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Autore: Francesco    07/09/2003    0 recensioni
Cosa succederà a Derek viaggiando con Vash e il reverendo?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La cospirazione di Vesperum

Autore: Francesco

E' impossibile guardare una puntata di TRIGUN e non sentirsi rapire verso una terra fantastica dove futuro e passato si intrecciano, creando un'ottima cornice agli eventi drammatici e grotteschi della vita di Vash e dei suoi coprotagonisti. Ho ideato un racconto che probabilmente forza troppo la mano ad eventi di matrice prettamente fantasy, specialmente per quello che riguarda i personaggi di mia invenzione, ma ho cercato di armonizzarli con l'irripetibile atmosfera di un mondo desolato dove la legge della forza e della cupidigia trionfa spesso su quella dell'amore e della giustizia. E' una fiction un po’ strana e dedicata ad un pubblico adulto a causa delle scene di violenza e sopraffazione un po’ forti, narrata in prima persona - ma non sempre- da un personaggio di mia concezione, Derek Galt, che si trova ad incrociare il sentiero di Vash e del Reverendo impegnati a sgominare gli intrighi di un inquisitore alchimista rivisitato futuristicamente.

Planet gunsmoke

Cap.1

Sono due mesi che mi trovo nella polverosa ma ospitale Inapril.
Il mio lavoro come cacciatore di taglie non mi ha sorretto tanto bene sin
qui...Qualche misera taglia mi ha permesso di racimolare denaro
sufficiente per prendermi una stanza d'albergo e qualche pasto caldo. Venendo qui mi sono imbattuto in uno strano tizio vestito di una lisa
casacca nera, che si trascinava sulle spalle un gigantesco involto di
stracci dalla forma di croce. Gli ho chiesto una sigaretta, visto che lui se ne stava tranquillamente
fumando una; lui mi ha guadato - gli occhi ironici ridotti a due fessure
cariche di ammonimento - e mi ha sussurrato: "No, sei troppo
giovane...Cresci, prima."
Avrei voluto replicare, ma devo ammettere che lo straniero non si
sbagliava...Sono troppo giovane per tutto, a cominciare dallo sporco
lavoro che ho scelto di fare.
Uccidere, mi riesce difficile. Mi sento motivato a farlo solo in casi
estremi, quando il sangue mi ribolle per l'ira, o il mio cuore è
sotterrato nella tristezza per un'ingiustizia consumatasi sotto i miei
occhi...Come con Karson.
Wilhelm Karson voleva farsi Kathleen, una ragazzina di appena undici anni.
Il padre di lei gliela aveva ceduta per una misera concessione agricola.
Suo fratello Jhonas venne da me al Wollet Hotel.
Sul viso dipinta una determinazione che mai avevo veduto prima.
Stringeva nella mano un sacchetto con tutti i suoi risparmi.
"Salva mia sorella Kathleen, ti prego...Strappala via dalle mani di
quell'orco."
A Kathleen, mi spiegò poi, gli orchi facevano paura. Il padre li inseriva
spesso nelle minacce quotidiane a cui la sottoponeva, picchiandola.
Era la sua sguattera personale, in un'età in cui i bambini dovrebbero
solo sorridere lei non faceva altro che piangere....Ma con dignità e non
davanti a quel demonio che il rispetto dovuto ed innegabile la
costringeva a chiamare papà...Piangeva tra le braccia di Jhonas.
Lo stesso Jhonas che ora stringeva quel misero sacchetto, guardandomi
implorante.
"Uccidi l'orco, salva mia sorella..."
Mi alzai dal tavolo con uno scatto, presi il sacchetto dalle mani ferme
del bambino, che non doveva avere più di dodici anni.
"Uccidilo...Non deve spaventare più Kathleen".
Gli lanciai indietro il sacchetto.
Arrivai alla stalla di Karson, che già il bastardo si stava sfilando i
calzoni a quadretti di cui si vantava tanto.
Sbavava incessantemente, grugniva, sfilandosi il suo arnese di piacere da
un paio di mutande rappezzate e sdrucite- incredibile la somiglianza tra
contenitore e contenuto.
La ragazzina non parlava e non si muoveva. Dalla fronte le sgorgava un
rivolo di sangue lucido e rosso vivo...Evidentemente l'orco l'aveva fatta
tacere per non essere scoperto.
Mi avvicinai a lui con uno scatto.
Karson si alzò, fece sbucare un revolver dai calzoni che pendevano inermi
ai suoi piedi e mi sparò con un grugnito satanico.
