4.
Qualche ora dopo Severus e
Tonks erano distesi a letto, nella camera di
Severus.
Tonks era rannicchiata contro
il suo petto, godendosi il calore del corpo di Piton contro il proprio. Lo
avvolgeva con le braccia e con le gambe, gli occhi chiusi contro la sua
spalla.
“Vuoi rimanere qui a
dormire?” Severus era disteso sulla schiena, una gamba piegata sul letto e un
braccio sopra gli occhi.
Tonks era così stanca che non
riuscì a comprendere subito la domanda e rispose con un grugnito privo di senso.
Piton sorrise al soffitto, senza togliere il braccio dal volto. Era piacevole
sentire il corpo di una donna, di quella donna, abbandonato contro il
suo.
Quando se n’era andato da lei
era sicuro della propria morte. Intendeva tradire Voldermort e questo non gli
avrebbe lasciato scampo.
L’ultimo colloquio che aveva
deciso di fare con Harry Potter gli serviva solo per potergli spiegare quanto
Silente aveva spiegato a lui, ma era stato il ragazzo che l’aveva stupito con
informazioni tali da togliere il fiato.
Lo aveva ascoltato con una
sensazione di gelo che gli attraversava il corpo, un misto di terrore e stupore
per quello che Voldemort era riuscito a fare. Quando Harry gli aveva posto il
problema del serpente e di come poterlo raggiungere si era sentito di nuovo
esaltato dalla possibilità di riscattare l’errore fatto tanti anni prima. Harry
non l’avrebbe mai perdonato, ma percepiva una qualche forma di ammirazione verso
di lui, probabilmente per la sua coerenza e
tenacia.
Era stato Ron Weasley ad
abbozzare il piano che poi avevano messo in atto.
In quel momento, proprio
allora, si era accorto che la vita poteva essere ancora una scelta possibile.
Era disposto a morire per sconfiggere l’Oscuro Signore, ma la presenza di Tonks
aveva sconvolto ogni suo piano. Si era aggrappato a quella possibilità, cercando
di non lasciarsi mai trasportare dalla speranza.
La mente di Voldemort era in
grado di leggere ogni sua emozione, ogni suo ricordo. Aveva dato prova, in tanti
anni, della sua forza nel opporvisi, escludendo molti dei suoi ricordi dalle
invadenti richieste di lealtà di Voldemort e non temeva di fargli vedere dove
aveva vissuto in quei pochi giorni, ma intendeva proteggere
Ninphadora.
Per farlo aveva controllato
le emozioni grazie alla sua esperienza. Quello che temeva era di sentire la voce
di lei urlare il suo nome, ma era stata brava, la ragazzina e non aveva
pronunciato parola.
In quel momento Tonks aprì
gli occhi.
“Mi hai chiesto
qualcosa?”
“Se ti fermi questa
notte.”
“Sono stravolta dalla
stanchezza, Severus…” Gli accarezzò il petto con una
mano.
“Lo so, anch’io.” Coprì
quella mano con la sua, togliendo il braccio dalla
faccia.
Rimasero in silenzio per un
po’.
“Ninphadora…”
“Mhm…?”
Piton si girò su un fianco
per guardarla negli occhi. I capelli gli scivolarono su una guancia e lui li
allontanò con un gesto infastidito.
Tonks lo guardò, in attesa.
Quando la chiamava per nome era per avere tutta la sua
attenzione.
“Se Voldemort ti avesse
vista, anche solo nella mia mente, avrebbe colpito te per punire me. E non
potevo permetterglielo. Capisco la tua rabbia e la tua delusione. Ma preferisco
vivere con loro che senza di te.”
Tonks lo fissò per un
momento. La rabbia accumulata dentro stava bollendo quanto l’acqua per il the.
Bolle e bolle di tensione e di frustrazione. Gli si lanciò addosso,
costringendolo a girarsi nuovamente con la schiena contro il materasso. La sentì
piangere e tempestargli il petto di pugni.
Le fermò le mani con le
proprie.
“Ehi! Fermati…” Gliele lasciò
andare lentamente e lei rimase contro il suo petto, scossa dai
singhiozzi.
“Ti
odio!”
“Sei
ripetitiva.”
“Sei un maledetto
egoista!”
“Per aver scelto la tua vita
invece della mia?”
“Non è
così!”
