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Autore: keska    28/08/2009    42 recensioni
Tranquilli è a LIETO FINE!
«Perché… anche la pioggia, sai» singhiozzai «anche la pioggia tocca il mio corpo,
e scivola via, non lascia traccia… non… non lascia nessuna traccia. L’unico a lasciare una traccia sei stato tu Edward…
sono tua, sono solo tua e lo sono sempre stata…».

Fan fiction ANTI-JACOB!
E se Jacob, ricevuto l’invito di nozze non avesse avuto la stessa reazione? Se non fosse fuggito? Come si sarebbe comportato poi Edward?
Storia ambientata dopo Eclipse. Lupacchiotte, siete state avvisate, non uccidetemi poi…
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Eclipse, Breaking Dawn
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'CULLEN'S LOVE ' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Bella’s POV

Bella

 

Farsi cullare dalle braccia di Edward era stato stupendo, ma mi stupii il fatto che riuscissi a formulare pensieri piuttosto coerenti. E mi stupii di essermi stupita. Mi stavo svegliando.

A quel punto capii cosa fosse a tirarmi su verso la coscienza del letto caldo. Avevo un fastidio imprecisato all’addome che man mano, con la consapevolezza di essere sveglia, si faceva sempre più forte. Si irradiava dalla pancia alle gambe, dandomi la sensazione di uno strano e fastidioso formicolio.

Forse semplicemente mi era tornato il ciclo. Decisi di alzarmi e andai in bagno. Restai un po’ lì, seduta sul bordo fresco della vasca; sapevo che non sarei mai riuscita a riaddormentarmi subito. Ma il dolore aumentò, e allora capii che non aveva nulla a che fare con il mio ciclo - ancora inesistente.

Avrei dovuto chiamare Edward. Mi aveva lasciato il mio cellulare sul comodino e mi aveva assicurato che avrebbe tenuto il suo sempre acceso. E io avevo promesso di dirgli tutto, se lo fosse venuto a sapere da Alice poi sarebbe stato peggio. Gli nascondevo già abbastanza cose, come la nausea e i capogiri.

Tuttavia, quando finii di sciacquarmi il viso il dolore era scomparso. Sospirai sollevata. Non sarei comunque riuscita a dormire in quelle condizioni, così, come mi era stato suggerito da Rosalie, afferrai dal mobiletto sul lavandino il flacone di sonniferi, ne misi uno sulla mano e lo mandai giù, insieme all’acqua che avevo messo nel bicchiere che solitamente usavo per sciacquarmi i denti.

Mi ero un po’ pentita di aver lasciato andare Edward, ma sapevo che se non l’avessi fatto il giorno dopo non mi sarei mai potuta trasferire con lui a casa nostra.

Presi il tappo del flacone che avevo poggiato sul bordo del lavandino, ma quando feci per avvitarlo - un po’ perché ero ancora mezza addormentata, un po’ per la mia goffaggine che non si faceva sentire da tempo - si rovesciò da un lato. Tutte le compresse caddero sulla ceramica bianca umida del lavandino, bagnandosi ed iniziando a sciogliersi.

Sbuffai frustrata. Solo a me potevano capitare cose del genere. Quanto avrei voluto sentire nel mio orecchio le parole di Edward… che però non arrivarono. Perché ero stata così stupida da chiedergli di lasciarmi sola. Dannazione!

Ormai il danno era fatto. Aprii il getto dell’acqua facendo sciogliere completamente le compresse, poi presi il flacone vuoto, per buttarlo nel cestino della stanza di Edward. Sentivo la testa pesante e leggera insieme. Possibile che i sonniferi stessero già facendo effetto?

Andai in camera di Edward, verso il cestino, ma la testa cominciò a girarmi più veloce, e il dolore alla pancia comparve ancora. Ansavo e mi sentivo piuttosto stordita. Non era un malessere passeggero, avevo delle fitte distinte a un punto dell’addome. Non feci in tempo ad arrancare verso il cellulare, che la vista mi si appannò completamente e caddi svenuta sulla moquette.

