Il Sigillo
TA- DAAAM! Rieccomi qui, dopo secoli di assenza, chiedo scusa!
Adesso però devo chiedervi
un favore o, meglio, un consiglio:
dato che io adoro tutti i personaggi di
FF (Tranne qualche eccezione… Scarlet ti ODIO!)
non riesco mai a decidermi su quali
utilizzare nella mia storia quindi… vi prego…
CONSIGLIATEMI!
Altrimenti ci metterò 8 anni
prima di scegliere il prossimo ^.^
Grazie, grazie, grazie
Ah, dimenticavo, nella mia fic i
ragazzi di FF non vengono dall’Hollow Bastion, ma dai rispettivi
Mondi di FF… immaginate che, dopo le varie avventure si siano trovati con
i mondi distrutti…
Cuore a
Metà Traverse Town
Aprì
un occhio, sentendosi stranamente esausto. Era in una stanza completamente
verde, le pareti, i mobili, i soprammobili, il letto su cui era disteso…
controllò con un misto di apprensione di non
essere diventato lui stesso verde. No, tutto normale. La sua mano destra era
proprio come la ricordava, le lunghe dita abituate a stringere la spada, le
unghie un po’ mangiucchiate, era un suo vecchio vizio, benché ora
stesse cercando di smettere, e la piccola cicatrice sull’indice destro,
causatagli durante un allenamento da un compagno. Era assurdo, in fondo, lui
era stato in guerra tante volte e quasi mai lo avevano anche solo graffiato,
mentre quel piccolo taglietto era rimasto, come perenne ricordo, un segno
bianco sulla carnagione pallida.
Si
alzò a sedere, sentendosi strano. La testa gli girava, un dolore
all’altezza del cuore, come se gli avessero aperto il petto per poi
richiuderlo, proprio prima che si svegliasse. Ma era
una cosa assurda. Lo era, vero?
La
porta – verde – si aprì di botto e nella stanza entro un
uomo… uomo? No, quello
tutto poteva essere tranne che un uomo. Il ragazzo spalancò gli occhi,
passandosi una mano tra i capelli. Ma dove era finito,
in uno di quei racconti per bambini?
L’essere
si avvicinò con passi impettiti. Che fosse un
Moguri? No, impossibile, gli mancava il famoso pon- pon sul capo e poi dubitava seriamente che i Moguri
potessero raggiungere dimensioni simili. E poi
assomigliava di più ad un… topo. Beh, non era carino da dire, ma
quello era stato il suo primo pensiero. Un topo gigante,
vestito di giallo e con una lancia in mano. Se poi era
un maschio. Magari era unA
topA. Sarebbe stato piuttosto imbarazzante. Si
voltò verso di lui, sbattendo le palpebre, come se non credesse a
ciò che aveva appena visto. Come se pensasse che lui fosse solo un
fantasma.
-
Allora non sei morto – commentò poi. Era un maschio, lo capiva dal tono della voce. Si
avvicinò muovendo la coda con grazia. Cavolo, era assurdo. – Ehi,
per caso il gatto ti ha mangiato la lingua? – domandò, vagamente
offeso.
-
N… no… - balbettò. Solo allora si accorse del dolore sordo
che gli attanagliava il braccio dal gomito in giù. Sembra assurdo
pensare che lui non si fosse accorto che il braccio
gli faceva male, ma era proprio così. Un dolore sordo e regolare, un
lento pulsare. Spostò lo sguardo sul lato sinistro del suo corpo. E per un pelo non ci rimase secco. Per caso, mentre dormiva,
era finito in mano ad un tatuatore pazzo? Dall’avambraccio in giù
il braccio era coperto da una spirale nera e concentrica, proprio in
corrispondenza delle zone di pelle che gli causavano dolore. – Cos…
cos’è successo? – continuò,
muovendo la mano. Era tutto normale, come se non fosse cambiato nulla. Come se la sua pelle non fosse deturpata da quelle strane strisce
nere.
Il
Topo gli si avvicinò, le unghie di cui i piedi, se poi piedi erano, che ticchettavano leggermente ogni volta che si
posavano sul pavimento verde. Mosse il naso, come se stesse annusando
l’aria, per scoprire se stesse mentendo e se il
suo stupore fosse sincero.