“E come la vedi
allora?”
Tonks si alzò, mettendosi
seduta sui talloni, al centro del letto. Lo guardò per un attimo e poi scese,
portandosi contro la finestra della camera.
Si strinse le braccia al
petto e lo fissò.
Aveva i capelli scompigliati,
gli occhi e il naso rossi.
“Mi hai messa da parte!
Potevi parlarmene! Dirmi che c’era una possibilità! E invece mi hai lasciato
credere che fossi morto, che non ti avrei mai più avuto tra le
braccia!”
Piton si era messo a sedere
sul bordo del letto e la guardava serio.
“Voldemort mi ha letto così
tante volte la mente per assicurarsi la mia lealtà” le spiegò con pacatezza.
“Tante volte ha guardato i miei ricordi, il mio passato. Non volevo che tu
facessi parte di quello che poteva vedere.”
“Pensavo fossi morto!!” gli
urlò Tonks, stringendosi ancor di più le braccia sul petto. “Ti ho pianto per
giorni!!”
Piton la guardò in silenzio.
“Questo non posso cambiarlo,
Ninphadora. Posso solo spiegarti perché l’ho fatto e dirti che lo
rifarei.”
“NON ESSERE COSÌ
RAGIONEVOLE!” gli urlò piangendo. Era scossa dai
singhiozzi.
Piton rimase
interdetto.
“Ninpha…” Era una domanda.
Vedeva il suo dolore, ma non lo capiva e non sapeva come
proteggerla.
Tonks si lasciò scivolare a
terra, rannicchiandosi con la testa tra le
ginocchia.
Allora Severus si alzò di
scatto e le si mise accanto, abbracciandola.
“Ninpha… amore…” le sussurrò
tra i capelli.
Lei lo guardò con gli occhi
bagnati, il naso e le guance arrossate, le labbra che
tremavano.
“Amore….” Le prese il volto
tra le mani, imbarazzato e intimidito.
Lei continuò a guardarlo,
come in attesa di qualcosa d’altro.
“Ti amo,
Ninpha…”
Tonks chiuse lentamente gli
occhi e lo abbracciò.
“Ti odio…” gli disse ancora,
la voce soffocata che gli solleticava il collo.
Rassicurato da quelle parole,
Severus la strinse a sé.
“Alzati,” le chiese dopo
qualche secondo.
Tonks si alzò, pulendosi la
faccia con la manica della maglietta. Sorridendo Piton le baciò gli
occhi.
“Due volte in meno di un anno
è abbastanza per me,” le disse di nuovo guardandola negli
occhi.
Gli rispose con un sorriso
tremolante.
La baciò di nuovo sugli occhi
e fece scivolare le mani dai suoi fianchi alla
schiena.
Tonks si appoggiò di nuovo
contro il suo petto.
“Hai la camicia bagnata,”
sussurrò.
“Lo
immagino.”
“Te lo sei cercato,
comunque.”
“Sì, lo
so.”
“Sai sempre tutto, come
quando eri il professore. Sei un rompiscatole. Sei fastidioso. Sei
arrogante.”
“Allora perché mi ami?” le
chiese sorridendo.
“Ti
odio!”
“Ah, già.” Le baciò la testa.
“Sono anche bugiardo. Insofferente. Intransigente.”
“Egoista.”
“Posso sperare in qualche
aspetto positivo?”
“No!”
“Neppure per aver pensato a
te prima che a me stesso?”
“Quando?” Tonks si staccò da
lui e lo guardò.
“Mi hai ascoltato oppure no?”
si inalberò Severus.
“Sempre,” gli rispose. “Anche
quando spiegavi quelle stupide pozioni del primo anno. Sai, quelle che nessuno
riesce a fare perchè sono troppo difficili.”
Piton
sorrise.
“Non ci sei mai riuscita,
vero?”
Tonks allungò le braccia fino
a circondargli il collo.
“Eri pronto a morire per
salvare me.”
Piton fece un piccolo cenno
di assenso.
“Allora per il futuro,
ricorda che preferisco morire che stare senza di
te.”
Piton la fissò per alcuni
secondi e scosse la testa.
“No, questo non lo
accetterò.”
“Non mi interessa. È una mia
scelta, non tua.”
La guardò un
momento.
