Serie TV > Un passo dal cielo
Segui la storia  |       
Autore: crazyfred    30/04/2021    1 recensioni
[FRANCESCO & EMMA] Non è proprio una storia continua ma una raccolta di one shot, dove alcuni capitoli potrebbero essere raccordati, altri meno, che raccontano la vita della nostra banda di matti andando avanti e indietro nel tempo, gironzolando attorno agli eventi della fanfiction "Noi Casomai". Una raccolta di piccoli quadri di vita più che di eventi in sé.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Canto di Natale
Capitolo 4 - Jingle Bells

 
 
 
 


 
Dashing through the snow in a one-horse open sleigh,
over the fields we go, laughing all the way.
Bells on bob tail ring, making spirits bright
What fun it is to ride and sing a sleighing song tonight.
 
 
L'antivigilia di Natale era il giorno dei regali in casa Neri. Con i bambini che riuscivano a mettere le mani ovunque i loro occhi arrivassero, nonostante le chiusure di sicurezza delle ante degli armadi e tutto il resto, era praticamente impossibile nasconderli da qualsiasi parte in casa, tanto più con Teo che prendeva sempre più coraggio e i suoi passi diventavano ogni giorno più sicuri e le braccine più forzute.
Così, da almeno quattro anni, avevano preso l'abitudine, diventata ormai tradizione, di lasciare a casa i bambini con gli zii o con i nonni, e andare a trascorrere un pomeriggio a Merano, tra negozi e casette dei mercatini. Non importava che le stesse cose avrebbero potute trovarle a Brunico o Bolzano, molto più vicine: a suo modo quella giornata lontano da casa era anche un regalo che Francesco ed Emma facevano a sé stessi, concedendosi, una volta l'anno, il piacere di un'uscita a due senza dover controllare che i bimbi scappassero di qua e di là o toccassero la merce con le mani sporche e appiccicose di dolciumi o patatine.
Entrambi amavano Merano, città elegante e storica. Emma adorava l'atmosfera mitteleuropea che si respirava per le vie del centro, dai palazzi signorili e i portici pieni di negozi. A Francesco, pur con le dovute proporzioni, il traffico nelle ore di punta lungo i viali alberati faceva spesso pensare al lungotevere al tramonto: non gli pesava aver lasciato indietro la sua città natale, non c'era più nulla che lo legasse, ma era bello ogni tanto cambiare, lasciare le montagne e farsi trascinare dai ritmi veloci di un centro vivace e dinamico…per  poi tornare a casa.
Lasciata l'auto nel parcheggio sotterraneo del centro, risalirono in superficie, nella moderna piazza che affacciava sulla passeggiata lungo il fiume Passirio, souvenir in mattoni e ferro battuto dell'età asburgica. Emma, passeggiando tra i tavolini dei bar e il porticato liberty, aveva sempre la sensazione di sentire riecheggiare le note di un valzer o di una polka degli Strauss o di veder spuntare dame dell'alta società viennese nei loro abiti di metà Ottocento, in villeggiatura al seguito della famosa Imperatrice. Nemmeno le casette in legno dei mercatini dal design moderno erano riuscite a togliere quell'aria chic e d'altri tempi al panorama che si apriva di fronte a loro.
Il Passirio, che scorreva veloce tra le rocce che ne fendono il letto, portava in città il freddo delle montagne da cui scendeva, ed Emma fu costretta a stringere più forte la sciarpa attorno al collo. Già batteva i denti al pensiero della temperatura che non poteva far altro che scendere col passare delle ore.
Nella piazza era stato allestito un piccolo villaggio natalizio, benvenuto alla città per i turisti che posteggiavano l'auto nel parcheggio sottostante. Una grande pista di pattinaggio, un albero alto e ricco di decorazioni, una giostra vintage, e tante altre attrazioni per grandi e piccini, preludio al mercatino al di là del fiume; ma era ancora presto: tutto, si poteva dire, dormiva ancora, aspettando che l'oscurità della sera portasse avventori e vitalità tra gli stand gastronomici e i locali tutt'intorno.
La donna, meccanicamente, si avviò verso il ponte che conduceva al centro città. "Emma!" sentì il marito chiamarla, dalla direzione opposta "Amore dove vai?"
Voltandosi, lo trovò fermo al centro della piazza, con un sorriso smagliante e furbesco. "Dove vuoi che vada? Verso i negozi" "Dobbiamo andare di là" controbatté lui. "Che novità è questa, di qui si fa prima. Basta attraversare il ponte, passare Porta Bolzano e siamo arrivati" "Perché non mi lasci fare mai?" domandò lui, con quello sguardo implorante che difficilmente Emma riusciva a contraddire. Non era assolutamente vero che non gli permettesse iniziative personali, ma era altrettanto vero che, con quella frase, Francesco riusciva sempre a fregarla.
"Avanti" si arrese Emma, senza opporre troppa resistenza "vediamo cosa ti sei inventato stavolta …"
Francesco, con la stessa contentezza di un bambino che ottiene ciò che vuole, prese sua moglie per mano, conducendola verso l'ingresso dell'edificio di fronte a loro.
Entrando si accodarono alla fila di persone che si era formata al grande bancone al centro di quella che era una hall immensa. "Che stiamo facendo?" "Cosa ti sembra che stiamo facendo?" "La fila per le terme?" "Ja!" rispose, marpione. "Ma che sei matto?" Emma dovette frenare sé stessa dall'alzare il volume della voce per lo stupore. Ogni volta che andavano a Merano, ripartendo, si ripromettevano di trascorrere qualche ora alle terme la volta successiva, ma la volta successiva buona non arrivava mai. Una volta erano di fretta, l'altra avevano troppo da fare, l'altra ancora non ci avevano pensato prima.
Francesco era dell'opinione che le cose migliori, per quanto li riguardava, accadevano sempre e solo grazie all'improvvisazione e così, questa volta, aveva deciso di fare un'improvvisata ad Emma. Aveva messo i costumi e le ciabatte nello zaino e gli accappatoi li avrebbero noleggiati, si era informato.
