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Autore: Little Firestar84    22/05/2021    9 recensioni
Per ringraziarla dell'aiuto, ma sopratutto del successo della sua ultima sfilata di moda mare, Eriko chiede a Kaori di accompagnarla in una vacanza tutto compreso... Sotto il sole delle Bahamas, ci sarà da divertirsi!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Venghino signori venghino a leggere l'ultimo capitolo! Grazie a chi ha letto, chi ha commentato, e grazie a Klau Saeba per la trama!

“No, no e poi no! Io la camera con te non la divido! Si tratta di principio: io le camere da letto le divido solo con vere donne, e solo quando sono bellissime! Piuttosto dormo in piscina!” Davanti all’esternazione di Ryo, che digrignava, furioso, i denti, Kaori si limitò a fare spallucce; fuori, di notte, ci sarebbero stati comunque intorno ai venti gradi, quindi Ryo non ne avrebbe patito.

E poi, non le importava nulla di quello che lui faceva o diceva. Era ancora arrabbiata con lui per tutte quelle cose che le aveva detto. Aveva a lungo tollerato gli insulti e le frecciatine di Ryo, ma un conto era quando quelle cose gliele diceva in privato, ma il modo plateale in cui lo aveva fatto ora, la convinzione che pareva avere nella voce… e poi, non sarebbe potuto andare lì semplicemente per lei? Perché c’era sempre bisogno che i loro amici si intromettessero o la assegnassero come caso, per poterlo far muovere per lei?

Mentre prendeva il pigiama dall’armadio, Kaori si strinse la stoffa al petto, rifiutandosi di guardare Ryo che usciva, seccato, sbattendosi la porta alle spalle.

La donna andò a farsi un lungo bagno, per rilassarsi e cancellare lo sporco dei giorni di prigionia, ma la vasca piena di bolle, il profumo dei sali e nemmeno l’esperienza sensoriale del delizioso e pregiato bagnoschiuma di Molton Brown, dal delicato aroma di pesca, sembrava placare il suo animo tormentato.

C’era qualcosa di vero in quello che lui le aveva detto? Davvero lei non valeva nulla come partner ed era solo un incapace che gli creava sempre e solo problemi?

Appoggiando la nuca contro il bordo della vasca, Kaori si lasciò cullare dalle bassi luci calde del lampadario, chiedendosi se Ryo rimpiangesse di aver fatto quella promessa a Hide tanti anni prima - e se ancora la volesse al suo fianco. A volte credeva di sì, a volte… a volte, nemmeno lei sapeva cosa Ryo pensasse veramente, e non capiva se fosse perché non lo conosceva, o perché lui, con lei, alzava un muro di indifferenza, celandosi dietro tutta una serie di maschere.

Kaori sospirò, lasciandosi scivolare nella vasca, permettendo all’acqua schiumata di coprirla e bagnarle i capelli mossi; rimase alcuni secondi in apnea, poi riemerse, scuotendo il capo come una bambina, quasi fosse un cagnolino bagnato, e poi sorrise, pensierosa: di certo, quello non sarebbe servito a farle capire meglio il suo partner.

Prese a lavarsi veloce e decisa; stare ammollo non sembrava aiutarla a rilassarsi, anzi, in quella bolla silenziosa la sua mente la perseguitava ancora di più con dubbi e domande  a cui non aveva risposta.  Una volta finito, si frizionò leggermente i capelli, e dopo aver applicato un velo di crema sul suo intero corpo, indossò il completo di seta verde decorato con fiori che Eriko le aveva regalato, un pantaloncino ed una canottiera, morbidi al tatto e nelle linee.

Aveva appena finito di indossare il capo per la notte che sentì la porta della camera chiudersi, venir sbattuta, ed alzando un sopracciglio andò a vedere cosa Ryo fosse tornato a fare in camera.

“Che iella!” L’uomo sbottò, lasciandosi cadere a sedere a gambe incrociate sul letto. “La notte ritirano i lettini! Mi tocca dormire in camera con te!”

“Beh, in questo caso….” Kaori lo fulminò, facendogli sciò con la mano. “Puoi benissimo prenderti il divano!”