“Stai usando il mio
ragionamento contro di me.” Aveva la voce arrochita dalla stanchezza e
dall’emozione. La voce che Tonks sentiva quando pensava a lui, bassa, profonda.
Sensuale.
“Più o meno…” gli sorrise.
“Ma è una scelta che farei veramente.”
“Non per me, Ninpha. Io non
ho nessuno a parte te, tu hai la tua famiglia e molti amici. Non saresti
sola.”
“Senza di te?” chiese
ironica.
Piton appoggiò la fronte
contro quella della ragazza e chiuse gli occhi.
“È una discussione senza fine
questa.”
“Sì. Possiamo pensare a
dormire per ora.”
“Bene, perché credo che mi
addormenterei anche in piedi.”
Si staccò da lei e le
accarezzò una guancia.
“Vai a casa. Ci possiamo
vedere domani sera?”
Tonks fece un cenno di
assenso.
“Mangiamo con
Remus?”
“Sì, direi di sì. Porta Hetta
con te, così li guardiamo litigare.”
Tonks gli pizzicò una
spalla.
“Ahi!”
“Non scherzare con i
sentimenti altrui!”
“Io sono troppo ragionevole
per sapere cosa sono i sentimenti,” le rispose.
Tonks scoppiò a ridere e lo
baciò.
La sera successiva Hetta
arrivò prima di Tonks, portando vino e dolce.
Piton era già ai fornelli e un profumo di salmone
affumicato si sentiva nell’aria.
“Maggiorana…” disse Hetta
entrando in cucina.
Si erano salutati a distanza
quando aveva suonato alla porta e Piton le aveva aperto con un colpo di
bacchetta dopo averle semplicemente chiesto di
identificarsi.
Anche accogliere gli amici
diventava molto più semplice in tempo di pace.
“Sto pensando si aggiungere
un po’ di paprika…” aggiunse pensieroso Piton. Si girò a guardarla. “Eleganti…”
commentò.
Hetta
sorrise.
“Erano mesi e mesi che non
indossavo una gonna!” Fece un giro su se stessa per mostrare il vestito
fiorito.
“Buona
scelta.”
“Presumo sia un
complimento!”
“Il migliore
possibile.”
Hetta depositò una torta e
una bottiglia di vino che aveva tra le mani.
“Tonks?”
“Deve arrivare a minuti.
Remus è sopra che si fa una doccia.”
“Ah... avete cominciato con
il Ministero?”
Piton si girò nuovamente
verso di lei, allungandole un bicchiere di vino
bianco.
“Ufficialmente. Con una
discreta accoglienza per entrambi. Il Tribunale sta cominciando a viaggiare a
pieno regime e la prigione di conseguenza. In realtà oggi abbiamo fatto solo
riunioni e riunioni. Devo ancora andare ad
Azkaban.”
“Professor
Piton…”
“Severus.”
“Ok, Severus. Ho parlato con
Kingsley e mi ha proposto di entrare nel gruppo che guiderà di Auror. Io…” Hetta
abbassò lo sguardo un attimo, quasi arrossendo. “Pensi che possa
farcela?”
“Hetta Miles!” Il tono di
Piton era deciso. “Smettila di pensare a come lo avrebbe fatto tua sorella! Sei
troppo grande per continuare a
sentirti inferiore a lei.”
“Mi hai sempre rimproverato
per questo.” Sospirò. “Ma non riesco a non pensare che lei sarebbe perfetta per
questo compito.”
“Ma non può farlo, Hetta. E
non pensare di farlo come se fossi lei!”
Hetta sorrise e poi si morse
le labbra.
“Lo ho già
pensato…”
“Buonasera
Hetta.”
Lei rigirò di scatto al suono
della voce di Remus.
“Ciao,” rispose d’istinto,
gli occhi spalancati.
“C’è del vino anche per
me?”
“Prego.” Piton gli allungò un
bicchiere. “Hai preso la pozione?”
“Sì, grazie di averla
preparata.”
“Stai male?” chiese
Hetta.
“Una notte al mese, di
solito,” rispose Remus con leggerezza, ma irritandosi per quella mancanza di
attenzione nei suoi confronti.
Hetta comprese all’istante il
significato di quella frase.
“Siamo in luna calante…”
disse perplessa.
“Puoi venire a cena ancora
per qualche sera, allora…”
“Antipatico!” sussurrò Hetta
con un tono perfettamente udibile.