"Mi ha meravigliato che tu non abbia fatto domande sullo zaino" dichiarò, sinceramente stupito, ma anche soddisfatto di essere riuscito a sorprenderla. Emma rimase a bocca aperta e non fu capace di dire assolutamente nulla, al di fuori di un grazie sussurrato sulle labbra. Era talmente piena di pensieri … i bambini, sua madre, il lavoro, organizzare pranzi e cene delle feste, i regali … che uno zaino per andare a passeggio tra i negozi era l'ultima cosa a cui prestare attenzione.
Fatti i biglietti, indossati i braccialetti identificativi, scesero verso gli spogliatoi per cambiarsi. Ad accompagnarli, uno scroscio d'acqua che, dal soffitto, scendeva a pioggia dentro una vasca posta alla fine della scalinata.
Per abbattere i tempi - alla reception erano stati estremamente chiari "Sulle tre ore a disposizione, avete 15 minuti massimo di tolleranza" - erano entrati nella cabina insieme per cambiarsi.
"Per me possiamo anche restare qui …" suggerì Francesco, malizioso, la voce roca, slacciando il reggiseno di Emma e posandole un bacio sulla schiena, all'attaccatura del collo. "Per quanto la cosa possa essere allettante, non ti ho lasciato spendere 50 Euro per starcene dentro questo cubicolo per 3 ore …" rispose, smaliziata, scansandosi per quanto le consentivano le dimensioni ridotte del vano. Uscirono dagli spogliatoi sghignazzando come due adolescenti e trovarono una coppia di anziani, intenti ad armeggiare con la chiusura dell'armadietto e il chip del braccialetto che fungeva da chiave. La signora li guardò, indignata: probabilmente aveva origliato la loro conversazione e non si aspettava di trovare degli adulti. Francesco, senza scomporsi, aiutò il marito di lei con il sistema elettronico, congedandosi altrettanto garbatamente.
"Sei troppo signore…" commentò Emma "non se lo meritavano. Hai visto come ci ha guardato lei? Sembrava che ci avesse colti in atti osceni in luogo pubblico" "Amore, quante volte te lo devo dire: fregatene! Lascia parlare …" la rassicurò, tenendole aperta la porta d'ingresso della sala bagnanti; tante volte, per curiosità, avevano sbirciato quel posto dalle vetrate della reception, dove correvano per riscaldarsi po’ dal freddo dei pomeriggi invernali meranesi. Si erano sempre domandati cosa si provasse a stare in costume da bagno mentre fuori c'è la neve e la temperatura rasenta lo zero o scende ancora più giù, quando dal piano superiore ti guardano invidiosi, stretti delle loro sciarpe e nei loro giubboni invernali.
Ora avevano la risposta: era una sensazione meravigliosa, il caldo umido che sale dall'acqua calda delle piscine ti accoglie con il suo abbraccio, invitandoti a lasciare tutte le tue cose sulla prima sdraio disponibile e a raggiungerla, immediatamente. Talmente calda, che i passi sulle scalette di discesa non erano lenti e indecisi come quando si entra in acqua al mare; solo per decenza e rispetto dei bagnini di vedetta che nessuno si tuffava nelle grandi vasche fragorosamente.
Emma si gettò risoluta, galleggiando sulla schiena e lasciandosi avvolgere totalmente, testa e corpo, gli occhi chiusi, dal tepore di quelle acque. Non pensava a nulla, non sentiva nulla: era in un totale stato di beatitudine. Ben presto sentì due mani sorreggerle la testa e la schiena e non ebbe alcuna difficoltà a distinguere la presa salda e forte del marito, neanche ad occhi chiusi. Il profumo poi, anche in acqua, era inconfondibile.
"Non ho più bisogno del maestro di nuoto, la ringrazio" esclamò, fingendo indifferenza. "È il maestro di nuoto che ha bisogno di te, Giorgi" ammise l'uomo, divertito. Emma allora, con un movimento fluido, si portò alle spalle del marito, saltandogli sulla schiena.
"Vacci piano, koala, ho una certa età, dovresti saperlo" "Ma stai zitto …" lo riprese, ridendo.
L'acqua non era profonda, arrivava poco al di sotto delle loro spalle e Francesco, accovacciato appena per restare entrambi al caldo, iniziò a camminare lentamente in direzione del passaggio verso l'esterno, dove la piscina continuava. Entrambi sembravano due bambini sulle giostre, incuriositi e intimoriti allo stesso tempo dalla nuova esperienza: si aspettavano di venire travolti dal freddo, di sentire netta la differenza tra l'acqua calda e la temperatura dell'aria, invece quello che trovarono fu uno spettacolo insolito ed entrambi restarono a bocca aperta. Una nebbia fitta e alta li avvolse, a stento riuscivano a vedere ad un metro di distanza da loro, ma di freddo neanche l'ombra. Il calore aveva sciolto la neve nelle pedane tra una vasca e l'altra ma, al di là della foschia che si alzava dalla piscina, si intravedeva il prato del vasto giardino ricoperto di una coltre bianca che ancora persisteva dopo l'ultima nevicata della settimana precedente.
Intorno a loro il chiacchiericcio e le risate delle altre persone presenti, spaparanzate a godere dei benefici dell'idromassaggio, i gridolini e le imprecazioni dei temerari che affrontavano le vasche a basse temperature dopo quelle ad acqua calda e, ogni tanto, qualche fischietto di richiamo per i bimbi che tentavano tuffi a bomba nelle piscine interne.
"Piacerebbe tanto ai nostri venire qui" commentò Emma. "Me lo fai un piacere?" disse Francesco, prendendola tra le braccia e portandola di fronte a sé. "Facciamo che questa rimane una cosa solo nostra … la nostra oasi di pace. Li adoro, sono la mia vita, ma non dobbiamo dimenticarci di essere Francesco ed Emma. Per i prossimi 364 giorni saremo mamma e papà, ma quando veniamo qui … oggi e nei prossimi anni ... siamo solo tu ed io. Mmm?"
La donna non proferì parola: Francesco sapeva quanto fosse una leonessa quando si parlava dei figli e temeva che non avesse accolto favorevolmente la sua proposta. Rimuginava, lo sguardo nel vuoto. Per attirare la sua attenzione, l'uomo le tirò un colpetto impercettibile con il naso sulla guancia. D'improvviso, invece, Emma cinse con le sue gambe la vita del marito, portando le braccia sulle sue spalle, con fare sensuale. Con le mani, sistemò i capelli bagnati dell'uomo, tirandoli indietro. Non erano più lunghi come quando era nata Sole, erano molto più simili a quando lo aveva conosciuto, ma erano di una lunghezza sufficiente per passarci le mani attraverso, morbidi e profumati come piacevano a lei.
