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Autore: Juliet8198    07/04/2021    2 recensioni
Choson, 1503
La condizione di principe esiliato aveva portato Yoongi a fidarsi unicamente delle persone che vivano sotto al suo tetto. La cosa, però, in fondo non gli dispiaceva. Erano pochi quelli che tollerava e ancora meno quelli a cui concedeva confidenza. Eppure, per qualche motivo, quando Namjoon si presentò al suo cospetto con quella schiava dalle sembianze tanto inusuali, decise di andare contro i suoi stessi principi.
Il mondo di Diana era cambiato nel giro di istanti. Dall'essere così vicina a scoprire quel meraviglioso impero di cui suo padre le aveva tanto parlato, al ritrovarsi sola e in catene, venduta ad un padrone dall'attitudine fredda e scontrosa. Solo il suo intelletto e la sua conoscenza avrebbero potuto aiutarla nell'impervia strada verso la libertà, costellata di ostacoli, complotti e pericolosi intrecci politici.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Jung Hoseok/ J-Hope, Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seguirono istanti di lungo, estenuante silenzio. I presenti sembravano sospesi in una stasi carica di aspettativa, come se avessero avuto il timore di rompere, con un solo movimento, il delicato equilibrio fra le due persone intente a fissarsi. 

 

Non c'era dubbio. I lineamenti delicati e gentili di quel volto quasi androgeno nella sua eterea bellezza potevano appartenere solo a Jimin. In effetti, Diana non poteva dimenticare quel viso. Non poteva dimenticare il modo pietoso in cui i suoi occhi l'avevano guardata, il modo in cui la sua bocca rosea aveva mormorato una parola che al tempo non comprendeva. 

 

Perdonami

 

-Jimin. 

 

Non era più una domanda. Era un'affermazione. Jimin era lì, di fronte a lei, con il viso scavato e il corpo ritratto sotto a vestiti sporchi e troppo grandi. Le sue pupille scure percorrevano il suo volto disperate, forse in cerca di un segnale che gli dicesse che si stava sbagliando. Che non era davvero lei, la ragazza che lui aveva venduto. 

 

Ma più la scrutava e più era evidente la terribile realizzazione nel suo viso. 

 

-Oh cielo... 

 

La sua flebile voce tagliò il silenzio come la lama sottile di un coltello. Diana rimase a fissarlo imperterrita, il volto contratto in un'espressione di cui lei stessa non era consapevole. In quale modo lo stava fissando? Con astio? Stupore? Pietà? 

 

In effetti, non sapeva neanche che cosa stava provando nel suo cuore alla vista di quel ragazzo. La smorfia contratta delle sue labbra, però, si sciolse leggermente non appena vide gli occhi docili di lui riempirsi di lacrime. 

 

-Mi dispiace!- urlò gettando il capo in avanti e stendendo le braccia davanti a sé, liberandosi dalla presa ferrea di Hoseok. 

 

-Mi dispiace! Mi dispiace, mi dispiace, perdonami...- mormorava, mentre i singhiozzi scuotevano la sua schiena stretta e magra. 

 

Diana rimase a fissarlo senza sapere che fare. Avrebbe potuto consolarlo, dirgli che non ce l'aveva con lui per quello che aveva fatto. D'altronde, si conoscevano a malapena. Lei era un'estranea per lui e, se il suo gesto era stato generato dalla necessità di sostenere la sua famiglia, poteva comprenderlo. 

 

Nonostante ciò, nonostante razionalmente accettasse tutto ciò nella sua mente, non riusciva a costringersi a mormorare alcuna parola nei confronti del ragazzo. 

 

-Vi conoscete? 

 

Diana si voltò per rivolgere la sua attenzione al principe, che la fissava con un'espressione indecifrabile negli occhi. 

 

"Bene" pensò. 

 

Era passata da un calderone bollente ad un fuoco ustionante. Non era pronta ad affrontare lo sguardo penetrante del signore. Il suo corpo era ancora lievemente intorpidito dalle azioni che avevano preceduto quell'irruzione. Ma non poteva fissarlo senza rivolgergli la parola. 

 

-Sì, ci conosciamo. Lui... 

