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Autore: WaterfallFromTheSky    17/04/2021    1 recensioni
I Ladri Fantasma si rivedono dopo alcuni anni dallo scioglimento del gruppo, in occasione di una mostra di quadri di Yusuke. Tra loro sembra non essere cambiato nulla: sono tutti maturati, ma la loro amicizia rende l'incontro lieto e spontaneo. Ognuno di loro ha trovato il suo posto nel mondo, anche Yusuke, che è ormai talmente famoso da aver quasi raggiunto la notorietà del suo Maestro Madarame e avere tre giovanissimi allievi al seguito. Ma Ann e Ren percepiscono che non tutto è perfetto come sembra...
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ann Takamaki, Phantom Thieves, Yusuke Kitagawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Grazie infinite!»
Si accomodò sui sedili posteriori, dal lato del passeggero, e sbottonò il cardigan, mentre il tassista sistemava il suo trolley nel portabagagli e si rimetteva al volante per lasciare l’aeroporto. C’era odore di polvere, ma non se ne curò.
«Posso aprire il finestrino?» domandò. In quell’auto si soffocava. No, non in quell’auto, a Tokyo: aveva dimenticato quanto fossero torride le giornate estive in quella città, soprattutto all’orario di punta.
«Ma certo! Mi dispiace, il condizionatore è rotto…» replicò il tassista, imbarazzato. Era un giovane forse della sua età, dal sorriso cordiale e i capelli un po’ ispidi; sembrava simpatico.
«Non importa, il finestrino aperto basterà. Spero» replicò la ragazza, sorridendo a sua volta.
Il tassista annuì e mise in moto l’auto, mentre lei infilò la mano nella voluminosa borsa e cominciava la strenua ricerca del suo cellulare. Accidenti, perché non lo infilava mai nella tasca esterna?
«Dove è finito?» borbottò. Aveva quasi la faccia infilata nella borsa, insieme alla sua mano. Il suo diabolico cellulare, unito a quel caldo torrido, a quel cardigan che le si era incollato addosso e al coro di clacson circostanti, la fece sbuffare sonoramente.
«Problemi?» domandò il tassista, lanciandole un’occhiata attraverso lo specchietto retrovisore.
«Ah, mi scusi! Ha presente quando si dice che nelle borse delle donne non si trova mai nulla? Bè, non è una leggenda metropolitana…»
Il tassista scoppiò a ridere, smorzando senza saperlo la stizza della ragazza. «Non me lo dica! Quando cerco qualcosa nella borsa della mia ragazza, mi sembra di cominciare uno scavo archeologico.»
«Ahah, buona questa!»
«Bè, comunque ha molto tempo per cercare, come vede, visto che siamo bloccati.»
«Non tutti i mali vengono per nuocere, giusto?»
Il tassista ridacchiò, confermando le sue parole. La ragazza si liberò del cardigan – probabilmente aveva due aloni scuri sulla maglietta in corrispondenza delle ascelle, ma in quel momento non le importava –, raccolse la morbida massa bionda in una coda di cavallo e riprese le ricerche, spargendo il contenuto della borsa sui sedili posteriori.
«Trovato!» esclamò lei, trionfante, sollevando il cellulare come fosse un trofeo. Rimise tutto a posto, tenendo fuori soltanto il ventaglio, che prese a sventolare sul viso e sul generoso decolleté. Si accorse che il tassista le stava scoccando occhiate curiose mediante lo specchietto. Lo ignorò; controllò piuttosto le notifiche sul cellulare, ma non trovò nulla di urgente – tanto meglio.
«Mi scusi, signorina…posso farle una domanda, se non sono indiscreto?»
«Uh?» Le iridi azzurre della ragazza incontrarono quelle scure del tassista tramite lo specchio.
«Ecco, mi sembra di averla già vista. Per caso, è quella modella…?»
Il tassista distolse lo sguardo, cercando di ricordare il nome della modella di cui si era ricordato. Aggiunse, in imbarazzo: «Sa, la mia ragazza è una sua grande fan, ma non ricordo proprio…»
«Ann Takamaki. Sì, sono io!»
«Certo, Takamaki! Giusto!»
Il tassista non si accorse che il semaforo era verde, per cui fu investito dallo strepitare dei clacson dietro di lui. Sobbalzò visibilmente – Ann ridacchiò di soppiatto – e avviò l’auto, imprecando: «Ma che scostumati! Sempre di fretta.»
«È come la ricordavo.»
«Scusi?»
«Tokyo. È come la ricordavo.»
Ann si addossò al sedile e tacque, lo sguardo color del cielo fisso oltre il finestrino, sulle auto roventi, sulle nuvole di smog, sulla bolgia di passanti mezzi sudati quanto lei, che andavano l’uno addosso all’altro senza la minima attenzione.
«Manca da molto?» le chiese il tassista.
«Da qualche anno.»
«Sembra felice di essere ritornata.»
Ann era felice per davvero, come una persona che ritrovava una vecchia amica dopo tanto tempo. A dispetto del caos circostante e dei semafori tutti rossi, Ann sorrise ancor più largamente al giovane uomo. E fu ben lieta di constatare di averlo contagiato con il suo buonumore.
 
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Era eccitata. Sapeva che lo sarebbe stata, ma si accorse di esserlo più del previsto quando rivolse al receptionist un sorriso talmente largo che l’uomo le rivolse la stessa espressione che avrebbe riservato ad una svitata. Lasciò le chiavi della sua camera d’albergo e abbandonò la hall per immergersi nell’aria afosa della sera – fortunatamente non afosa come lo era stata quando era arrivata.
Nemmeno fece in tempo a tirare un bel respiro per sciogliere quella fastidiosa eccitazione che già trovò il taxi parcheggiato accanto al marciapiede. Vi si precipitò, sperando che non fosse tardi.
«Buonasera!» esordì allegramente, accomodandosi allo stesso posto di quel mattino. Stavolta aveva il cellulare in mano, e lo stava stritolando al punto che temette di spaccarlo.
Allentò la presa.
«Buonasera, Takamaki-san! Dove la porto stasera?» Aveva un sorriso smagliante come quando l’aveva prelevata all’aeroporto, ma una breve occhiata bastò ad Ann per notare i suoi occhi socchiusi e dalle sclere arrossate.
«Al Museo di Ueno, grazie.»
«Subito.» L’auto partì, mentre Ann apriva di nuovo il finestrino. L’aria era calda, ma piacevole sulla pelle e sui capelli sciolti. Ann osservò le strade di Tokyo, avida, come aveva fatto nel tragitto fino all’albergo. Aveva scorto diversi nuovi negozi d’abiti e svariati bar-pasticcerie che avrebbe sicuramente visitato prima di tornarsene negli Stati Uniti, ma anche ora ne trovò di nuovi.
Accidenti, sembra passata una vita da quando me ne sono andata. Quante cose possono cambiare in quattro anni?
Quattro anni. Bè, pochi non erano. Non poté fare a meno di ripensare ai suoi amici. Il solo tentare di immaginarli ora le fece fremere lo stomaco di agitazione e inumidire gli occhi. Peccato che Sumire e Makoto non ci sarebbero state – la prima era impegnatissima con gli allenamenti per una gara, la seconda stava studiando sodo per via degli esami universitari – ma ciò non smorzava affatto l’entusiasmo di Ann.