Ryo adocchiò suddetto divano; era corto, scomodo, fatto più per risaltare sulle riviste di arredamento che per comodità. Inoltre, era il tipo di divano su cui a malapena ci si poteva stare seduti: dormirci sopra era fuori discussione, specie per uno alto e muscoloso come lui.

“Su quel coso minuscolo? Manco morto!” Borbottò lui, a braccia conserte. “Dormici tu che sei bassa!”

“Neanche per idea! Io ero qui da prima di te, quindi il letto mi spetta mi diritto! E poi io sono alta per gli standard giapponesi, lo sanno tutti! E sono una donna. Dici sempre di essere un cavaliere, quindi dimostralo!”

“E dove sarebbe questa donna di cui parli? Io qui vedo solo una virago mezza uomo!” Ryo borbottò. Era più forte di lui: anche volendo, quelle parole gli uscivano ogni maledetta volta dalla bocca.

“Ah, è così, eh? Beh, allora lascia che ti faccia vedere di cosa sono capace, idiota!” E così dicendo, sedendosi con un ginocchio sul letto, Kaori lo prese a cuscinate fino a che Ryo non scivolò sul pavimento. Mettendosi sotto le coperte, mentre il partner sbatteva le palpebre quasi incredulo, lei si sistemò per bene, spegnendo la luce e cercando di non prestargli ulteriore attenzioni.

Sbuffando e borbottando, Ryo si spogliò, rimanendo in boxer, e sistemò il cuscino sul divanetto; si coricò, i piedi e le gambe che sporgevano di trenta se non di più centimetri buoni, cadde un paio di volte mentre, girandosi, cercava una posizione adeguata, ma nulla: non gli rimaneva altro che bofonchiare, mentre intanto, nel letto, Kaori iniziava a sentirsi leggermente in colpa, e fissava il soffitto.

Quel letto era enorme: non ci stavano solo due persone, avrebbe potuto ospitare un’armata quasi… e Ryo si stava dimenando nel tentativo di trovare sollievo. Quasi già lo sentiva, lamentarsi per il mal di schiena!

Accese quindi la luce e prese tutti i cuscini che aveva a disposizione, gli asciugamani arrotolati nel bagno, e creò una barriera nel bel mezzo del materasso; poi, svogliatamente, raggiunse il divanetto, e punzecchiò il socio sulla spalla con un dito per attirare la sua attenzione.

“Ryo, dai, se prometti di comportarti bene ti lascio dormire in una metà del letto!”

“No!” Rispose lui con il tono petulante di un bambino. “Io divido il letto solo con le donne, è una questione di principio!”

Kaori strinse denti, pugni, divenne tesa come una corda di violino mentre sentiva salire la rabbia;  fu tentata di colpirlo, di urlargli contro, ma poi la tristezza ebbe la meglio: tanto, a che serviva arrabbiarsi? Ryo difficilmente sarebbe cambiato. A quel punto, molto meglio fare l’indifferente.

“Fai pure come vuoi, sai che me ne importa!” Borbottò, girandogli le spalle, con un tono freddo e distaccato. Fu questo a colpire Ryo: la mancanza di rabbia e di reazione. Ultimamente capitava che Kaori avesse talvolta questa reazione, e nonostante lui le ripetesse ad oltranza che non aveva motivo per essere gelosa – dato che non stavano insieme – e che per lui lei era come uomo, quando lei non si arrabbiava era… spiazzante, e gli faceva avvertire come una fredda morsa che lo attanagliava.

Fece per voltarsi per guardare Kaori, ma nel farlo, cadde fragorosamente dal divanetto. Si massaggiò la spalla, leggermente dolente, su cui stava comparendo un livido bluastro dopo le spallate che aveva dato alla porta della stanza in cui Eriko e Kaori non avevano avuto bisogno di essere soccorse, e afferrando il cuscino, quasi fosse stato un orsacchiotto, raggiunse il letto. Kaori si era già sistemata, coricandosi su un fianco, il volto girato verso la parete.

“Capisco che resistere al mio fascino possa essere difficile, ma che sia chiaro, socia,” Ryo la avvertì, e lei a malapena si trattenne dal ridere. “Guai a te se ti approfitti di me!”