Mi prese in pieno petto- fortuna che indossavo un giubbetto rinforzato.
Stavo fallendo.
"Uccidi l'orco...Salva mia sorella".
La frase rimbombava nella mia testa, come un'ossessionante ronzio.
Chiusi gli occhi, avvertendo uno sparo.
Non poteva essere stato Karson a farlo esplodere...Era stato un rumore
come di tuono, vasto, profondo e potente...La terra aveva tremato sotto
di me.
Mi portai faticosamente a sedere e vidi...Vidi un uomo alto,
imponente, che non aveva pistole tra le dita. Se ne aveva estratta una,
quella che aveva distrutto il basso ventre di Karson, che giaceva in una
pozza di sangue stringendosi stupidamente gli intestini, l'aveva già fatta
sparire.
Mi venne incontro con la bambina tra le braccia.
Mi guardò con occhi tristi e profondi, soltanto parzialmente schermati
dagli occhialini arancione che indossava.
"Rem aveva detto che non si deve uccidere...Non si deve...Non
dovevo...Perdonami, Rem...Ma questa volta ci ho provato gusto."
Lasciò la bambina tra le mie braccia, si voltò dopo avermi sorriso con
mestizia e scomparve tra la polvere del deserto.
Fu allora che compresi che...Vash the Stampede è sempre un passo avanti
alla morte.


"C'è qualcuno che desidera ringraziarti..."
Le parole secche ma soffuse di un uomo mi riportarono alla realtà. Mi
ritrovai in una stanza umilmente ammobiliata che riconobbi come una delle
stanze dell'hotel di Inapril.
Ero debole, ed una forte fasciatura mi attraversava la zona addominale,
là dove il proiettile esploso da Karson si era fatto prepotentemente
strada.
L'uomo che aveva parlato stava immobile sulla soglia, con le gambe
incrociate.
Lo riconobbi. Aveva una sigaretta accesa e fumante che gli pendeva
dall'angolo destro della bocca, lo sguardo sottile ed acuto, ma sornione
rivolto verso di me.
"Sei tu...".mormorai, e scoprii che parlare era una vera tortura.
La ferita pulsava dolorante, non riuscivo a muovermi in completa libertà,
come avrei voluto.
Spostai con difficoltà la testa e riuscii ad individuare un'altra figura,
in trepida attesa sulla soglia, una sagoma minuta e meno incisiva di
quella dell'uomo.
Si fece avanti a passi lenti, quasi timorosa e fu allora che riconobbi
Jhonas.
"Hai ucciso l'orco...Mia sorella è salva...Volevo...Dirti grazie."
Sorrisi mio malgrado.
Io non avevo fatto nulla. Era stato lui...L'uomo dallo sguardo
triste, dall'impermeabile rosso acceso e dalla pistola fantasma.
"Avanti, ora...Deve riposare, è stato ferito piuttosto seriamente."
L'uomo dalla sigaretta spinse con delicatezza il bambino verso la porta.
Stava per attraversarla, quando l'ombra di un dubbio si insinuò nei suoi
occhi limpidi e puliti.
"E se...L'orco ritornasse? Continuerai a proteggerci, vero?"
Annuii, sorridendo, sperando di riuscire a rendere la mia risposta
gestuale incisiva e determinata, per quanto me lo consentissero le fitte
di dolore che mi pervadevano.
"Coraggio, va' da tua sorella ora:.. Ha bisogno che qualcuno gli stia
vicino...Fai l'ometto, eh!".
Con queste raccomandazioni, l'uomo dalla sigaretta accesa diede una lieve
pacca sulla spalla al ragazzino, convincendolo a lasciare la stanza.
Lo osservò mentre spariva dal mio campo visivo, per poi raggiungermi,
mettendosi a sedere sul bordo del letto.
Ebbe la cortesia di spegnere la cicca con un elegante e repentino gesto
della mano, come un prestigiatore che fa' svanire una carta.
"Come ti senti, ragazzo? Hai avuto una brutta giornata, non lo si può
negare..."
"T...Tu chi sei?"
"non è evidente? Sono un prete."
Mi sorrise, serafico.


Mi sono destato questa mattina con il corpo tutto indolenzito.
I raggi del sole penetravano ad intermittenza dalla finestra aperta,
mentre l'aria calda ed asciutta del deserto irrompeva con straordinaria
violenza.