Piton, appoggiato contro la
cucina, li guardava ghignando, del tutto indifferente al pesce e alle verdure.
Hetta era ancora seduta al tavolo e osservava apertamente Remus che, dalla
finestra, guardava il cielo, quasi ad avere conferma della fase
lunare.
“Come?” chiese Remus
guardandola con apparente antipatia.
“Antipatico,” disse di nuovo
lei a voce ben chiara. “Non metti certo a loro agio gli
ospiti.”
“Un vero maleducato…”
ironizzò Remus.
“Un vero lupo,” rispose
lei.
“Colpo basso,
Hetta.”
“Hai iniziato tu il gioco. Io
ho solo chiesto se stavi male.”
“Per potermi controllare
nelle notti di luna piena prendo una pozione che Severus mi prepara e che mi
aiuta a risentire molto meno degli effetti della mia… mutazione…” spiegò Remus
con voce tranquilla.
“Adesso capisco. Quando ti
trasformi, stai molto male?”
“Scusa?”
Nella sua vita ben poche
volte si era sentito chiedere qualcosa sul suo essere un lupo mannaro. Di solito
le persone davano per certo che gli piacesse girare di notte in cerca di prede
da mordere. Oppure avevano troppa paura per chiedere qualsiasi
cosa.
James, Sirius, Lily si erano
veramente preoccupati per lui. I suoi genitori. Silente. Minerva. Piton a modo
suo, facendogli trovare la pozione senza che lui la chiedesse. Certamente
nessuna donna, tra le poche che avevano condiviso del tempo con
lui.
“Non è abituato alla
gentilezza…” la informò Severus, girandosi verso i
fornelli.
“Non sono abituato alla sua
gentilezza,” lo corresse Remus.
“Neppure io alla tua! E non
ne ho avuto ancora nessun esempio!” sbottò Hetta, alzandosi in piedi per
fronteggiarlo.
Lo sguardo di Remus venne
attratto, senza che potesse controllarlo, verso la scollatura del vestito. Non
era particolarmente appariscente, ma si era spostata e si notava l’attaccatura
del seno.
Arrossirono entrambi,
guardandosi all’improvviso negli occhi.
Distolsero lo sguardo
altrettanto velocemente e Hetta sistemò il tessuto.
Piton, meravigliato dal
silenzio, si girò e vide due persone adulte, rosse in volto che cercavano di non
guardarsi. Aggrottò le sopracciglia, pensieroso.
“Avete già finito di
litigare?” chiese esplicitamente.
“Direi di sì,” gli rispose
Remus. “Apparecchio la tavola.”
Muovendosi dando sempre le
spalle a Hetta, sguainò la bacchetta e cominciò a far volare piatti e
posate.
Piton cercò lo sguardo di
Hetta, ma lei gli restituì un sorriso timido.
“Salve!”
Tonks si presentò in cucina
in quell’istante.
L’estate sembrava aver
colpito tutte le donne in quella serata. Anche Tonks indossava una gonna lunga e
vaporosa e una maglietta attillata che la rendevano molto femminile. Piton
l’accolse con uno sguardo ammirato, anche se apparentemente
indifferente.
Lei gli sorrise
orgogliosa.
E un pensiero colpì la mente
di Piton. Tonks stava salutando Hetta e Remus le aveva appena fatto un cenno con
la mano. Severus si avvicinò all’uomo curioso di avere conferma di quello che
pensava.
“Credi che dovremmo vestirci
anche noi per l’occasione?”
Indossavano entrambi
pantaloni di cotone e maglietta, quanto di più comodo erano riusciti a trovare
dopo una giornata di riunioni in camicia e pantaloni pesanti e fastidiosi.
“Quale occasione?” chiese
distrattamente Remus.
“Non mi pare un vestito
troppo trasparente,” commentò Piton, scegliendo l’approccio
diretto.
Remus si irrigidì. Però
quando si girò verso di lui, stava ridacchiando.
“Per un attimo le ho visto un
po’ di più la scollatura, tutto qui.”
“Probabilmente se la guardi
più spesso fa meno effetto…” commentò serio Piton.
Remus si girò a guardarlo con
gli occhi spalancati.
Piton alzò le
spalle.
“Tra noi due chi dovrebbe
essere l’esperto?”
