta a risentire molto meno degli effetti della mia… mutazione…” spiegò Remus con voce tranquilla.

“Adesso capisco. Quando ti trasformi, stai molto male?”

“Scusa?”

Nella sua vita ben poche volte si era sentito chiedere qualcosa sul suo essere un lupo mannaro. Di solito le persone davano per certo che gli piacesse girare di notte in cerca di prede da mordere. Oppure avevano troppa paura per chiedere qualsiasi cosa.

James, Sirius, Lily si erano veramente preoccupati per lui. I suoi genitori. Silente. Minerva. Piton a modo suo, facendogli trovare la pozione senza che lui la chiedesse. Certamente nessuna donna, tra le poche che avevano condiviso del tempo con lui.

“Non è abituato alla gentilezza…” la informò Severus, girandosi verso i fornelli.

“Non sono abituato alla sua gentilezza,” lo corresse Remus.

“Neppure io alla tua! E non ne ho avuto ancora nessun esempio!” sbottò Hetta, alzandosi in piedi per fronteggiarlo.

Lo sguardo di Remus venne attratto, senza che potesse controllarlo, verso la scollatura del vestito. Non era particolarmente appariscente, ma si era spostata e si notava l’attaccatura del seno.

Arrossirono entrambi, guardandosi all’improvviso negli occhi.

Distolsero lo sguardo altrettanto velocemente e Hetta sistemò il tessuto.

Piton, meravigliato dal silenzio, si girò e vide due persone adulte, rosse in volto che cercavano di non guardarsi. Aggrottò le sopracciglia, pensieroso.

“Avete già finito di litigare?” chiese esplicitamente.

“Direi di sì,” gli rispose Remus. “Apparecchio la tavola.”

Muovendosi dando sempre le spalle a Hetta, sguainò la bacchetta e cominciò a far volare piatti e posate.

Piton cercò lo sguardo di Hetta, ma lei gli restituì un sorriso timido.

“Salve!”

Tonks si presentò in cucina in quell’istante.

L’estate sembrava aver colpito tutte le donne in quella serata. Anche Tonks indossava una gonna lunga e vaporosa e una maglietta attillata che la rendevano molto femminile. Piton l’accolse con uno sguardo ammirato, anche se apparentemente indifferente.

Lei gli sorrise orgogliosa.

E un pensiero colpì la mente di Piton. Tonks stava salutando Hetta e Remus le aveva appena fatto un cenno con la mano. Severus si avvicinò all’uomo curioso di avere conferma di quello che pensava.

“Credi che dovremmo vestirci anche noi per l’occasione?”

Indossavano entrambi pantaloni di cotone e maglietta, quanto di più comodo erano riusciti a trovare dopo una giornata di riunioni in camicia e pantaloni pesanti e fastidiosi.

“Quale occasione?” chiese distrattamente Remus.

“Non mi pare un vestito troppo trasparente,” commentò Piton, scegliendo l’approccio diretto.

Remus si irrigidì. Però quando si girò verso di lui, stava ridacchiando.

“Per un attimo le ho visto un po’ di più la scollatura, tutto qui.”

“Probabilmente se la guardi più spesso fa meno effetto…” commentò serio Piton.

Remus si girò a guardarlo con gli occhi spalancati.

Piton alzò le spalle.

“Tra noi due chi dovrebbe essere l’esperto?”

Da quando avevano iniziato a collaborare parlavano solo di lavoro e a volte del passato. Non si erano mai impegnati in conversazioni personali, tranne qualche commento ironico. Sapevano abbastanza l’uno dell’altro da riuscire ad immaginare, comunque, quale poteva essere stato il rapporto con le donne fino a quel momento.

Piton gli scoccò un’occhiata quasi paterna.

“Credo io…” gli rispose serio.

“Probabile…”

“Cosa è probabile?” chiese Tonks che, in attimo di silenzio, lo aveva sentito.

“Nulla,” minimizzò Remus con un gesto della mano. “Quanto manca alla cena, Severus?”