-
Ti ha portato qui il Re di un posto con un nome strano… un castello o
qualcosa di simile… ha detto che ti ha salvato
per un pelo dall’Oscurità che stava per rubare anche il tuo
cuore… sinceramente non so di cosa stesse parlando. Adesso è
uscito a fare un giro per la città, ma tra poco dovrebbe
tornare – annuì, muovendo la coda ad ogni parola.
Re?
Città? Da dove veniva lui? Si prese la testa tra le mani. Era quella la
sua città? No… lui era nato in un paese…
un villaggio… poi era successo qualcosa… cosa? Perché non riusciva a ricordare? – Che… che città…? – mormorò,
mentre cercava di ricordare. Magari quel semplice nome pronunciato da quella strana creatura avrebbe riacceso la sua memoria.
-
-
Io… - nome? Qual era il suo nome? Ma,
soprattutto, perché non lo ricordava? – Non… temo di
non… -
-
Ricordarlo? – sospirò tristemente – So
cosa si prova. Quando ancora vivevo nel mio mondo accadde anche a me una cosa molto simile… e proprio grazie alla sua
distruzione e al mio successivo trasporto qui… sono riuscito a ricordare
tutto… troppo tardi… -
-
Quindi potrei anch’io ricordare qualcosa?
– domandò lui, speranzoso. Era una cosa terribile non avere
ricordi del suo passato, non sapere da dove veniva, non conoscere neppure il
volto dei suoi genitori o delle persone a lui care…
-
Non lo so. La perdita della memoria è una conseguenza
possibile dei viaggi tra i mondi senza navi appropriate… - spiegò
lui. – Comunque io sono Flatrey
l’Intrepido, un Draghiere di Burmecia, dal pianeta ormai distrutto di
Gaya –
-
Gaya… non ho mai sentito questo nome… -
-
Certo, normalmente non ci sono collegamenti tra i mondi. Ognuno pensa che il
proprio mondo o pianeta sia l’unico. Solo pochi sapienti sanno la
verità, che i mondi sono moltissimi e che il loro destino è
sempre collegato… - si allontanò,
dirigendosi verso la porta verde.
-
Dove vai? – chiese lui, drizzando la schiena e
cercando di scendere dal letto. – Non mi lasciare solo… -
L’Intrepido sorrise, con una vena di tristezza. – Non temere,
questo è un luogo sicuro e tu devi riposare, giovane senza nome. –
si portò un dito al capello, in segno di saluto, per poi uscire dalla
stanza verde. Lasciandolo solo.
Era sdraiato su un prato verde, i
fiori lo circondavano spandendo il loro fresco profumo, i fili d’erba gli
carezzavano il volto, e sembravano danzare seguendo la danza del vento. Era un
bambino e accanto a lui sentiva la presenza di altri
bambini… parlavano, anche lui parlava, ma non riusciva a capire una
parola, come se stessero facendo discorsi insensati… uno improvvisamente
si alzò, guardando verso un cumulo di graziose casette, qualcosa gli
diceva che quello era il luogo che un tempo chiamava casa… vide una luce,
lontana. Sentì gli alti bambini urlare, indicandola… vedeva le
loro labbra muoversi, stavano ripetendo la stessa cosa tutti quanti…
“Il… Reattore”? Cos’era un… reattore? Poi
l’esplosione… che ruppe quel silenzio irreale…
l’oscurità che lo circondava… mille mani di piccole creature
dagli occhi gialli, simili ad insetti, che lo trascinavano verso il
basso… un peso sul petto, un’esplosione di dolore che gli fermava i
battiti del cuore… ora era di nuovo un giovane uomo…
ma non poteva fare nulla, la sua forza non bastava a farlo fuggire, a
divincolarsi dall’indesiderato abbraccio di quelle creaturine…
Quanto durò quel dolore? Anni? Secondi? Mesi? Ore? Non lo avrebbe saputo
dire, ma fu forte e terribile, non c’era zona
del suo corpo che non gli dolesse, immerso in quel mare oscuro… Poi aveva
sentito una voce… a chi apparteneva? Non abbandonate la speranza…
la speranza è una timida luce, ma è pur
sempre luce… un raggio di caldo sole gli accarezzò il volto…
era fuori? No… l’oscurità si stava ritirando, ma quelle
creaturine dagli occhi gialli gli stavano ancora intorno, come mosche su di un
cadavere…
Portava un mantello, l’uomo che
lo salvò, stringeva nella mano una chiave… una grande e strana chiave… dietro a lui una luce forte, simile a quella
del sole… chi era? Li distrusse subito, uno dopo l’altro, poi gli
mise una mano sul petto, che tanto gli doleva… sentì una strana
energia circolargli nelle vene… aveva usato una
magia… un’Energiga, probabilmente…
una forte luce… e poi più nulla…
-
Sveglia! Ragazzo senza nome, sveglia!- una voce giovane ed un po’
infantile lo svegliò. Aprì gli occhi, ancora assonnato, e vide
davanti a lei una ragazzina sui quindici anni dai grandi occhioni castani e
dolci, vestita… beh, molto poco vestita. Se solo avesse avuto qualche anno in più… -
Ehilà! Avanti, nella Sala Rossa c’è il tipo che ti ha
salvato che vuole vederti! R-A-G-A-Z-Z-O! – gli tolse la coperta di
dosso, continuando ad urlare come una pazza.