La ragazza controllò l’orologio da polso, impaziente. La mostra era già iniziata.
Sorrise, brillante. Poi gonfiò le guance quando si accorse che il cinturino dell’orologio aveva perso una perlina.
Va bè, non si vede.
Sorrise di nuovo. Era talmente di buon umore che niente sarebbe stato in grado di ingrigire il suo umore. Sembrava una sciocca, e lo sapeva, ma non gliene importava proprio niente.
«Deve incontrare qualcuno di importante, Takamaki-san?» domandò il tassista, mentre lasciava che una donna attraversasse la strada.
«Sì. Più di uno, a dire il vero.»
«Ah. Pensavo una fiamma.»
«Cosa?» Ann ridacchiò, poi rispose: «Ma no, solo un gruppo di amici. Che, a ben pensarci, sono meglio di una vecchia fiamma. Sa, non mi è andata molto bene con le fiamme… Decisamente meglio con gli amici.»
«Bè, a che servono gli amici, se no?»
«Giusto!»
L’auto partì di nuovo, senza fretta. Non c’era molto traffico e l’auto procedeva placidamente, tanto che Ann si rilassò. Quando stavano per chiudersi le palpebre – forse colpa del jet lag – il cellulare vibrò. Un messaggio.
Aprì la chat e le si annebbiò la vista. Da quando non apriva quella chat?
 
Futaba: Panther, manchi solo tu! Dobbiamo preoccuparci?
 
Haru: Siamo tutti davanti all’entrata.
 
Ryuji: Sbrigati! Ci fai saltare la sorpresa!
 
Ann chiuse le palpebre e asciugò una lacrima. Ottima idea quella di mettere solo l’eye-liner.
«Takamaki-san, tutto bene?» Il tassista l’aveva notata di nuovo, fermo ad un altro incrocio.
«Certo, tutto benissimo!» replicò, tirando su con il naso.
«Vuole un fazzoletto?»
«No! No, ora mi passa, grazie.»
«Siamo quasi arrivati. Se vuole che faccia qualche altro giro, così si ricompone…»
«No, non serve. Grazie.» Ann asciugò le lacrime con un dito e rispose:
 
Due minuti!
 
Quando vide il museo, quasi le si fermò il cuore per l’emozione. Prima di cercare i suoi amici con lo sguardo, però, deglutì più volte e cercò di respirare profondamente. Il tassista accostò e lei tirò fuori i soldi, porgendoli al giovane. Che li contò e fece per darle il resto, ma lei disse: «No, li tenga pure tutti. Stacchi prima da lavoro e si faccia una bella dormita!»
Il tassista schiuse la bocca, stupito.
«Ah, dimenticavo.» Ann tirò fuori dalla borsa una rivista e la porse al giovane, spiegando: «Per la sua fidanzata. È un numero speciale che non è arrivato in Giappone. Le ho scritto una piccola dedica.»
«Io…non so come ringraziarla!»
Ann sorrise, radiosa, mentre lasciava la rivista all’uomo e usciva dall’auto.
«Buona serata!» augurò il tassista, prima di ripartire. Ann lo salutò con la mano, poi si lisciò la gonna scarlatta e gettò indietro i capelli, più briosa e impaziente che mai.
«Ehi, hai finito di atteggiarti?!»
Si voltò verso destra, incontrando un sorriso sfottente che tornò subito a esserle familiare. Per poco non saltò dalla gioia.
«E tu hai finito di dare fastidio a Lady Ann? Sei il solito zotico.»
Ann sorrise come un sole mentre, alle spalle di Ryuji, si aggiungevano Ren, Haru e Futaba. La testolina di Morgana spuntava da una borsa nera che Ren portava in spalla.
«Fatti gli affari tuoi, gatto palloso.»
«Come osi?!»
Morgana e Ryuji si squadrarono a muso duro, e Ann ridacchiò, ricacciando indietro le lacrime di commozione.
«Ma ciao!» esclamò invece Futaba, stringendola in un breve ma affettuoso abbraccio, che minacciò ancor di più di farla piangere.
«Buonasera! Sono proprio felice di vederti! Ti trovo benissimo!» disse invece Haru, con espressione dolce. Sembrava avere il leggero trucco un po’ sfatto attorno agli occhi. Bè, forse poteva concedersi qualche lacrimuccia anche lei?
«È bello rivederti» le disse invece Ren, aggiungendosi alle amiche. Dietro quegli occhiali e i capelli al solito spettinati, Ann scorse un’espressione serena e felice. Lo trovò più alto di come lo ricordava e senza nessuna traccia dell’aura tenebrosa che lo avvolgeva ai tempi del liceo.
«Puoi dirlo forte! Lady Ann, sei meravigliosa!» esclamò invece Morgana, puntandole addosso i suoi occhi blu.
«Ragazzi…sono proprio felice di rivedervi! Se potessi, vi abbraccerei tutti insieme!» rispose la bionda, gli occhi umidi.
«Basta sentimentalismi. Entriamo, o rischiamo che Yusuke legga la chat e ci scopra» fece Ryuji.
«Infatti, potevate telefonarmi.»
«L’idea ovviamente è stata sua! Non spicca per intelligenza, lo sappiamo…» lo punzecchiò Morgana, ma prima che il ragazzo potesse ribattere, Futaba sollevò un dito e disse: «Ma noi gli vogliamo bene per questo!»
«Ma quanto siete sdolcinate?! Andiamo!» disse Ryuji, avviandosi per primo, accompagnato da un coro di risatine.
 
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Se tante cose erano cambiate per le strade di Tokyo, Ann trovò che il museo di Ueno invece fosse rimasto tale e quale a come lo ricordava. La sua struttura bianca e imponente, dal taglio tradizionale, brillava sotto il cielo limpido e stellato della sera. Il gruppo si infilò nel sentiero lastricato, che scorreva tra due filari di aceri verdi, costeggiando il bacino d’acqua perfettamente rettangolare che precedeva l’entrata: sembrava un vetro nero invaso di lucciole. Ann si guardò attorno, respirando l’odore fresco degli aceri e chiacchierando con i suoi compagni – e scacciando qualche fastidiosa zanzara con le mani. Le loro chiacchiere erano così fitte che coprivano il rumore dei suoi tacchi sul lastricato. Sembravano stare tutti bene, anzi, benissimo: gioia e serenità trasparivano dai loro sorrisi e dai loro commenti. Poco sembrava cambiato da quando si erano separati qualche anno prima, tranne che per Ryuji: il ragazzo aveva di nuovo i capelli neri come la pece, aveva abbandonato la postura da bullo per sostituirla con una schiena diritta e appariva più tonico, quasi muscoloso. Futaba, invece, portava i capelli a caschetto e occhiali dalle lenti più strette; la sua camminata era molto più disinvolta rispetto al passato.
Quando raggiunsero l’entrata del museo, i giovani avvertirono fin da lì il vocio della folla all’interno. Ann era impaziente di entrare e rivedere anche Yusuke, come anche di parlare un po’ di più con gli amici per capire come se la stessero passando.