“Quando volete…” Piton tornò ai fornelli per dare un’occhiata a tutte le sue pentole.

Hetta e Tonks si guardarono un attimo e si misero a sedere.

“Come è andata la giornata?” chiese Tonks a Severus.

“Kinglsey deve ancora capire cosa significa guidare un Ministero. Tende  a comandare un esercito.”

“Direi che gli hai mostrato la differenza,” si intromise Remus, sedendosi a fianco di Hetta. “Sei stato l’unico a dare qualche parere diverso dal suo. Con la solita grazia,” si prese intanto il piatto del pesce, “ e credo che Kingsley non l’avesse ben preventivato.”

Remus guardò Hetta, mentre le serviva il pesce sul piatto.

“Grazie, basta così.”

“Esempio di gentilezza,” osservò Remus lasciando il piatto a Tonks.

“Dobbiamo dichiararci soddisfatti per la serata, allora,” commentò Hetta.

“Di cosa parlate?” chiese Tonks.

“Hetta mi ritiene un uomo antipatico e scortese.”

“Tu? Scortese? Ma se sei attento anche ai croccantini per il gatto di Hermione!”

“Sei più gentile con un gatto che con me?” Hetta appoggiò le posate e si girò a guardare Remus con espressione furiosa.

“Un gatto non ha la possibilità di lamentarsi se me ne ricordo un giorno ogni tanto…” commentò Remus, maledicendo l’intervento di Tonks, mentre si prendeva la sua parte di cena. “E se guardo il gatto non mi faccio distrarre dalla sua bellezza.”

Remus la guardò negli occhi.

Percepì il sorriso di scherno di Piton e l’espressione meravigliata di Tonks, anche senza guardarli.

Hetta non rispose nulla, ma non distolse lo sguardo dal suo, arrossendo leggermente.

“Grazie,” sussurrò.

Remus le sorrise e prese a mangiare.

“Credo che Kinglesy,” disse Piton per smorzare la tensione che si era creata, “preferisca pensare di avermi chiamato a collaborare anche per avere qualche parere diverso dagli altri.”

“Questo è il tuo pensiero,” osservò Remus, brandendo la forchetta, “per motivare ogni opinione diversa o contraria.”

“Potrebbe anche essere…” ammise Piton mangiucchiando qualcosa.

“Vi conoscete da molto, voi due?” chiese Hetta. “Vi parlate con molta schiettezza.”

“Abbiamo frequentato Hogwarts negli stessi anni,” disse Piton scurendosi un po’ in volto.

“Non andavamo molto d’accordo, allora. Sai, Case diverse, idee diverse… ci siamo rivisti solo negli ultimi anni,” spiegò velocemente Remus.

“Ah. Tu eri con i genitori di Harry Potter, giusto?”

Remus appoggiò la forchetta. “Esatto.”

“Come mai adesso siete così…” Hetta si fermò in cerca della parola più adatta a descrivere quello che vedeva. Remus e Severus rimasero in silenzio a guardarla.

“… vicini?” concluse con una smorfia poco convinta.

“Siamo rimasti quasi solo noi due di quegli anni,” disse velocemente Remus.

Hetta lo guardò colpita e dispiaciuta.

“Dei Griffondoro. Dei Serpeverde che frequentavo io la maggior parte la ritroverò ad Azkaban,” spiegò Piton con maggiore tranquillità.

“Scusate, non volevo parlare di qualcosa di triste.”

Remus le sorrise, distogliendo lo sguardo dal piatto di fronte a sé.

“Voti scarsi in Divinazione, presumo…”

Hetta incrociò le braccia e lo fulminò.

“Per tua informazione, signor Lupin, sono uscita con una quantità impressionante di Eccezionale dai miei M.A.G.O. !”

Remus continuò a guardarla con un sorrisino ironico in volto, appoggiando il mento sulla mano e il braccio sul tavolo.

“Raccontami qualcosa di questa tipetta a Hogwarts, Severus…”

“Era veramente brava.” Piton e Tonks continuarono a mangiare pesce e verdura con aria divertita.