-
Che… che cosa…? –mormorò lui,
ancora confuso per il sogno appena fatto. – Chi saresti, tu? –
-
Yuffie, la più grande ninja che sia mai vissuta
a Traverse Town… - poi inclinò il capo, sbattendo le palpebre
– Pensandoci bene sono anche l’unica ninja mai vissuta a Traverse
Town… oh beh, non importa, vero? –
Lui
la guardò, stupito e un po’ incredulo nel vedere quella strana
ragazzina. Però era piacevole, anche se sapeva
appena il suo nome, stare in sua compagnia, lo rassicurava e lo rasserenava.
-
Chi c’è nella Sala… Grossa? – domandò il
ragazzo, alzandosi a sedere, mentre Yuffie saltellava per la stanza,
spalancando la finestra e facendo entrare la fresca aria mattutina nella
stanza.
-
Rossa,
Il
giovane la guardò, interdetto, per qualche attimo. Poi annuì, non
troppo convinto, alzandosi in piedi. Indossava abiti strani, che sentiva non
suoi. Una camicia bianca e un paio di pantaloni neri. Anonimi. A lui era sempre
piaciuto passare inosservato… ma così era
troppo. Scorse un paio di scarpe poste accanto al letto e se le infilò
in fretta.
-
Bene… allora, che ne pensi di Aaron? –
-
Aaron…? – ripeté lui, in tono ben poco favorevole.
-
Luke? –
-
Luke? –
-
Uffa, ma quanto sei difficile! – esclamò, increspando le labbra,
annoiata – Che ne dici di Vincent? Era un mio
vecchio amico e compagno di avventure! Oppure Cloud? Non so che fine abbiano
fatto… però magari farebbe loro piacere sapere che qualcuno ha
preso il loro nome… -
-
No… non penso sia il caso… - mormorò. Aveva già
sentito quei nomi. Non sapeva dove… ma avevano
qualcosa di famigliare… - Magari Flatrey me ne saprà suggerire
uno… -
-
D’accordo, ragazzo senza nome, andiamo! – esclamò la piccola
ninja, aprendo la porta che dalla stanza portava al corridoio.
Ebbero
appena tempo di uscire che tante piccole chiazze d’ombra li circondarono.
Yuffie lanciò un piccolo urlo, sfoderando lo Shuriken. Dalle ombre comparvero… erano loro! Quei mostri del sogno… indietreggiò, schiacciandosi contro il muro. Erano
molti e si vergognava un po’ a far combattere solo la ragazza, che comunque se la cavava molto bene. Schivava e attaccava con
grazia, eliminando molti di quelle creaturine. Uno spalancò gli occhi,
incontrando quelli del giovane. Occhi gialli, vuoti. Strani. Mosse un passo
verso di lui, un altro, come se lui avesse qualcosa che quello desiderasse e
che volesse ottenere a tutti i costi… allungò un artiglio verso di
lui, con lentezza. Sapeva che non avrebbe potuto fare nulla, scappare o
combattere. Quasi dal nulla spuntò una lunga lancia la
cui lama aveva il colore del cielo all’alba, simile ad acqua eppure
affilata come un rasoio. Colpì il mostro ombroso, che con un urlò scomparve. Flatrey comparve, stringendo
l’asta della lancia e cominciando a combattere a fianco di Yuffie.