“Che scemo, guarda che sei tu quello che ha sempre solo in testa quello…mica sono come te, io!” lo redarguì, con una nota però di allegria nella voce, e le guance arrossate all’idea che avrebbe dormito nello stesso letto del suo Ryo. L’uomo si sistemò, rigido ed impacciato, sotto il sottile lenzuolo, rubando occhiate furtive alla sua partner, e sfiancati da quei giorni e dalle litigate, presto entrambi sprofondarono in un appagante sonno.

Era ormai mattina quando si svegliarono, con il sole che filtrava attraverso le tende di lino, che danzavano, mosse dalla brezza del mare; Ryo nella notte si era scoperto, e dormiva a pancia all’aria, braccia e mani comodamente spaparanzati sul materasso, e la cortina di ferro messa su la notte precedente era ormai caduta, sparsa sulle lenzuola o per terra.

E Kaori era accoccolata contro il petto di lui, le labbra all’altezza della giugulare, le mani sul petto caldo, a sfiorare la cicatrice, e le gambe intrecciate alla solida coscia di Ryo. La donna ingoiò a vuoto, sentendosi il cuore pulsarle nel petto con un ritmo incessante, pazzo. Alzò lo sguardo verso il volto di Ryo: era tranquillo, sereno… quasi…. Quasi in pace. Sembrava un bambino angelico!

Sorrise, allungando una mano verso le labbra carnose e piene, leggermente aperte, e le sfiorò con un tocco così delicato da essere quasi come quello di una piuma. Rammentò le volte in cui lui aveva finito per addormentarsi accanto  a lei, come apparisse sempre in pace in quei momenti, e si chiese se sarebbe mai capitato di nuovo, o se un giorno si sarebbe stufato di lei e le avrebbe aperto la porta, spingendola fuori.

Forse sì’, forse no.

Si allungò leggermente, e sondando lo sguardo dell’uomo, alla ricerca di segnali che indicassero che fosse sveglio, lo sovrastò col suo delicato corpo, e socchiudendo gli occhi gli lasciò un delicato bacio sulle labbra.

Un semplice tocco. Tutto lì. Ma lei era da tempo che lo desiderava, e temeva che se non avesse fatto così, non avrebbe mai potuto averlo.

Si ritrasse, sfiorandosi la bocca mentre sorrideva, emozionata, ed arrossiva; ed intanto, lui si girò verso di lei, la strinse, e facendole sentire la portata del suo desiderio mattutino affondò il viso tra i seni di lei, mormorando con una voce da ubriaco addormentato insensatezze, inesattezze  e cose intellegibili, che nemmeno lei comprese pienamente perché, guidata dall’istinto, lei, innocente creatura ingenua, senza se e senza ma lo colpì, dandogli una martellata in pieno viso e scaraventandolo fuori dalla finestra- anzi, attraverso di essa, con una tale forza che il vetro andò in frantumi.

Ryo sospirò mentre tornava in camera, pronto a cambiarsi per passare il loro ultimo giorno alle Bahamas, massaggiandosi il capo ancora dolorante, mogio come un cane bastonato…. Quando aveva stretto a sé Kaori dopo quel delicato bacio, desideroso di approfondire la cosa, non si era certo aspettato che lei reagisse così, anche se, visti i precedenti, forse avrebbe dovuto immaginarlo… era più plausibile che lei facesse così, piuttosto che la prospettiva di saltargli addosso  e prendere a fare l’amore!

Beh, almeno Kaori lo aveva preso a martellate: forse c’era ancora speranza per loro!

***

Pantaloni scuri al ginocchio, maglietta azzurro carta da zucchero con sopra una camicia a stampa tropicale, Ryo camminava per le vie dei mercatini di Nassau dietro a Kaori ed Eriko ed il suo “amichetto”, Cechov. Non riusciva a capire come le donne potessero voler fare acquisti dopo quello che era capitato loro, ma ormai era da tempo immane che aveva ammesso, almeno con se stesso, che lui, le donne, non le avrebbe mai comprese nel profondo.

