Ricordati di me
*
Capitolo 1
*
Alya aveva visto la
madre di Marinette, Sabine Cheng,
entrare dall’ingresso principale con le mani giunte, la testa abbassata e un
espressione in volto che non faceva trasparire niente di buono.
Aveva
anche notato che la pasticceria dietro l’angolo, era stranamente chiusa, di
solito pullulava di studenti che alla mattina si fermavano prima di entrare a
scuola per prendere degli sfiziosi panini o dolcetti da consumare durante
l’intervallo.
La
migliore amica di Marinette, l’aveva braccata dopo
che questa era uscita dalla stanza del preside.
“Sabine!
Sabine!!!” L’aveva chiamata a gran voce alzando anche la mano per farsi notare
tra l’orda di studenti che continuava ad entrare.
La
piccola donna cinese si era voltata verso di lei.
“Alya!” Scoppiò poi a piangere.
“Che
cos’è successo? Mi fa preoccupare così!” L’espressione di Alya
cambiò radicalmente quando Sabine fece il nome di Marinette.
“E’
in ospedale…sta male! Non ricorda più nulla!”
“Come
non ricorda più nulla, le ho parlato ieri pomeriggio.”
*
Erano le otto di
sera quando Sabine era salita in casa dopo aver chiuso la pasticceria e
lasciato Tom a sbrigare le ultime faccende.
Di solito a
quell’ora tra le scale, si poteva già sentire il profumo della cena che
ribolliva in pentola.
Marinette preparava la cena quando i suoi genitori
rincasavano tardi il martedì.
Ma non quel
martedì.
Sabine pensò che
sua figlia stesse ancora studiando e che non si fosse accorta dell’orario,
succedeva.
Entrò in casa e
quello che iniziò a farla insospettire, furono le luci spente e uno strano
silenzio che aleggiava.
Di solito, e non
sapeva il motivo, la camera di Marinette era sempre molto chiassosa, colpa
della tv a tutto volume.
La chiamò un
paio di volte senza ottenere risposta.
Sembrava non
essere in casa, ma non ricordava di averla vista uscire.
Salì
nervosamente le scale che portavano alla botola della mansarda e l’aprì.
La stanza era
buia e fredda, e i brividi che le percorsero le braccia, la costrinsero a
sfregarsele.
Nonostante fosse
quasi aprile e le giornate si facevano sempre più miti, alla sera la
temperatura scendeva vistosamente.
Notò la luce
filtrare dal lucernario lasciato aperto e un braccio di Marinette
disteso.
Subito Sabine si
precipitò da lei, e com’era prevedibile la trovò distesa sul pavimento.
La scosse un
paio di volte chiamandola.
Si svegliò
mugugnando qualcosa di incomprensibile.
La testa le
doleva ed aveva freddo.
Si spaventò
quando vide la donna minuta toccarla.
“C-chi sei?”
Sabine rimase
impietrita “Come chi sono, Marinette? Sono tua
madre!” Le disse in tono pacato “Hai battuto la testa per caso?” Le controllò
amorevolmente la fronte in cerca di bernoccoli o ferite.
Non ce n’erano.
“Davvero non sai
chi sono?” Domandò ancora preoccupata.
Marinette si sentiva un pesce fuor d’acqua, non ricordava
nulla, la sua mente era come svuotata del tutto.
Continuava a
guardarsi attorno e non riconosceva ne la sua terrazza dove passava pomeriggi
interi con album di disegni e matite colorate, ne la donna che continuava a
farle domande a cui non sapeva dare risposta.
La testa
continuava a vorticarle e a farle male, addosso sentiva anche un senso di
nausea e smarrimento.
Non riusciva ad
alzarsi dal pavimento, ma continuava a rimanere seduta con le gambe allungate
da un lato.
“Vieni dentro”
Le aveva intimato sua madre “…stai congelando qui
fuori”.
“M-mamma”La chiamò con voce tremolante e rotta dal pianto.
“Io non ricordo più niente!”
Una rivelazione
che fece raggelare il sangue nelle vene alla donna.
*
“Che
dicono i medici?”
