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Autore: La_Spynn    18/05/2005    4 recensioni
Ho sempre adorato questo gioco e finalmente riesco a scrivere una fic che lo riguardi! Immaginatevi una storia parallela all'avventura d Sora, Pippo e Paperino. E se chiudere il Kingdom Hearts non bastasse, da solo, a sconfiggere l'oscurità? E lo si potesse serrare per sempre (fino a KH2, almeno...) solo con un misterioso Sigillo, perso da secoli? Beh, spero vi piaccia!
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Sigillo

Il Sigillo

TA- DAAAM! Rieccomi qui, dopo secoli di assenza, chiedo scusa!

Adesso però devo chiedervi un favore o, meglio, un consiglio:

dato che io adoro tutti i personaggi di FF (Tranne qualche eccezione… Scarlet ti ODIO!)

non riesco mai a decidermi su quali utilizzare nella mia storia quindi… vi prego…

CONSIGLIATEMI!

Altrimenti ci metterò 8 anni prima di scegliere il prossimo ^.^

Grazie, grazie, grazie

Ah, dimenticavo, nella mia fic i ragazzi di FF non vengono dall’Hollow Bastion, ma dai rispettivi

Mondi di FF… immaginate che, dopo le varie avventure si siano trovati con i mondi distrutti…

 

Cuore a Metà Traverse Town

Aprì un occhio, sentendosi stranamente esausto. Era in una stanza completamente verde, le pareti, i mobili, i soprammobili, il letto su cui era disteso… controllò con un misto di apprensione di non essere diventato lui stesso verde. No, tutto normale. La sua mano destra era proprio come la ricordava, le lunghe dita abituate a stringere la spada, le unghie un po’ mangiucchiate, era un suo vecchio vizio, benché ora stesse cercando di smettere, e la piccola cicatrice sull’indice destro, causatagli durante un allenamento da un compagno. Era assurdo, in fondo, lui era stato in guerra tante volte e quasi mai lo avevano anche solo graffiato, mentre quel piccolo taglietto era rimasto, come perenne ricordo, un segno bianco sulla carnagione pallida.

Si alzò a sedere, sentendosi strano. La testa gli girava, un dolore all’altezza del cuore, come se gli avessero aperto il petto per poi richiuderlo, proprio prima che si svegliasse. Ma era una cosa assurda. Lo era, vero?

La porta – verde – si aprì di botto e nella stanza entro un uomo… uomo? No, quello tutto poteva essere tranne che un uomo. Il ragazzo spalancò gli occhi, passandosi una mano tra i capelli. Ma dove era finito, in uno di quei racconti per bambini?

L’essere si avvicinò con passi impettiti. Che fosse un Moguri? No, impossibile, gli mancava il famoso pon- pon sul capo e poi dubitava seriamente che i Moguri potessero raggiungere dimensioni simili. E poi assomigliava di più ad un… topo. Beh, non era carino da dire, ma quello era stato il suo primo pensiero. Un topo gigante, vestito di giallo e con una lancia in mano. Se poi era un maschio. Magari era unA topA. Sarebbe stato piuttosto imbarazzante. Si voltò verso di lui, sbattendo le palpebre, come se non credesse a ciò che aveva appena visto. Come se pensasse che lui fosse solo un fantasma.

- Allora non sei morto – commentò poi. Era un maschio, lo capiva dal tono della voce. Si avvicinò muovendo la coda con grazia. Cavolo, era assurdo. – Ehi, per caso il gatto ti ha mangiato la lingua? – domandò, vagamente offeso.

- N… no… - balbettò. Solo allora si accorse del dolore sordo che gli attanagliava il braccio dal gomito in giù. Sembra assurdo pensare che lui non si fosse accorto che il braccio gli faceva male, ma era proprio così. Un dolore sordo e regolare, un lento pulsare. Spostò lo sguardo sul lato sinistro del suo corpo. E per un pelo non ci rimase secco. Per caso, mentre dormiva, era finito in mano ad un tatuatore pazzo? Dall’avambraccio in giù il braccio era coperto da una spirale nera e concentrica, proprio in corrispondenza delle zone di pelle che gli causavano dolore. – Cos… cos’è successo? – continuò, muovendo la mano. Era tutto normale, come se non fosse cambiato nulla. Come se la sua pelle non fosse deturpata da quelle strane strisce nere.

Il Topo gli si avvicinò, le unghie di cui i piedi, se poi piedi erano, che ticchettavano leggermente ogni volta che si posavano sul pavimento verde. Mosse il naso, come se stesse annusando l’aria, per scoprire se stesse mentendo e se il suo stupore fosse sincero.

