Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: H0sh1    31/03/2021    0 recensioni
Il silenzio oltre le dune - 砂丘の後黙 [Sakyū no ushiro moku ]
La Quarta Guerra Mondiale dei Ninja ha lasciato cicatrici profonde in tutte le Cinque Grandi Terre e, a quasi quattro anni dalla fine del conflitto, alcune di loro faticano ancora ad affrontarne le conseguenze. Tra queste, il Paese del Vento è arrivato ad un punto critico: la mancanza di denaro da investire nello sviluppo del villaggio e la perenne siccità del deserto sembrano essere i problemi più gravi che Gaara, in qualità di Kazekage, è chiamato a contrastare.
Qualcos'altro, tuttavia, si muove sotto il manto caldo del deserto: un'ombra, oscura e malevole, trama di spezzare il precario equilibrio di Sunagakure; un'ombra paziente, che non dimentica e minaccia di inghiottire tutto ciò che il capovillaggio ha più a cuore. Kimiko è una di queste, uno dei pilastri portanti su cui Gaara ha sempre potuto trovare sostegno e che, assieme ai fratelli del Kazekage e ai fedeli shinobi di Suna, è disposta a condividere il peso di questo nuovo momento buio, determinata a spalleggiarlo nel nome di quella pace ottenuta dal sacrificio di molti e per il bene di tutti.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kankuro, Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara, Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 1

- Dune all'orizzonte -
(2)

Lasciò il proprio studio chiudendosi la porta alle spalle e si incamminò verso la Sala del Consiglio che, al suo arrivo, scoprì essere ancora vuota. Tirò un leggero sospiro di sollievo: nei saggi insorgeva sempre il buon umore quando lo vedevano presentarsi in anticipo.

Si portò di fronte una delle finestre circolari che regalavano una vista dall'alto dei tetti del villaggio, perdendosi per un po' nella confusione portata dalle persone che passeggiavano o correvano, immerse nella loro quotidianità. Ebbe come l'impressione di avere un paio di occhi puntati addosso e, d'istinto, si voltò in direzione delle statue dei Kazekage alle sue spalle, che svettavano dietro l'immenso tavolo rotondo attorno a cui si riunivano in consiglio. Il suo sguardo azzurro si posò sulla penultima della fila, quella che più tra tutte, un tempo, lo faceva sentire a disagio: le severe iridi di pietra di Rasa, affilate come un rasoio, parevano giudicarlo dall'alto.

Non era mai riuscito a vedere in lui una figura paterna: l'odio del padre nei suoi confronti non gli aveva mai dato la possibilità di stringere un qualche rapporto umano. Una parte di sé, però, tendeva a ringraziarlo, in quanto quei sentimenti così negativi che gli avevano trafitto l'animo lo avevano forgiato nell'uomo che era diventato.

Vittima dei ricordi affiorati, ne venne distolto quando il cigolio del pesante portone lo richiamò alla realtà, annunciando l'arrivo degli anziani che entrarono con passo strascicato, uno dopo l'altro. Lanciando un'ultima occhiata al colosso con le fattezze di suo padre, lasciò la sua stasi per raggiungere i commensali, aspettando che tutti prendessero posto.

«Se siete d'accordo, direi di dare inizio alla riunione» proclamò infine con garbo, dopo aver dato loro il suo personale benvenuto. Per un attimo, vagando tra i presenti, incrociò lo sguardo di Baki che gli parve piuttosto provato.

«Allora direi di iniziare con il bilancio mensile» esordì proprio quello, con una certa angustia nella voce. «come penso immaginerete, le entrate hanno registrato un ulteriore calo. Dobbiamo mobilitarci, non possiamo andare avanti così ancora per molto.»

La situazione che il villaggio stava vivendo in quel momento non era delle più rosee: la guerra aveva portato un impoverimento delle risorse e del denaro, che era stato impiegato per fronteggiare la minaccia. Risollevarsi era ancora molto arduo; inoltre, moltissimi shinobi avevano perso la vita nel conflitto e sempre più persone si sentivano scoraggiate dall'intraprendere un cammino tanto glorificante quanto infido. Erano settimane che non si parlava d'altro, e Gaara iniziava a sentirsi anche lui provato dalla tenacia dei vecchi consiglieri.