Da quando avevano iniziato a
collaborare parlavano solo di lavoro e a volte del passato. Non si erano mai
impegnati in conversazioni personali, tranne qualche commento ironico. Sapevano
abbastanza l’uno dell’altro da riuscire ad immaginare, comunque, quale poteva
essere stato il rapporto con le donne fino a quel
momento.
Piton gli scoccò un’occhiata
quasi paterna.
“Credo io…” gli rispose
serio.
“Probabile…”
“Cosa è probabile?” chiese
Tonks che, in attimo di silenzio, lo aveva sentito.
“Nulla,” minimizzò Remus con
un gesto della mano. “Quanto manca alla cena,
Severus?”
“Quando volete…” Piton tornò
ai fornelli per dare un’occhiata a tutte le sue
pentole.
Hetta e Tonks si guardarono
un attimo e si misero a sedere.
“Come è andata la giornata?”
chiese Tonks a Severus.
“Kinglsey deve ancora capire
cosa significa guidare un Ministero. Tende
a comandare un esercito.”
“Direi che gli hai mostrato
la differenza,” si intromise Remus, sedendosi a fianco di Hetta. “Sei stato
l’unico a dare qualche parere diverso dal suo. Con la solita grazia,” si prese
intanto il piatto del pesce, “ e credo che Kingsley non l’avesse ben
preventivato.”
Remus guardò Hetta, mentre le
serviva il pesce sul piatto.
“Grazie, basta
così.”
“Esempio di gentilezza,”
osservò Remus lasciando il piatto a Tonks.
“Dobbiamo dichiararci
soddisfatti per la serata, allora,” commentò Hetta.
“Di cosa parlate?” chiese
Tonks.
“Hetta mi ritiene un uomo
antipatico e scortese.”
“Tu? Scortese? Ma se sei
attento anche ai croccantini per il gatto di
Hermione!”
“Sei più gentile con un gatto
che con me?” Hetta appoggiò le posate e si girò a guardare Remus con espressione
furiosa.
“Un gatto non ha la
possibilità di lamentarsi se me ne ricordo un giorno ogni tanto…” commentò
Remus, maledicendo l’intervento di Tonks, mentre si prendeva la sua parte di
cena. “E se guardo il gatto non mi faccio distrarre dalla sua
bellezza.”
Remus la guardò negli
occhi.
Percepì il sorriso di scherno
di Piton e l’espressione meravigliata di Tonks, anche senza
guardarli.
Hetta non rispose nulla, ma
non distolse lo sguardo dal suo, arrossendo
leggermente.
“Grazie,”
sussurrò.
Remus le sorrise e prese a
mangiare.
“Credo che Kinglesy,” disse
Piton per smorzare la tensione che si era creata, “preferisca pensare di avermi
chiamato a collaborare anche per avere qualche parere diverso dagli
altri.”
“Questo è il tuo pensiero,”
osservò Remus, brandendo la forchetta, “per motivare ogni opinione diversa o
contraria.”
“Potrebbe anche essere…”
ammise Piton mangiucchiando qualcosa.
“Vi conoscete da molto, voi
due?” chiese Hetta. “Vi parlate con molta
schiettezza.”
“Abbiamo frequentato Hogwarts
negli stessi anni,” disse Piton scurendosi un po’ in
volto.
“Non andavamo molto
d’accordo, allora. Sai, Case diverse, idee diverse… ci siamo rivisti solo negli
ultimi anni,” spiegò velocemente Remus.
“Ah. Tu eri con i genitori di
Harry Potter, giusto?”
Remus appoggiò la forchetta.
“Esatto.”
“Come mai adesso siete così…”
Hetta si fermò in cerca della parola più adatta a descrivere quello che vedeva.
Remus e Severus rimasero in silenzio a guardarla.
“… vicini?” concluse con una
smorfia poco convinta.
“Siamo rimasti quasi solo noi
due di quegli anni,” disse velocemente Remus.
Hetta lo guardò colpita e
dispiaciuta.
“Dei Griffondoro. Dei
Serpeverde che frequentavo io la maggior parte la ritroverò ad Azkaban,” spiegò
Piton con maggiore tranquillità.
“Scusate, non volevo parlare
di qualcosa di triste.”
Remus le sorrise,
distogliendo lo sguardo dal piatto di fronte a sé.