Senza dire nulla, avvicinò lentamente le sue labbra a quelle del marito, incontrandole prima timidamente, poi in maniera sempre più decisa, lasciandogli poi il compito di condurre le danze. Sembrava la pioggia leggera e calda di una doccia in una sera d'inverno, un'esplosione dei migliori sapori dell'universo che si mescolavano a creare una sensazione di benessere accogliente e familiare. Pur appoggiati alla parete della vasca, forse per effetto dell'acqua che li avvolgeva, persi l'uno nell'altra, non gli sembrava di essere ancora nel proprio corpo o in questo universo.
Era un sì taciuto e pronunciato con i fatti, che valeva mille parole dette ad alta voce, era un voler mai rinunciare ad essere sé stessi. Anche adulti, maturi, responsabili, doveva esserci sempre spazio per tornare alla libertà - e forse anche all'incoscienza - di quei giorni, forse troppo pochi, in due.
La giornata era volata. I capelli ancora umidicci sotto ai cappelli, l'automobile piena di regali nascosti nel bagagliaio, si rimisero in viaggio quasi ad ora di cena, tornando a casa tardi, con i bambini già messi a letto e Luna nella cuccia che, appena riconobbe la vettura, tornò a dormire senza grandi cerimonie. Vittoria li aspettava, seduta sul divano vicino alla grande stufa in pietra del salotto, a leggere un libro, mentre Rosa e Antonio erano già andati a dormire, presso il B&B dove soggiornavano ogni volta che andavano in visita.
"Avete svaligiato Merano, per caso?" "C'è stato un piccolo cambiamento di programma…" tagliò corto Francesco, lanciando un'occhiata complice a sua moglie, prima di salire al piano di sopra. "Tutto bene?" domandò la zia, scettica, seguendo la nipote che si dirigeva in cucina. "Siete accaldati...Emma sei tutta rossa" "Ma sì, zia, tutto bene. Abbiamo solo messo il riscaldamento al massimo in auto …" ammise la donna, mettendo il bollitore sul fuoco.
"Ehm non voglio sapere i dettagli intimi del vostro pomeriggio, ti ringrazio" si affrettò a precisare Vittoria, imbarazzata. Emma, dal canto suo gongolava: d'altronde era stata lei ad indagare.
"Se non ti dispiace … io me ne andrei" proseguì la zia "si è fatto tardi." "Vuoi che ti accompagni Francesco? Lascia qui l'auto, vieni a riprenderla domani … non sei abituata a guidare con la neve"
Vittoria sarebbe dovuta tornare al maso dei Moser, dove Giulio aveva ricavato il proprio appartamento dai vecchi alloggi per il personale e dove Emma stessa aveva vissuto per qualche tempo. Giulio, che non viveva con Linda, la invitava sempre volentieri. La donna, però, rifiutò l'offerta di Emma: le strade erano non erano così ghiacciate e aveva comunque gli pneumatici da neve; detestava quando la gente del posto - non importava che fossero sconosciuti o i suoi stessi parenti - la trattasse come la classica signora di città impedita e senza spirito di adattamento.
"E poi" punzecchiò sua nipote "ho visto tuo marito parecchio provato dalla giornata di … diciamo shopping. Lascialo riposare."
Emma, che rientrando nella casa calda aveva messo su un paio di guance rosse che spiccavano sul maglione di lana bianco, sentì le gote avvamparsi ancora di più. Si voltò verso la credenza, per prendere una tazza, nella speranza che la zia non notasse l'imbarazzo.
"Buonanotte, ci vediamo domani" la salutò la donna, sparendo nel corridoio e chiudendosi, con una leggera risata, la porta d'ingresso alle spalle.
Con la mug fumante salì le scale, non prima di aver spento tutte le luci della zona giorno. Nel camino della stufa, si era accertata, era rimasta della brace rovente che si sarebbe spenta pian piano da sola, continuando a riscaldare la casa lentamente per tutta la notte.
Sbirciò nelle stanze dei bambini: Leo dormiva scoperto dalle lenzuola, che rimboccò delicatamente, Teo invece, il piccolo angioletto, stava fermo e calmo esattamente come lo aveva posato la zia. Se non lo avesse visto con i suoi occhi, non avrebbe creduto mai che fosse lo stesso piccoletto in grado di svegliare l'intera casa per obbligare i genitori ad accoglierlo nel lettone nel cuore della notte. Visto così, però, era un tirabaci nato.
Le bambine, strette nei loro piumoni, dormivano beate, l'una stretta al suo peluche preferito, l'altra di traverso nel letto. Emma mosse la più piccola leggermente, tanto per essere sicura che non battesse la testa allo spigolo del comodino.
A tutti loro posò un bacio sulla fronte: tra le braccia di una madre, le aveva detto una volta una vecchina vedendola con Sole piccolina addormentata tra le sue braccia, i figli non si svegliano.
Andò in camera da letto e poggiata la tazza fumante sul comodino, una vecchia abitudine che si portava dietro da quando vivevano nella palafitta dove tutto era in un'unica stanza, si mise il pigiama. Era talmente stanca che per una volta forse avrebbe disobbedito alle raccomandazioni che lei stessa faceva ai bambini prima di andare a dormire.
Francesco entrò in stanza dopo essere stato in bagno a prepararsi. La porta era chiusa per non disturbare i bambini con la pur calda e tenue luce delle abatjour. Trovò la moglie seduta sulla panca ai piedi del letto, mentre sorseggiava la sua tisana e con l'altra mano appuntava qualche riga sulla sua agenda.
"Mi stavi aspettando? Potevi entrare, non avevo chiuso a chiave" disse, parlando a bassa voce, richiudendo la porta alle sue spalle ma non completamente, lasciando uno spiraglio di sicurezza per i bambini. Con la casa calda non c'era verso che Francesco usasse la maglia del pigiama, ma neppure la maglietta della salute. Lo stesso valeva per Emma: per farle indossare un pigiama con i pantaloni lunghi, invece della solita una sottoveste, ci voleva almeno un metro di neve accumulata sul tetto, eppure nessuno dei due aveva mai preso un raffreddore o un mal di schiena per questo.