Avevo una pezza bagnata sulla fronte...Chi mai poteva essere stato tanto
gentile da raffreddare la testa febbricitante di un cacciatore di taglie?
Quello strano prete? Forse...Quell'uomo ha un aspetto strano, eppure
rassicurante.
Non ricordo di aver mai frequentato preti, prima d'ora, ma se sono tutti
come lui, non riesco a capire perché la religione di cui essi parlano,
non riesca ad attecchire...Ho voltato lo sguardo, ed ho riconosciuto la
figura di una donna giovane, bellissima e semisvestita accanto al mio
letto: si era addormentata abbrancando la sedia sulla quale, con tutta
probabilità, mi ha vegliato stanotte, dopo che mi sono addormentato.
E' da tanto che non avvicino una donna così carina...Caro Derek Galt,
cacciatore di taglie alle prime armi, devi riconoscere che una
vera "prima volta" non l'hai mai vissuta...Al villaggio della Gilda,
Rohan mi disse che un vero cacciatore di taglie, dev'essere abile pure
con le donne. Cacciare dopotutto è cacciare, nessuna differenza tra
mentecatti, assassini o signore da conquistare...Che stronzate, diceva il
vecchio Rohan...Se era così in gamba, perché allora è durato tanto poco
alla guida della Gilda? Me lo ricordo mentre rantolava con le schiena
crivellata dalle pallottole del fucile a ripetizione di Jeremias.
Jeremias Kaynn lo aveva aspettato, mentre attraversava la gola che
conduceva al nascondiglio segreto della Gilda, per assalirlo
vigliaccamente di spalle.
Forse il vecchio Rohan non s'è neppure accorto di nulla: ha incassato e addio mondo...
Kaynn s'accorse che lo stavo spiando. Mi rivolse un sorriso
compiaciuto, indicando il corpo di Rohan ben imbottito di piombo, come
per invitarmi ad esprimere un parere.
Gli sorrisi a mia volta...Rohan, il vecchio porco che una volta s'era
sbattuto Maryn davanti a tutti per far vedere quanto valeva nonostante
l'età avanzata, si meritava una fine come quella.
Jeremias è un buon capo...Mi ha insegnato tutto quello che sa sull'arte
della caccia alla taglia...Peccato che eguagliarne le intuizioni, il
carisma e l'esperienza sia un traguardo ben al di fuori della mia portata.
Pazienza.
La porta si è spalancata ed è apparso il prete.
"Salve.. Dormito bene?". La sua voce intensa e sorniona mi scosse dal
torpore del mattino. Mi strofinai gli occhi, per focalizzare meglio la
slanciata figura nerovestita che avanzava a passi misurati verso il mio
giaciglio.
Una nuvoletta di fumo, proveniente dall'onnipresente sigaretta, si alzava
come lo sbuffo di un comignolo domestico verso il soffitto della stanza.
"Mylly... Ehi, Mylly... Su, svegliati...T'ho portato la colazione..."
Con una dolcezza inaudita, il reverendo dal sorriso perenne, spostò la
sua amata cicca da un angolo della bocca all'altro mentre scuoteva le
spalle nude ed avvenenti della ragazza addormentata.
Lei aprì gli occhi, li sbatté con la grazia di una bambina assonnata, e
si illuminò non appena, voltandosi, incrociò lo sguardo profondo ed
ammaliante del prete.
Pose le mani a coppa e ricevette la tavoletta di cioccolata che lui le
porgeva, scartandola con fanciullesca trepidazione.
"Salve, reverendo...A me cos'hai portato?"
Lui ridivenne severo e compassato, serbandomi comunque uno dei suoi
sorrisi enigmatici, l'ennesimo in quei pochi giorni di conoscenza che ci
accomunavano.
"La tua colazione, giovanotto, dovrai ben guadagnartela...Il Signore mi ha
detto che ti aspetta un duro lavoro...E che il tuo compagno di viaggio,
per Sua volontà, sarò io..."
Sorrisi a mia volta, strizzandogli l'occhio destro...Mi sentivo
rinato: finalmente un po' di sana azione...Conoscevo da poco il prete, ma
ero certo che seguendolo, ne avrei avuta parecchia.
La mattina degradò lentamente nel pomeriggio.
Il prete era scomparso poco dopo la colazione che non mi aveva affatto
spiegato come avrei dovuto guadagnare.
Uno strano senso di inquietudine si impossessò di me, ma decisi di tirare
avanti: la freddezza consueta dei cacciatori di taglie non era ancora
scesa sulle mie spalle giovanili; mi sentivo debole e svuotato e non solo
per la pallottola che Karson mi aveva rifilato.