 

Esitò. Era la scelta giusta rivelare che Jimin era la persona che l'aveva tradita e venduta? Quali conseguenze ci sarebbero state per lui una volta che la verità fosse venuta a galla? 

 

Diana fermò il suo ragionamento, contraendo appena le sopracciglia. 

 

Perché mai dovrebbe avere avuto importanza? Pensava davvero di essere diventata talmente rilevante per gli abitanti di quella casa al punto da spingerli a vendicarla per una simile azione? 

 

Forse stava iniziando a riempirsi un po' troppo la testa con stupide fantasie. Non aveva importanza quanto gentili potessero essere quegli uomini. Lei rimaneva pur sempre una schiava. 

 

-Lui?

 

Il signore la incalzò con un tono leggermente irritato e gli occhi insistentemente fissi su di lei. E se il suo sguardo non fosse stato sufficiente nel renderla inquieta, Diana poteva sentire anche il lieve singhiozzare di Jimin, ancora riverso per terra. 

 

-Lui... è il figlio della famiglia di contadini che mi ha accolto in casa propria- replicò infine in un sussurro, sollevando brevemente lo sguardo sulla figura di Jungkook, che aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza. 

 

Gli occhi insistenti del signore sembrarono farsi inflessibili, rigidi come metallo. 

 

-Intendi il ragazzo che ti ha venduto a dei trafficanti?

 

Diana spalancò gli occhi. Non si aspettava il tono aspro con cui quella domanda venne sputata fuori dalle labbra del principe. Non si aspettava che la domanda le venisse rivolta nella loro lingua, così che tutti i presenti potessero comprendere. Ma sopratutto non si aspettava gli sguardi appuntiti come spade che, in risposta, iniziarono a trafiggere il corpo accasciato per terra. 

 

Questo, al suono della voce del signore, si irrigidì, cessando il suo sonoro singhiozzare e le sue scuse mormorate a fior di labbra. 

 

L'intera stanza, in un solo istante, sembrava essersi rivoltata contro di lui. E Diana osservò i presenti uno ad uno con stupore crescente. 

 

Hoseok non si mosse dal suo posto e non riprese la casacca del ragazzo nel suo pugno, ma trasformò il suo sguardo, fino a quel momento pietoso, in uno freddo e distaccato. Il disappunto di Seokjin fu ancora più evidente a causa della sua eccessiva espressività, tanto che sul suo volto si dipinse un cipiglio irritato, se non addirittura furibondo. 

 

Diana, con grande sorpresa, trovò perfino Jungkook con la mandibola contratta e gli occhi minacciosamente fissi sul corpo di Jimin, mentre portava con disinvoltura una mano sull'elsa della spada e faceva un'impercettibile passo in avanti. 

 

-Dunque, è lui?

 

La domanda, posta con ferrea insistenza, la portò a rivolgere nuovamente lo sguardo sul principe, che guardava il ragazzo con gli occhi di un predatore invasato dalla sua sete di sangue. 

 

La giovane non sapeva se era una buona idea rispondere, ma non aveva alternative. 

 

-Sì.

 

Al suono della sua flebile replica, la stanza parve divenire una landa gelata. Gli sguardi dei presenti si fecero più freddi e impietosi, mentre il corpo disteso a terra riprese a singhiozzare ancora più violentemente di prima. 

 

Non sapeva che fare. Pensava di essere disposta a perdonare. Pensava di essere una persona buona, gentile, caritatevole. La sua balia la ricopriva di tutti quei complimenti quando era piccola e lei vi aveva sempre creduto. 

 

-Oh signorina, quanto siete buona! 

 

-Quanto siete cara! Il vostro futuro sposo sarà così fortunato ad avere una persona tanto onorevole quanto voi! 

 

Davvero lo era? Era così facile essere gentili e generosi quando nessuno le recava offesa. Eppure, in quella situazione, non riusciva ad essere così pronta ad elargire il suo perdono incondizionato.

 

Forse, in fondo, non era una persona buona.

 

Oppure, forse, era semplicemente parte della natura umana, l'essere incapaci di perdonare senza riserve.

 

Non ne era sicura. E forse non avrebbe mai trovato la risposta alla sua domanda da sola. Eppure in quel momento doveva scegliere. Doveva scegliere che tipo di persona essere.