- Ti ha portato qui il Re di un posto con un nome strano… un castello o qualcosa di simile… ha detto che ti ha salvato per un pelo dall’Oscurità che stava per rubare anche il tuo cuore… sinceramente non so di cosa stesse parlando. Adesso è uscito a fare un giro per la città, ma tra poco dovrebbe tornare – annuì, muovendo la coda ad ogni parola.

Re? Città? Da dove veniva lui? Si prese la testa tra le mani. Era quella la sua città? No… lui era nato in un paese… un villaggio… poi era successo qualcosa… cosa? Perché non riusciva a ricordare? – Che… che città…? – mormorò, mentre cercava di ricordare. Magari quel semplice nome pronunciato da quella strana creatura avrebbe riacceso la sua memoria.

- La Città di Mezzo, o Traverse Town. Il porto dei mondi. Ogni volta che uno di essi viene distrutto, i pochi abitanti che si salvano vengono trasportati qui… anche il mio mondo ha subito questa sorte… - scosse il capo, sistemandosi il capello piumato – Qual è il tuo mondo, ragazzo? Oh, giusto, e qual è il tuo nome? –

- Io… - nome? Qual era il suo nome? Ma, soprattutto, perché non lo ricordava? – Non… temo di non… -

- Ricordarlo? – sospirò tristemente – So cosa si prova. Quando ancora vivevo nel mio mondo accadde anche a me una cosa molto simile… e proprio grazie alla sua distruzione e al mio successivo trasporto qui… sono riuscito a ricordare tutto… troppo tardi… -

- Quindi potrei anch’io ricordare qualcosa? – domandò lui, speranzoso. Era una cosa terribile non avere ricordi del suo passato, non sapere da dove veniva, non conoscere neppure il volto dei suoi genitori o delle persone a lui care…

- Non lo so. La perdita della memoria è una conseguenza possibile dei viaggi tra i mondi senza navi appropriate… - spiegò lui. – Comunque io sono Flatrey l’Intrepido, un Draghiere di Burmecia, dal pianeta ormai distrutto di Gaya –

- Gaya… non ho mai sentito questo nome… -

- Certo, normalmente non ci sono collegamenti tra i mondi. Ognuno pensa che il proprio mondo o pianeta sia l’unico. Solo pochi sapienti sanno la verità, che i mondi sono moltissimi e che il loro destino è sempre collegato… - si allontanò, dirigendosi verso la porta verde.

- Dove vai? – chiese lui, drizzando la schiena e cercando di scendere dal letto. – Non mi lasciare solo… -

L’Intrepido sorrise, con una vena di tristezza. – Non temere, questo è un luogo sicuro e tu devi riposare, giovane senza nome. – si portò un dito al capello, in segno di saluto, per poi uscire dalla stanza verde. Lasciandolo solo.

 

Era sdraiato su un prato verde, i fiori lo circondavano spandendo il loro fresco profumo, i fili d’erba gli carezzavano il volto, e sembravano danzare seguendo la danza del vento. Era un bambino e accanto a lui sentiva la presenza di altri bambini… parlavano, anche lui parlava, ma non riusciva a capire una parola, come se stessero facendo discorsi insensati… uno improvvisamente si alzò, guardando verso un cumulo di graziose casette, qualcosa gli diceva che quello era il luogo che un tempo chiamava casa… vide una luce, lontana. Sentì gli alti bambini urlare, indicandola… vedeva le loro labbra muoversi, stavano ripetendo la stessa cosa tutti quanti… “Il… Reattore”? Cos’era un… reattore? Poi l’esplosione… che ruppe quel silenzio irreale… l’oscurità che lo circondava… mille mani di piccole creature dagli occhi gialli, simili ad insetti, che lo trascinavano verso il basso… un peso sul petto, un’esplosione di dolore che gli fermava i battiti del cuore… ora era di nuovo un giovane uomo… ma non poteva fare nulla, la sua forza non bastava a farlo fuggire, a divincolarsi dall’indesiderato abbraccio di quelle creaturine… Quanto durò quel dolore? Anni? Secondi? Mesi? Ore? Non lo avrebbe saputo dire, ma fu forte e terribile, non c’era zona del suo corpo che non gli dolesse, immerso in quel mare oscuro… Poi aveva sentito una voce… a chi apparteneva? Non abbandonate la speranza… la speranza è una timida luce, ma è pur sempre luce… un raggio di caldo sole gli accarezzò il volto… era fuori? No… l’oscurità si stava ritirando, ma quelle creaturine dagli occhi gialli gli stavano ancora intorno, come mosche su di un cadavere…