Hetta si sistemò sulla sedia, soddisfatta, lanciando uno sguardo di superiorità a Remus.

Si persero per parecchi minuti nel descrivere gli anni di Hetta a Hogwarts. Tonks ricordò di serate passate a discutere di Piton e delle sue complicate lezioni. E anche delle ipotesi sulla vita privata degli insegnanti.

“Gran pettegola,” suggerì Remus stringendo gli occhi.

“Decisamente scarso in Divinazione, signor Lupin!” cinguettò Hetta.

Remus spalancò gli occhi e trattenne una risata.

“Molto silenziosa, educata, studiosa…?” chiese con tono esageratamente sorpreso. “Rompiscatole? Noiosa?”

Hetta spalancò la bocca.

“Ha partecipato a non pochi scherzi, da quello che mi ha raccontato Bill Weasley…” sussurrò Tonks.

“Beh, sicuramente Bill ne ha fatto le spese qualche volta,” ammise Hetta, compiaciuta, guardandola. “Se non fosse stato così carino e perfetto avrebbe attratto meno l’attenzione delle ragazze!”

“Oh, un amore perduto,” sospirò Remus.

Hetta si girò nuovamente verso di lui.

“Non ho difficoltà ad ammettere che Weasley è un bell’uomo…” affermò con decisione.

“Non mi ricordo che tu fossi tra le sue adoranti ammiratrici…” Piton era perplesso.

“Certo che no! Dovevo pur mantenere il giusto distacco di una Serpeverde. Erano quelli di Corvonero,” aggiunse indicando Tonks, “che osavano tradire la Casa per correre dietro ai Griffondoro…”

“Ci sono cose che richiedono un po’ di flessibilità…” commentò Tonks decisa. “E un uomo può essere un motivo sufficiente per mescolare le carte.”

“Anche se non è carino come Bill Weasley?” chiese Severus con apparente indifferenza.

Tonks gli sorrise.  “Ho sempre avuto dei gusti tutti particolari in fatto di uomini…”

“Ci ha provato anche con me, sappilo, Severus.” Remus si mise a sedere rilassato contro la sedia, accavallando le gambe magre, sorridendo

Piton alzò lo sguardo di scatto verso di lui.

“Oh, Merlino! Volevo solo fare una prova!” Tonks gli lanciò un tovagliolo, colpendolo ad una spalla, mentre lui rideva.

“Una prova?” chiese Severus con voce profonda guardandola con attenzione.

“Prima di conoscerti.”

“Avevi undici anni quando mi hai conosciuto,” obiettò perplesso.

Tonks alzò gli occhi al cielo. Hetta rise divertita.

“Prima che iniziasse questa storia con l’Ordine…”

“L’Ordine della Fenice è nato quasi venti anni fa…” obiettò Remus. Severus annuì.

Tonks sospirò, guardandoli irritata.

“Si riferisce ad almeno quattro anni fa,” iniziò con il tono di chi racconta una favola a dei bambini. “Prima che ti incontrassi di nuovo nell’Ordine e prima di tutto quello che è successo tra noi.” Arrossì leggermente. Severus trattenne un sorriso. “Ho fatto alcune prove di seduzione con Remus, ma sapeva benissimo che non erano tentativi veri.” Gli puntò contro un dito. “E lui mi ha detto che facevo pena come seduttrice.”

“Ti sei messa a ridere mentre mi facevi una dichiarazione,” ricordò Remus.

“Tonks!” rise Hetta. “Avevi bisogno di fare delle prove?”

“Beh, il tipo era un Auror che arrivava dalla Spagna, sai gli scambi tra nazioni…”

“L’istruttore spagnolo di Difesa?” Hetta spalancò occhi e bocca. “Credo che ci abbiamo provato tutte con lui!”

“Probabile,” rise Tonks con lei. “Era decisamente attraente, no?”

“Uno degli uomini migliori che ho visto!” confermò Hetta. “Soprattutto a petto nudo mentre mostrava come atterrare un avversario.”