 

Edward

 

Avevo lasciato tutti indietro, ero sfrecciato via non appena le immagini nella mente di Alice si erano diradate, pieno di angoscia e rabbia. Appena arrivai di fronte a casa, raggiunsi la finestra direttamente con un balzo, per entrare in camera mia.

Bella era esattamente come nella visione di Alice: pallida e priva di sensi. Mi fiondai immediatamente al suo fianco. Nonostante fosse proprio come nella sua visione, però, vederla dal vivo era molto più doloroso.

«Amore mio, amore mio, mi senti?» sussurrai afflitto ad un suo orecchio.

Con gesti veloci le sfiorai una guancia: era ancora calda. Anche il polso mi pareva regolare. Ma non si muoveva, non reagiva in alcun modo.

Dovevo aspettare Carlisle, ma se non fosse arrivato in tempo…! Ringhiai frustrato, scuotendo la testa. No, non poteva essere.

Controllai la boccetta di sonniferi. Sì, era quella, ed era vuota.

La portai al naso inspirandone l’odore e lo confortai con quello del sangue del mio angioletto.

Era lo stesso.

Rabbiosamente scaraventai lontano quell’oggetto inutile, rimproverandomi per la mia stoltezza, e presi la mia unica ragione di vita fra le braccia, scuotendola leggermente.

«Bella, Bella! Amore, ti prego, rispondimi» gemetti sofferente.

La sollevai fra le braccia, tirandomi su.

La testa e le membra ricaddero all’indietro senza vita, dando una pugnalata al mio cuore già morto.

Perché?! Perché l’aveva fatto?! E perché ero stato così stupido da lasciarmi convincere?!

Singhiozzai, baciando le labbra inanimate di quell’umana così fragile da avere il potere di togliermi la vita.

La sua vita era come acqua in quel momento. Acqua, che mi scivolava dalle mani.

 

Bella

 

Sentii freddo. In faccia. Freddo e dolore su una guancia. Voci, agitate. E acqua. Di nuovo voci. Ancora acqua. In bocca e sugli occhi. Un altro schiaffetto, la mia bocca si aprì e l’acqua entrò dentro impedendomi di respirare.

Aprii gli occhi, sporgendo automaticamente la testa e il busto in avanti e tossendo fuori l’acqua che era entrata nei polmoni. Ero sconvolta, non capivo cosa stesse accadendo. Tentai di orientarmi. Ero fra della braccia fredde e sotto la doccia che emetteva un getto altrettanto gelato. Smisi di tossire. C’era Edward. E anche Carlisle. Vedevo a frammenti i loro volti agitati e preoccupati.

«Si è svegliata!». Era la voce di Edward. Mi teneva lui in braccio e la sua camicia si era bagnata per lo stesso getto d’acqua che investiva il mio volto.

Mi ritrovai fuori dal box doccia. Che cosa stava accadendo? Perché erano tutti così agitati? La mia mente era annebbiata e pesante. Edward… dov’era lui?

Gemetti, distinguendo il suo odore e avvicinandomi con il naso al suo collo. «Edward» biascicai, in maniera quasi incomprensibile.

Le sue braccia si mossero scuotendomi. «Bella?! Amore, su, apri gli occhi!».

Un altro schiaffetto in viso. Infastidita e dolorante aprii gli occhi, scontrandomi con quelli angosciati di Edward. Acquisii maggiore razionalità, ma la testa ancora mi girava impedendomi di comprendere cosa stesse accadendo. «Edward» farfugliai ancora.

«Non ti preoccupare amore, ci sono io adesso» disse stringendomi disperato fra le sue braccia.

Distinsi Carlisle che con un’espressione concentrata in viso passò a Edward un bicchiere.

Perché stava succedendo tutto quello? Ricordavo solo… la testa… che mi girava… il dolore alla pancia… il buio. Ma cosa…?

Edward lo afferrò e me lo portò alle labbra. «Bevi amore, su, dai» mi esortò agitato.