"No tranquillo" rispose calma "stavo scrivendo" Non era un diario come quelli che si scrivevano una volta da ragazzine, piuttosto una breve raccolta di memorie. Era una pratica che aveva iniziato dopo la scoperta della sua malattia, quando temeva che un'emorragia cerebrale avrebbe potuto causarle perdite di memoria. Quando accadeva qualcosa di speciale scriveva sempre due righe, ma anche quattro se necessario: cosa era successo, cosa aveva provato, i colori, i sapori, le persone che aveva incontrato. Quando aveva superato l'intervento, era stata una delle cose che l'aveva aiutata ad affrontare la convalescenza, i lunghi giorni di riposo, l'attesa di miglioramenti, la ricerca di ogni minimo cambiamento che potesse fare la differenza. Poi era arrivato Leo, poi la gravidanza, la casa nuova, Luna e via via tutte le tappe importanti, i nuovi arrivi e le nuove esperienze. Tutto valeva la pena di essere ricordato, nulla doveva essere dimenticato.
"Posso leggere?" Francesco aveva sempre rispettato quel momento di intimità di Emma con i suoi pensieri, ma ogni tanto le chiedeva il permesso di poterne fare parte. Lo fece sedere accanto a lei, accavallando la sua gamba su quella di lui. Francesco, automaticamente, le accarezzo la coscia nuda, setosa e tonica.
"23 dicembre 2024. Io e Francesco siamo andati alle terme" lesse Emma a bassa voce "per un attimo mi sono sentita come quando mi insegnava a nuotare nel nostro laghetto. Tranne per l'acqua, che non era gelata. E poi..." "E poi?" "E poi concludo domani" proclamò Emma, chiudendo l'agenda "è tardi e ho sonno. Se aspetto altri cinque minuti mi getto nel letto senza passare per il bagno"
Emma notò che Francesco era rimasto turbato che non volesse continuare a scrivere il diario davanti a lui. Ma era stanca e quando si è stanchi le parole non escono come vorremmo: banali, riduttive, non all'altezza di quella giornata: si era sentita bene quel giorno, si sentiva bene ogni giorno, da quando lui era al suo fianco. Lo rassicurò: l'indomani, lo avrebbero scritto insieme.
 
La sera della vigilia di Natale, puntuale come un orologio svizzero, arrivò la videochiamata da Napoli che Emma aspettava. Erano quasi le undici, ma avevano concordato di sentirsi prima di prepararsi per andare alla messa di mezzanotte.
Valeria aveva fatto una carrellata del salotto di sua suocera con la telecamera del tablet. Le aveva mostrato il ripiano della credenza, ancora imbandito di ogni bontà: struffoli, mostaccioli, torroni, babà. Sulla tovaglia rossa del tavolo erano sparpagliate le cartelle della tombola, il cartellone e i ceci per coprire i numeri. Le fece vedere il famoso presepe di casa Nappi, quello in sughero con i pastori artigianali che aveva fatto il nonno di Vincenzo e che era l'orgoglio della famiglia: non c'era stato un Natale in cui Vincenzo, che portava il suo nome, non ne avesse fatto menzione, con gli occhi lucidi di orgoglio e nostalgia. Mentre passava in rivista tutti gli invitati, Emma notò la presenza di Eva e del suo compagno. Non poteva credere ai suoi occhi; ricordava fin troppo bene i modi freddi con cui la trattava in quelle rare occasioni in cui le aveva viste insieme, durante qualche festa. "Mia suocera dice che lei è gentile con le persone che le portano rispetto …" spiegò Valeria, scettica, con un'espressione che era tutta un programma, guardandosi attorno per accertarsi che la donna fosse tornata in cucina "ma quando mai? In realtà è solo un affronto alla figlia e naturalmente uno smacco alle vicine che vedono un bell'attore a casa della signora Nappi"
"Allora come va in trincea? Qual è il bollettino di guerra?" domandò Emma.
"Direi che è stata proclamata una tregua" spiegò l'amica. "Bene dai, sono contenta, almeno avete passato un Natale sereno in famiglia" "Ma che hai capito, Emma?! Cosa ... lì … Manuela … non si è presentata proprio." "Davvero?" "È andata a passare Natale e Capodanno a New York con … l'amico Fritz … dice che lei con dei montanari ripuliti e bigotti non ci passa il Natale. Con me ha chiuso" "Beh se le cose stanno così, è indifendibile" "Lo dico anche io signora Emma …" la madre di Vincenzo sbucò nello schermo, con un vassoio di dolci con cui ancora tentava di ingozzare i suoi commensali, sfatti sui divani. Emma annuì, a disagio come solo la signora Maria Carmela riusciva a metterla. "Mammà dove hai messo il cappottino di Domenico? Oh ciao Emma!" la voce di Vincenzo arrivava da fuori campo, ma ben distinguibile. Valeria alzò gli occhi al cielo: Emma sapeva bene che detestava che chiamasse il bambino alla napoletana. "Ciao Vincenzo!"
Nel frattempo, Matteo si era arrampicato sulle gambe della mamma, avendo riconosciuto la voce degli zii che proveniva dal telefono e si era avvicinato per sbirciare, tirando con la manina il braccio di Emma verso il basso, insistentemente, incuriosito dal vederli parlare in uno schermo. "Per il resto come va?" domandò la donna, affettuosa.
"A parte il fatto che sto boccheggiando e con una cena avrò messo su venti chili?! Tutto bene."
Entrambe risero della situazione surreale in cui si era ritrovata Valeria, ma non poterono continuare a lungo la conversazione in santa pace poiché le bambine di Emma e Mela, attirate dalle risate delle due donne, si avvicinarono al telefono.
"La tua tribù?" domandò Valeria, provando a scorgere Emma tra le testoline delle sue bambine. "Esattamente come la conosci … affollata, chiassosa … felice"
Con un atto di fermezza, Emma si riappropriò del telefono, mostrandole la casa e i suoi ospiti. Il maso era esattamente con Valeria se lo aspettava: l'albero era illuminato e la stufa era accesa, il lungo tavolo da pranzo apparecchiato con classe da una tovaglia bianca e un semplice runner rosso e le candele del centrotavola ormai ridotte a dei lumicini, le stelle di Natale sui davanzali delle finestre, le decorazioni in legno, i cuscini natalizi sulle poltrone e sulla panca del tavolo, che correva lungo la parete del muro. Tutto trasmetteva quella pacifica energia, calda e accogliente che solo le case di montagna sanno dare, anche con poco, a Natale.