Non appena misero piede nel museo, furono carezzati dalla frescura dell’aria condizionata. Ann strizzò appena le palpebre: quel posto era dannatamente illuminato. Le bastarono un paio di secondi per non soffrirne più e ammirare invece il taglio moderno dei corridoi e delle sale, dal pavimento color cioccolato e le pareti candide come se fossero state appena tinteggiate.
«Quanta gente! Cavolo, è diventato veramente famoso, quello stramboide!» esclamò Ryuji.
«Abbassa la voce, o sembrerai tu lo stramboide» fece Futaba, ma lui la ignorò e si avvicinò al quadro più vicino, facendosi largo tra un gruppetto di avventori.
«Whoa! Pazzesco!» disse, a voce fin troppo alta. La gente intorno a lui gli rivolse un’occhiataccia e si allontanò.
«Abbiamo iniziato con le figuracce…» commentò Morgana.
«Tu pensa a non uscire dalla borsa di Ren, o ci fai sbattere fuori!»
«Non sei cambiato per niente, Ryuji! Mona ha ragione, abbassa la voce!» lo redarguì Ann, e lui sbuffò.
«Bello, vero? È pieno di colori» commentò Haru, squadrando il dipinto. Era di dimensioni spropositate – avrebbe sicuramente occupato metà della parete di una stanza – e lo stile ricordava quello del famosissimo Picasso, tutto spigoli e linee spesse e decise. Non era realistico nelle proporzioni e nelle forme, ma si riconosceva facilmente una donna in primo piano, composta da poligoni bianchi, capelli biondo grano, labbra rosse e occhi gentili; teneva in mano una mela scarlatta e, alle sue spalle, riquadri cremisi e blu coloravano lo sfondo.
«Ehi, ma la donna ritratta non vi ricorda qualcuno?» chiese Futaba.
«Io ho già visto questo quadro. Nella stanza di Yusuke. Risale a prima che ci separassimo» disse Ren, le mani in tasca.
«Davvero? È così datato? Però, significa che anche le sue vecchie opere stanno avendo successo!» disse Haru, entusiasta. Nel frattempo, Ryuji aveva preso a spostare lo sguardo dal quadro ad Ann e viceversa, di continuo.
«Che hai da guardare?» fece lei.
«Tu prima portavi i codini. Questa qui…» Ryuji si soffermò di nuovo sul quadro, pensieroso, muovendo le dita vicino alla testa come per emulare la presenza di due voluminosi codini.
«È vero! È Ann!» squittì Futaba, stupita.
«Che? Io?»
«Bè, ora che me lo fai notare…» confermò Haru.
«Ma che dite? Non può essere.»
«Perché no? Non gli hai più fatto da modella, ricordi? Evidentemente non gli è mai passata…»
«Ah, sta’ zitto, Ryuji!»
«…oppure gli hai fatto da modella e noi non ne sappiamo niente?!»
«Finiscila!» sbottò lei, dandogli un piccolo pugno sulla spalla, che fu accolto dalle risate di tutti.
Il gruppetto continuò il giro tra le opere di Yusuke. Ce n’erano di tutti i tipi e dimensioni, e Ann si perse nella loro contemplazione, accompagnata dai commenti sciocchi che di tanto in tanto Ryuji lasciava andare. Si imbatté in suggestivi paesaggi, soggetti animali o inanimati, diversi primi piani di donne o coppie innamorate e ne rimase estasiata. Tuttavia…aveva una sensazione che non riusciva a decifrare.
Si fermò al cospetto di un dipinto che riproduceva una foresta di bambù. Ann lo studiò con attenzione. La prima cosa ad attirarla furono le gradazioni di verde che spaziavano all’interno del quadro: erba, lime, asparago e muschio sui sottilissimi steli di bambù, cinabro, trifoglio e oliva sul terreno. Tra di esse, fasci di luce che penetravano tra i fusti e le foglie. Inoltre, i bambù erano rappresentati con un realismo straordinario, con dovizia di particolari: sembrava quasi di poterli toccare con mano. Quando scorse anche la testolina di un panda celata tra le piante, le piacque ancor di più. Ma quella sensazione persisteva. Non capiva cosa fosse.
Alle sue spalle, gli altri parlottavano, ma non li ascoltava. Poi, si accorse che Ren era al suo fianco e fissava il quadro al pari di lei. I loro sguardi si incontrarono e lei sorrise.
«Belli, vero? Sono proprio contenta per Yusuke. Starà facendo tanti soldi questa sera.»
«Ho sentito una signora che intendeva comprare uno di quelli più costosi» confermò lui.
«Però…non ti sembra che ci sia qualcosa di strano?»
«Anche tu hai quella sensazione?»
I due si fissarono per un paio di secondi, poi Ann fece spallucce. «Non so spiegare cosa sia» disse.
«Nemmeno io. Però…è come se…non me ne intendo di arte, ma è come se non sentissi Yusuke in questi quadri.»
«Sì! Sì, esatto. Ricordo i suoi quadri un po’ diversi. E ricordo che voleva esprimere la stessa bellezza della Sayuri, ma…»
«…nemmeno l’ombra di quella bellezza, giusto?»
Ann assentì, perplessa ma anche preoccupata. Mai come in quel momento desiderò di incrociare Yusuke, nella speranza che sia Ren sia lei avessero preso un abbaglio. Del resto, loro due di arte ne sapevano ben poco, e lui doveva per forza aver fatto progressi in quegli anni, vista la popolarità che aveva raggiunto.
«Ehi, gente! La nostra star è lì!» esclamò Ryuji. Stava indicando qualcuno in mezzo ad un trio di giornalisti e due cameramen. Ann mise a fuoco Yusuke, che rispondeva alle domande con disinvoltura. Senza rendersene conto, sorrise di nuovo, sicura di somigliare ad una bambina a cui hanno comprato il giocattolo che desiderava da tempo. Trovò l’amico identico a come lo aveva lasciato: i capelli lisci e ben pettinati, che incorniciavano il viso sottile e latteo, la solita espressione posata e cordiale incastonata dietro gli occhi scuri, le movenze lente e pacate mentre si rivolgeva ai giornalisti. Nulla di diverso, come se lo avesse visto soltanto il giorno prima. Diversamente dal passato, però, era abbigliato in modo più curato: quella camicia blu notte calzava a pennello sulla sua figura asciutta. Era forse di raso di seta?
«Yo, Yusuke!» lo chiamò Ryuji. Futaba e Haru si voltarono dall’altro lato nello stesso istante, come se non lo conoscessero.
«Ma che ti salta in mente?! Non lo vedi che è occupato?» sbottò Ann, esasperata, mentre Ren scuoteva il capo con un sorriso e Morgana borbottava qualcosa.
«Uh? L’ho fatto apposta, per salvarlo da quei giornalisti pallosi…»
«Guarda che deve vendere. Più pubblicità si fa e meglio è. Scimmia sempliciotta» lo offese Morgana.
«Ancora miagoli?!»
«Basta» li pregò Ren.
Intanto, Yusuke non poté fare a meno di notarli. Per un attimo spalancò le palpebre, evidentemente trasecolato; quello successivo, un sorrisetto affiorò sulle sue labbra sottili.
