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Autore: Wild_soul    09/05/2021    1 recensioni
Stiles Stilinski, un giovane poliziotto forse fin troppo sveglio per la sua età.
Derek Hale, dichiarato colpevole dell’omicidio della sua famiglia.
Il loro incontro-scontro avverrà proprio di fronte alla scena di un crimine. Ma sarà possibile per Stiles avere fiducia in un ricercato?
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Accese la jeep e partì a tutta velocità, non sapendo minimamente in che direzione andare. La sua speranza era scorgere Oscar mentre correva sulla banchina, non che gli tagliasse improvvisamente la strada con il rischio di essere investito. Lo vide attraversare sull’asfalto bagnato dalla pioggia di quel pomeriggio e dirigersi verso il bosco.

“Ovviamente” mormorò sconsolato Stiles, battendo il pugno sano sul volante e lanciando qualche imprecazione verso ‘quel dannato sacco di pulci’. Decise di compiere la seconda pazzia della serata, quindi afferrò il telefonino, attivò la modalità torcia e abbandonò la sua piccolina nel bel mezzo della strada con le quattro frecce accese.

Dopo avrebbe avuto tempo di pentirsi della scelta, ora doveva andare a prendere il suo compagno.

Si inoltrò nel fitto della vegetazione, puntando di fronte a sé il flash del telefono. Non era ancora buio, ma nel bel mezzo del bosco la luce iniziava a scarseggiare. Continuò a chiamare il cane per una decina di minuti, mentre avanzava tra gli alberi e sobbalzava ad ogni fruscio alle sue spalle. Quella era stata sicuramente la decisione peggiore della sua vita.

D’un tratto, la sua attenzione fu catturata da un guaito a pochi metri di fronte a sé e, puntando la torcia, riconobbe la grande massa di pelo nero. Fece per avvicinarsi, ma Oscar ringhiò per l’ennesima volta in quella serata e Stiles si costrinse a non avanzare. Il suo ‘non avanzare’ si trasformò in ‘scappa’ non appena incrociò lo sguardo dell’animale. Quegli occhi erano blu, e non un semplice l’azzurro ghiaccio, ma blu brillante. Stavano letteralmente scintillando al buio.

Il cane emise un forte guaito e si accasciò a terra, mentre il poliziotto non sapeva se fare dei passi indietro e scappare o avanzare per soccorrerlo. Ma i suoi occhi lo avevano spaventato troppo per potersi avvicinare. “O-osc-“ le parole gli morirono in gola non appena si accorse che il corpo dell’animale stava iniziando a deformarsi. Le zampe si stavano allungando, mentre Le orecchie ed il muso si facevano meno affusolati, fino ad appiattirsi. Anche il pelo nero iniziò, man mano a ritirarsi e, allo stesso modo, scomparve la coda.

Il corpo di fronte a sé, che Stiles si rifiutò di definire ‘umano’, prese a respirare lentamente e con fatica, fino ad alzarsi in piedi. Su due gambe.

“Non è stata una scelta intelligente soffiarmi addosso dello strozzalupo, ragazzino” e l’agente sarebbe stato in grado di riconoscere tra mille quella voce saccente nonostante l’avesse sentita parlare solo due volte. Ora gli era parsa più rauca di come la ricordasse, ma era sicuro appartenesse a lui. Alzò nuovamente il flash del telefono, che aveva istintivamente abbassato dalla paura, verso la figura di fronte a sé e i suoi pensieri vennero confermati.

Un Derek Hale molto serio –e molto nudo- si stagliò davanti alla luce, socchiudendo appena gli occhi.

Stiles fece uno o due passi indietro, sentendo il panico arrivargli a mozzare il respiro. No ok, aveva fatto decisamente più di un passo indietro, perché si ritrovò con la schiena contro il tronco di un albero.

“Siediti, devo parlarti” gli disse il maggiore, avvicinandosi con cautela.

“Cosa sei?” chiese istintivamente il ragazzo, schiacciandosi maggiormente contro la corteccia.

“Credo tu ci possa arrivare da solo”

“Sei sempre stato lui”

“Si” ci furono dei secondi di silenzio in cui Derek monitorò il battito cardiaco estremamente accelerato del minore.

“O mio Dio” gli occhi dell’agente si spalancarono e il licantropo ebbe seriamente l’impressione che stesse per svenire “Le hai uccise tu. Le hai davvero uccise tu”

Il maggiore fece un profondo respiro. Era ben consapevole che l’altro sarebbe giunto a quelle conclusioni “È proprio di questo che devo parlarti. Sono tornato a Beacon Hills due mesi fa perché mi era giunta voce che fosse scomparsa Victoria Argent”

“Ma eri già sul posto quando ho trovato Kate morta. Come potevi sapere dove fosse?” Stiles si fece coraggio e avanzò di un passo contro il moro, puntandogli contro il flash, dimenticando per un attimo che si trattasse del telefono e non di una pistola.

