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Autore: Demy77    17/04/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Gli sembrò più magra di quando l’aveva vista l’ultima volta, il viso più sciupato; i capelli, più lunghi del solito, erano annodati in una folta treccia che le ricadeva sulla schiena; uno spesso scialle di lana grigia la avvolgeva, proteggendola dai primi freddi autunnali; ma la cosa che stupì di più Ross fu che Demelza non pareva più la ragazzina sorridente e spensierata che aveva conosciuto tempo prima: suo malgrado, era diventata una donna, e quella consapevolezza lo colpì come un pugno allo stomaco.
Aveva pensato tante volte a cosa le avrebbe detto rivedendola ed ora che era lì davanti a lui sembrava non trovare le parole adatte. Non voleva compatirla, non voleva metterla in imbarazzo facendo riferimento a quanto accaduto con suo cugino; in realtà non sapeva minimamente come comportarsi….non aveva mai avuto difficoltà a relazionarsi con lei, ma adesso Demelza stava in piedi, rigida, distante; non v’era più sul suo viso traccia di quello sguardo cristallino o di quel sorriso aperto e spontaneo che travolgeva chiunque la incontrasse. Eppure era lì, aveva fatto un passo verso di lui cercandolo e Ross pensò che non poteva sprecare quell’occasione rimuginando troppo.
“Come stai? Mi fa piacere vederti. Ti ho cercato tanto in questi mesi.” – le disse soltanto, invitandola con un gesto ad entrare nel suo ufficio, dove avrebbero potuto parlare con tranquillità senza essere disturbati.
“Non c’è bisogno di entrare, possiamo parlare qui fuori, tanto sarò breve. Sono venuta a cercarvi a proposito di questa – disse Demelza, sventolando la busta della lettera di zia Agatha – qui dice che vostra zia vive con voi a Nampara e che vorrebbe rivedermi”.
“E’ così – confermò Ross – sai quanto ti era affezionata. In questi mesi è stata molto afflitta per le tue sorti. Mi incaricò di cercarti appena … appena andasti via. Da quando si è trasferita da noi a Nampara la vedo sempre più triste ed annoiata, benchè cerchiamo di risollevarle il morale. È comprensibile, alla sua età ha subito uno stravolgimento delle proprie abitudini e..”
Demelza lo interruppe. “Vostra zia è stata sempre molto cara. Non avrei mai voluto lasciarla, se fosse dipeso da me. Sono venuta appunto a chiedervi se posso passare a salutarla”.
“Certo, certo, quando vuoi, oggi stesso magari! – esclamò Ross – anche se presumo che ti vorrebbe accanto più a lungo del tempo di un tè…”
Demelza sorrise. Nella lettera la signora Agatha la pregava di ritornare ad occuparsi di lei, dipingendo quasi come un inferno la vita a Nampara in compagnia di Elizabeth. Ricordava quanto poco la signora Agatha stimasse la moglie di suo nipote e quella accorata lettera gliene aveva dato la conferma, benchè, conoscendola, la prozia di Ross aveva certamente drammatizzato. Tuttavia, lasciò cadere nel nulla quell’allusione di Ross: aveva già dovuto cedere svelando dove fosse nascosta e dichiarandosi disponibile a rivedere la sua antica padrona, non avrebbe ceduto quanto al resto.
“Non credo sia opportuno presentarmi a casa vostra senza un preavviso. Dite alla signora Agatha che, se per lei va bene, verrò a Nampara domani in primo pomeriggio”- rispose la fanciulla, liquidando rapidamente la questione ed allontanandosi immediatamente. Ross dovette prendere atto della sua posizione e per il momento decise che non era il caso di insistere.
Indescrivibile fu la gioia di zia Agatha nel rivedere la sua antica protetta. Restarono fino a pomeriggio inoltrato a chiacchierare, chiuse nella stanza della anziana signora, suscitando il malcontento di Elizabeth: la sposa di Ross era consapevole che sarebbe stata certamente bersaglio di maldicenze da parte della decana dei Poldark ed era preoccupata delle conseguenze che quella visita poteva avere. La contentezza di Ross le dava ai nervi, soprattutto perché era stata molto chiara con lui, dicendo che non avrebbe gradito che cercasse Demelza e men che meno la portasse in casa loro, una domestica ricevuta come un’ospite di riguardo. Egli invece aveva agito di testa sua, come al solito. L’illusione della fase pre matrimoniale di poter controllare il marito a suo piacimento come un burattino semplicemente sbattendo le ciglia era miseramente crollata e la realtà non corrispondeva affatto alle aspettative della bella Chynoweth.