Si fermò dietro a Kaori, che quel giorno indossava un costume intero di un rosa intenso, con shorts di jeans e una casacca di lino bianca e espadrilles piuttosto alte; la sua socia si era attardata ad un banco che vendeva gioielli locali, e stava rimirando, affascinata, una collana realizzata con diversi fili, creata con un sapiente mix di schegge di conchiglie rosa e dischi di madreperla, il tutto tenuto insieme da un semplicissimo moschettone di argento, di quelli che si trovavano al mercato per pochi soldi.

“Che c’è, ti piace quella roba?” Le domandò, usando il suo solito tono pungente, seccato ed acido, guardando il monile da sopra la spalla della partner. “Hai solo da comprartela!”

“Tanto non ho niente con cui metterla!” Lei  rispose, piccata, con una scrollata di spalle, ed intanto arrossì, quasi fosse arrabbiata, e voltò il capo dall’altra parte. Affrettò il passo, raggiungendo Eriko e prendendola a braccetto, chiacchierando e sorridendo come se tutto andasse bene, e intanto Ryo sospirò, mentre la donna dietro al banco, una procace matrona sulla cinquantina, lo guardava tronfia e soddisfatta, presagendo già un’ottima vendita.

“Quanto per questa?” Ryo domandò, col suo perfetto inglese, sollevando il monile con un dito ed esaminandolo con occhio critico.

“Oh, per te un ottimo prezzo, ragazzo: solo centoventicinque dollari!” La donna sorrise, indicando chiaramente che il valore reale dell’oggetto fosse ben inferiore a quanto da lei richiesto.

“Centoventicinque dollari?! Ma è un furto! Te ne do al massimo cinquanta, per essere buono!” Ryo controbatté, sbattendo i piedi. Dall’altra parte del bancone, la donna lo guardò, decisa, incrociando le braccia.

“Ragazzo, le cose possiedono il valore che noi gli attribuiamo… e più una cosa ci serve, più siamo disposti a pagare per averla. Direi che è chiaro che a te questo gioiello serva parecchio. Non avrò capito una parola di quello che tu e la tua donna vi sarete detti, ma è chiaro che l’hai fatta incazzare di brutto e che devi farti perdonare se vuoi tornare nel suo letto stanotte. Quindi, sono centocinquanta dollari.”

Così dicendo, gli mostrò il palmo, attendendo, sorridente ed ansiosa, il suo denaro, mentre Ryo, portafoglio in mano, la guardava di brutto.

“Non erano centoventicinque un attimo fa?” Sbuffò, mentre contava le banconote; non le avrebbe dato un centesimo di più, quella megera molto probabilmente si sarebbe tenuta il resto come mancia…

“Sì, ma adesso è aumentato di valore! E se non ti sbrighi a pagare, tra un po’ di dollari ne costerà duecento! Allora, cosa vogliamo fare?”

***

Ormai, alla partenza mancavano poche ore.

Solo più una notte, dividere ancora una volta il letto con lei, come amico, come socio, fingere che tutto andasse bene e che le cose tra loro non potessero cambiare – che quel viaggio non le avesse fatte cambiare, una volta per tutte.

Ryo iniziava ad averne abbastanza.

Pochi giorni senza Kaori, e con il sospetto che le fosse capitato qualcosa e che non l’avrebbe più rivista gli avevano fatto capire quanto preziosa fosse per lui. Nonostante comprendesse che avere una compagna di vita, una famiglia, potesse rappresentare un ostacolo alla sua professione di sweeper, ora capiva che anche il non sapere, il preoccuparsi erano anch’essi ostacoli che minavano la sua concentrazione ed il suo proverbiale autocontrollo, mettendo in pericolo sia lui che chi gli stava intorno.

E poi, ormai, non poteva negarlo più: Kaori non aveva nulla da invidiare alle altre donne, anzi. Divenuta sua socia quando era ancora pressoché ragazzina, negli anni era fiorita, sbocciata, divenendo… bellissima. Poteva definirla solo così: lo aveva visto alla sfilata di Eriko, lo aveva compreso ancora di più quando avevano diviso il letto quella notte, e se ne rendeva conto adesso, guardandola con sguardo sognante.

Bella. Dolce. Sensuale. Ancora di più per la sua ingenuità, il non darsi arie, l’essere naturale, fresca, priva di orpelli. 