Portava un mantello, l’uomo che lo salvò, stringeva nella mano una chiave… una grande e strana chiave… dietro a lui una luce forte, simile a quella del sole… chi era? Li distrusse subito, uno dopo l’altro, poi gli mise una mano sul petto, che tanto gli doleva… sentì una strana energia circolargli nelle vene… aveva usato una magia… un’Energiga, probabilmente… una forte luce… e poi più nulla…

 

- Sveglia! Ragazzo senza nome, sveglia!- una voce giovane ed un po’ infantile lo svegliò. Aprì gli occhi, ancora assonnato, e vide davanti a lei una ragazzina sui quindici anni dai grandi occhioni castani e dolci, vestita… beh, molto poco vestita. Se solo avesse avuto qualche anno in più… - Ehilà! Avanti, nella Sala Rossa c’è il tipo che ti ha salvato che vuole vederti! R-A-G-A-Z-Z-O! – gli tolse la coperta di dosso, continuando ad urlare come una pazza.

- Che… che cosa…? –mormorò lui, ancora confuso per il sogno appena fatto. – Chi saresti, tu? –

- Yuffie, la più grande ninja che sia mai vissuta a Traverse Town… - poi inclinò il capo, sbattendo le palpebre – Pensandoci bene sono anche l’unica ninja mai vissuta a Traverse Town… oh beh, non importa, vero? –

Lui la guardò, stupito e un po’ incredulo nel vedere quella strana ragazzina. Però era piacevole, anche se sapeva appena il suo nome, stare in sua compagnia, lo rassicurava e lo rasserenava.

- Chi c’è nella Sala… Grossa? – domandò il ragazzo, alzandosi a sedere, mentre Yuffie saltellava per la stanza, spalancando la finestra e facendo entrare la fresca aria mattutina nella stanza.

- Rossa, la Sala Rossa, avanti, alzati, che aspetti? – poggiò una mano sulla cintura, a cui era assicurata una ben strana arma, simile ad una stella di metallo dalle cinque punte acuminate.  Notando il suo sguardo incuriosito la giovane sorrise, con aria orgogliosa – Shuriken. L’arma dei veri Ninja. Magari, se fai il bravo, ti insegnerò una qualche mossa da vero guerriero. Sai sono la figlia del miglior Samurai del mio vecchio mondo… era un vecchio bacucco, ma era bravo con le armi… - una luce triste cominciò a brillare nei suoi occhi nocciola, fino a poco prima così spensierati e allegri. – Ma perché parlare di queste cose? Beh, dobbiamo trovarti un nome, Ragazzo Senza Nome non è molto carino, no? Poi, se per caso ti ricorderai il tuo nome, quello vero, cominceremo a chiamarti così… d’accordo? - 

Il giovane la guardò, interdetto, per qualche attimo. Poi annuì, non troppo convinto, alzandosi in piedi. Indossava abiti strani, che sentiva non suoi. Una camicia bianca e un paio di pantaloni neri. Anonimi. A lui era sempre piaciuto passare inosservato… ma così era troppo. Scorse un paio di scarpe poste accanto al letto e se le infilò in fretta.

- Bene… allora, che ne pensi di Aaron? –

- Aaron…? – ripeté lui, in tono ben poco favorevole.

- Luke? –

- Luke? –

- Uffa, ma quanto sei difficile! – esclamò, increspando le labbra, annoiata – Che ne dici di Vincent? Era un mio vecchio amico e compagno di avventure! Oppure Cloud? Non so che fine abbiano fatto… però magari farebbe loro piacere sapere che qualcuno ha preso il loro nome… -

- No… non penso sia il caso… - mormorò. Aveva già sentito quei nomi. Non sapeva dove… ma avevano qualcosa di famigliare… - Magari Flatrey me ne saprà suggerire uno… -

- D’accordo, ragazzo senza nome, andiamo! – esclamò la piccola ninja, aprendo la porta che dalla stanza portava al corridoio.