 

-Jimin... 

 

Non appena il suo nome scivolò dalle sue labbra, la testa del ragazzo scattò verso di lei. Diana contrasse la bocca. Aveva pianto. Era pentito. E lei non aveva bisogno di attaccarsi al passato e al risentimento per sentirsi meglio. 

 

-Perché sei qui? Perché non sei... a casa tua... a lavorare i campi? 

 

La domanda parve rompere qualcosa dentro al ragazzo. I singhiozzi tornarono più prepotenti e lo fecero accartocciare su se stesso. 

 

Diana lo osservò con una vena di pietà. La sua gentilezza sarebbe stata la sua punizione. E a quanto pareva stava funzionando. 

 

-Io... Io... mio padre... mia madre... 

 

Le parole uscivano a tratti, interrotte dai convulsi respiri che gli tagliavano il petto. 

 

-Mio padre... io avevo bisogno dei soldi per mio padre... il medico voleva una cifra troppo alta... noi... non avevamo i soldi e ogni giorno peggiorava... 

 

La voce di Jimin si rompeva sempre più, sbriciolandosi come preziosa ceramica e lasciando frammenti frastagliati e inconsistenti. 

 

-E allora... quell'uomo... mi aveva detto che avrei potuto avere i soldi... ti ha vista mentre lavoravamo i campi e mi ha detto che se avessi lasciato che ti portassero via avrei avuto il necessario per pagare il medico... 

 

La gola del ragazzo ormai emetteva un lamento acuto, man mano che le lacrime scorrevano sul suo viso affogandolo sempre di più. 

 

Diana lo contemplò. Lo immaginava. Aveva considerato che potesse essere quella la motivazione. Sentirlo con le sue orecchie, però, fece sciogliere leggermente il nodo di risentimento intrappolato nel suo stomaco. 

 

-Quando mia madre è venuta a saperlo... non mi ha rivolto più la parola... diceva che suo figlio non avrebbe mai tradito una persona che era stata accolta nella nostra casa... 

 

Il giovane trasse un respiro più profondo degli altri, ma sembrò non riuscire a placare il suo petto singhiozzante. 

 

-Ho pagato il medico... ho preso la medicina per mio padre... ma non è servito a niente! 

 

La voce del giovane, fino a un momento prima flebile e rotta, si alzò fino a gridare in tutta la sua miserabile pietositá. Diana chiuse gli occhi e abbassò il capo. Il risentimento rimasto nel suo stomaco si dissipò interamente, lasciando dietro di sé solo una memoria dei sentimenti che aveva così tanto faticato ad abbandonare. 

 

Jimin era già stato punito.

 

-È morto... è morto pochi giorni dopo la visita del medico... e mia madre lo ha seguito una settimana dopo, uccisa dal dolore!

 

Diana spalancò gli occhi. Chong-eun era morta? 

 

La ragazza ripensò al suo sorriso gentile, al suo tono accogliente che l'aveva fatta sentire al sicuro dopo tutto quello che le era successo. Sentì il bruciore delle lacrime farsi spazio nella sua fronte, costringendola a sbattere le palpebre. 

 

-Non riuscivo a gestire il terreno da solo! Non sapevo come prendermi cura della casa e di me stesso e... di tutto... non avevo niente... niente... 

 

La giovane lo guardò e piegò il capo. Sapeva cosa voleva dire rimanere senza niente. Sapeva cosa voleva dire perdere un genitore sotto i propri occhi. 

 

-E dunque sei venuto... in città in cerca... di soldi. 

 

Concluse lei con tono gentile. Non voleva essere una critica o un rimprovero. Sentiva che il ragazzo non aveva avuto scelta. 

 

-È questo il motivo per cui hai tentato di derubare Hoseok?

 

Diana si voltò verso il principe. La storia di Jimin non sembrava aver sciolto lo sguardo impietoso che gli stava rivolgendo, tanto che sputò la domanda con lo stesso tono freddo che aveva all'inizio. 

 

Il ragazzo alzò appena la testa, notando forse la posa autorevole del signore e l'inflessibilità nella sua voce. 

 

-Chiedo perdono...- mormorò, nascondendo il viso dietro alle braccia tremanti e tornando ad accasciarsi al pavimento. 