“Voti scarsi in Divinazione,
presumo…”
Hetta incrociò le braccia e
lo fulminò.
“Per tua informazione, signor
Lupin, sono uscita con una quantità impressionante di Eccezionale dai miei
M.A.G.O. !”
Remus continuò a guardarla
con un sorrisino ironico in volto, appoggiando il mento sulla mano e il braccio
sul tavolo.
“Raccontami qualcosa di
questa tipetta a Hogwarts, Severus…”
“Era veramente brava.” Piton
e Tonks continuarono a mangiare pesce e verdura con aria
divertita.
Hetta si sistemò sulla sedia,
soddisfatta, lanciando uno sguardo di superiorità a
Remus.
Si persero per parecchi
minuti nel descrivere gli anni di Hetta a Hogwarts. Tonks ricordò di serate
passate a discutere di Piton e delle sue complicate lezioni. E anche delle
ipotesi sulla vita privata degli insegnanti.
“Gran pettegola,” suggerì
Remus stringendo gli occhi.
“Decisamente scarso in
Divinazione, signor Lupin!” cinguettò Hetta.
Remus spalancò gli occhi e
trattenne una risata.
“Molto silenziosa, educata,
studiosa…?” chiese con tono esageratamente sorpreso. “Rompiscatole?
Noiosa?”
Hetta spalancò la bocca.
“Ha partecipato a non pochi
scherzi, da quello che mi ha raccontato Bill Weasley…” sussurrò
Tonks.
“Beh, sicuramente Bill ne ha
fatto le spese qualche volta,” ammise Hetta, compiaciuta, guardandola. “Se non
fosse stato così carino e perfetto avrebbe attratto meno l’attenzione delle
ragazze!”
“Oh, un amore perduto,”
sospirò Remus.
Hetta si girò nuovamente
verso di lui.
“Non ho difficoltà ad
ammettere che Weasley è un bell’uomo…” affermò con
decisione.
“Non mi ricordo che tu fossi
tra le sue adoranti ammiratrici…” Piton era
perplesso.
“Certo che no! Dovevo pur
mantenere il giusto distacco di una Serpeverde. Erano quelli di Corvonero,”
aggiunse indicando Tonks, “che osavano tradire
“Ci sono cose che richiedono
un po’ di flessibilità…” commentò Tonks decisa. “E un uomo può essere un motivo
sufficiente per mescolare le carte.”
“Anche se non è carino come
Bill Weasley?” chiese Severus con apparente
indifferenza.
Tonks gli sorrise. “Ho sempre avuto dei gusti tutti
particolari in fatto di uomini…”
“Ci ha provato anche con me,
sappilo, Severus.” Remus si mise a sedere rilassato contro la sedia,
accavallando le gambe magre, sorridendo
Piton alzò lo sguardo di
scatto verso di lui.
“Oh, Merlino! Volevo solo
fare una prova!” Tonks gli lanciò un tovagliolo, colpendolo ad una spalla,
mentre lui rideva.
“Una prova?” chiese Severus
con voce profonda guardandola con attenzione.
“Prima di
conoscerti.”
“Avevi undici anni quando mi
hai conosciuto,” obiettò perplesso.
Tonks alzò gli occhi al
cielo. Hetta rise divertita.
“Prima che iniziasse questa
storia con l’Ordine…”
“L’Ordine della Fenice è nato
quasi venti anni fa…” obiettò Remus. Severus annuì.
Tonks sospirò, guardandoli
irritata.
“Si riferisce ad almeno
quattro anni fa,” iniziò con il tono di chi racconta una favola a dei bambini.
“Prima che ti incontrassi di nuovo nell’Ordine e prima di tutto quello che è
successo tra noi.” Arrossì leggermente. Severus trattenne un sorriso. “Ho fatto
alcune prove di seduzione con Remus, ma sapeva benissimo che non erano tentativi
veri.” Gli puntò contro un dito. “E lui mi ha detto che facevo pena come
seduttrice.”
“Ti sei messa a ridere mentre
mi facevi una dichiarazione,” ricordò Remus.
“Tonks!” rise Hetta. “Avevi
bisogno di fare delle prove?”