Quel sacerdote era strano ed inusuale, ma come per tutte le cose
enigmatiche, possedeva l'attrazione di una calamita.
Non riuscendo a rintracciarlo in alcun modo, decisi di chiedere di lui a
Mylly, la deliziosa fanciulla che si era degnata di vegliare la mia
nottata di sofferenza.
La trovai intenta a ripulire il banco dei liquori: canticchiava con aria
trasognata, schiudendo la graziosa bocca rossa che doveva aver conosciuto
pochi baci sinceri nella sua giovane vita.
"Salve...", dissi, facendola riscuotere violentemente.
"Mi ha spaventato...Cosa ci fa' lei qui? Dovrebbe essere ancora in camera a
riposare..."
"Il prete? Dov'è?"
La ragazza mi fissò con distacco e freddezza.
Assunsi un'espressione dispiaciuta...Evidentemente avevo offeso una
persona molto importante per lei.
"Il REVERENDO Wolfwood non è qui, ora...Ma ha lasciato precise istruzioni
di attendere il suo ritorno..."
" non è mia abitudine prendere ordini da un uomo di Dio...Io non credo a
tutte quelle panzane..."
La provocazione ebbe l'effetto di una bomba.
La ragazza gettò lo strofinaccio con cui stava pulendo le ostinate macchie
di gin lasciate sul piano del bar, e senza alzare la voce sibilò la sua
replica:
"Se siete cieco al punto da non riconoscere i segni della Provvidenza
Divina, vi biasimo, signore...Siete uno sprovveduto ed uno
sciocco...Forse la prossima volta dovrò scegliere meglio l'uomo a favore
del quale trascorrere una notte insonne..."
Quelle parole, emesse da una creatura così apparentemente disinvolta, ma
allo stesso tempo tanto fragile ed innocente, mi percossero più di quanto
avrebbe saputo fare un sonoro schiaffo.
Fu allora che da fuori udii provenire un vocio elevato e schiamazzi di
ogni genere.
La ragazza mi gettò un'occhiata seccata, ma poi il suo viso si raddolcì:
"Venga a vedere, signore...L'effetto della Provvidenza...Forse così potrà
rendersi conto della sua stupidità..."
Mi affacciai sulla porta del saloon e vidi una scena sorprendente.
Il Reverendo stava camminando al centro della strada polverosa, con il
suo carico cruciforme sulle spalle apparentemente esili e ben modellate.
Con una mano trascinava un sacco sdrucito pieno di vettovaglie e dolci, e
li stava distribuendo con magnanimità alla gente ed ai ragazzini che gli
si facevano intorno.
"Tenete...Tieni, piccolino, questo è per te...Ehi, non spingete, ce n'è
per tutti!"
Risate di gioia, ringraziamenti, benedizioni...Il Reverendo era un uomo
ben diverso da quello che avevo conosciuto.
Il sole stesso sembrava irradiarsi dai suoi sorrisi, mentre veniva come
un salvatore a sollevare dalla povertà e dall'indigenza un'intera
comunità. Non potei fare a meno di sorridere mio malgrado, mentre
quell'uomo tanto osannato si faceva strada verso di noi.
Quando mi vide, si ricompose per un istante ed i suoi occhi ripresero
l'aria sarcastica di enigmatica complicità che aveva utilizzato ogni qual
volta si era rivolto a me.
Lasciò il sacco in balìa della gente esultante, e si diresse a passo
agevole verso me e Mylly.
Mi posò una mano sottile ma potente sulla spalla, facendomi sussultare.
"Lieto di vederti in salute, Derek...Dovremo parlare di quella faccenda,
più tardi..."
Annuii stupidamente, non sapendo cosa rispondere.
Continuò a fissarmi con il solito sguardo felino, poi si illuminò di
nuovo non appena incontrò gli occhi ardenti ed adoranti di Mylly.
Tirò fuori un pacchettino dalla tasca della giacca con la
solita, sorprendente celerità quasi magica.
"Tieni, Mylly...Questo è per te...Buon S.Valentino..."
La ragazza non sapeva cosa rispondere. Confusa ed arrossita, prese con
reverenza l'involucro che le veniva porto da quella mano così delicata da
sembrare irreale.
"G...Grazie tante, reverendo Wolfwood..."