Ero disorientata, non capivo, ma feci come mi diceva.

Dopo un sorso però mi piegai disgustata a vomitare nel water. Acqua e sale. Molto sale. Non capivo più nulla… Perché Edward mi aveva dato quella cosa?

Mi esortò a bere ancora.

Lo guardai confusa e sconvolta. Perché faceva così? Non aveva visto quello che mi aveva fatto?

La sua espressione divenne ancora più supplichevole e angosciata.

«Devi dargliene ancora» disse Carlisle, posandomi una mano ghiacciata sulla fronte.

«Ti prego Bella, bevi, starai meglio dopo, davvero» disse addolorato. «Te lo prometto, adesso bevi».

Non potevo non fidarmi di lui. Bevvi ancora, e inevitabilmente vomitai ancora. Due, tre volte.

«Basta» mi lamentai esausta cadendo con la testa sulla sua spalla.

«Portala di là, prova a farla stare in piedi» era ancora la voce di Carlisle.

Ero molto più lucida ora, e la lucidità mi portava la confusione per gli avvenimenti che si stavano susseguendo. Non capivo i loro comportamenti, non capivo la loro agitazione, non capivo perché mi avessero fatto vomitare…

Edward mi prese per i fianchi e mi tirò su. In un primo momento incespicai sui miei piedi malfermi, ma poi mi feci trascinare nella sua stanza.

Carlisle era a un lato del letto, e trafficava con una bacinella vuota. «Esme, soluzione fisiologica a 38 gradi» distinsi sulle sue labbra.

Alice era appollaiata su una sedia. Le lanciai un’occhiata confusa.

«Edward» mormorai con più decisione.

Lui mi stava trascinando da un lato all’altro della stanza, tenendomi un braccio intorno ai fianchi.

«Falla camminare» disse Alice, dondolandosi sulla sedia con gli occhi vacui. «Non farla addormentare». Non la smetteva di oscillare avanti e indietro, probabilmente tentando di concentrarsi.

«Lo so Alice» ribattè lui secco e rabbioso.

«Edward» lo chiamai ancora.

Lui si voltò si scatto verso di me. «Non ti preoccupare amore, ci sono io adesso, cammina, non addormentarti» disse ansioso spingendomi verso l’altro lato della stanza.

«Che…» fissai il pavimento, disorientata. Deglutii «che succede?» dissi mettendo nuovamente i miei occhi nei suoi.

Nelle sue iridi dorate passò un attimo un lampo scuro, poi si riprese. «Non è nulla, cammina… vieni» disse tirandomi ancora.

Ansimai. Cosa stava accadendo? «Edward… ti prego dimmi… dimmi cosa succede…».

Lui non parlava e continuava a camminare, portandomi con sé.

Carlisle, che per un attimo era scomparso, comparve con una bacinella colma d’acqua «Edward devi…».

«Devi controllare che non sia ipotermica. Asciugale i capelli sta tremando» concluse Alice con lo stesso tono del padre.

«Alice!» esclamò Edward agitato e arrabbiato, «devi vedere più lontano!».

In quell’istante capii cosa stesse facendo, stava cercando di leggere il mio futuro. Alice sobbalzò, scomparve in due istanti e ricomparve accanto a noi con un asciugamano. Alla stessa velocità si mise ancora nella stessa posizione di prima, ricominciando a dondolarsi con gli occhi vacui.

Edward prese l’asciugamano e me lo strofinò sui capelli.

Io non capivo nulla, mi facevo tenere in piedi da lui e facevo quello che mi diceva, ma non capivo, non capivo! Sentii ancora il formicolio fastidioso alla pancia.

Edward mi mise una mano ghiacciata sulla fronte. «35 e 5 circa…» disse a Carlisle.

Lui comparve dinanzi a me, scrutandomi, aumentando il mio senso di disorientamento ed angoscia.

Tutto avveniva così velocemente, e io mi sentivo sempre più disorientata. Non capivo cosa stesse accadendo, erano tutti così nervosi, agitati. Mi portai una mano alla testa. Appena provavo a concentrarmi su una cosa ne facevano un’altra, troppo velocemente. Gemetti frustrata.