“Non ti ho mentito quando ho detto di aver sentito l’odore del sangue” percependo il battito cardiaco dell’agente ancora troppo accelerato, continuò “Mi sono dovuto fingere…Oscar…per avere un contatto diretto con le analisi. Speravo che in questi giorni avrebbe attaccato ancora, ma così non è stato”

“Chi avrebbe attaccato?”

“L’Alpha”

“Un altro…u-uno più forte, giusto?” domandò Stiles, ricordandosi di aver letto qualcosa a riguardo sul Bestiario “Come fai a sapere che si tratti di un Alpha?”

“La spirale, l’hai notata anche tu, e le ferite sulle Argent. Quel morso e quei graffi all’altezza della giugulare non sono stati fatti per uccidere, come potrebbe sembrare, ma per trasformarle”

“Voleva trasformarle?”

“Esatto”

“Non ha senso, per quale motivo le avrebbe uccise, allora?” domandò l’agente, per nulla convinto dalle parole del moro.

“Non lo so” ammise Derek, avanzando di un passo, percependo un distintivo aumento delle pulsazioni di Stiles “So solo che ha a che fare con l’incendio della mia famiglia”

“Villa Hale? Perché? E perché dovrei crederti? Potresti uccidermi anche ora” domandò l’altro, con voce più acuta del dovuto.

“Se ti avessi voluto morto non credi che l’avrei potuto benissimo fare in questi giorni?”

“O forse è proprio quello che vuoi farmi credere. Vuoi che io ti scagioni da tutte le accuse a tuo nome” il telefono in mano a Stiles aveva iniziato a tremare visibilmente “Sei un licantropo” sussurrò, facendo per la prima volta quell’affermazione ad alta voce.

Derek sospirò nuovamente. Era perfettamente consapevole che sarebbe stato complicato spiegare ad un umano concetti che a lui sembravano elementari, ma era anche consapevole che il poliziotto in quel momento non gli credesse minimamente. Stiles non aveva mai avuto a che fare con il mondo paranormale, era logico che il suo cervello stesse imponendo delle barriere contro quei nuovi assurdi concetti.

“So che non ti fidi di me…” 

“Perspicace” rispose il minore, con una punta di velenoso sarcasmo.

“Ma ho davvero bisogno del tuo aiuto. Ho bisogno di un contatto diretto con le indagini per poter continuare con le ricerche sull’alph-“

“Non è tuo compito proteggere questa città, Hale” lo interruppe nuovamente l’agente “È compito mio, mio e dei miei colleghi. Non c’è bisogno del finto gesto eroico di un…mostro come te” 

Derek incassò silenziosamente l’insulto appena guadagnato, ricacciando in gola un ringhio che aveva minacciato di fuoriuscire “Non sapete a cosa state andando incontro, vi servono le mie conoscenze”

“La polizia è sempre stata in grado di difendere Beacon Hills anche senza il tuo intervento” ma l’agente si maledisse non appena negli occhi del licantropo guizzò un lampo azzurro.

“Davvero, agente?” Derek fece un passo avanti, minaccioso “E dove era la polizia mentre la mia famiglia stava gridando in mezzo alle fiamme?” si ficcò gli artigli nei palmi, incapace di controllarli “Dove sono queste famose ricerche che gli agenti hanno fatto per trovare il piromane? Ma, sicuramente, si è trattato di un incidente, vero? Anche per le Argent si è trattato di un tragico incidente, ma state –o meglio, stai- continuando le indagini. Perché? Perché hai bisogno di risposte. Perché sei abbastanza intelligente da capire che quelle maledette aggressioni animali sono solo una cazzata” il licantropo si impose di fermarsi, troppo furioso per poter parlare o per poter mantenere semplicemente il controllo.

“Sto facendo del mio meglio per poter protegg-“

“Se questo è il tuo meglio, non mi sembra che Beacon Hills sia in buone mani, Stiles” nonostante Derek stesse concentrando ogni sua forza per mantenere l’autocontrollo, riuscì comunque ad avvertire i battiti di Stiles farsi più irregolari.

“La morte delle Argent non è colpa mia” era poco meno di un sussurro, ma il suo udito da mannaro gli aveva permesso di sentirlo.