«È evidente, Baki» fu il commento sterile che si levò dall'uomo gracilino seduto di fronte al Kazekage, vestito di grigio. «non riusciremo più a sostenere le spese.»

«Continuo a credere fermamente che la soluzione ideale sarebbe persuaderlo» proclamò Gaara, rompendo così il suo lugubre silenzio e riportando in auge un vecchio discorso. «sappiamo che l'interesse del daimyō è diminuito dopo il conflitto, ma possiamo fare qualcosa per risollevarlo.»

«Non starete ancora pensando d'invitarlo qui?» inveì sdegnato un altro, battendo con foga il pugno chiuso e raggrinzito sulla superficie liscia del tavolo.

Gaara raccolse allora tutto ciò che aveva per fronteggiare l'astio del quale quell'esternazione era impregnata: il daimyō del Paese del Vento aveva una nomea non proprio linda, conosciuto sopratutto per la grande avidità che lo contraddistingueva, sostanzialmente un uomo che perpetrava la sua vita solo per la gioia che il denaro gli donava.

«Non provoca neanche il mio entusiasmo, ma ora come ora credo sia l'unica soluzione plausibile.»

«Gli shinobi diminuiscono giorno dopo giorno, senza contare che la nostra è una terra sterile. Non è molto invitante per un nuovo meschino come lui ed è sempre stato difficile che tenesse fede ai suoi doveri di Signore.»

«Non per questo dobbiamo desistere dal provare a fargli cambiare idea» lo interruppe Gaara, segretamente irritato. «inoltre, mi è stata finalmente recapitata la decisione del daimyō del Paese del Fuoco riguardo i territori fertili al confine. Ha dato il suo benestare, e nei prossimi giorni mi recherò a Konoha per un incontro privato per discutere gli ultimi risvolti.»

«Lei pensa sul serio che questo sia sufficiente?» rispose un uomo calato in una tunica cerulea, visibilmente scettico. «Territori fertili? Pensate davvero che questo possa salvarci?»

«Da qualche parte si dovrà pur iniziare. Non credo ci sia bisogno di ricordarvi che anche le nostre fonti di sustentamento stanno subendo un grave tracollo. Se non facciamo qualcosa, la mancanza di denaro non sarà l'unico dei nostri problemi, senza contare che gli shinobi che abbiamo possono essere un buon incentivo» ribatté il Kazekage, cercando di sovrastarlo senza tuttavia scomporsi.

«Gli shinobi saranno anche diminuiti, ma i rapporti decantano delle abilità niente male.» Fu Hirofumi a parlare, l'uomo più giovane e forse l'unico oltre Baki che riponeva fiducia nelle capacità del loro capo villaggio.

Seguì un chiacchiericcio generale dove ognuno si sbracciò per poter far valere la propria opinione e Gaara lasciò correre per un po', prima di richiamare tutti all'ordine.

«Date le circostanze, se il Consiglio è d'accordo, mi appresterò a far recapitare al nostro daimyō un invito ufficiale. Mi rimetto al vostro giudizio.»

Baki e Hirofumi, che erano seduto di fronte a lui, furono i primi a ritenersi favorevoli e, una dopo l'altra, tutte le mani che accerchiavano quel tavolo si alzarono all'unanimità.

«Così sia. Allora? Qual è il prossimo punto?» riprese poi Gaara, sollevato.

«Abbiamo un'altra questione spinosa» enunciò Baki, rivolgendosi direttamente al Kazekage. «sono stato avvisato dai nostri uomini di frontiera dell'avvistamento di gruppi sospetti, all'esterno del villaggio.»

La notizia provocò un nuovo brusio convulso che scosse la commissione.

«Sono corsi al loro inseguimento?» La voce del più anziano si levò alta su tutte le altre, provocando così lo scemare della discussione andata nuovamente fuori controllo.

«Sì, signore, ma sono riusciti a fuggire» oppugnò Baki, piccato dalla sciocca domanda dettata forse dal puro sconcerto.

«Potrebbero essere viandanti?»

«Quali viaggiatori si aggirerebbero nei pressi di un villaggio senza entravi per trovare ristoro?» pronunciò Gaara, pensieroso. «Sono stati riscontrati segni particolari?»