Lo sciolse con lentezza, mentre i suoi occhi grandi non cessavano di
rimirare l'uomo di fronte a lei. Wolfwood e quella ragazza...No, mi
dissi, è impossibile lui è un prete, un uomo di Dio...
Non ero molto esperto di queste cose, ma sapevo per certo che la castità è
rigorosamente rispettata negli organi ecclesiastici.
Certo il reverendo era uno strano pastore, e tra le tante stranezze
poteva benissimo annidarsi una particolare predilezione per il
gentil sesso, anziché per le regole vetuste e spesso eccessive della Chiesa.
Ma sul volto del reverendo non c'era traccia dell'aria soddisfatta ed
orgogliosa con cui i fidanzati osservano le proprie compagne mentre
scartano i loro regali.
Era piuttosto l'affetto di un fratello maggiore o di un padre premuroso a
trasparire nello sguardo posato sulla fanciulla.
Mylly terminò l'operazione di scarto, ed i suoi occhi rifulsero quando
videro un ciondolo a forma di croce assicurato ad una catenella
scintillante.
"E' pesante da portare, Io ne so qualcosa...Ma quanto più saprai
accettarla, tanta più gioia saprà donarti, dolce Mylly..."
Le parole del prete suonarono come un augurio, anziché come un consiglio
da pastore, e la ragazza gli baciò con deferenza e profonda dolcezza la
mano tesa ad accarezzarle la guancia candida.
"Che scena commovente, reverendo Wolfwood..."
La voce stentorea e prepotente si fece strada sulla scena spezzandone la
purezza.
Proveniva da un nuovo venuto, un uomo alto e giovanile, agghindato con
una mantella rossa e fluttuante, con i capelli raccolti in una fluente
treccia nera.
Portava appesa al fianco una lunga katana custodita da un fodero
elegante, ed il suo apparire aveva imposto un innaturale silenzio sulla
scena.
La ragazza, Mylly si strinse protettivamente al corpo teso del reverendo,
che stava fissando a sua volta con sguardo rapace e calcolatore il nuovo
venuto.
Personalmente non avevo idea di quale posizione prendere.
Non ero armato, avevo lasciato la pistola di sopra...Decisi quindi di
attendere, era l'unica cosa ragionevole da fare...
"Quanto tempo, Moryia..."sibilò Wolfwood.
L'uomo con la katana a fianco restituì lo sguardo glaciale e si fece
avanti tra la gente.
Scorsi odio nei suoi occhi gelidi...Odio allo stato puro; e puntava tutto
al reverendo.


Sono stato sbattuto senza troppi complimenti in una cella fredda e
buia, probabilmente usate per i criminali dallo sceriffo cittadino.
Ad Inapril non c'era più bisogno di uno sceriffo, da quando il reverendo
Wolfwood aveva preso sotto la sua ala protettiva la comunità.
Ironico...Proprio un nemico misterioso del prete aveva scatenato un tale
putiferio da far scontare alla città il periodo di relativa pace di cui
aveva goduto fino ad ora.
Moryia...Non aveva detto che due o tre parole.
Il reverendo l'aveva guardato con pietà mista a compassione, dopo aver
ricambiato il glaciale abbraccio del suo sguardo.
Poi tutto era avvenuto fulmineamente:
Wolfwood aveva protetto Mylly con il suo corpo, mentre la spada del
guerriero si era abbattuta verso la gola della giovane- di certo Moryia
aveva inteso colpire il reverendo nell'affetto più caro che possedesse al
momento.
Wolfwood si era prodigato a far scudo del suo corpo alla ragazza urlante,
e la lama dello spadaccino mi era passata. lucente e fischiando, innanzi
agli occhi prima che potessi agire.
Il viso di Moryia era stravolto dalla furia della vendetta.
Non potevo restare a guardare mentre il sangue vermiglio del prete
fuoriusciva nel punto in cui la katana aveva raggiunto e penetrato le
carni- poco a di sotto della spalla sinistra, più su del cuore.
Gli occhi del reverendo si erano fatti vitrei, ma digrignando i denti era
comunque riuscito ad estrarre l'arma ed a spintonarla via, ferendosi la
mano.
Moryia era rimasto stupefatto dall'ardimento del rivale, ma si era di
nuovo scagliato con l'intento di infierire.
A quel punto, mi ero fatto coraggio ed ero uscito dall'improduttiva
immobilità che mi aveva stregato fino a quel momento.
Mi scagliai sul samurai rossovestito, urlando per infondermi coraggio.