Sabine
sospirò mentre gli amici di Marinette si radunavano
attorno a lei.
“E’
tutta la notte che fanno esami, controlli e tac. Sembra tutto apposto. Non
hanno trovato traumi o segni di lesioni”.
“I
medici sono incompetenti!” Aveva urlato Kim “Possibile che lei non ricordi
nulla e gli esami non evidenziano nessuna anomalia??”
“Calmati,
Kim!” Lo rimproverò Ivan “…e sentiamo la signora Dupain cos’ha da dirci”.
“La
terranno qualche giorno in osservazione, poi decideranno cosa fare.”
“La
possiamo venire a trovare?” Chiese Alix.
Sabine
asserì con il capo comunicando poi il numero di stanza e il piano.
*
“Alya!! Che cosa vuol dire che Marinette
ha perso la memoria?” L’espressione del biondo cambiò radicalmente quando venne
a conoscenza di quel dettaglio.
Insignificante
forse per gli altri, ma non per lui.
Che
fosse lei la sua milady?
Che
l’avesse avuta sotto il naso tutto questo tempo?
“Adrien! Mi fai male!” Senza accorgersene le aveva stretto
troppo le spalle e la stava scuotendo con forza.
“Lasciala,
amico” Intervenne Nino che gli staccò le mani.
Il
modello parigino rinsavì e si scusò immediatamente con i suoi amici, non era
solito a comportarsi in quel modo e fare del male alle ragazze.
Andò
a chiudersi in bagno come faceva ogni volta che doveva chiedere consiglio a Plagg.
Chiuse
la porta con due mandate e si sedette sulla porcellana bianca che odorava
ancora di candeggina mista al profumo di lavanda del pavimento.
Si
portò le mani dentro i capelli quando i gomiti toccarono le ginocchia.
Plagg, il suo amico e
confidente più intimo non c’era più al suo fianco.
La
sua milady, la ragazza con cui condivideva sempre buona parte della giornata,
non c’era più, o meglio era da qualche parte lì fuori smemorata e senza
identità.
Adrien chiuse gli occhi
per non piangere.
A
chi avrebbe chiesto aiuto?
A
chi avrebbe confidato i suoi dubbi?
A
nessuno.
Certo,
c’era Nino, ma a lui non poteva raccontare niente della sua ex vita da
supereroe.
Non
poteva.
Era
solo ancora una volta.
D’un
tratto pensò a Marinette, non a Lady Bug come di
solito gli capitava, ma alla sua amica che giaceva in un letto di ospedale con
attorno due persone che non conosceva e che le dicevano di essere i suoi
genitori.
Non
poteva essere la sua milady, sarebbe troppo facile scontato, sicuramente si è
trattata di una coincidenza.
Magari
ha un’amnesia momentanea dovuta ad un scivolone che ha fatto, era così sbadata
quella ragazza che prima o poi se non fosse stata attenta gli sarebbe capitato
qualcosa.
Adrien sorrise per la
sua goffaggine e quel pensiero gli scaldò improvvisamente il cuore.
I
suoi amici sarebbero andati nel pomeriggio a trovarla, anche lui ci sarebbe
andato, ma da solo.
Purtroppo
lui aveva già l’agenda piena di impegni, ma terminata la lezione di scherma e
il servizio fotografico, prima di andare a casa si sarebbe fatto accompagnare
dal Gorilla in ospedale, poco importava se sarebbe arrivato oltre l’orario di
visita consentito, suo padre donava regolarmente del denaro alla struttura, non
gli avrebbero fatto di certo storie.
La
campanella suonò annunciando l’inizio della lezione.
*
Marinette osservava il
profilo della Tour Eiffel, in piedi e di fronte l’enorme finestra.
La
signora cinese che le aveva detto di essere sua madre le aveva comunicato che i
suoi compagni di classe e le sue migliori amiche le avrebbero fatto visita.
Era
felice, perché questo significava che era una persona amata.
Un
medico col camice bianco e un’infermiera,
entrarono nella sua stanza con i suoi genitori al seguito.
“Avete
buone notizie?” Chiese voltandosi.