“Già…” Tonks le fece l’occhiolino.

“I due vecchietti qui presenti ringraziano…” sussurrò Piton.

Aveva raccontato a Tonks di averla seguita nei pochi giorni precedenti lo scontro finale, di averla osservata e di aver ascoltato in parte le sue conversazioni, compresa quella con Hetta sulle colline di Godric’s Hallow. Tonks ne aveva riso con lui, ma non aveva avuto la possibilità di spiegarlo a Hetta.

“Mi fanno sentire decrepito…” sospirò Remus.

Hetta aveva trattenuto il respiro, ricordandosi del commento dell’amica. Guardò Severus che le fece l’occhiolino.

Il Professor Piton che faceva l’occhiolino… Tonks e Hetta lo guardarono come fosse un esemplare raro di umanità.

Remus sembrò non percepire la tensione. Si alzò in piedi.

“Porto via i piatti e prendo il dolce di Hetta.” Si allontanò dal tavolo dopo aver raccolto i piatti e si avvicinò alla cucina dove aveva appoggiato la torta e i piattini.

“Non intendo dire nulla di più, Hetta.” Severus parlò a voce bassa.

“Eri lì?” gli chiese lei.

Severus annuì.

Hetta si lasciò andare contro la sedia.

“Mi sento stupida in questo momento…”

“Io mi sto divertendo…”

“Felice di renderti felice,” sbottò Hetta lanciandogli il tovagliolo.

“C’è una gara di lancio?”

Remus allungò un piattino con il dolce a Hetta e un altro a Tonks. Li presero ringraziando. Ritornò quasi subito un altri due piatti. Ne allungò uno a Severus e si mise seduto a mangiare il suo.

Severus assaggiò la fetta, limitandosi a due bocconi.

“Hai mangiato poco.” Tonks gli mise una mano sul polso.

“Il mio stomaco non si è ancora abituato alle grandi quantità. Ma adesso assaggio tutto, ragazzina.”

Tonks non rispose. Si limitò a guardarlo accarezzandogli la mano.

“Credo che tu stia mettendo in imbarazzo gli altri ospiti,” le disse Piton togliendo la sua mano dal quella della donna con una breve carezza. “Non mi sento debole o ammalato.”

“Scusatemi…” Tonks sorrise agli amici, avventandosi sul suo dolce e allungando il piatto vuoto a Remus perché lo riempisse.

“Posso terminare la mia fetta?”

“Quanto sei lento… me la prendo da sola.”

“Brava. Porta anche il vino e i calici.”

“Ci sono calici in dotazione alla casa?” Meravigliata Tonks li fece volare dal piano della cucina al tavolo, riempiendosi poi il piatto con il dolce.

“Molly ha sistemato al meglio. Harry si troverà tutto pronto al rientro.”

“Credi davvero che tornerà qui, Remus?”

“Dove dovrebbe andare? Può rimanere alla Tana finché vuole, ma una casa sua è bene che la mantenga.”

“E voi due?” chiese Hetta alzandosi per prendere anche lei un’altra fetta di dolce.

“Possiamo pensarci tra qualche mese. Harry si fermerà dagli Weasley a lungo, da quello che ha detto Arthur oggi.”

“Cosa vi aspetta domani?”

Remus e Severus raccontarono della giornata appena trascorsa e dei progetti per i giorni successivi.

“Bene,” concluse Remus dopo quasi un’ora di chiacchiere. “Direi che potete passare in uno dei salotti mentre io sistemo la stanza.”

“Ti posso dare una mano?” chiese Hetta.

“Non è necessario.”

“Mi vedi meglio in salotto a guardare il Professor Piton e Ninphadora Tonks avvinghiati sul divano?”

Severus scoppiò a ridere.

“Beh,” ammise Remus controllando la risata, “raccontata così sembra una cosa assurda.”

“A me piace passare per l’ex alunna che seduce professori maturi e derelitti…” Tonks abbracciò Severus mentre lo diceva, guardandolo con aria innocente.