«Cosa…?» domandò uno dei giornalisti, seguendo la direzione del suo sguardo.
«Nulla, mi perdoni. Dicevamo?»
Ryuji ignorò gli altri e si avvicinò ancora, restando poco lontano dai giornalisti. Gli altri lo seguirono, preoccupati che li facesse cacciare tutti. Quando Yusuke li notò di nuovo oltre la spalla del giornalista, si limitò a sorridere ai pollici alzati di Ryuji.
«Ma che palle, quando si levano dai coglioni?»
«Non essere cafone!»
«Perché Mako-chan non è qui?»
«Dici che lei sarebbe abbastanza OP da tenerlo a bada?»
«Oh ma che pizza! Siete diventate delle pesantone, tutt’e tre» si lamentò Ryuji, guadagnandosi occhiatacce dalle ragazze.
«Io proporrei di andare a farci un giro. Yusuke ci ha notati, quando si libererà, verrà a cercarci lui stesso.»
«Bravo, Ren, finalmente un’idea decente. Non come una certa scimmia…»
Mentre Ryuji e Morgana si scambiavano un’occhiata minatoria, Ren si voltò in direzione di Yusuke e ammiccò; l’amico parve capire, poiché rispose alla stessa maniera. Ann lo salutò con una mano e fu la prima a voltarsi, impaziente come Ryuji di poter parlare di nuovo con lui.
 
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I ragazzi vagarono ancora per il museo, scherzando tra loro e ammirando i quadri – nei limiti del possibile, nel caso di Ryuji.
«Ehi, peccato che Sumire non ci sia. Ma, Ren, dì un po’: com’è finita tra voi? Che non l’ho mica capito» disse Ryuji tutt’a un tratto, affiancandosi all’amico. Il giovane gli riservò una breve occhiata e prese a tormentarsi con le dita una ciocca sulla fronte.
«Ma gli affari tuoi…?» lo soccorse Ann, ma intervenne Futaba: «È troppo presa dai suoi allenamenti. È bravissima, ma deve ancora expare un sacco. La vedo in hype solo quando è vicina una gara. Non c’è posto per te nel suo futuro, Ren.»
L’interpellato continuò semplicemente a dedicarsi alla sua povera ciocca; Ann lanciò un’occhiataccia a Futaba, che si limitò a fare spallucce.
«L’ho tenuta d’occhio, come volevi…»
«Non è quello che ti ho chiesto.»
«…ma non l’ho mai vista con nessuno, se ti può consolare. In realtà, a scuola era inarrivabile per tutti. Chi potrebbe mai starle dietro?»
«Se non è stata con nessuno, allora forse c’è speranza, vero Ren?» intervenne Haru, con uno dei suoi sorrisi dolci.
«Mah, ne dubito. Se una ti vuole, non aspetta certo tutto questo tempo. Che Ren mica abita dall’altra parte del mondo!» fece Ryuji, mentre fingeva di controllare i particolari di uno dei tanti quadri.
«Disse l’esperto» lo prese in giro Mona. Ann si accodò: «Infatti, sembri saperla lunga. Devi raccontarci qualcosa?»
«Uh? Siete fuori strada.»
«Il solito sfigato?»
«E tu, invece, che fai tanto la maestra?!»
Ann non rispose subito. Non aveva granché da dire. Non di bello, almeno. Sorrise prima di replicare: «Non si chiedono queste cose ad una signora. Sei sempre il solito villano.»
«Sì, bè, che posso farci.»
Inaspettatamente, quella risposta gettata lì a caso fece sghignazzare tutti, tanto che alcuni avventori si voltarono in loro direzione con curiosità.
«Ah, ragazzi, quanto mi siete mancati» disse Ann.
«Dovremmo farlo più spesso» confermò Ryuji, bonario.
«Bè, io sono a Tokyo, ormai» annunciò Ren.
«Davvero?! Non vedo l’ora di dirlo a Sojiro!»
«Passerò io stesso a dirglielo. A proposito, come sta quel brontolone?»
Mentre migravano da un quadro all’altro, sforzandosi di non disturbare gli astanti con le loro chiacchiere, i ragazzi si aggiornarono a vicenda sulle loro vite, concentrandosi sulle novità più importanti. Ann li ascoltò avidamente, assorbita dagli sviluppi che, con suo rammarico si era persa.
Ren aveva terminato gli studi e svolto diversi lavori nel suo paese natale, ma poi si era iscritto all’università proprio quell’anno, a Tokyo, alla facoltà di scienze politiche. Era riuscito a riabilitare la sua reputazione con la sua famiglia e i suoi conoscenti, eppure alcuni continuavano ad evitarlo; per quel motivo, aveva deciso di cambiare vita e tornare a Tokyo. Ovviamente, qualunque spostamento facesse, Morgana era con lui.
«Quanto meno, mi ha aiutato a conoscere diverse ragazze» scherzò Ren.
«Naturale! Chi potrebbe resistere ad un tipo carino come me?»
Haru era nel pieno degli studi di economia e nel frattempo portava avanti l’azienda che aveva ereditato dopo la morte di suo padre. La Okumura Foods aveva aperto ben due nuove filiali e la giovane si stava impegnando con tutte le sue forze affinché fossero accoglienti tanto per i clienti quanto per i dipendenti, caratterizzate da alimenti di buona qualità e, quindi, per riabilitare il nome dell’azienda; al contempo, era ancora immersa nella progettazione del suo piccolo bar fin nei minimi particolari.
«Takakura-san mi è sempre vicino, mi aiuta tantissimo. Non so come farei senza di lui! Mi sarebbe impossibile condurre i miei studi e l’azienda senza il suo aiuto.»
«Porca miseria, non ti scoppia il cervello?» le domandò Ryuji, impressionato.
«Confesso che mi capita di non avere tempo nemmeno di andare in bagno…»
«Andrà meglio quando terminerai l’università» la rassicurò invece Ren.
Haru parlò loro anche di Makoto. Tra loro, era l’unica che riusciva a vederla, anche se saltuariamente: la ragazza era ancor più impegnata di lei negli studi, che avevano la priorità assoluta su qualunque cosa. Insieme all’aikido: la ragazza era del parere che un buon poliziotto – futuro commissario – dovesse necessariamente essere in grado di mettere in riga da sé i malviventi.
«Mi ha mostrato alcune mosse. È spaventosa» rivelò Haru.
«Bè, già prima non era un fiorellino…» commentò Morgana.
«Sono sicuro che i criminali ci penseranno dieci volte prima di fare cazzate!» esclamò invece Ryuji, entusiasta.
Anche Futaba si era iscritta all’università, alla facoltà di psicologia, con l’intenzione di specializzarsi in seguito nella scienza psi-cognitiva e seguire le orme di sua madre, come da suo sogno. Era così appassionata dalla psicologia che ampliava in autonomia il materiale di studio consigliato dai docenti, e si era già fatta notare da molti di loro, e anche da diversi studenti, che le chiedevano consigli per superare gli esami e ripetizioni a pagamento. Nel tempo libero, naturalmente, era tutta anime, manga e videogiochi; per fortuna, però, era riuscita a farsi qualche amica, sia del liceo sia in facoltà, e persino un amico.