Carlisle mi passava le mani sulla fronte, sui polsi, mi guardava… non capivo più nulla. Mi faceva male la pancia e non volevo stare ancora in piedi.

«Edward» mi lamentai, «fammi sedere».

Lui non mi ascoltò e continuò a trascinarmi per la stanza, parlando velocemente con Carlisle rispondendo a delle sue domande mute. Alice oscillava, Edward camminava, Carlisle ci seguiva, mi girava la testa, mi faceva male la pancia, non capivo più nulla, parlavano veloci, camminavano veloci, si muovevano veloci.

«Basta!» esclamai decisa, nonostante il mio tremore, piantandomi con i piedi a terra. Ignorai ogni malessere.

Tutti si bloccarono. Anche Alice, che concentrò le sue iridi dorate su di me.

«Cosa sta succedendo?!» chiesi perentoria, portandomi una mano al petto per bloccare il respiro angosciato.

«Devi dirglielo» disse asciutta Alice, rivolta a Edward.

In un istante mi prese fra le braccia, stringendomi a sé con possessione. «Non sai niente di quello che devo fare» replicò furente, ringhiando.

«Edward, devi dirglielo» disse anche Carlisle, serio.

Spalancò gli occhi, finalmente dorati. Scosse il capo. «No, no» si lamentò a denti stretti. Poi si voltò a fissarlo «che differenza fa?! Tanto ora non è lucida, sarà peggio quando lo ricorderà!».

Lucida?! Ricordare?! «Edward!» esclamai, defilandomi dalla sua presa e reggendomi sulle gambe malferme. «Dimmi che sta succedendo!» dissi affitta.

Lui mi fissò afflitto e disperato. «Hai preso i sonniferi» sussurrò «Tutti».

Mi bloccai, sbarrando gli occhi. I sonniferi… tutti. Tutti? Tutti i sonniferi? Avevo preso tutti i sonniferi?!

«Emmett, Jasper» disse Alice, ricominciando ad oscillare. Notai con la coda dell’occhio la figura di Carlisle scomparire. Edward mi strinse a sé.

Tutti i sonniferi… No. Non era andata così, no! I sonniferi… erano… il flacone… il lavandino. I sonniferi erano caduti nel lavandino!

«Portala sul letto» disse Carlisle comparendo nuovamente nella stanza.

«No!» urlai.

Edward mi sollevò di peso. Scalciai inutilmente. «No, Edward, no, ti stai sbagliando!» urlai ancora.

Lui mi poggiò sul materasso, tenendomi ferma. «Ti sembra abbastanza lucida?» chiese agitato a Carlisle, indicando un oggetto nero che teneva in mano.

«Si, ma se non collabora potremmo fare ben poco» disse lui alzandosi e prendendo qualcosa dalla sua borsa.

«Edward, aspetta, non è come credi tu! Non è successo quello che dici tu!» esclamai ancora, supplichevole, tentando di evadere dalla sua resa ferrea.

Lui mi accarezzò frenetico i capelli ancora umidi. «Shh amore, non ti preoccupare, ora ci sono io qui».

Carlisle si avvicinò con una siringa.

«No!» urlai dimenandomi e scoppiando in lacrime. «No Edward, no!».

Lui mi tenne ferma, mentre Carlisle mi sollevava la manica del pigiama.

«No! Fermi!» piansi, disperata. «Edward!».

Mi bloccò il braccio, con un’espressione afflitta e addolorata.

Singhiozzai amaramente. Poi mi ricordai di una cosa, un’ultima cosa, un’ultima speranza. «Sì, mi fido. Non mettere mai in dubbio la fiducia che ripongo in te, amore» piansi, ricordandogli le sue stesse parole. «È questo che mi hai detto Edward, non te lo ricordi più?! Non ti fidi più di me?!» dissi fra i singhiozzi.