“Cerca di limitarti ad una sola esperienza. Non credo che Vitius lo sopporterebbe,” le rispose Severus baciandole la fronte.

La risata di Tonks si perse per il corridoio.

“Bene, che si fa?” Hetta si alzò in piedi e guardò Remus.

“Sparecchiare, lavare i piatti, asciugare i piatti, sistemare la cucina. Approvi il progetto?” Remus era appoggiato con le mani alla sedia.

“Vai al lavello e immergi le mani in acqua, le mie si rovinano subito.” Gli fece un cenno perché si muovesse rapidamente e iniziò a raccogliere piatti, posate e bicchieri.

Portando le stoviglie vide che Remus si era sistemato un canovaccio alla vita e stava iniziando realmente a lavare i piatti senza bacchetta.

“Lo fai davvero a mano?”

“Strano, vero? È il mio momento di silenzio e rilassamento.”

Sorridendo lei gli mise tutto nel lavello, dove già c’erano gli altri piatti.

Sistemò la tavola, togliendo tovaglia e tovaglioli, sistemando sedie e pulì per terra usando scopa e bacchetta.

Lavorarono in silenzio, piacevolmente. Come se si trattasse della vita di tutti i giorni.

Terminato il lavoro si mise a fianco di Remus. Aveva lavato la maggior parte delle stoviglie che stavano sgocciolando dentro una vaschetta di scolo.

Si guardò in giro e prese un canovaccio per asciugarle.

“Non hai più risposto alla mia domanda.”

“Quale?” Remus si fermò un attimo a guardarla. Non se lo ricordava.

“Se fa male la mutazione, con la luna piena.”

“Ah, già…” sospirò. “Sì, fa male.”

“Fisicamente?”

“Non solo. Capisco cosa sta accadendo, ma non posso oppormi.”

Hetta rimase un attimo in silenzio, cercando di immaginare il dolore che doveva provare.

“Non puoi evitarlo?”

“Con la pozione di Severus. Ma devo prenderla con costanza e non è facile. E comunque ci sono cose che non posso evitare.”

“Quali?”

Continuavano a lavare e asciugare le stoviglie fianco a fianco, senza guardarsi.

“Divento più irritabile, aggressivo. Tendo a mangiare carne sempre più cruda. Ho bisogno di stare all’aperto. Mi è capitato di mordere oggetti. Alcune persone hanno dovuto difendersi. Anche amici.”

Elencò tutto questo con tono dimesso, rassegnato.

Hetta rimase in silenzio, cercando di capire quale potesse essere la mossa successiva.

Remus pensò che il silenzio fosse il segnale che la curiosità era stata soddisfatta e non era più interessata alla sua vita. Trattenendo la delusione terminò il lavoro.

“Portiamo il vino in salotto?” chiese Hetta asciugando l’ultimo piatto di portata.

“Se vuoi,” disse laconicamente Remus. Afferrò la bottiglia e quattro calici.

“Remus…”

Si bloccò sulla porta, girandosi verso di lei. Rimase in silenzio a guardarla.

“Non volevo essere invadente. Solo…”

“La gente non mi chiede nulla del… mio essere così…” spiegò brevemente. “Non sono abituato a parlarne.”

“Ma sei un lupo mannaro.”

“Sì.”

“E non ti piace.”

“Sì.”

“Non puoi cambiare la tua natura?”

“No,” sbottò quasi ridendo. “Lo avrei già fatto.”

“Domanda sciocca, hai ragione.” Arrossì e si girò a sistemare il canovaccio.

Remus la osservò, ammirandone il corpo e i capelli così lucidi e lisci. Era una sofferenza innamorarsi. Non c’erano più James e Sirius a consigliargli di provarci comunque e a consolarlo quando veniva respinto. Era solo.

“Dobbiamo avvisare che stiamo arrivando?” gli chiese sorridendo Hetta.

Remus sorrise di riflesso. “Bussiamo alla porta.”

  
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