“Beh, il tipo era un Auror
che arrivava dalla Spagna, sai gli scambi tra
nazioni…”
“L’istruttore spagnolo di
Difesa?” Hetta spalancò occhi e bocca. “Credo che ci abbiamo provato tutte con
lui!”
“Probabile,” rise Tonks con
lei. “Era decisamente attraente, no?”
“Uno degli uomini migliori
che ho visto!” confermò Hetta. “Soprattutto a petto nudo mentre mostrava come
atterrare un avversario.”
“Già…” Tonks le fece
l’occhiolino.
“I due vecchietti qui
presenti ringraziano…” sussurrò Piton.
Aveva raccontato a Tonks di
averla seguita nei pochi giorni precedenti lo scontro finale, di averla
osservata e di aver ascoltato in parte le sue conversazioni, compresa quella con
Hetta sulle colline di Godric’s Hallow. Tonks ne aveva riso con lui, ma non
aveva avuto la possibilità di spiegarlo a Hetta.
“Mi fanno sentire decrepito…”
sospirò Remus.
Hetta aveva trattenuto il
respiro, ricordandosi del commento dell’amica. Guardò Severus che le fece
l’occhiolino.
Il Professor Piton che faceva
l’occhiolino… Tonks e Hetta lo guardarono come fosse un esemplare raro di
umanità.
Remus sembrò non percepire la
tensione. Si alzò in piedi.
“Porto via i piatti e prendo
il dolce di Hetta.” Si allontanò dal tavolo dopo aver raccolto i piatti e si
avvicinò alla cucina dove aveva appoggiato la torta e i
piattini.
“Non intendo dire nulla di
più, Hetta.” Severus parlò a voce bassa.
“Eri lì?” gli chiese
lei.
Severus
annuì.
Hetta si lasciò andare contro
la sedia.
“Mi sento stupida in questo
momento…”
“Io mi sto
divertendo…”
“Felice di renderti felice,”
sbottò Hetta lanciandogli il tovagliolo.
“C’è una gara di
lancio?”
Remus allungò un piattino con
il dolce a Hetta e un altro a Tonks. Li presero ringraziando. Ritornò quasi
subito un altri due piatti. Ne allungò uno a Severus e si mise seduto a mangiare
il suo.
Severus assaggiò la fetta,
limitandosi a due bocconi.
“Hai mangiato poco.” Tonks
gli mise una mano sul polso.
“Il mio stomaco non si è
ancora abituato alle grandi quantità. Ma adesso assaggio tutto,
ragazzina.”
Tonks non rispose. Si limitò
a guardarlo accarezzandogli la mano.
“Credo che tu stia mettendo
in imbarazzo gli altri ospiti,” le disse Piton togliendo la sua mano dal quella
della donna con una breve carezza. “Non mi sento debole o
ammalato.”
“Scusatemi…” Tonks sorrise
agli amici, avventandosi sul suo dolce e allungando il piatto vuoto a Remus
perché lo riempisse.
“Posso terminare la mia
fetta?”
“Quanto sei lento… me la
prendo da sola.”
“Brava. Porta anche il vino e
i calici.”
“Ci sono calici in dotazione
alla casa?” Meravigliata Tonks li fece volare dal piano della cucina al tavolo,
riempiendosi poi il piatto con il dolce.
“Molly ha sistemato al
meglio. Harry si troverà tutto pronto al rientro.”
“Credi davvero che tornerà
qui, Remus?”
“Dove dovrebbe andare? Può
rimanere alla Tana finché vuole, ma una casa sua è bene che la
mantenga.”
“E voi due?” chiese Hetta
alzandosi per prendere anche lei un’altra fetta di
dolce.
“Possiamo pensarci tra
qualche mese. Harry si fermerà dagli Weasley a lungo, da quello che ha detto
Arthur oggi.”
“Cosa vi aspetta
domani?”
Remus e Severus raccontarono
della giornata appena trascorsa e dei progetti per i giorni
successivi.
“Bene,” concluse Remus dopo
quasi un’ora di chiacchiere. “Direi che potete passare in uno dei salotti mentre
io sistemo la stanza.”
“Ti posso dare una mano?”
chiese Hetta.
“Non è
necessario.”
“Mi vedi meglio in salotto a
guardare il Professor Piton e Ninphadora Tonks avvinghiati sul
divano?”
Severus scoppiò a
ridere.