Sentii Edward irrigidirsi e comprendere finalmente che ero molto più lucida di quanto non pensasse. «Carlisle!» esclamò in un fiato, bloccandolo con un gesto della mano.

Singhiozzai ancora, facendo scendere abbondanti lacrime dai miei occhi e tentando di concentrarmi nonostante il dolore alla pancia. «Non li ho presi» singhiozzai «non li ho presi tutti… solo uno… io… mi sono caduti… sono solo caduti…».

Edward mi sollevò dalle braccia, mettendomi seduta sul materasso e guardandomi negli occhi. «Dove?».

«In bagno… nel lavandino» mormorai gemendo.

«Dice la verità» disse Alice sorpresa, scomparendo e ricomparendo nella stanza.

Edward sospirò, come svuotato del terrore che fino a quel momento l’aveva preso. Il terrore che sua moglie non volesse più vivere. Poi mi abbracciò, prima lentamente, poi con forza, accarezzandomi con gesti agitati e baciandomi la fronte. Sentivo dai suoi fremiti che avrebbe tanto voluto piangere. Mi cullò fra le sue braccia, cullando me e sé stesso insieme. «Scusami» sussurrò pianissimo al mio orecchio.

Lo strinsi forte a me. «Non volevo farti preoccupare» mormorai poi «Io… ti stavo per chiamare… davvero».

«Che cosa è successo?» mi chiese prendendomi il volto in una mano e fissandomi negli occhi.

Poggiai la testa sulla sua spalla, esausta, stringendomi le braccia sulla pancia dolorante. «Mi sono svegliata» dissi riportando alla memoria quello che era accaduto «ho preso un sonnifero e… mi faceva male la pancia… molto male… mi girava la testa e poi tutto è diventato buio».

Carlisle mi accarezzò una guancia, e potevo vedere dai cuoi occhi che, nonostante tutto, era molto più sereno e controllato di prima. «Ti fa ancora male?» mi chiese osservando le braccia strette all’addome.

Annuii. «Sì, un po’».

Alice si avvicinò a noi abbracciandomi goffamente, perché Edward mi teneva ancora stretta a sé, per nulla intenzionato a lasciarmi andare. «Mi dispiace così tanto, davvero. Ero convinta che tutto sarebbe andato bene» disse afflitta.

Sentii una fitta più forte alla pancia e serrai gli occhi, gemendo fra i denti.

Subito Alice si staccò da me, mentre Edward mi baciò la fronte, tentando di confortarmi. «Dobbiamo portarla in ospedale» disse poi rivolgendosi a Carlisle.

M’irrigidii, spaventata. «No» fremetti «vi prego» pigolai tremando.

«Bella. Ha ragione Edward, c’è qualcosa che non va, lo vedi anche tu» tentò di convincermi Carlisle.

«No… no… vi prego… non sono pronta, non ce la faccio, non ci voglio anda-» le parole mi morirono in gola. Ero sopraffatta da un’altra fitta.

Carlisle sospirò. «Calmati» disse accarezzandomi i capelli. «Cosa vedi?» chiese ad Alice.

«Non lo so» disse lei, persa nelle sue visioni. «La vedo vampira… ma… Non riesco a vedere più vicino. Ci sono decisioni da prendere. Mi dispiace» aggiunse afflitta «non voglio che decidiate sulla base delle mie visioni. Non ancora».

«Alice…» pigolai. Le volevo dire che non era colpa sua, che non poteva prevedere sempre tutto. Ma mi sentivo molto debole e dolorante.

Carlisle mi guardò con razionalità e serietà. «Posso intento visitarti ed escludere qualcosa di più grave, va bene?» disse tendendomi una mano.

Non appena l’ennesima fitta passò, annuii, prendendo la sua mano e stendendomi sul letto.

«Mi sapresti dire di preciso dove senti dolore?» mi chiese Carlisle.

Scossi il capo, stringendo con maggior forza la mano di Edward. «No… è… non lo so… non capisco… solo quando sento più dolore…».

«Senti come delle fitte?».