I timori di Elizabeth si concretizzarono al termine della visita: Ross si offrì di riaccompagnare Demelza a Sawle, dato che stava per imbrunire ed il tragitto non era breve.
La ragazza cercò di schernirsi, ma zia Agatha insistette così tanto che Demelza fu costretta ad accettare.
Elizabeth si morse la lingua, ma non fece commenti. Non poteva dare spettacolo davanti a quella sguattera, ma al ritorno Ross l’avrebbe sentita.
Ross aiutò Demelza a salire a cavallo, facendola sedere di lato davanti a sé, strinse le briglie e le promise che avrebbe tenuto un’andatura tranquilla, visto che lei non era abituata a cavalcare. Nel corso del tragitto, come da precedenti accordi con zia Agatha, Ross completò l’opera di convincimento di Demelza affinchè riprendesse a lavorare per la zia. Quando la signora glielo aveva domandato Demelza aveva risposto che molte cose erano cambiate nel frattempo e che, pur essendo eternamente grata al signor Charles per averle dato  l’opportunità di quel lavoro intendeva lasciarsi il passato alle spalle.
Quando ebbe ripetuto lo stesso discorso a Ross il capitano replicò che comprendeva il suo stato d’animo, tuttavia era un peccato che avesse abbandonato un lavoro che amava e che svolgeva con passione e dedizione encomiabili. Aggiunse che la zia aveva un carattere umorale, difficilmente adattabile, non aveva feeling con Elizabeth (che comunque non poteva dedicarle molto tempo, dovendo occuparsi del bambino) e che lo addolorava il pensiero che non fosse serena nei suoi ultimi anni di vita.
“Se accettassi di tornare a lavorare per lei potresti alloggiare in uno dei miei cottage, avresti i tuoi spazi e del tempo libero per te. Sempre che, ovviamente, tu non abbia già trovato un altro impiego.” – aggiunse poi.
Demelza raccontò che era stata fino a quel momento ospite della sua amica Rosina e che per ricompensarla la stava aiutando nei suoi lavori di sartoria. Si trattava, tuttavia, di una situazione precaria perché entro fine dell’anno Rosina avrebbe dovuto lasciare la casa di Sawle per trasferirsi a Redruth, dove risiedeva il suo futuro marito, e lei non aveva ancora deciso se rimanere a Sawle oppure provare a trasferirsi altrove.
Ross allora colse la palla al balzo per introdurre l’argomento della paga che doveva ancora ricevere e che la zia lo aveva incaricato di consegnarle.
A queste parole Demelza si irrigidì. “Sono andata via da Trenwith di mia volontà, consapevole di quelle che sarebbero state le conseguenze! Non siete in debito con me, né voi né vostra zia! Soprattutto non voglio che vi sentiate in dovere di risarcirmi per quello che è successo…”
“Nel modo più assoluto, non è quella la ragione – si affrettò a precisare Ross, visto che era stata lei ad accennare all’increscioso argomento – ci interessa solo che tu abbia ciò che è giusto. Sono già stato da tuo padre e gli ho versato quanto pattuito per tre mesi di lavoro, ma manca la quota da dare a te…”
“A proposito di mio padre: vi pregherei di non cercarlo più e di non fargli sapere che mi avete visto. Non vorrei essere tenuta a dargli troppe spiegazioni sulle mie scelte di vita” – disse Demelza.
Si lasciarono con la promessa che Demelza avrebbe seriamente pensato a quell’offerta di lavoro. Trascorse qualche altro giorno. Benché non fossero stati questi i suoi progetti iniziali, la ragazza riflettè che era da sciocchi precludersi una possibilità solo per una questione di principio; che la dolorosa ferita che le era stata inferta non si sarebbe rimarginata annullando se stessa o scappando in eterno; che, in definitiva, la signora Poldark non meritava di trascorrere in ambasce i suoi ultimi anni di vita, come temeva Ross, alle prese con una nipote acquisita poco amorevole e con lui che non era mai in casa.
Decise che avrebbe accettato uno stipendio più basso rispetto a quello che Charles Poldark versava a suo padre, ma lo avrebbe percepito per intero lei. Aveva quasi 19 anni ormai e non vi era motivo che suo padre esercitasse pretese sui suoi guadagni. Tra l’altro le era giunta voce che si fosse risposato con una vedova di Illugan, dunque non aveva più nemmeno la scusa di doversi sobbarcare da solo la cura della casa e dei sei figli.