«Sojiro mi vede già sposata. Gli ho detto mille volte che è solo un amico, ma non mi ascolta. Ren, quando verrai al Leblanc, diglielo tu!»
«Ma come potrebbe credermi? Non ne so niente.»
«Andiamo! Un ex Ladro Fantasma ora non sa rassicurare un vecchio petulante?»
«Sarebbe più divertente dirgli questo…»
«Ma quindi Sojiro ha ragione o no?» s’informò Ann, accompagnando le sue parole con un sorrisetto furbo.
«C-c-c-osa stai ins-sinuando?!»
Ryuji aveva trovato un lavoro stabile come commesso in un negozio di articoli sportivi ed era tornato da poco a vivere con sua madre, che non era più in salute. Era riuscito a rimettere in sesto il suo ginocchio e aveva quindi potuto riprendere a correre, cosa che non mancava mai di fare nel fine settimana, insieme ad alcuni amici appassionati di atletica come lui.
«Mia madre dice sempre che un giorno mi romperò l’osso del collo, ma sotto sotto vorrebbe che diventassi un agonista.»
«E perché non lo fai?» chiese Futaba.
«Bèèèè…perché non potrei occuparmi di lei…»
«Ops, mi dispiace…»
«Ma no! Va tutto bene, figurati. Il solo poter correre senza paura di farmi saltare via il ginocchio è uno sballo per me!»
Alla fine giunse il turno di Ann. Tuttavia, non poté dir nulla poiché una voce profonda a lei ben nota li raggiunse da tergo: «Eccovi qui.»
«Yo, amico! Ma guardati quanto sei bello!» esclamò Ryuji, passandogli un braccio attorno al collo senza la minima delicatezza.
«Ciao, Inari! Da quanto tempo! Anzi, no, io e te ci siamo visti una settimana fa…»
«Ciao, amico. È proprio un piacere rivederti» disse Ren, con il suo peculiare sorriso mite e rassicurante. Ann fu nuovamente sul punto di commuoversi: le parve per un attimo di essere tornata una Ladra Fantasma, quando il suo leader dedicava a tutti loro dei sorrisi come quello, capaci di farli sentire invincibili e pieni di energie e, allo stesso tempo, accolti e amati da qualcuno che non li avrebbe mai traditi né abbandonati.
Yusuke dovette avere la stessa impressione; quando Ryuji lo lasciò andare, posò lo sguardo profondo su ognuno di loro e, infine, disse: «Amici. Quale gioia riavervi qui.» Quella manciata di parole bastò a suscitare un nuovo bonario sorriso sui volti di tutti. Ann desiderò di nuovo di poter abbracciare i suoi amici tutti insieme.
«Ma dai, la finite di essere tutti così melensi? Potrei sboccare.»
«Ma perché devi rovinare tutti i momenti più belli?!»
Mentre Ann dava uno scappellotto a Ryuji, Yusuke avanzò fino a lei. Quando Ann si accorse di averlo di fronte, abbastanza vicino da torreggiare su di lei, spalancò le palpebre, perplessa, mentre un discreto profumo da uomo le carezzava le narici.
«Ann. Sei meravigliosa come ti ricordavo. No, perdonami: sei ancora più incantevole» disse il giovane artista, con una naturalezza disarmante. Ann rimase per un attimo senza parole, come quando era giovane, insicura e incapace di gestire adeguatamente i complimenti. Colpa del suo sguardo: aveva acquisito un’intensità quasi conturbante, che non aveva notato a prima vista. E poi, si sbagliava o appariva più maturo e controllato?
«Grazie, Yusuke» rispose infine, movimentando i capelli con la mano, mentre sperava che il suo compiacimento non fosse troppo evidente. Sì, sembrava essere tornata al loro primo incontro, anche se allora lui sembrava solo uno svitato, anche un po’ inquietante alle volte.
«Ehi, non importunare Lady Ann!»
«Ma rinuncia, fesso di un gatto…»
Yusuke, ignorando bellamente lo sciocco battibecco tra i due amici, porse il braccio ad Ann e disse: «È un onore avervi qui, al cospetto delle mie opere. Immagino non le abbiate ancora viste tutte: vi faccio strada.»
«Ma certo!» rispose lei, accettando il braccio e lasciando che l’amico la guidasse – Sì, la camicia era proprio di seta!
«Yo, gattaccio, te l’ha soffiata in un secondo!»
«Come osi?!»
 
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Yusuke si comportò da perfetto cicerone, scortando gli amici in ogni angolo del museo e spiegando perfino alcune delle opere più ostiche, affinché potessero apprezzarle a pieno. Durante il tragitto, Ann si accorse che anche nel suo caso non sembrava trascorso nemmeno un giorno dall’ultima volta che si erano visti: Yusuke era spontaneo, interagiva con gli altri come suo solito, tirando fuori qualche stramberia delle sue e lasciando che il tour tra i dipinti lo assorbisse del tutto. L’unico inconveniente fu che dovette interrompersi spesso: diverse volte i giornalisti si fecero avanti per fargli brevi interviste o alcune foto, o stringere diverse mani, ma appena possibile tornava dai suoi amici, premurandosi di offrire il braccio ad Ann. La ragazza lo osservò mentre lo vedeva intrattenere rapporti con gli sconosciuti o con i colleghi che lo avvicinavano e confermò la sua impressione: Yusuke era professionale, sicuro di sé, perfettamente a suo agio come se fosse ormai abituato a intrattenere quel genere di rapporti. Si sentì fiera di lui.
«Senti un po’, ma quando finisce ‘sta mostra? C’ho ‘na fame.»
«Delicato come sempre» commentò la ragazza, all’indirizzo di Ryuji.
«L’arte mette fame. Capita sempre anche a me» disse invece Yusuke.
«Dimentichi ancora di mangiare mentre dipingi, vero?»
«Non sarai ancora al verde, uh?» scherzò invece Ryuji.
Fu un attimo, ma Ann poté quasi giurare di aver visto un’ombra attraversare lo sguardo penetrante di Yusuke, che tuttavia replicò subito: «Quando si è consumati dalla passione, non si può che avere fame.»
«E questa da dove l’hai tirata fuori? Dal quel ridicolo libro di massime che mi facesti vedere?» disse Futaba, ridacchiando.
«Ah, quindi sarei consumato dalla passione?» chiese Ryuji.
«Ah, magari» fece Ann.
«Maestro.»
Il gruppo fu interrotto dall’arrivo di una ragazzina minuta ma graziosa, sul cui viso pallido spiccava una tenera spruzzata di lentiggini.
«Yumi-chan. Credevo fossi andata a casa» replicò Yusuke, gentilmente.
«Maestro?! Ma che figata!» esclamò Ryuji, guadagnando un nuovo nugolo di occhiatacce dagli amici, ma anche la curiosità della ragazzina.
«Non farci caso. È un mio vecchio amico» spiegò Yusuke, scrollando appena le spalle.
«Oh, amici del Maestro? È un onore!» replicò lei, inchinandosi all’istante. Ad Ann sembrò di rivedere Sumire in quella piccolina.