Valeria vide il padre di Emma, arrivato in tempo per la vigilia come promesso, conversare amabilmente con Rosa e Antonio, un bicchiere di brandy in mano; era un uomo formale, a tratti imperturbabile, ma sapeva stare in compagnia e nessuno avrebbe mai potuto dire di lui che fosse noioso o antipatico. Difficilmente avrebbe raccontato una barzelletta, ma sapeva affascinare con gli aneddoti sui cantanti d'opera e i direttori d'orchestra che passavano per La Scala, sua grande passione dopo la sua cattedra di Semeiotica Medica all'università.
Vittoria se ne stava in un angolo della stanza, da sola, anche lei al telefono, a salutare i figli che quell'anno erano rimasti a Milano con il padre, un po' malinconica.
Giulio era stato invitato a casa di Linda e l'indomani sarebbero stati a pranzo da loro, con molta probabilità facendo sfoggio dell'anello che Emma aveva contribuito a scegliere.
Leonardo e Francesco, in cucina, riordinavano prima di uscire; anche quella era una loro piccola tradizione: a chi vinceva a Mercante in Fiera toccava lavare i piatti per essere stato sfacciatamente fortunato. I due, che facevano sempre società, avevano sbancato con ben tre carte fortunate: mogi, avevano dovuto adempiere alla penitenza.
Non erano la famiglia perfetta, anche se a molti, visti da fuori, lo sembravano. Avevano i loro alti e bassi, litigi in cui la voglia di far volare i piatti o una parola di troppo è tanta, ma nessuna giornata dove a chiudersi senza chiedere scusa o senza dirsi di nuovo ti voglio bene.
 
Erano le prime ore del mattino. La casa era immobile, come ferma nel tempo; tutti ancora dormivano. Luna, sdraiata di fronte alla stufa, ronfava approfittando del tepore che la pietra ancora tratteneva. Con il freddo e l'ennesima fioccata della stagione, nessuno aveva avuto il coraggio di spedirla nella sua cuccia all'esterno.
I bimbi, nei loro lettini, ancora sognavano, tranquilli, la giornata speciale che li attendeva. Mamma e papà nel letto, approfittavano degli ultimi minuti di libertà.
"Buongiorno" sussurrò Francesco, già sveglio, notando un piccolo cenno di risveglio da parte della moglie. Non capitava spesso, ma svegliarsi prima di lei e guardarla dormire era una delle cose che preferiva di più al mondo.  "Buongiorno" Emma sorrise, stiracchiandosi. Non c'era una mattina che, svegliandosi, pur sonnacchiosa, Emma non sorridesse, scaldando il cuore di suo marito. Se c'era una cosa che lo rendeva felice, quella era il sorriso di sua moglie appena svegli.
"Buon Natale, amore" "Buon Natale a te …" la donna ricambiò l'augurio con un bacio, rannicchiandosi contro di lui a riccio e tornando a chiudere gli occhi, nella speranza di poter dormire un altro po', coccolata tra le braccia del marito. "Cucciola siamo dormiglione questa mattina?" "mmmm è la mattina di Natale…altri dieci minuti"
D'altronde, tornati dalla messa, era passata oltre un'ora prima che potessero sistemare i regali dei bambini senza venire beccati, così erano andati a dormire che non era più tardi, ma decisamente presto. "Allora speriamo che anche loro abbiano sonno …"
Francesco strinse Emma contro di sé, accarezzandole la testa e la schiena, posandole dei leggeri baci tra i capelli che profumavano di Natale, di vaniglia, mandorle e arancia. Prese a contare i minuti che passavano, combattendo l'impulso a riaddormentarsi: adorava vegliare Emma nel sonno, soprattutto se era tra le sue braccia. Era come se le tessere del puzzle combaciassero perfettamente, come se tutto, in quegli istanti fosse esattamente al proprio posto: sereno, pieno, perfetto.
Nell'oscurità calma e ovattata della camera da letto, interrotta da qualche flebile raggio di luce che filtrava dalle persiane, Francesco sentiva delle vocine acute provenire dalla stanza di fronte, ma tentò per qualche istante di estraniarsi, nella speranza - o forse illusione - che sarebbero rimaste dov'erano.
"Din don dan, din don dan, che felicità
bello è andare col cavallo sulla neve bianca.
Din don dan, din don dan, oh che bello andar
scivolando con la slitta nel silenzio andiam."
Due scriccioletti, nei loro pigiamini natalizi coordinati e senza calzette perse, come al solito, tra le lenzuola, spalancarono la porta con tutta l'energia che possono avere in corpo due bambine della loro età la mattina di Natale, con i decibel che avevano superato immediatamente la soglia del sopportabile per qualcuno che aveva messo in conto di prendersela con calma e dormire più del solito.
"Nella notte santa s’ode da lontano
l’eco di campane din don din don dan.
Canteremo insieme al suon dei campanelli
augurando a tutti un lieto e buon Natal."
"Ugh finita la pace…" bofonchiò Emma, il volto ancora pressato sul petto del marito "Ma chi c'è qui? Le mie principesse" esclamò Francesco, mettendosi a sedere, mentre le bambine si arrampicavano su per il lettone. Sole, avvinandosi alla madre, l'abbracciò canticchiandole nell'orecchio, se pur a bassa voce "Sei già sveglia oppure dormi?", le prime note di una delle sue canzoni Disney preferite. "Sono sveglissima!!!" si voltò la donna, prendendo la bambina tra le braccia "buon Natale!!!"
Ci metteva poco ad attivarsi, in realtà, quando i bambini erano nei paraggi. Mentre tutte e due le birichine si facevano coccolare dai genitori anche Leonardo, con in braccio Matteo, si affacciò alla porta della stanza. "Possiamo?" domandò, timidamente. "Che fai ancora lì? Forza sotto le coperte che fa freddo!!!" lo incitò il padre, aiutandolo con il piccoletto, alquanto confuso dalla scena insolita. Quel letto, di norma, era suo territorio personale.