«Sì, ma… solo a volte. Sento sempre un fastidio, come un formicolio alla pancia» sussurrai.

Lui annuì, poi prese a tastarmi l’addome. Io mi voltai verso Edward, perdendomi nel suo sguardo color oro, preoccupato ma allo stesso tempo rassicurante.

«Senti più dolore se faccio così?» mi chiese Carlisle tastandomi su un lato.

Scossi il capo in segno di diniego.

Lui ricominciò a tastarmi, poi lo vidi scambiarsi un’occhiata con Edward, che negò velocemente con la testa. «Alice, puoi andare a chiamare Rosalie?».

Quando Carlisle terminò il suo esame tornai fra le braccia di Edward. «Ti fa ancora male?».

«Sì, ma meno di prima» mormorai contro la camicia bagnata di Edward. Respirai a pieni polmoni il suo odore, che riusciva a calmarmi come il migliore degli psicofarmaci. Lui mi strinse a sé, cullandomi piano.

«Bella» disse Rosalie entrando in camera «sta meglio?» chiese poi a Carlisle.

Lui si sollevò dal bordo del letto, su cui era seduto, e le andò incontro uscendo dalla stanza insieme a lei.

Sentivo ancora quella strana tensione alla pancia e alle gambe, ma non era nulla di insopportabile. «Mi dispiace molto» sussurrai arrossendo, rivolta a Edward «che tu ti sia preoccupato così tanto».

Lui mi accarezzò una guancia. «Dispiace a me di aver tratto una conclusione così affrettata» fece addolorato, distogliendo lo sguardo «Ti ho visto nella visione di Alice, così pallida, svenuta a terra, e poi la boccetta di sonniferi vuota» scosse la testa, scacciando i brutti pensieri.

Gli posai una mano sulla guancia, seria, desiderosa come non mai di rassicurarlo. «Mi dispiace di averti dato modo di pensare, con il mio comportamento, che avrei potuto fare qualcosa di così estremo. Lo so, sai» abbassai il capo con un sorriso stanco «che devi controllare ogni tuo gesto, ogni tua parola per paura di ferirmi. Volevo solo che tutto questo finisse. Non avercela con Alice».

Distolse lo sguardo, come se il ricordo della sua visione fosse ancora troppo doloroso. Sospirò. «Adesso occupiamoci di te; hai ancora dolore?».

Scossi il capo. «No, lo giuro. È solo un piccolo formicolio». Corsi con i pensieri a Carlisle e Rosalie. «Carlisle sa cos’ho?».

Edward scosse il capo. «Purtroppo no. Sospetta qualcosa e sta chiedendo conferma a Rosalie. È un medico vampiro con 300 anni di esperienza, ma non alcun super potere. Per una diagnosi ci vorrebbe almeno un’ecografia».

Arrossii. «Pensa» mormorai, mordicchiandomi il labbro «pensa che io abbia una sorta d’infezione?».

Edward mi sorrise con gentilezza, accarezzandomi le guance rosse. «Qualcosa del genere».

Carlisle rientrò in camera insieme a Rosalie e si sedette nuovamente sul bordo del letto con un’espressione concentrata, per poi sorridermi confortante. «Mi puoi dire con precisione i sintomi che hai avuto negli ultimi giorni?».

Annuii, stanca, e con l’ausilio di Edward e Rosalie mi misi a raccontare, senza particolari reticenze. «La nausea… quasi sempre. La testa mi gira ogni tanto invece… quando mi alzo velocemente o mi giro di scatto… mi credo sia normale. E poi… non so… non mi viene in mente nient’altro, a parte il dolore alla pancia…».

Rosalie dovette notare le mie palpebre che tendevano sempre più ad abbassarsi. «Sono le quattro di notte, devi avere sonno».

Sbadigliai. «Sì, ma non credo che riuscirò a dormire» confessai, agitata. «Però» aggiunsi, torcendomi le mani in grembo «se possibile non vorrei prendere altri sonniferi. Non stasera, per favore».

Edward lanciò un’occhiata a Carlisle. «Potrebbe essere un effetto collaterale? Dei calmanti?».