Il
dottore brizzolato e dagli occhi azzurri scosse il capo “Gli esami del sangue sono
tutti nella norma, e la tac non ha evidenziato lesioni nella zona cranica dove
viene controllata la memoria, solo un piccolo ematoma dovuto alla caduta, ma è
irrilevante, guaribile in pochissimi giorni. Sei sicura, Marinette
di non aver subito uno choc? Questo potrebbe spiegare la perdita della memoria”
“Mi
scusi, dottore, ma come faccio a ricordare se ho perso la memoria?”
“Bene.
Il ragionamento c’è.” L’infermiera appuntò qualcosa sulla cartella clinica che
teneva su con un braccio.
Era un test? Superato
con solo una domanda?
Dopo
quell’apparente insignificante domanda, il medico e l’infermiera si congedò,
lasciando soli i tre membri della famiglia.
“Che
cos’ho, mamma?” Chiese scoppiando a piangere.
Sabine
si precipitò a sorreggerla e anche Tom fece lo stesso.
“Tesoro,
i medici non si sanno spiegare perché tu non ricordi nulla.” Fu suo padre a
risponderle perché anche Sabine iniziò a piangere con sua figlia.
“Ti
terranno qui una settimana e ti faranno degli altri esami. Se il quadro clinico
non cambierà, ti manderanno a casa.”
Sabine
si scostò da sua figlia e con un fazzoletto si asciugò prima le lacrime e poi
si soffiò il naso.
“Non
preoccuparti bambina mia, ti aiuteremo noi a ricordare”.
*
I
suoi amici se ne erano andati da un’ora buona, e nella sua testa avevano
lasciato più confusione che altro.
Tutti
continuavano ad abbracciarla e a presentarsi, perché lei non conosceva il nome
di nessuno di loro, però poteva benissimo leggere l’espressione affranta di Alya, Mylene, Rose, Alix e Juleka, le sue migliori
amiche, e non aveva bisogno della memoria per saperlo, i loro gesti e i loro
sguardi amorevoli valevano più di mille parole messe insieme.
Si
sentiva benissimo con loro e a suo agio, e quando i ragazzi più casinisti le
avevano lasciate da sole, avevano iniziato a parlare come niente fosse.
Alya raccontò la
giornata di scuola appena trascorsa e del brutto voto preso da Kim, contro
quello eccelso di Adrien in fisica.
E
a quel nome, Marinette cambiò espressione.
“Va
tutto bene? Ti stai ricordando qualcosa?” Le chiese Alix.
“Sai
che sei innamorata di Adrien?” Continuò Alya.
“A-Adrien Agreste?” Balbettò, sua madre le aveva raccontato
che le foto di questo ragazzo tappezzavano mezza camera da letto, e per non
farsi mancare nulla, proprio nel tetto dall’altra parte della strada, c’era una
gigantografia del bel modello.
“Si,
lui” Se si guardava con attenzione negli occhi di Rose, si sarebbero potuto
scorgere due teneri cuoricini rosa.
“No,
mi dispiace” Marinette abbassò lo sguardo, e la speranza delle sue amiche che
almeno scattasse qualcosa nominandolo, si disperse come una nuvola di fumo.
“Un
passo alla volta, Marinette. Vedrai che ricorderai tutto. Sarà sicuramente una
cosa temporanea.” Disse Mylene con naturalezza “…e ritornerai a tempestarci con le tue mille paranoie e i
tentativi di confessargli i tuoi sentimenti andati a vuoto”.
Tutte
risero, anche lei.
“Sono
davvero così imbranata?”
“Se
si tratta di Adrien, si” Alya
si asciugò con un dito la lacrima di gioia che le era appena uscita dall’angolo
esterno dell’occhio.
“Balbetti
sempre e dici cose a caso quando c’è lui” Continuò Alix.
“Ma
non quando devi difendere noi o qualunque altro dai continui dispetti di Chloè o dalle cattiverie di Lila.”
Marinette si tenne la
testa quando una scossa lo aveva attraversato ed un tratto comparvero nella sua
mente i colori rosso e nero.
“Oh
mio dio, Marinette” Urlò Alya
sorreggendola quando l’amica ebbe un mancamento.
*
continua