"Scendiamo giù! Dobbiamo vedere se è passato Babbo Natale!!!" prese ad incitare Sofia, mettendosi in piedi sul letto e passando alle spalle della madre e del padre nel frattempo si davano il cambio con Matteo: con i suoi gridolini, il piccolino richiedeva le coccole mattutine anche dalla mamma. Le prese il viso con le manine e, a bocca spalancata, iniziò a mordicchiarle la guancia, lasciandola tutta bagnata. "Regali! Regali! Regali!" reclamava Sofia, saltellando sul lettone come fosse un tappeto elastico.
"Perché non facciamo che state qui altri cinque minuti con mammina e papino, tutti insieme sotto le coperte … è una cosa carina …" reclamò Francesco. "Non c'è fretta" Sole concordò, mentre insieme alla mamma giocherellavano con Teo che si faceva delle grosse, inspiegabili risate. Probabilmente lo faceva ridere vedere la sorella saltare tra le lenzuola e tuffarsi sui cuscini.
"Ma Babbo Natale!!!" si lagnò Sofia "Avanti papà alzati!" "Sofi dai! Un po' di tregua … è Natale. Questa bimba è troppo accelerata …" commentò Francesco. Emma avrebbe voluto fare una battuta sugli spermatozoi del marito, ma valutò che con una cervellona come Sofia era meglio non provocare. "Che significa accelerata?" domandò la piccola. "Ecco appunto …" decretò l'uomo, snervato. Ed erano solo le otto del mattino: sarebbe stata una lunga giornata. "Forza" incitò "incominciate a scendere che papà e mamma arrivano. Ma non aprite i regali finché non scendiamo noi"
In men che non si dica i più grandi si fiondarono tutti nel soggiorno, e le urla ultrasoniche riuscivano a superare anche le travi del soffitto del salotto. Babbo Natale o San Nicolò, come lo chiamavano da quelle parti, era passato, come sempre, eppure le bambine non riuscivano a non essere sorprese. Commentavano ogni dettaglio: le orme degli scarponi lasciate sul pavimento dalla porta fino all'albero, il piattino dei biscotti in cui erano rimaste solo le briciole, il bicchiere di latte e cioccolato in cui era rimasto solo il fondo, la ciotola con le carote vuota. Quell'anno i coniugi Neri avevano strafatto, ma dopo la gaffe dell'anno precedente dovevano recuperare punti.
Il tutto era naturalmente  contornato da Luna che, ogni volta che c'era confusione in casa, prendeva parte all'eccitazione generale ululando.
Di punto in bianco la quiete, anche Luna venne richiamata al silenzio. "Ecco" commentò Francesco, sogghignando, prendendo dalle mani di Emma il pannolino bagnato di Matteo "hanno trovato la lettera"
Mentre Emma rivestiva Teo potevano sentire Leonardo leggere alle sorelline il bigliettino di ringraziamento - ideato da lei e scritto da Francesco - per i dolcetti e le carote che avevano lasciato a lui e alle renne. San Nicolò invitava i bimbi ad essere sempre buoni, ad ubbidire alla mamma e al papà e a volersi bene, sempre.
"Eccoci qua, siamo tutti puliti e profumosi, vero Teo?!" disse Emma a Teo, con quella vocina vezzosa che lo faceva ridere e strapazzandolo di baci dal pancino alle guanciotte tutte rosse, mentre era ancora steso sul fasciatoio. "Direi che è ora di scendere, non resisteranno a lungo alla tentazione di aprire i regali" sentenziò Francesco. "Lo penso anche io, andiamo" "Andiamo a vedere se c'è un regalo anche per te, eh piccolino? Su! Su!" lo spronò il padre. "Certo che c'è un regalo per questo bimbo … è il bimbo più dolce della terra" lo rassicurò la madre.
Il piccolo, pur non comprendendo molto di quello che gli accadeva intorno, era divertito dall'atmosfera di festa generale e batteva le manine mentre lasciava la cameretta tra le braccia della madre.
Capitava raramente, di mattina, che in casa non ci fosse fretta. Anche di domenica, normalmente, veniva fuori qualche motivo per andare a cento all'ora: pranzo da preparare, la messa per le famiglie, il papà in servizio straordinario, le partite di hockey di Leonardo. Natale, invece, era il giorno dell'anno in cui, non importa quanti invitati fossero attesi a pranzo, crollasse il mondo Emma e Francesco si sarebbero dedicati ai bambini con tutta la calma che quel santo giorno meritava.
"Allora" chiese Francesco, entrando in salotto "è arrivato Babbo Natale?" "San Nicolò, papà!" tenne a precisare Sole. "E ci ha lasciato anche un biglietto" affermò Sofia, porgendo fiera la lettera al padre "lo ha letto Leo" Emma notò la maggiore delle bambine in piedi di fronte all'albero, immobile ed esitante "Che succede amore?" domandò, carezzandole la guancia "Ora potete scartare i regali!" "Mamma sono tutti uguali …"
Emma si inginocchiò di fronte all'albero e, lasciato libero Teo che scalpitava per gattonare vicino ai fratelli, frugò tra i regali, tutti impacchettati allo stesso modo e distinti solo dalla targhetta con il nome. Ritrovato quello per la bambina, le mostrò la targhetta. Nel frattempo Leonardo prese il suo ed iniziò a scartarlo. "Riesci a leggere quello che c'è scritto?" All'asilo, infatti, Sole aveva iniziato a fare pratica con le lettere dell'alfabeto, iniziando a leggere qualche parolina. Lentamente, la piccola, scandì "Esse .. ooo … elle … ee" "Ora proviamo con le sillabe …" "Sooo…le. Sole! È il mio!!!" "Bravissima amore!!! Dai … adesso vediamo cosa ti ha portato San Nicolò?!" La piccola iniziò a scartare, con calma, Emma non avrebbe saputo dire se stava attenta a non rovinare la carta oppure stesse semplicemente assaporando il momento. In questo era molto lei, ci si riconosceva.