«Secondo ciò che mi è stato riferito, sembravano essere abbigliati come abitanti del deserto, ma oltre questo nulla, il buio non ha consentito di vedere molto» rispose l'ex istruttore, fortemente desolato.

«Va bene, ciò non toglie che vadano presi provvedimenti a riguardo» proclamò il Kazekage, serioso e scuro in viso. «raddoppieremo la sicurezza sui confini, voglio che le vedette siano di pattuglia ventiquattro ore su ventiquattro.»

Un cenno d'assenso si levò dagli uomini e Gaara tirò infine un lungo sospiro.

Quando la seduta fu sciolta, gli anziani lasciarono la Sala del Consiglio così come erano arrivati, claudicanti e silenziosi, lasciando Baki e Gaara come unici presenti al cospetto dei precedenti Kazekage. L'ex istruttore si alzò dal proprio posto e si avvicinò al suo allievo, complimentandosi per il lavoro svolto.

«Sai come sono fatti, non prendertela troppo. Fai del tuo meglio» lo rassicurò, posandogli una mano sulla spalla.

«Grazie per il supporto, come sempre» lo ringraziò quello, con un sorriso stanco. «torna pure a casa.»

Così dicendo, Gaara si alzò dalla propria postazione e lasciò la stanza, ormai rischiarata dal sole calante che la tinse di arancio. L'esito della riunione vorticò nella sua mente senza sosta, fu il compagno che lo seguì fino a casa. L'idea che potessero essere shinobi traditori, o peggio, si fece strada nel suo animo, ma decise di accantonare quel pensiero e rincasare.

Impossibile, sarebbe il colmo, pensò poi tra sé e sé, varcando la soglia di casa e chiudendo via quel pensiero sgradevole dietro l'uscio.

* * *

Riuscì ad individuare per tempo l'ombra di un uomo che cercava di calare sul vecchio dalla sommità della duna. I tre genin, allarmati, scattarono in piedi seguendo l'esempio dell'istruttrice che, veloce, aveva recuperato la naginata piantata al suolo. Impugnandola in una stretta presa, caricò una stangata in direzione dell'assalitore, costringendolo così ad indietreggiare prima che potesse mettere mani sul prezioso carico verso cui si era fiondato. A quello se ne aggiunsero altri due, rimasti celati nelle tenebre che avevano iniziato ad allungarsi sull'arido paesaggio.

«Prendetela!» sentenziò colui che aveva provato la prima offesa, indicando la valigetta avvolta dai granelli di sabbia.

L'anziano farmacista allora corse incontro alla ventiquattrore, riacciuffandola con un balzo e sottraendola così agli aggressori.

Però, veloce per la sua età.

«Ragazzi, proteggete il signor Enji» ordinò perentoria, gli occhi ridotti a due fessure.

«Conti su di noi, maestra!» ribatté in risposta uno dei ragazzi, il più mingherlino della compagnia. Il trio andò ad accerchiare l'anziano, cercando di tenere a bada le due figure ben più grandi che incombevano su di loro.

L'avversario di Kimiko, invece, strinse con forza quello che aveva tutta l'aria di essere un kunai, pronto ad attaccare. Si gettò verso di lei, che riuscì ad evitare l'impatto e lo face incespicare; Kimiko sentì lo sferragliare del metallo alle sue spalle, segno che i suoi ragazzi avevano iniziato a combattere.

«A quanto pare sei tu, il capo banda» sentenziò l'uomo a denti stretti, ritrovando finalmente il proprio equilibrio; dai suoi movimenti, era chiaro non avesse ricevuto alcun tipo di addestramento.

Kimiko buttò una fugace occhiata sui genin che sembrava se la stessero cavando piuttosto bene, ad eccezione di Tsubaki: piccola nelle spalle, si era ritratta verso l'anziano, il quale stringeva ancora la valigetta; gli occhi del vecchio, contornati dalle rughe, schizzavano da una parte all'altra impauriti. La jōnin dovette reprimere però l'impulso di correre dalla bimbetta e aiutarla a risvegliarsi dal suo torpore.

«Già, e non ti farò andare oltre» oppugnò la giovane, inarcando un sopracciglio.

Urtato, egli si buttò nel tentativo di un altro attacco; Kimiko alzò prontamente l'asta della naginata, intercettando il colpo e fermandolo a pochi centimetri dal viso. Con una spinta, lo fece indietreggiare e piantò l'arma al suolo, pronta ad intrecciare vari sigilli con le mani: uccello, serpente, pecora, scimmia, cane.