 

Ebbero appena tempo di uscire che tante piccole chiazze d’ombra li circondarono. Yuffie lanciò un piccolo urlo, sfoderando lo Shuriken. Dalle ombre comparvero… erano loro! Quei mostri del sogno… indietreggiò, schiacciandosi contro il muro. Erano molti e si vergognava un po’ a far combattere solo la ragazza, che comunque se la cavava molto bene. Schivava e attaccava con grazia, eliminando molti di quelle creaturine. Uno spalancò gli occhi, incontrando quelli del giovane. Occhi gialli, vuoti. Strani. Mosse un passo verso di lui, un altro, come se lui avesse qualcosa che quello desiderasse e che volesse ottenere a tutti i costi… allungò un artiglio verso di lui, con lentezza. Sapeva che non avrebbe potuto fare nulla, scappare o combattere. Quasi dal nulla spuntò una lunga lancia la cui lama aveva il colore del cielo all’alba, simile ad acqua eppure affilata come un rasoio. Colpì il mostro ombroso, che con un urlò scomparve. Flatrey comparve, stringendo l’asta della lancia e cominciando a combattere a fianco di Yuffie.

Combattevano insieme e, in poco tempo, riuscirono a sconfiggerli definitivamente. O così lui credeva.

- Andiamo, ragazzo, tra poco ne arriveranno altri! – esclamò l’Intrepido, muovendo pochi rapidi passi lungo il corridoio ed entrando in una camera dalla porta rossa. Yuffie sorrise e insieme entrarono.

In quel momento il giovane capì perché chiamavano quella camera la “Stanza Rossa”.

Letto rosso, imposte rosse, vetri rossi, tappeti rossi, muri rossi, porta rossa… e, dritto al centro della piccola camera, una figura incappucciata. Non si stupì nel notare che non gli arrivava neppure ai fianchi e che, poggiato al muro, si trovava una strana arma. A forma di chiave.

- Noi andiamo… torniamo tra poco. Arrivederci ragazzo senza nome! – fece in tono severo il Draghiere di Burmecia, uscendo, subito seguito dalla giovane ninja. Avrebbe voluto chiedere loro di restare, di non abbandonarlo solo in quel luogo con il suo salvatore che neppure conosceva. Ma non aprì bocca. Come se temesse di rompere il silenzio quasi magico che si era creato. Si ritrovò solo nella camera tinta di rosso.

- Voi… voi siete la persona che mi ha salvato? – domandò, cercando di cancellare quell’opprimente silenzio. Forse sapeva qualcosa di lui, del suo passato o anche solo il suo nome.

- Esatto – Aveva una voce strana, esile e bizzarra, ma allo stesso tempo lontana. Si avvertiva un eco di antica saggezza. – L’Oscurità è diventata molto potente, ma cerco comunque di salvare chi posso dalla sua morsa. Il tuo mondo è stato divorato, molti sono morti, trasformati in Heartless… -

- Heartless? – chiese lui, senza capire.

- Quelli stessi mostri che ti hanno attaccato nel corridoio… dicevo… prendono il nome di Heartless poiché sono privi di cuore… gli uomini e le altre creature della luce possiedono un cuore che batte… gli Heartless no, invece… ne sono stati privati. E, chiunque venga ucciso da queste creature d’ombra, segue la loro sorte, trasformandosi e perdendo il cuore… per questo sono in tanti –

- Non capisco… che cosa c’entra questo, con me? – domandò, sbattendo le palpebre, incuriosito.

- Vedi, come ho detto gli Heartless rubano il cuore alle loro vittime… se non si interviene in tempo. Mostrami la tua mano – La mano striata di nero. La mano che gli pulsava dolorosamente. – Ecco… temo di non essere arrivato in tempo, nel tuo caso… –

- Co… come? –

- Io… ho in parte fallito nel mio intento… sei ancora vivo, ma… -

- Mi hanno rubato il cuore? – esclamò lui, sedendosi sul letto, perché ne era certo, tra poco le sue gambe si sarebbero messe a tremare e sarebbe rumorosamente caduto a terra.

- No. In parte. -

- In… parte? –

L’uomo incappucciato sospirò. – Non serve girarci intorno. Io non posso e non devo perdere tempo. E ho bisogno del tuo aiuto. Ti hanno preso metà del cuore. –

- Che cosa? –

- Esatto. Vedi, non è semplice da spiegare e mi sono molto stupito di vedere che sei ancora… vivo. –

- Non… non capisco… -

- In effetti è piuttosto complicato… la sola parte di cuore che ti rimane non potrà andare avanti da sola per troppo tempo… è attratta dall’oscurità, stanca e sa che solo raggiungendola potrà trovare riposo… abbiamo calcolato che in tre mesi anche l’ultima parte di cuore scomparirà per mettersi al servizio dell’Oscuro… -

Lui spalancò gli occhi. – E allora… cosa… cosa mi succederà? –

- Diventerai uno di loro. Un Heartless. -

 

 

 

 

  
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