Lui sollevò le sopracciglia, perplesso. «Ti è mai capitato qualcosa di simile?» chiese rivolgendosi a me.

Ripensai alla mia vasta esperienza con i farmaci, ma non ricordai altri episodi del genere. Prendevo dei sonniferi a volte - molto raramente - ma non mi avevano portato alcun effetto nocivo. Anche se…

«Quando ero bambina… avevo più o meno… otto anni… mia madre dovette portarmi in ospedale a causa degli effetti collaterali di alcuni farmaci, ma non ricordo quali fossero» mormorai concitata.

«È davvero poco probabile» disse Carlisle con un’espressione pensierosa «comunque, ricordi per caso il componente di quei farmaci che ti causò questa crisi?».

Sospira afflitta. Mia madre me l’aveva detto ma… forse avrei dovuto chiamarla… «No, forse» biascicai, mordicchiandomi il labbro «non lo so, forse cominciava con la B». Mi portai una mano alla testa, frustrata, tentando in qualche modo di ricordare.

Edward nel frattempo prese la coperta che gli aveva passato Rose e me l’avvolse intorno. Poi si tolse la camicia bagnata e si mise una maglietta asciutta, rimettendomi sul suo petto.

«Non mi ricordo» sbottai infine abbattuta. Subito sentii un’altra fitta all’addome e dovetti serrare i denti per soffocare un gemito.

Carlisle mi accarezzò un braccio.

Sospirai, era già passato, con la stessa velocità con cui era comparso.

«Bella» mi disse lui con un sorriso «cerca di stare tranquilla. Sai cosa possiamo fare? Adesso ti do il foglio illustrativo, leggi i nomi dei componenti e vedi se ti viene in mente qualcosa» concluse con una carezza rassicurante sulla guancia. Sapevo che la prossima mossa sarebbe stata insistere per andare in ospedale. Vedevo già le occhiate che si scambiava con mio marito.

Annuii, nervosa.

«Vado a prenderlo» disse lui scomparendo dalla mia vista.

Edward, notando il mio tremore, mi fece stendere sul letto, avvolta nella coperta, invitando a rilassarmi. Mi accoccolai in posizione fetale, chiudendo gli occhi. Lui mi strofinò con dolcezza una mano dietro la schiena, rassicurandomi.

«Ti prego, non voglio andare» iniziai a supplicarlo.

Mi portò un dito sulle labbra. «Lo so. Vogliamo solo che tu stia bene».

Presi un respiro tremante. Sapevo che non ci sarebbe stato niente di utile su quel foglietto. Sapevo che avevano bisogno di quella dannata ecografia per capire cosa stesse accadendo. Ma lo volevo davvero sapere? «Verrai con me? Lo affronteremo insieme?» domandai, tentando di farmi forza nonostante la mia voce tremante.

Mi carezzò i capelli, baciandomi la fronte. «Come tutto, mia piccola, fragile e forte umana».

Passò poco tempo che Carlisle tornò con un foglietto fra le mani. «Non metterti fretta» disse porgendomelo.

Io lo afferrai con una mano tremante e mi stropicciai gli occhi, stanchi e secchi. Cosa mai avrei potuto trovare che mi salvasse?

Edward accese la luce dell’abat-jour e io cominciai a scorrere con gli occhi, arrendevole, sulle scritte piccole e leggere. “Casa Farmaceutica, Principio attivo, Modo e Dosi d’uso…”.

Improvvisamente mi bloccai, gli occhi sgranati e la bocca aperta. Il cuore arrestò il suo cammino così come la mia respirazione. Il sangue defluì completamente dalle guance, lasciandomi fredda, pallida e shockata.

Non era possibile.

Non era possibile.

Eppure, c’era una sola spiegazione. Eppure, tutto quadrava.

Quella, era la soluzione.

Non usare in caso di gravidanza o allattamento”.

…caso di gravidanza o allattamento…

…gravidanza o allattamento…

gravidanza

 

   
 
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