Si presentò alla Wheal Grace e contrattò con Ross le condizioni di assunzione.
La reazione di Elizabeth quando apprese che Demelza aveva accettato il lavoro e si sarebbe presentata a prendere servizio l’indomani fu pessima. Cominciò ad alzare la voce e puntare i piedi, recriminando il fatto che per ragioni economiche aveva dovuto rinunciare alla signora  Tabb ed ora i soldi per assumere Demelza c’erano! Ross replicò che la Tabb era stata licenziata in un momento critico in cui dovevano tagliare le spese superflue, ma fortunatamente ora le loro finanze erano più floride. Del resto sua moglie non aveva più manifestato l’esigenza di una cameriera personale; Prudie aveva imparato a stirare in maniera decente ed Elizabeth stessa non usciva quasi più per occasioni formali. La balia veniva convocata sempre meno ora che Valentine era stato svezzato; inoltre Ross aggiunse che Demelza avrebbe potuto occuparsi anche di Valentine e dare un aiuto in casa, come già faceva a Trenwith, consentendo ad Elizabeth di dedicare più tempo a se stessa e riprendere l’agognata vita sociale che tanto le mancava.   
Non si sbagliava. La presenza di Demelza a Nampara fu un toccasana per tutti. Zia Agatha rifiorì, la casa assunse un’aria più ordinata ed accogliente, la cucina di Prudie migliorò nettamente grazie ad alcune ricette che Demelza le insegnò; persino Jud si ammansì e sull’esempio della rossa, sempre allegra e volenterosa, cominciò a borbottare di meno e lavorare di più. Elizabeth riprese a frequentare Ruth Teague e non ebbe più da ridire né sulla pulizia né sullo stato del suo guardaroba.
Fu grazie a Demelza che ci si accorse che il piccolo Valentine aveva problemi alle gambe. Sebbene Elizabeth di primo acchito rifiutasse sdegnosamente l’idea, Demelza dichiarò che aveva cresciuto sei fratelli più piccoli ed era assolutamente certa che Valentine avesse qualcosa che non andava. “Non dovrebbe trascinare così le gambe, vedete? Dovrebbe andare a gattoni. Perché non lo fate visitare al dottor Enys?”
Fu invece convocato il dottor Choake, che applicò al bambino una rigida e fastidiosa struttura, una sorta di armatura che gli stringeva le anche, provocandogli terribili crisi di pianto e lacerazioni della pelle. Elizabeth era in crisi perché il suo bambino non era perfetto come da aspettative; zia Agatha senza farsi sentire dalla madre lo chiamava “il piccolo storpio”, suscitando l’ira di Demelza, che invece provava pietà per lui e non trovava giusto deriderlo; Ross era preoccupato per suo figlio ed alla prima occasione, temendo che Choake avesse preso un’altra delle sue cantonate, interpellò Dwight.
L’amico medico fu più ottimista di Choake: spesso nei neonati si riscontrava quel problema alle anche, ma intervenendo tempestivamente non ci sarebbero stati problemi futuri. Purtroppo la trazione delle gambine tramite l’apparecchio suggerito da Choake era necessaria e doveva durare svariati mesi, onde evitare che il bambino imparasse a camminare in una posizione scorretta. 
L’effetto benefico della presenza di Demelza a Nampara toccò anche Ross. La riacquistata serenità della zia, la distensione dei rapporti tra Elizabeth e la servitù, la speranza che suo figlio potesse camminare e correre, in futuro, come tutti gli altri bambini, gli riempirono il cuore di gioia. Tutto ciò era stato possibile grazie a Demelza. Anche il suo rapporto con Elizabeth migliorò: superato un iniziale periodo di diffidenza, di gelosia quasi, nei confronti di Demelza, che con la sua dolcezza aveva conquistato l’affetto del bambino come di tutti gli altri abitanti della casa, la moglie di Ross fu sempre più spesso disponibile ad affidare Valentine a Demelza. I due sposi ne approfittarono per trascorrere sempre più momenti insieme, riprendendo a frequentare gli amici e talvolta anche la famiglia di Elizabeth. Non era una vita del tutto congeniale a Ross, ma si era reso conto, dopo un anno e mezzo di matrimonio, che se voleva andare d’accordo con sua moglie doveva venirle incontro. Notò infatti che Elizabeth, vedendosi accontentata, aveva ritrovato il sorriso e quella dolcezza che lo aveva fatto innamorare.