«Ma che carina» commentò Ann. La giovane si tirò su e scoccò ad Ann una lunga occhiata di soggezione, per poi soffermarsi sul suo braccio giunto a quello di Yusuke.
«Maestro, non sapevo…!» disse, improvvisamente paonazza.
«Anche lei è un’amica, anche se, ahimè, avrei voluto fosse la mia modella.» 
Ann non seppe cosa replicare, imbarazzata da quell’affermazione così genuina; Haru venne in suo soccorso dicendo: «Siamo tutti amici del tuo maestro. Molto piacere.»
«Perdonate il malinteso!» La ragazzina si inchinò di nuovo, poi si rivolse a Yusuke: «Maestro, ero solo venuta a salutarla. Anche Ryo-kun e Hitoshi-kun vengono via con me.»
«D’accordo. Ci vediamo domani allora. Grazie per essere venuti.»
«Ma le pare!»
Yusuke le sorrise bonariamente e le lasciò perfino una carezza sulla testa, che la rese evidentemente felice. Quando lei si allontanò saltellando vagamente, Ryuji disse: «Chi l’avrebbe detto che un giorno avrei visto una cosa del genere! Maestro! E quel tono così formali!»
«Ma i tuoi allievi lo sanno quanto sei strambo, uh, Inari?»
«Non prendetelo in giro! È stato così tenero!»
«Sei troppo buona, Haru-chan…»
«Non starli a sentire, Yusuke. Siamo fieri di te! Anzi, peccato non aver visto gli altri tuoi allievi» disse Ann.
Yusuke non fece in tempo a sorriderle che Ren si unì agli altri: «Attento a non rovinare quei poveri innocenti.»
«Oh, Ren, anche tu» disse Yusuke, con una mano sul cuore, un drammatico dispiacere dipinto in volto. Le sue parole furono accompagnate da una breve risata generale.
Mentre continuavano il giro tra le opere d’arte, tutti s’informarono su Yusuke: il giovane lavorava da tre anni come artista per conto proprio, ma era diventato talmente famoso che spesso era chiamato a fare lezioni speciali in diverse scuole d’arte, tra cui la Kosei; era così che tre studenti, tra cui Yumi, si erano innamorati delle sue opere e avevano deciso di farsi dare lezioni private da lui, diventando suoi allievi. Talvolta gli facevano perfino da assistenti.
«Sono molto sensibili e pieni di talento. Ho accettato subito quando me lo hanno chiesto» rivelò il giovane, le labbra curvate in un sorriso soddisfatto.
«Hai trovato il segreto della vera bellezza, allora?» gli domandò Ren.
«Potrebbe sembrarti strano ma, anche se ho ben tre allievi, ho ancora molto da imparare sulla vera bellezza. Spero però che l’insegnamento possa aprirmi nuove vie in tal senso.»
«Ma certo! Si dice che nell’insegnamento ci sia uno scambio reciproco» si accodò Ann. Quando posò gli occhi acquamarina su di lui, le parve di nuovo di scorgere un’ombra sul viso levigato dell’amico. Fu per un attimo fugace, infatti credette di essersi sbagliata, ma quando notò che anche Ren lo fissava con il suo tipico sguardo indagatore, capì di non essersi immaginata proprio nulla.
«Sagge parole, Ann» rispose Yusuke, annuendo. Poi, aggiunse: «Qui ne avrò almeno per un’ora abbondante. Nessuno meglio di me conosce l’aggressività dei morsi della fame…per cui vi consiglio di andare da qualche parte per mangiare qualcosa. Io vi raggiungerò appena possibile.»
«Idea super!» esclamò Ryuji.
«Sushi! Vi prego!» stridette Morgana.
«Perché non il curry al Leblanc? Sojiro sarebbe felicissimo di rivedervi tutti! E così Ren potrà dirgli anche quell’altra cosetta…»
«Ma non sarà tardi per lui? Ormai avrà chiuso» disse Haru.
«Io propongo un buffet. Ma nulla di troppo costoso» si inserì Ren.
«Ottima idea, amico!» decretò Ryuji. Poi si rivolse a Yusuke: «Ehi, offri tu, vero? Con tutti i soldi che hai guadagnato stasera!»
«Mi stanno chiamando. Con permesso» fu la pronta replica di Yusuke, che sciolse il braccio da quello di Ann con un movimento fluido e si dileguò tra gli astanti.
«Ma che tirchiaccio…»
«Penso proprio che non abbia imparato ad amministrare meglio i suoi soldi…»
«Non essere severo, Mona-chan.»
«Yusuke rappresenta il tipico esempio di artista squattrinato. Se esistessero accessori che fanno triplicare i soldi, gliene regalerei almeno cinque…»
«Va bene, andiamo» concluse Ren, avviandosi per primo verso l’uscita.
«Già mi si è aperto lo stomaco!» disse Ryuji.
«Attenti a non caderci dentro» rispose Morgana.
 
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Si era ripromessa di rispettare alla lettera la dieta del suo nutrizionista, tuttavia, non appena mise piede nel ristorante, Ann capì che quella sera non era proprio il caso di pensare a quel genere di cose. Una miscellanea di odori, uno più invitante dell’altro, aveva raggiunto le sue narici e il suo stomaco. Non appena aveva intravisto i tavoli strabordanti di pietanze già dall’entrata, le si era riempita la bocca di saliva.
Ma sì, un allenamento tosto dovrebbe bastare a rimettermi in riga.
«Ci mettiamo qui?» domandò Ryuji, scegliendo un tavolo abbastanza grande per tutti. Una volta ricevuto il consenso generale, fu il primo a tuffarsi nella ressa attorno ai tavoli, in mano un piatto vuoto con cui si faceva largo come fosse uno scudo. Haru ridacchiò nel vederlo, poi posò la borsa lilla sulla sedia accanto a quella che aveva scelto Ann; la bionda fece altrettanto e si recò ai tavoli insieme all’amica, mentre gli altri si sistemavano e attendevano il loro ritorno per tenere d’occhio le loro cose.
Il ristorante aveva uno stile semplice ma accogliente: era diviso in due sale rettangolari, pressoché identiche. Ann notò alcuni pannelli decorativi alle pareti, che rappresentavano fiumi stilizzati, cicogne, foreste di bambù, montagne; il pavimento, di sottili assi in legno di ciliegio, era lucido, come nuovo, e ricoperto di tavoli quadrati o rettangolari dello stesso legno, impreziositi da leggere tovaglie candide bordate di dorato. In fondo, Ann vide un bancone; dietro la vetrata che lo separava dal resto della sala, visualizzò tre cuochi, che lavoravano senza posa, e passavano le pietanze a indaffarati e giovani camerieri, celeri nel sostituire i piatti vuoti sui tavoli con quelli carichi e appena pronti.