“Beh,” ammise Remus
controllando la risata, “raccontata così sembra una cosa
assurda.”
“A me piace passare per l’ex
alunna che seduce professori maturi e derelitti…” Tonks abbracciò Severus mentre
lo diceva, guardandolo con aria innocente.
“Cerca di limitarti ad una
sola esperienza. Non credo che Vitius lo sopporterebbe,” le rispose Severus
baciandole la fronte.
La risata di Tonks si perse
per il corridoio.
“Bene, che si fa?” Hetta si
alzò in piedi e guardò Remus.
“Sparecchiare, lavare i
piatti, asciugare i piatti, sistemare la cucina. Approvi il progetto?” Remus era
appoggiato con le mani alla sedia.
“Vai al lavello e immergi le
mani in acqua, le mie si rovinano subito.” Gli fece un cenno perché si muovesse
rapidamente e iniziò a raccogliere piatti, posate e
bicchieri.
Portando le stoviglie vide
che Remus si era sistemato un canovaccio alla vita e stava iniziando realmente a
lavare i piatti senza bacchetta.
“Lo fai davvero a
mano?”
“Strano, vero? È il mio
momento di silenzio e rilassamento.”
Sorridendo lei gli mise tutto
nel lavello, dove già c’erano gli altri piatti.
Sistemò la tavola, togliendo
tovaglia e tovaglioli, sistemando sedie e pulì per terra usando scopa e
bacchetta.
Lavorarono in silenzio,
piacevolmente. Come se si trattasse della vita di tutti i
giorni.
Terminato il lavoro si mise a
fianco di Remus. Aveva lavato la maggior parte delle stoviglie che stavano
sgocciolando dentro una vaschetta di scolo.
Si guardò in giro e prese un
canovaccio per asciugarle.
“Non hai più risposto alla
mia domanda.”
“Quale?” Remus si fermò un
attimo a guardarla. Non se lo ricordava.
“Se fa male la mutazione, con
la luna piena.”
“Ah, già…” sospirò. “Sì, fa
male.”
“Fisicamente?”
“Non solo. Capisco cosa sta
accadendo, ma non posso oppormi.”
Hetta rimase un attimo in
silenzio, cercando di immaginare il dolore che doveva
provare.
“Non puoi
evitarlo?”
“Con la pozione di Severus.
Ma devo prenderla con costanza e non è facile. E comunque ci sono cose che non
posso evitare.”
“Quali?”
Continuavano a lavare e
asciugare le stoviglie fianco a fianco, senza
guardarsi.
“Divento più irritabile,
aggressivo. Tendo a mangiare carne sempre più cruda. Ho bisogno di stare
all’aperto. Mi è capitato di mordere oggetti. Alcune persone hanno dovuto
difendersi. Anche amici.”
Elencò tutto questo con tono
dimesso, rassegnato.
Hetta rimase in silenzio,
cercando di capire quale potesse essere la mossa
successiva.
Remus pensò che il silenzio
fosse il segnale che la curiosità era stata soddisfatta e non era più
interessata alla sua vita. Trattenendo la delusione terminò il
lavoro.
“Portiamo il vino in
salotto?” chiese Hetta asciugando l’ultimo piatto di
portata.
“Se vuoi,” disse
laconicamente Remus. Afferrò la bottiglia e quattro
calici.
“Remus…”
Si bloccò sulla porta,
girandosi verso di lei. Rimase in silenzio a
guardarla.
“Non volevo essere invadente.
Solo…”
“La gente non mi chiede nulla
del… mio essere così…” spiegò brevemente. “Non sono abituato a
parlarne.”
“Ma sei un lupo
mannaro.”
“Sì.”
“E non ti
piace.”
“Sì.”
“Non puoi cambiare la tua
natura?”
“No,” sbottò quasi ridendo.
“Lo avrei già fatto.”
“Domanda sciocca, hai
ragione.” Arrossì e si girò a sistemare il
canovaccio.
Remus la osservò, ammirandone
il corpo e i capelli così lucidi e lisci. Era una sofferenza innamorarsi. Non
c’erano più James e Sirius a consigliargli di provarci comunque e a consolarlo
quando veniva respinto. Era solo.
“Dobbiamo avvisare che stiamo
arrivando?” gli chiese sorridendo Hetta.
Remus sorrise di riflesso.
“Bussiamo alla porta.”