Arte del Vento: corrente ascendente.

D'un tratto, i flussi ventosi che soffiavano sulle lande mutarono sotto la sua volontà e precipitarono verso il basso, aumentando la velocità fino a diventare una raffica incontenibile che si rialzò da terra e travolse il suo nemico. Sbaragliato dalla potenza d'urto, l'alta figura volò diversi metri più indietro, incidendo nella sabbia il segno del suo passaggio e battendo infine con forza il capo sul terreno. Quando Kimiko si rese conto che non si sarebbe più rialzato, impugnò nuovamente l'arma con uno sbuffo e corse incontro ai propri allievi.

Si parò di fronte Hisato – il ragazzo dalla zazzera scura – che pareva essere in estrema difficoltà; lo allontanò dall'avversario quanto bastava per potergli permettere di intrecciare i sigilli e dar vita ad una forte scarica elettrica, che superò la maestra e paralizzò il nemico. Poco distante, l'ultimo membro della piccola congrega sembrò esser stato finalmente sbaragliato da Nori: il ragazzino aveva lanciato contro l'uomo diversi shuriken che vennero per lo più schivati. Kimiko spalancò gli occhi nell'osservare che due di quelli cambiarono la traiettoria all'ultimo e colpirono l'obiettivo alla schiena, in due punti non vitali che lo portarono però a soccombere.

«Io lo sapevo che sarebbe successo!» esclamò ad un certo punto il signor Enji, quando il silenzio fu calato nuovamente sul deserto.

Kimiko rilasciò un secondo e più sonoro sbuffo di frustrazione. Pensò alla svelta cosa fare dei tre assalitori: tornare indietro, dopo il lungo viaggio, non era possibile, erano troppo vicini alla meta. C'era solo una cosa che poteva essere fatta.

Kimiko chiese allora a Hisato e Nori di aiutarla a raggruppare gli assalitori, privi di sensi, e incaricò Tsubaki di prendersi cura del vecchio, profondamente sconvolto dall'impeto della vicenda.

«Cosa facciamo, maestra?» chiese Tsubaki con un filo di voce, come se avesse paura di parlare: la vergogna era andata a tingerle le guanciotte e, nel vederlo, un moto di apprensione crebbe nell'animo della kunoichi.

«Chiamiamo i rinforzi, non possiamo tornare indietro» rispose Kimiko in preda allo sforzo.

Lei sapeva più di tutti che Gaara sperava la cosa si risolvesse senza problemi: avvisarlo e addossargli l'ennesima grana da risolvere le fece venire un tuffo al cuore, ma non vedeva altra soluzione. Prima di fare una qualsiasi altra mossa, intimò ai propri allievi di allontanarsi dai corpi esanimi, prima di intrecciare velocemente altri sigilli: cinghiale, drago, bue, drago, cavallo.

Arte della Terra: prigione inespugnabile.

Al suo comando, richiamate dalle profonde asperità nel terreno, spesse pareti rocciose si innalzarono a formare un piccolo forte, che rinchiuse i tre uomini nella sua oscurità. Tirò poi fuori da una delle tasche della pettorina un piccolo rotolo, assieme ad un pennello e un calamaio. Si sedette al suolo, posizionando la pergamena sulle ginocchia e alzò il capo, fissando le stelle che avevano iniziato a fare capolino nel cielo. Segnò la loro posizione con titubanza sulla carta ruvida – alzando più e più volte il capo per assicurarsi di non star sbagliando – e rimise tutto al proprio posto. Infilò il piccolo rotolo tra i denti per avere le mani libere e si ferì il pollice.

Dalla sottile nube che si era alzata dalla sabbia, quando aveva impattato il suolo con il palmo della mano, ne uscì fuori un grosso volatile che si adagiò con malagrazia sul terreno. Affondò gli artigli affilati tra i granelli d'avorio, guardandola con aria stralunata.

«Ohilà, Miko. Che hai combinato? Cos'è che devo sistemare?» gracchiò il rapace infastidito, scrutando la sua padrona con i piccoli occhietti nascosti dietro il lungo becco graffiato.