Ann, con il piatto immacolato tra le mani, fissò i tavoli senza sapere su quale fiondarsi per primo. Il suo primo impulso fu quello di dirigersi direttamente verso quello dei dolci – aveva già localizzato almeno tre torte interessanti – ma anche il resto non era da trascurare. Sul tavolo dei primi, una ciotola di soba accanto ad un profumato brodo attirarono la sua attenzione, subito seguiti da vassoi fumanti di yakisoba, spaghetti di soia con gamberi e verdure, donburi di carne e pesce e diverse portate di curry – Ann si domandò prima di accorgersene se era all’altezza di quello di Sojiro Sakura. Accanto, il tavolo con i secondi: quattro tipi di okonomiyaki, una doratissima unagi, tempura di polpo e gamberetti, un succoso pollo teriyaki, filetti di pesce impanati. Ancora accanto, il tavolo dei contorni: edamame bolliti, tempura di verdure, gyoza, una tamagoyaki di un giallo allegro ed invitante. Alle spalle, il tavolo con la frutta fresca o in macedonia, che lei non degnò di molta attenzione. E poi quello dei dolci…
Ann decise di cominciare dai primi, ben sapendo di non dover esagerare, altrimenti non ci sarebbe stato spazio per tutto il resto. Si accorse di aver perso di vista Haru, ma non si disperò, servendosi subito del donburi e degli spaghetti di soia. Quando tornò al tavolo, vide che Ryuji stava già mangiando, senza aspettare che gli altri tornassero con i loro piatti pieni; fece per redarguirlo, ma poi fece spallucce e cominciò anche lei.
«Ehi, lasciatemi qualcosa» disse Morgana, occhieggiando dalla borsa aperta di Ren.
«Tranquillo, non ti lasciamo a bocca asciutta» replicò Ryuji, prima di ficcarsi un grosso pezzo di carne tutto in bocca.
La serata fu divertente: non mancarono battute scherzose e lunghe chiacchierate come facevano un tempo. i loro piatti si riempivano e si svuotavano continuamente, e nessuno di loro parve accorgersene. Quando Yusuke li raggiunse, fu ancora meglio: i ragazzi presero a sfottersi a vicenda e Ann provò più nostalgia che mai nel rivederli insieme, seduti gli uni accanto agli altri, così diversi ma uniti quasi come fratelli. Per un attimo fantasticò sull’idea di invitarli tutti negli Stati Uniti prima della fine dell’estate. I suoi pensieri si interruppero quando, tra una chiacchiera e l’altra, si cominciò a rivangare un po’ il passato. Episodi buffi, vecchie conoscenze – qualcuno sa che fine ha fatto Mishima? –, informazioni sui luoghi che avevano frequentato più spesso: passato e presente si fusero in un intreccio agrodolce per Ann, che desiderò di riavvolgere il tempo anche solo per qualche ora e tornare all’anno in cui aveva conosciuto i suoi amici – e anche sé stessa – e aveva studiato con loro, riso, pianto, rischiato la vita e salvato il mondo.
«Non vi manca andare nei Palazzi e tutto il resto?» domandò ad un certo punto Futaba. Se ne stava con le gambe accavallate come una qualsiasi altra ragazza. Ann sorrise tra sé e sé, ricordando le curiose posizioni che assumeva da seduta fino a qualche anno prima.
«A volte sì. Però non è compito nostro. Non possiamo fare il lavoro delle autorità» rispose, addossandosi allo schienale rivestito della sedia. Fece uno sbadiglio, poi incrociò le braccia al florido seno. Quando si accorse dello sguardo di Yusuke e di Ryuji – e non sulla sua faccia – rivolse loro una brutta occhiata, ma poi rise; i ragazzi distolsero immediatamente lo sguardo, il primo facendo finta di nulla, il secondo portando una mano dietro la nuca mentre spostava lo sguardo altrove.
«Per me è lo stesso. Sinceramente, non ne avrei nemmeno il tempo!» disse invece Haru, carezzando la sottile collanina d’oro, che brillava sotto la luce del lampadario.
«Abbiamo imparato la lezione tempo fa. A volte vorrei rifarlo, non ve lo nego…ma abbiamo un accordo con Sae-san» disse invece Ren, facendo girare lentamente il bicchiere di vetro vuoto tra le mani.
«A me manca un sacco, invece. Però niente, è andata» commentò Ryuji, grattandosi l’avambraccio leggermente abbronzato.
«Ti mancano le percentuali alte sul phan-site, ammettilo» lo punzecchiò Ann, e lui si limitò a sorridere birichino.
Ann si accorse che Ren indirizzava brevi occhiate a Yusuke – se non le fosse stato seduto davanti, non lo avrebbe notato. E si accorse anche che Yusuke si limitava a carezzare con un dito affusolato il suo tovagliolo, senza guardare nessuno e senza esprimersi sulla faccenda. Preoccupata, domandò: «E tu, Yusuke?»
Il giovane sollevò lo sguardo su di lei come se fosse tornato tra loro solo in quel momento. Gli occhi di tutti puntarono su di lui. Ma la sua risposta non giunse mai, perché Morgana piagnucolò: «Lady Ann, a me non lo chiedi? Non vi manca essere guidati da me?»
«Ma che dici, eravamo guidati da Futaba, non da te» fece Ryuji, ammiccando tuttavia in direzione di tutti gli altri. Morgana cominciò a sbraitare, mentre Haru e Futaba scoppiarono a ridere. Ren e Ann sorrisero, tuttavia si scambiarono una brevissima occhiata prima di tornare per un attimo su Yusuke, che si limitò a sorridere e ad eludere la risposta alla domanda.
«Ehi, facciamoci una foto! E mandiamola a Makoto, così vede che si è persa!» propose Ryuji, tirando fuori il cellulare dai jeans sdrucidi. Tutti furono d’accordo, quindi si strinsero un po’ tra loro e Ryuji cercò di inquadrarli tutti per un selfie.
«Fatto! E la prossima volta inviteremo anche Sumire! Vedrai che verrà!» disse Ryuji, dando una pacca troppo forte sulla spalla di Ren, tanto che gli caddero gli occhiali sul tavolo.
«Smettila» fece semplicemente lui, inforcando di nuovo gli occhiali.
«Perché? Dai, sei diventato timido all’improvviso? Tranquillo, ti aiuto io!»
«Allora è praticamente fregato…» borbottò Morgana.
«Farò finta di non aver sentito.»
«Va bene così» disse invece Ren.
«Cosa? Vuoi dire che vorresti il mio aiuto?»
«No. Intendevo che non importa se non c’è. Certe cose fanno semplicemente il loro corso.»
«Uh? E questo che sta a significare? Mah, certe volte non ti capisco.»
«Attento, Ryuji. Sei il tipico ragazzo che si fa friendzonare» intervenne Futaba.
«Ma che stai dicendo?!»
«Io invece penso che bisogna prendere l’iniziativa, come dice Ryuji.»
«Ecco, grazie, Haru! Meno male una che ragiona, qui.»
«A me vengono in mente almeno un paio di modi con cui colpirla…» disse Yusuke, improvvisamente serio, ma Ren replicò in fretta: «Ehm, grazie, so già cosa fare.»
«Fatevi gli affari vostri. Ren sa vedersela, non è più lo sfigato di prima.»
«Grazie, Ann…»
«E che vorresti dire? Che noi lo siamo?»
«Attenzione, rischiamo di far triggerare i ragazzi…» mormorò Futaba, ma aveva il tipico sorrisetto di chi spera in uno sviluppo inaspettato.