Riuscii ad afferrarlo per un braccio, ma con eleganza ed una forza senza
paragoni riuscì a liberarsi per poi colpirmi di piatto sul ventre.
Da allora, non ricordo altro: vocii confusi e disperati, donne gettate per
terra da uomini vestiti di pelle nera che dovevano essere i crudeli
seguaci di quel vendicativo e folle samurai.
Ed ora, eccomi qui, lo stomaco dolorante, chiuso in una prigione umida e
fetida, senza prospettive, né idee.
Bel cacciatore di taglie, che sono...Jeremias Kaynn riderebbe di
me...Cosa aveva detto, quella volta? Un cacciatore deve vivere come se la
propria pistola fosse un'appendice di lui...Indissolubile, gemellata con
il braccio e la mano di cui doveva incarnare un'estensione naturale.
Povero me, Jeremias...Non ho mai ascoltato i tuoi consigli...Che
peccato...
Il reverendo? Cosa ne è stato? Lo rivedrò mai vivo? E la ragazza?
Curioso...In un momento di crisi che mi riguarda in prima persona, non
riesco che pensare agli altri...
Sento un fruscio sommesso innanzi alla cella.
Riesco a malapena a tenere aperti gli occhi, che con difficoltà si sono
abituati all'oscurità.
Un altro, strano fruscio.
"Chi è? Chi è là??", mormoro, più a me stesso che alle tenebre che mi
avvolgono.
Non ho forza nella voce. Ma quel fruscio, continua a ripetersi, ora con
maggiore forza.
"Chi c'è?", ripeto, con la voce rotta dalla sofferenza e la bocca
impastata che non riesce a dare contorni precisi alle parole pronunciate.
All'improvviso, un odore mi colpisce...Un odore pungente e rassicurante
di...No, è impossibile. Forse, sono già morto e la mia anima vaga sospesa
tra gli odori del paradiso ed i tormenti fisici dell'inferno.
Il fruscio ora è continuo, appartiene senz'altro ad una lunga veste che
tocca terra con smorzati sibili, e riesco ad udire lo scalpiccio di un
paio di stivali di cuoio che si fanno strada risolutamente all'interno
della prigione.
Una guardia? Una guardia che porta da mangiare...Forse.
Ma dubito che il cibo confezionato per un prigioniero di poca importanza
come me possa profumare tanto di...Ciambelle calde...
Saranno giorni, anzi, settimane che non metto in bocca una gradevole e
fragrante ciambella appena sfornata.
Forse sono impazzito, ed odo e vedo cose che non esistono.
Ma ora, i contorni di una figura alta e slanciata si fanno più vivi ai
miei occhi, che iniziano ad abituarsi al buio che mi sovrasta.
Gli stivali fanno sentire i loro rintocchi puntuali e precisi cozzando
contro il terreno ricco di umidità
Odo il fruscio della veste, ed il gemito gradevole del cuoio rinforzato
che si flette, quando sbattendo le palpebre sono sovrastato da un viso
sorridente e solare, che ha quasi il potere di illuminare l'oscura cella.
"Ciao, cacciatore...Ci rincontriamo in una situazione sfavorevole, eh?"
Lo riconosco, adesso...Il biondo pistolero dalla livrea rossa che quel
giorno mi salvò dall'aggressione di Karson!! Non poteva essere altri che
lui...Il suo viso era ben diverso da come lo ricordavo quel giorno...Era
vivace e sorridente, rassicurante.
Quel giorno, invece, era triste e disperato, sebbene avesse fatto
giustizia di un maledetto maiale come Karson.
"Rilassati, non cercare di parlare...Tieni, prova a bere qualcosa...Ti ho
portato anche da mangiare...CIAMBELLE!! Che buone, ammmmh!"
Con una mano mi teneva sollevata la testa, mentre con l'altra mi
imboccava come se fossi stato un poppante.
Aveva stampato sulla faccia un sorriso accattivante che non potevo non
ricambiare.
Quando ebbi mandato giù a forza un dolcissimo boccone di ciambella calda,
volsi lo sguardo all'uomo che mi stava praticamente salvando dalla
prigionia - né ero riuscito a capire come avesse fatto a penetrare nella
cella.
"Perché fai questo per me? Che cosa vuoi da me?"
L'uomo dall'abito rosso smise di sorridere e si fece serio d'un colpo:
"Voglio che tu viva...Nessuno qui dovrà morire...Se qualcuno morirà, a
causa di qualcun altro, mi arrabbierò...TANTO...".

CONTINUA ...

  
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