"Wow!" esclamò Leonardo "I pattini!!! Grazie ma.." Francesco fece in tempo a zittire il figlio maggiore prima che si lasciasse scappare un'altra parola. Leonardo era nell'età in cui Babbo Natale non aveva più il significato che aveva per i fratelli, ma Emma e Francesco erano dell'idea che anche lui avesse diritto alla sua dose di magia e di sorpresa nel giorno di Natale. Fino a quel momento, i pattini per giocare ad hockey li aveva forniti la squadra per la necessità, naturale, di cambiarli di frequente. Ora, però, che Leo era ben determinato a continuare a praticare lo sport stabilmente, era arrivata l'ora di averne un paio tutti suoi, nuovi, affilati, comodi. Il ragazzino, aprendo la scatola per toccarli, per poco non scoppiò a piangere, commosso. In silenzio abbracciò il padre e diede un bacio alla madre. Indossò i pattini e, messi i coprilama, iniziò a camminarci in casa, salendo le scale per vedersi allo specchio nella stanza dei genitori.
Francesco ed Emma si scambiarono un'occhiata di complicità. Erano stati bravi, e non solo per il regalo. Se lo ricordavano bene com'era Leo, quando lo avevano conosciuto. Silenzioso, scontroso anche un po' egoista, ma non come possono esserlo tutti i bambini piccoli: era un cucciolo ferito, che aveva bisogno di essere curato e aveva bisogno di essere guidato. Ora, pian piano, iniziava a lasciare loro la mano, ad incamminarsi da solo. Sarebbe stato bello vederlo allontanarsi, guardandogli le spalle.
"Mamma!!! È Anna regina!!!" urlò Sole, incredula. Nella lettera non aveva fatto nessuna richiesta. Era una bambina talmente sensibile e speciale che, quando la mamma si sedette assieme a lei e alla sorellina per scrivere la lettera, le disse solo di scrivere che le piacevano le principesse delle favole. Non le interessava avere nulla in particolare, già solo l'idea di ricevere un regalo era un dono per lei. "Ma come faceva a sapere che era proprio quella che mi piace di più?" "Amore Babbo Natale è proprio speciale, sa leggere i pensieri e i sogni di ogni bambino buono" Sì, Babbo Natale conosce bene i cuori e i desideri dei suoi bambini.
"Sofi, principessina, perché non apri il regalo?" domandò Francesco alla piccola. Era stata quella che aveva fatto più baccano per scendere e scartare i regali e ora che era arrivata l'ora se ne stava impietrita di fronte alla scatola. "Voglio indovinare …" "Cosa avevi chiesto?" "Un cavallo vero, ma qui non ci entra …" Visitando spesso il maneggio di Giulio era praticamente sempre in groppa ai pony e spesso aiutava lo zio con la biada: l'unico momento in cui stava buona e ferma, concentrata e premurosa, era quando spazzolava il crine, poco importava se fosse vero o finto. Per lei però, non bastava più; Francesco sapeva bene che il desiderio più grande della sua bambina era uno solo: andare a cavallo con il papà in groppa ad Oliver. Da quando aveva scoperto che, ancora piccolina, ci era già salita, non si dava praticamente più pace. E l'uomo sapeva che la pazienza che le aveva chiesto era uno sforzo veramente grande per una bambina tanto piccola, ma Oliver era l'unico cavallo di cui si fidasse e in quel momento, non era in condizione. Aveva subito un brutto infortunio durante una ricognizione in quota e la riabilitazione era stata lunga e snervante per l'animale. Spesso era irrequieto e anche Francesco faceva difficoltà a tenerlo a bada. Ma il veterinario era fiducioso: presto sarebbe tornato l'Oliver di sempre.
"Io se fossi in te non aspetterei oltre …" l'uomo pungolò la bambina, facendole l'occhiolino "anche perché dalla scatola non so quanto si possa capire" "Va bene"
La bambina allora si decise a scartare il pacco, al contrario della sorella in maniera poco aggraziata, senza curarsi di mantenere la carta regalo intatta. Era una semplice scatola da imballaggio, marroncina, senza alcuna scritta né indicazione. La bambina era perplessa ma, incitata dai genitori, non si perse d'animo. Il padre corse in suo aiuto con le forbici, per rimuovere l'ultimo strato di nastro adesivo che chiudeva la confezione. Apertala, si trovò davanti una miriade di chips in polistirolo. Si girò verso la madre e i suoi occhi sembravano chiederle se fosse per caso uno scherzo. Voleva essere forte, ma tra le righe iniziava a leggersi una vena di delusione: era dolcissima, ed Emma quasi si sentiva in colpa per averla fatta penare così tanto, a differenza degli altri bambini, ma non era colpa sua se il pacco era arrivato in quel modo.
"Amore è solo l'imballaggio" spiegò Francesco, tranquillo e sicuro "evidentemente è qualcosa che non si deve rompere e Babbo Natale è stato attento. Cerca nella scatola"
La bimba di tuffò con le braccine nell'imballaggio e le sue manine subito trovarono quello che cercava. Tirando su la sorpresa, tutte le "patatine" di polistirolo si sparpagliarono sul pavimento. "Un caschetto?" domandò. "Guarda meglio … " la incoraggiò il padre, indicando un lato del casco rosa "qui c'è disegnato qualcosa". La bimba girò il casco nella direzione che le aveva indicato il padre. Era un elmetto blu, piccolo, perfetto per la sua testolina, decorato con tante stelline colorate tutte intorno e, là dove puntava il dito del papà … un cavallo bianco che guarda la luna.
"È un cavallo!!!" "Eh sì … e allora lo sai che vuol dire questo?" domandò Francesco. "Cosa?" "Che a primavera devo proprio portarti insieme a me ed Oliver …" le disse, sgranando gli occhi per impressionarla. La bimba urlò di gioia, saltellando per la felicità nella stanza. Sole, con la sua bambola, e Teo, che sotto l'albero aveva trovato un tappetino musicale e ci stava ballando sopra aiutato dalla madre, non sembravano altrettanto toccati. A Sole piacevano i cavalli, ed Oliver era il suo protetto, ma a confronto, Sofia era un caso patologico. "E quando è primavera?" domandò la bambina, riprendendosi. Era buffa: anche lei come Leo, aveva indossato subito il suo regalo,  ma l'allacciatura andava regolata e la visiera del caschetto finì per coprirle interamente gli occhi e fu costretta ad alzare il mento per guardare la madre, tendendo il casco con le mani per non farlo cadere all'indietro. "Vieni qui" il padre la portò verso di sé, per aggiustarlo. Sapeva, infatti, che difficilmente sarebbero riusciti a toglierglielo nell'ora successiva. "Tra qualche mese" le spiegò la mamma "quando non farà più buio presto e quando il lago non sarà più ghiacciato".