«Ann, così mi ferisci» rispose invece Yusuke, grave.
«Disse quello che girò sulla spiaggia con due aragoste in mano mentre cercavamo di rimorchiare» fece Ryuji, trattenendo a stento una risata.
«Giornata memorabile. L’ispirazione mi folgorò e non potei resistere.»
«Secondo me avevi preso troppo sole…anche se tenevi quel cappuccio sempre tirato sulla testa. Sembravi un disadattato, eri imbarazzante.»
Dopo altre chiacchiere e risate generali, uno dopo l’altro cominciarono a sbadigliare. Quando perfino Morgana spalancò la boccuccia, Haru disse: «Credo sia ora di andare. Che ne dite?»
«Eh, sì. Mamma mia, non riesco ad alzarmi dalla sedia. Domani devo correre almeno per due ore!» fece Ryuji, alzandosi per primo.
Il gruppo pagò il conto, poi uscì dal ristorante, ritrovandosi sotto le stelle. Ann fu travolta da un’ondata di caldo, in contrasto con la piacevole aria condizionata che l’aveva coccolata fino a quel momento; pensò di raccogliere i capelli, ma l’idea di cercare un elastico nel caos della sua borsa non la allettava affatto, per cui abbandonò subito l’intento. Sollevò il viso e notò una falena entrare nel raggio luminoso di un lampione.
«Cerchiamo di farlo più spesso, eh?» disse Ryuji.
«Siamo quasi tutti a Tokyo. Per me si può fare» assentì Futaba, mentre Haru annuiva con convinzione.
«Bè, per me non è così semplice, ma ci proverò» disse invece Ann.
«È vero, tu sei fuori! Uffiii» disse Futaba.
«Dove alloggi? In qualche albergo? Ti porto io? Ho la macchina» si offrì Ryuji, indicando un punto imprecisato con il pollice.
«Ma no, tranquillo! Chiamo un taxi.»
«Io invece lo accetto, grazie» si inserì Futaba, sorridendo.
«E va bene, mi carico te e…Haru, Ren? Voi? E tu, Yusuke?»
Haru e Ren accettarono il passaggio, mentre Yusuke disse: «Io abito qui vicino, quindi non disturbarti. Anzi, aspetterò con Ann che arrivi il taxi.»
La ragazza lo ringraziò gentilmente, quindi si salutarono tutti, le ragazze abbracciandosi, i ragazzi scambiandosi piccole pacche l’un l’altro, naturalmente con la promessa di rivedersi di nuovo non appena fosse stato possibile. Prima di voltarsi e seguire Ryuji, Ren inviò ad Ann una muta e significativa occhiata, che fece sentire la ragazza come se dovesse eseguire un compito delicato che il suo leader aveva affidato solo a lei.
Non appena Yusuke e Ann rimasero soli, la ragazza chiamò un taxi, che sarebbe arrivato in dieci minuti. Quando mise il telefono in borsa, le venne un brutto magone: la serata con i suoi amici era volata e non le era minimamente bastata. Sarebbe rimasta lì un altro paio di giorni e cercò di pensare a quando avrebbe potuto rivederli prima di ripartire, ma ricordò che avrebbe dovuto incontrare anche Shiho e i suoi genitori, quindi a malincuore abbandonò l’idea.
Si voltò verso Yusuke e vide che osservava la strada semideserta, posando gli occhi sui pochi passanti sull’altro lato della strada. Sembrava assorto. Nulla di strano: anche quando erano dei liceali, lui aveva l’abitudine di fissare qualsiasi cosa attirasse la sua attenzione, soprattutto la gente, incurante delle occhiatacce che rimediava dall’ignara gente. Sosteneva che lo aiutava a trovare l’ispirazione. Evidentemente, le cose non erano cambiate.
«Dieci minuti e sarà qui» lo rassicurò. Sorrise divertita quando lui sobbalzò di sorpresa.
«D’accordo.»
I due rimasero in silenzio. Ann sollevò lo sguardo alle stelle, alcune delle quali erano molto nitide nonostante l’aria di smog della città. Poi si voltò in direzione del lampione e vide che le falene erano diventate tre. Svolazzavano attorno alla luce come se volessero avvicinarsi ma non ne avessero il coraggio.
«Sono contento che il nostro gruppo si ricostituirà, almeno in parte. Quando ve ne siete andati tutti, ammetto che ho sofferto molto. Ren era la mia guida, e voialtri…i primi amici che abbia mai avuto» mormorò Yusuke di punto in bianco, lo sguardo malinconico. Ann si intenerì. «Fortunatamente, Futaba è rimasta. Non ci siamo visti assiduamente, ma la sua presenza mi ha aiutato a non sentirmi solo e a sentirvi tutti vicini. Se davvero ora riuscissimo tutti a vederci più spesso, sarebbe molto bello.»
«Sono sicura che ci riuscirete. Anzi, lo spero. E io farò il possibile, anche se sono lontana.»
«Già, di questo mi dispiace tanto.» Ann percepì sincero dispiacere nella sua voce e purtroppo la rattristò ancor di più. Continuò a fissare le falene, che indugiavano attorno alla luce del lampione.
Hanno tutta la notte.
Lei però non aveva tutta la notte. Ricordando l’ultima occhiata di Ren, chiese: «Yusuke, va tutto bene? In generale. Te lo chiedo perché…non so, mi sembri un po’ triste. E poi, alla mostra…non lo so, i tuoi quadri erano…diversi? Anche Ren ha avuto questa sensazione. Insomma, lo so che un artista può cambiare il suo stile, però…non so spiegarlo. È una sensazione.»
I tratti di Yusuke, lisci come porcellana, si deformarono improvvisamente in un’espressione grave. Ann pensò di averlo offeso, per cui si affrettò a dire: «Scusami, non volevo dire che i tuoi quadri non mi siano piaciuti! Anzi, sono bellissimi! È solo che…ah, lascia stare. Non ho il diritto di chiederti queste cose.»
«Allora…si vede» sussurrò lui, lo sguardo celato dalla frangia laterale.
Ann restò in silenzio, interrogativa. Poi, capì di aver avuto ragione. Peccato che il taxi sarebbe arrivato a momenti…
Un sorriso amaro piegò le labbra di Yusuke. «Ho cercato di tenerlo nascosto…ma ad un Ladro Fantasma non si possono nascondere certe cose, vero?»
«Non ad un Ladro Fantasma. A degli amici.»
Yusuke portò gli occhi nei suoi. Ann percepì il suo tormento e si preoccupò, tuttavia non insistette, decidendo di non pressarlo. Alla fine, lui disse: «Te lo direi volentieri se avessimo tempo. Ma è tardi, devi tornare in albergo…»
«Posso sempre chiamare il taxi e disdire, se vuoi parlarmene. Non so quando ritornerò, per cui se devo ascoltarti adesso, lo faccio con piacere.»
Yusuke rimase interdetto. Poi, il suo viso si sciolse in un piccolo sorriso.








NDA: La traduzione del titolo della fic è "La vera bellezza". Credo non ci sarà bisogno di spiegarne il motivo :)

 
  
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