 

Il principe non sembrò mosso dalla fragilità del giovane. 

 

-Non è a me che devi chiedere perdono- replicò infine, puntando lo sguardo sul suo assistente. 

 

Hoseok per un momento parve scambiare una silenziosa conversazione con il padrone, fatta solo di sguardi muti e sopracciglia aggrottate, rivolgendo infine gli occhi con più docilità su Jimin. 

 

-Non ho ricevuto nessun danno, in fin dei conti. Non è riuscito a sfilarmi i soldi prima che io lo beccassi perciò non sono io la parte lesa. 

 

Diana improvvisamente sentì l'attenzione della stanza precipitare su di lei. Benché i presenti parvero trasmettere un'aria meno ostile nei confronti del ragazzo, la giovane poté percepire la diffidenza dietro i loro sguardi e il modo in cui la guardavano con aspettazione. 

 

Pur non voltandosi, sentiva perfino gli occhi appuntiti del principe su di lei. Lui non sarebbe intervenuto. 

 

Stava a lei il verdetto. 

 

-Hai pagato... abbastanza per quello che... hai fatto. 

 

Jimin alzò gli occhi arrossati dalle lacrime su di lei. Il suo perdono sembrava averlo ferito perfino più del suo rancore. 

 

-Se fossi stata... al tuo posto probabilmente avrei... fatto la stessa cosa- concluse infine, rivolgendogli un lieve sorriso. 

 

La bocca del giovane si piegò all'ingiù mentre lucide gocce di rugiada riprendevano a scorrere sul suo viso. 

 

Diana si voltò ancora una volta per trovare gli occhi scuri del principe scrutarla con un cipiglio illeggibile, quasi contrariato. 

 

-Quindi... che ne faremo di lui adesso? 

 

La domanda di Seokjin apparentemente non fu sufficiente a fare distogliere l'attenzione del giovane da lei, tanto che il silenzio fu l'unica risposta che parve ricevere. 

 

-Tu che cosa vuoi che ne facciamo?- chiese con gli occhi scuri concentrati unicamente su di lei. 

 

Diana gli lanciò velocemente un'occhiata perplessa. Era sincero? Le stava davvero chiedendo di prendere una simile decisione? 

 

Il suo sguardo cadde sulla figura accasciata sul pavimento. Sapeva che stavano discutendo del suo futuro, eppure rimaneva lì, in silenzio. Non aveva intenzione di replicare. Non avrebbe implorato la grazia per se stesso. Attendeva semplicemente la scure che sarebbe calata sul suo collo, con rassegnata accettazione. 

 

-Beh... in questa casa c'è sempre bisogno di mani in più, non credete?- chiese lei, riportando infine lo sguardo sul signore. 

 

Lui rimase immobile a fissarla, con gli occhi sottili puntati sul suo viso. 

 

-È questo che vuoi? Che lo accogliamo qua, come un randagio? Che viva sotto il tuo stesso tetto?- chiese con maggiore insistenza il giovane. 

 

Diana rispose al suo sguardo con calma e con tutta la determinazione che aveva racimolato dall'inizio di quella conversazione. Trasse un respiro profondo e guardò il signore diritto nelle sue iridi di onice. 

 

-Non ha nessun posto a cui tornare, perciò sicuramente tornerà a rubare se lo lasciassimo andare così. Tanto vale dargli un impiego.

 

La mandibola del principe, per un attimo, si tese in un angolo rigido. Poi, però, Diana vide il suo sguardo ammorbidirsi impercettibilmente. 

 

-Va bene. Resterà qua.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

A volte ritornano... e sta volta sono qui per restare! Ebbene sì, il nostro Chimmy è ufficialmente tornato e verrà adottato in casa Min da ora in poi. Anche se, come avete visto, i presenti potrebbero risultare un po’ ostili all’inizio...🤭😏

 

Non ho altro da aggiungere se non ringraziare tutte le nuove persone che continuano ad unirsi al nostro viaggio, davvero non pensavo che questa storia sarebbe piaciuta così tanto e non fate altro che darmi ancora più carica per continuare a scrivere! Grazie mille belle personcine! 

 

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