Per allora, speravano, Oliver si sarebbe ripreso completamente e Francesco avrebbe potuto portare la piccola a cavallo, come desiderava. Condividere le proprie passioni con i figli, era per l'uomo uno dei regali più preziosi che la vita gli aveva fatto. Ce lo siamo fatti da soli, gli diceva Emma spesso: lei era dell'idea che era solo il frutto dell'educazione che avevano dato ai bambini, mostrando loro ciò che più conta nella vita e non l'affetto per i beni materiali.
"Bene … io direi che è ora di fare colazione … io avrei un certo languorino. A chi va una fetta di pandoro con la Nutella?" "Emma …" "È Natale, su…Leo, scendi!"
Mentre in cucina le tazze di latte caldo fumavano e in cucina i cucchiaini tintinnavano contro lo smalto delle tazze, Francesco si era attardato in salotto, con la scusa di rimettere tutto in ordine. In realtà c'era un regalo in sospeso. Stava in piedi vicino ad una cornice appesa alla parete, una foto in bianco e nero di lui e Marco, una delle ultime, che Rosa e Antonio conservavano e avevano fatto ingrandire. Con la neve che arrivava alle ginocchia dove non veniva spalata regolarmente, era impossibile d'inverno fare visita al cimitero della pieve. D'altronde, Francesco, non aveva bisogno di una lapide per sentirlo vicino: nel suo cuore sarebbe rimasto sempre così, sempre il suo bambino, eppure ora avrebbe 22 anni, sarebbe stato uno studente universitario, o magari avrebbe già avuto un lavoro e avrebbe chiesto al padre di non fargli più regali, perché era grande e non ce n'era più bisogno.
Chissà come sarebbe stato, se fosse ancora vivo. A volte si chiedeva se avrebbe mai conosciuto Emma, se ci sarebbero stati Leo e Sole e Sofia e Matteo. Persino Luna. La verità era che, in qualche modo, tutto quello che era successo era stato un clamoroso e perfetto allineamento di stelle. Doveva succedere, sarebbe successo comunque. Ne era sicuro. Non era solo un caso.
Prese una scatolina dalla base dell'albero e la aprì. Era la collanina che, insieme a Leo, avevano fatto e regalato ad Emma per la nascita di Sole. "Adesso sei un ragazzo … giocattoli non ne puoi più avere" disse, parlando con la foto, sommessamente "io ed Emma pensiamo che debba averla tu. È giusto così. Ti sarebbe piaciuta Emma."
Avrebbe voluto dirgli mille cose, gliele diceva ancora ogni giorno e sentiva la sua voce, ancora quella del bambino che gli rispondeva "Ah pa', ma è Natale, oggi non ci sta niente da piangere"
E non avrebbe pianto. Era felice per tutto quello che la vita gli aveva dato. Per i bambini, che non avrebbero mai capito appieno la sofferenza che lui aveva provato, né la gioia che il loro arrivo aveva portato nella sua vita. Ed era felice anche per Marco, per i giorni che avevano potuto passare insieme, anche se pochi.
"Amore il caffè è …" Emma si frenò, vedendolo appendere il piccolo tao in legno alla cornice in salotto. Gli si avvicinò, silenziosa, incrociando il suo braccio a quello del marito e appoggiando la guancia sulla sua spalla "Tutto bene?" "Sì …" Emma lo scrutò, portandosi dentro la solita preoccupazione. Poteva solo immaginare quello che passava per la mente di Francesco: c'era stato un periodo in cui aveva creduto di portarsi dentro lo stesso dolore, ma la verità era che erano imparagonabili. La sua ferita si era via via rimarginata: non era sicura che si potesse dire la stessa cosa per suo marito.
"Non è giusto però" disse, tentando di stemperare i toni "tutti hanno ricevuto un regalo quest'anno tranne tu" "Io non ti ho fatto nessun regalo … come nei patti" "E la serata in palafitta? O il pomeriggio alle terme?" Francesco sbuffò "Quelli non contano … la palafitta era per la famiglia e le terme per tutti e due. E comunque"  preciso "se proprio vogliamo fare i precisi io ce l'ho il mio regalo di Natale. Sembrerà banale ma sei tu tutto quello che voglio. Passare la giornata sapendo che ci sei e svegliarmi sapendo che non è stato un sogno vale più di qualsiasi cosa che possa essere impacchettata e messa sotto l'albero."
Ad Emma sfuggì una lacrima. Ricordarlo com'era quando lo aveva conosciuto, vederlo com'era ora, di fronte a lei, era la prova che i miracoli non accadono solo a Natale, ma giorno per giorno, poco alla volta, di fronte ai nostri occhi. A volte senza neanche farci caso.
Corse con la sua mano ad accarezzare il volto del marito, che aveva unito la sua fronte alla sua. Quando stavano così, il tempo si fermava. Sentivano solo i loro battiti e i respiri che, poco alla volta, si sincronizzavano. Erano a casa.
Un colpo sulle gambe, però li distrasse dalla loro bolla. La lupacchiotta di casa uggiolava per protesta, tenendo il guinzaglio tra i denti: sarà stato anche Natale, ma per lei era solo l'ora dei bisognini. "Buon Natale anche a te Luna!" esclamarono all'unisono, ridendo.
Un'altra giornata era iniziata, con la sua routine e  i suoi ritmi, poco diversa da tutte le altre, alla fine, nonostante fosse un giorno di festa. Ma, a loro modo, tutti i giorni erano speciali: erano insieme apertamente, con i loro pregi ed i loro difetti, chiassosi, complicati, ognuno pronto a svilupparsi in direzione diversa, come dei rami di un albero. Ma, proprio come i rami di un albero, erano uniti da quel tronco che era il loro grande amore.


 

Angolo dell'autore

Siamo arrivati alla fine di questa piccola avventura, un viaggio nel futuro della nostra amata banda di matti. Spero vogliate farmi sapere le vostre impressioni a riguardo.
Ma non pensate che sia finita qui, c'è tutta una lista di cose che mi piacerebbe raccontare perciò state sempre all'erta perché da un momento all'altro potrei tornare con un nuovo capitoletto di questa raccolta.
A presto


crazyfred
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Un passo dal cielo / Vai alla pagina dell'autore: crazyfred