Combattevano
insieme e, in poco tempo, riuscirono a sconfiggerli definitivamente. O così lui credeva.
-
Andiamo, ragazzo, tra poco ne arriveranno altri!
– esclamò l’Intrepido, muovendo pochi rapidi passi lungo il
corridoio ed entrando in una camera dalla porta rossa. Yuffie sorrise e insieme
entrarono.
In
quel momento il giovane capì perché chiamavano quella camera la
“Stanza Rossa”.
Letto
rosso, imposte rosse, vetri rossi, tappeti rossi, muri
rossi, porta rossa… e, dritto al centro della piccola camera, una figura
incappucciata. Non si stupì nel notare che non gli arrivava neppure ai
fianchi e che, poggiato al muro, si trovava una strana arma. A forma di chiave.
-
Noi andiamo… torniamo tra poco. Arrivederci
ragazzo senza nome! – fece in tono severo il Draghiere di Burmecia,
uscendo, subito seguito dalla giovane ninja. Avrebbe voluto chiedere loro di
restare, di non abbandonarlo solo in quel luogo con il suo salvatore che
neppure conosceva. Ma non aprì bocca. Come se temesse di rompere il silenzio quasi magico che si era
creato. Si ritrovò solo nella camera tinta di rosso.
-
Voi… voi siete la persona che mi ha salvato? – domandò,
cercando di cancellare quell’opprimente silenzio. Forse sapeva qualcosa
di lui, del suo passato o anche solo il suo nome.
-
Esatto – Aveva una voce strana, esile e bizzarra, ma allo stesso tempo
lontana. Si avvertiva un eco di antica saggezza.
– L’Oscurità è diventata molto potente, ma cerco comunque di salvare chi posso dalla sua morsa. Il tuo mondo
è stato divorato, molti sono morti, trasformati in Heartless… -
-
Heartless? – chiese lui, senza capire.
-
Quelli stessi mostri che ti hanno attaccato nel corridoio… dicevo… prendono il nome di Heartless poiché
sono privi di cuore… gli uomini e le altre creature della luce possiedono
un cuore che batte… gli Heartless no, invece… ne sono stati
privati. E, chiunque venga ucciso da queste creature
d’ombra, segue la loro sorte, trasformandosi e perdendo il cuore…
per questo sono in tanti –
-
Non capisco… che cosa c’entra questo, con me? –
domandò, sbattendo le palpebre, incuriosito.
-
Vedi, come ho detto gli Heartless rubano il cuore alle loro vittime… se
non si interviene in tempo. Mostrami la tua mano
– La mano striata di nero. La
mano che gli pulsava dolorosamente. – Ecco… temo di non
essere arrivato in tempo, nel tuo caso… –
-
Co… come? –
-
Io… ho in parte fallito nel mio intento… sei ancora vivo, ma…
-
-
Mi hanno rubato il cuore? – esclamò lui, sedendosi sul letto,
perché ne era certo, tra poco le sue gambe si
sarebbero messe a tremare e sarebbe rumorosamente caduto a terra.
-
No. In parte. -
-
In… parte? –
L’uomo
incappucciato sospirò. – Non serve girarci intorno. Io non posso e
non devo perdere tempo. E ho bisogno del tuo aiuto. Ti
hanno preso metà del cuore. –
-
Che cosa? –
-
Esatto. Vedi, non è semplice da spiegare e mi sono molto stupito di
vedere che sei ancora… vivo. –
-
Non… non capisco… -
-
In effetti è piuttosto complicato… la
sola parte di cuore che ti rimane non potrà andare avanti da sola per
troppo tempo… è attratta dall’oscurità, stanca e sa
che solo raggiungendola potrà trovare riposo… abbiamo calcolato
che in tre mesi anche l’ultima parte di cuore scomparirà per
mettersi al servizio dell’Oscuro… -
Lui
spalancò gli occhi. – E allora…
cosa… cosa mi succederà? –
-
Diventerai uno di loro. Un Heartless. -