Una sera furono invitati ad un ricevimento per festeggiare il matrimonio del vicario Whitworth, il cugino di Elizabeth che aveva officiato le loro nozze. Osborne era imparentato per parte di madre con il visconte Godolphin, uno degli uomini più in vista della contea. Elizabeth sottolineò a Ross che era importantissimo prendere parte a quel ricevimento: innanzitutto era ora che il nome dei Poldark venisse associato a prudenza e lungimiranza negli affari, allontanando dalla figura di Ross l’infamia dell’accusa di bancarotta a carico di Francis. Inoltre, con Ray Penvenen ormai inabile, era necessario designare il nuovo giudice del Tribunale di Truro; Charles Poldark aveva ricoperto a lungo quella carica e lo stesso era accaduto con il padre della signora Agatha. Ogni famiglia rispettabile annoverava almeno un magistrato nella sua storia ed era tempo che Ross non si limitasse al modesto ruolo di fattore e proprietario di miniere ma che conquistasse il ruolo che gli competeva per nascita.
Ross come al solito non era d’accordo con quei discorsi, che gli sapevano tanto di arrivismo; tuttavia accontentò Elizabeth ed accettò di accompagnarla alla festa, sopportando la fatica di abbigliarsi come un pinguino pur di non farla sfigurare.
Mentre sua moglie tesseva abilmente la tela delle relazioni con sir Bassett, lord Falmouth ed il visconte Godolphin egli si sentiva come un pesce fuor d’acqua. Gli sembrava di essere un oggetto in vendita al mercato e che sua moglie fosse il banditore che ne esaltava le qualità davanti al pubblico. Fece ampi sorrisi e si trattenne da ogni intemperanza, pensando che forse non tutto il male veniva per nuocere: nuove alleanze politiche potevano significare nuovi finanziatori, nuove assunzioni di minatori e, magari, se le cose fossero andate per il verso giusto con gli scavi, avrebbe potuto riscattare la Grambler e rendere così giustizia alla memoria di suo zio Charles. Di fare il magistrato, però, non aveva la minima intenzione: si sentiva indegno di giudicare altri uomini ed anche se Elizabeth ne sarebbe rimasta delusa, sicuramente altri candidati non sarebbero mancati.
Ad un certo punto però, stanco di dover fingere di essere a suo agio e divertirsi preferì eclissarsi e si appartò in una biblioteca. Estrasse un libro a caso da uno scaffale, cosicchè, se fosse stato sorpreso, avrebbe trovato la scusa di essere interessato alla lettura, e si lasciò cadere su una poltrona. Era molto stanco: controllò l’orologio nel taschino ed era mezzanotte inoltrata. Si ritrovò a pensare a Valentine, che a quell’ora doveva essere addormentato, con Demelza che probabilmente si era assopita sulla poltrona accanto al suo lettino, con Garrick ai piedi ed il camino acceso che esalava gli ultimi bagliori. Sorrise a quell’immagine. Era curioso, ma Demelza era capace di suscitare serenità anche solo pensando a lei. Da quando lavorava a casa sua avevano avuto varie volte occasione di conversare; quella stessa sera ad esempio, in attesa che Elizabeth fosse pronta, Demelza gli aveva tenuto compagnia in cortile finchè non era arrivata la carrozza. Doveva ammettere che gli piaceva parlare con quella ragazza: era curiosa, empatica, sincera; quando era con lei non doveva indossare maschere, ma essere semplicemente se stesso. La governante di sua zia sembrava avere l’abilità di tirare fuori il meglio dalle persone. Demelza aveva compreso che Ross non era del tutto entusiasta della prospettiva di partecipare alla festa, ma lo aveva spronato ad andare facendogli notare gli aspetti positivi derivanti dalla frequentazione dei suoi pari: avrebbe potuto ad esempio convincere anche gli altri padroni ad assumere il dottor Enys quale medico delle miniere per tutelare la salute dei lavoratori, oppure invogliare altri soci ad unirsi alla sua impresa. “altrimenti, se vi annoiate troppo, mettetevi a sbadigliare e date la colpa a Valentine che non vi fa dormire!” – aveva concluso Demelza, facendolo scoppiare a ridere.   
Era davvero una fortuna che, nonostante la violenza subita, Demelza non serbasse rancore ed avesse riacquistato il consueto buonumore. Ross si rese conto di esserle molto affezionato e che, ora come ora, non sarebbe riuscito a fare a meno della sua presenza.
  
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