E non si affrettò neanche a rincorrerlo quando vide il ragazzo scappare via tra gli alberi. Istintivamente il licantropo aveva ipotizzato che l’agente se ne fosse andato per paura, e non lo biasimò, ma dopo pochi secondi il suo olfatto fu colpito da un odore salato estremamente sgradevole. Alzò nuovamente lo sguardo verso dove, pochi secondi prima, si trovava Stiles. 

Lacrime. Quel ragazzo si sentiva davvero in colpa per la morte delle due donne.

 

E Stiles quella notte aveva pianto. Aveva pianto come un bambino di cinque anni. Perché Derek aveva affermato ad alta voce quelli che erano i pensieri del ragazzo da ormai settimane.

Si sentiva colpevole. Sì.

Eppure, quando aveva deciso di intraprendere la carriera del padre, Noah gli aveva spiegato chiaramente che la vita da poliziotto non fosse così avvincente come esternamente poteva sembrare. Ovviamente il ragazzo non aveva mai dato peso a quell’affermazione fino a quando non si era ritrovato di fronte al cadavere di Victoria e, a poche settimane di distanza, a quello di Kate.

E, in cuor suo, Stiles sapeva che anche le parole dello sceriffo fossero da sempre state giuste. “Ti ho affidato un compagno, Stilinski.  Credo che, visti gli ultimi avvenimenti, far parte di una squadra possa aiutarti a riacquisire coraggio” Perché lo sceriffo aveva molta più esperienza in quel campo o, forse, perché conosceva l’agente più di quanto quest’ultimo potesse immaginare. Infatti la presenza di Oscar, nonostante Stiles continuasse a negarlo, lo aveva aiutato, eccome. Forse la loro convivenza era stata più turbolenta del necessario, ma erano proprio quei battibecchi a mantenere la mente dell’agente lontana dai suoi sensi di colpa. Dal rimuginare dei suoi pensieri iperattivi.

Ma ora?

 

Erano passati circa una decina di giorni dall’incontro con Derek Hale. Era stato molto complicato spiegare il perché dell’improvvisa assenza di Oscar, soprattutto a Parrish, che gli si era affezionato particolarmente. Stiles aveva apparecchiato una delle sue solite bugie, sostenendo che quel cane fosse assolutamente impossibile da gestire come unità cinofila -il che era una mezza verità-. Sperava solo che nessuno dei suoi colleghi telefonasse effettivamente alla centrale di addestramento per accertarsi della cosa.

Sbuffò pigramente, allungandosi sullo schienale della sedia ed assumendo una posa decisamente non consona per un agente in divisa. Era veramente troppo stanco. Neanche il lieve bussare alla porta lo fece muovere da quella posizione così comoda. E Stiles imprecò mentalmente non appena vide il profilo dello sceriffo fare ingresso nel suo ufficio.

“Buongiorno, signore” farfugliò, alzandosi in piedi e tentando di darsi un contegno

“Siediti pure, Stilinski” rispose tranquillamente l’uomo, accomodandosi a sua volta alla postazione di fronte alla scrivania “vorrei parlare con te un minuto, se non disturbo” ad un flebile cenno affermativo dell’agente, l’uomo proseguì “Non ti presenti nel mio ufficio da quasi due settimane e volevo sapere se fosse tutto apposto. Parrish mi ha fatto riferito che hai riconsegnato Oscar…ci sono stati problemi?”

“Semplicemente, sceriffo, ho constatato di non essere in grado di prendermi cura di un animale e, di certo, partire con un cane non incline alle regole non è stata una saggia scelta” rispose il minore, alzando svogliatamente le spalle.

“Sarebbe questo il motivo?” la domanda dell’uomo, inaspettatamente per l’agente, non suonò come un rimprovero.

“Sì, signore” rispose prontamente. E Stiles giurò per un attimo di avere di fronte a sé lo stesso sguardo di Derek che, poche sere prima, lo scrutava silenziosamente. Gli sembrò che quell’uomo lo stesse studiando in uguale maniera.

Lo sceriffo fissò i suoi occhi azzurri in quelli del ragazzo per alcuni secondi prima di alzarsi dalla sua postazione e muoversi verso la porta.

“Comunque ti vedo molto stanco, Stilinski. Stasera vai a dormire prima, mi raccomando, anche se alcuni studi sostengono che la luna piena influisca negativamente sulla qualità del sonno” affermò il maggiore, prima di chiudere la porta dell’ufficio dietro di sé.

Stiles rimase per alcuni secondi immobile prima di comprendere le parole dello sceriffo. Afferrò istintivamente il calendario sulla scrivania –stava iniziando ad odiare quel ammasso di fogli- per confermare il suo sospetto.

Quella sera ci sarebbe stata davvero la luna piena.

 
   
 
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