«Perché deve sempre essere la prima cosa che tutti pensano?» sospirò scoraggiata l'altra, massaggiandosi la fronte. «no, questa volta no, non devi sistemare niente.»

Il grosso uccello si lisciò le belle piume nere e bianche con disinvoltura, mentre ascoltava il motivo per il quale era stato richiamato: «Dovresti consegnare con assoluta urgenza un messaggio a Gaara.»

Il condor smise all'istante di sistemarsi il manto delle ali, incrociando gli occhietti neri e smaliziati nelle iridi d'ametista dell'altra, non senza prima aver gettato un'occhiata alla fortezza di roccia poco distante.

«Adesso? Ti pare il caso di scambiarsi messaggini in un momento come questo?» crocidò l'uccello, ammiccando proprio al fortino alle sue spalle. Kimiko contrasse la mascella, reprimendo l'impulso di assestargli un colpo di naginata sulla cresta carnosa.

«Guarda, non ti spenno vivo solo perché mi servi» sibilò. «non sei affatto divertente, spero tu lo sappia.»

Gli fece poi cenno di avvicinarsi di più. Zappettando con il petto piumato all'infuori, il rapace si portò a poca distanza dalla ragazza, alzando uno zampetto per permetterle di legare il rotolo.

«Sai cosa è divertente? Vedere il fumo che ti esce dalle orecchie! Quando la prendi a male, sei esilarante!» Spiegò le ali in tutta la loro grandezza, sbattendole energicamente per mettersi in volo e partì alla volta di Suna, seguito da una colorita imprecazione da parte della padrona.

Quando il condor scomparve alla vista, Kimiko si voltò verso il quartetto e notò Tsubaki starsene in disparte dal resto dei compagni che, entusiasti, confrontavano le loro gesta in quella breve battaglia. Si tormentò le mani mentre camminava verso di lei e quando la piccola percepì che ella le si stava sedendo accanto, sussultò. Tsubaki voltò piano il capo nella sua direzione: lacrime amare offuscavano le iridi chiare, ricolme di tristezza. Kimiko le regalò un dolce sorriso consolatorio, che parve calmare per un attimo il suo animo in subbuglio.

«Cos'è successo, questa volta?» le domandò con tono estremamente gentile, dolce quanto una carezza.

«Non lo so, maestra, mi sono bloccata. Non riuscivo più a muovere le gambe, tremavano e basta» singhiozzò la genin, cercando con tutte le forze di reprimere il fiume impetuoso che era andato a bagnarle le gote arrossate.

L'istruttrice, in un gesto affettuoso, le posò una mano sui capelli a caschetto, neri come le più profonde delle ombre, lasciandole un piccolo buffetto e assecondando lo sfogo.

Kimiko rimaneva sempre intenerita da Tsubaki: era una ragazzina con grandi capacità, con un controllo del chakra pressoché perfetto, ma la paura che la ghermiva in ogni battaglia le impediva di dar sfogo a tutte le proprie capacità. Si diceva che avesse bisogno di supporto, per crescere, e lei non aveva mai avuto cuore e intenzione di negarglielo: voleva essere la sua guida, la sua luce in un mare di nebbia.

«Sono una buona a nulla» la sentì singhiozzare e quelle parole le caddero sulle spalle come un grosso macigno. Kimiko aggrottò la fronte, alquanto dispiaciuta per quell'autocritica così aspra.

«Quante volte ti ho detto di non dire così?» domandò allora, facendo in modo che Tsubaki alzasse il viso e incrociasse il suo sguardo contrariato. «criticarti pesantemente serve a poco, non ti aiuta a crescere o migliorare. Per adesso non pensarci più, va bene? Una volta tornati al villaggio, riprenderemo a lavorarci.»

Osservando l'incoraggiante sorriso che Kimiko le riservò, Tsubaki annuì decisa con il capo, asciugandosi con i pugni chiusi i rimasugli delle lacrime. La vide allora allontanarsi e ricongiungersi con i compagni, i quali presero a scherzare con lei. Erano un trio affiatato, essi stessi spronavano la ragazzina a dare il meglio ed era una cosa che le riscaldava sempre il cuore.

Ormai sola, guardò poi la gabbia che custodiva i tre assalitori e la fiamma scaturita nel petto venne oppressa da un leggero disagio.

Speriamo vada tutto per il meglio.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: H0sh1