E mentre, con indosso il costume a due pezzi nero che aveva indossato alla sfilata di Eriko, alla vita un pareo dal tessuto impalpabile dal colore bianco puro, immacolato, che faceva risaltare ancora di più la leggera abbronzatura che aveva acquistato in quei giorni, ballava sorridente alla luce della luna e del fuoco, lo era ancora di più.

Peccato che non fosse con lui che ballava, ma con tutta quell’allegra brigata con cui aveva fatto amicizia da quando era sbarcata all’aeroporto, incluso quell’altro, il tizio che fin dal suo arrivo aveva preso a ronzarle intorno, ma che, appena lei si voltava, flirtava con tutto quello che aveva due gambe ed un paio di tette. Quello era un viscido, più di quanto non lo fosse mai stato lui, e Kaori non se ne rendeva nemmeno conto: durante la giornata si erano incontrati un paio di volte, e lei sembrava pendere dalle sue labbra.

Altro che “essere solo gentile!”

Un primordiale senso di possesso si impossessò dello sweeper, che per la prima volta sentì l’effettiva necessità di marcare il suo territorio e far capire a tutti – lei inclusa – a chi la ragazza appartenesse, e quando vide quel Robert avvicinarsi a lei, probabilmente per chiederle di ballare, decise di anticiparlo, muovendosi veloce e fluido come una pantera.

Sotto lo sguardo divertito di Eriko, che chiacchierava con il suo “amico”, Ryo si alzò, mentre nell’aria si diffondevano le note di una canzone locale.  Si fermò davanti a Kaori, che ballava muovendosi leggiadra, sensuale, improvvisando le movenze di quella danza locale, gli occhi socchiusi e lo sguardo felice e sereno. Ryo non disse una parola, ma quando lei avvertì la presenza dell’uomo si immobilizzò, e si guardarono, occhi negli occhi.

Fu come se il tempo non avesse fine, come se tutto fosse avvenuto al rallentatore… lui le porse la mano, e Kaori, senza pensarci un attimo, senza bisogno che si scambiassero alcuna parola, la afferrò, e Ryo le sorrise. Tenendola per mano la fece scostare leggermente dalla massa, spingendola verso la riva. Presero a danzare, stringendosi, un lento guancia a guancia, che con la musica nell’aria non aveva nulla a che fare, mentre l’acqua calma lappava i loro piedi, ed una brezza delicata li accarezzava, rinfrescando i loro corpi accaldati.

Dieci minuti, due ore? Nemmeno loro seppero quanto a lungo ebbero ballato.

Ad un certo punto, però, si scostarono l’uno dell’altra, e videro che intorno a loro non c’era più nessuno: le loro uniche compagnie erano la luna, le stelle ed il mare.

“Oh…. Sono già andati via tutti…” La donna si imbarazzò; distogliendo lo sguardo da Ryo, si scostò leggermente da lui, e si strinse nelle sue stesse braccia.. “Forse…. Dovremmo tornare anche noi…”

“Perché, mica è detto!” Lui, sorridendole in un modo strano, quasi le stesse leggendo dentro, scrollò leggermente le spalle, e le offrì di nuovo la mano. “Dai, Kaori, balliamo ancora un po’!”

“Ma…” Una mano chiusa a pungo sul cuore, guardava il palmo di Ryo, quasi fosse una cosa incantata o strana, aliena. “Ma la musica…”

“Che problema c’è? Ce la immaginiamo, no?” La guardò, e all’improvviso, notando come lei rifuggisse il suo sguardo, quanto imbarazzata fosse, lo sweeper si domandò se anche lei lo volesse, o se con la sua insistenza la stesse mettendo in imbarazzo. “Ma se non vuoi…”

“No!” Quasi urlò lei, posandogli le mani sul petto. Ryo fece un mezzo passo indietro, la guardò negli occhi, e lei, abbassando lo sguardo, con un piccolo sorriso emozionato, riprese a parlare, arrossendo per l’emozione. “No, io… mi piacerebbe tanto ballare ancora un po’ con te. Non lo facciamo mai ma… l’ho sempre desiderato.”

Ryo abbassò il volto, sfiorò la fronte della donna con la sua, e poi le lasciò un delicato bacio all’attaccatura dei capelli. Quasi contemporaneamente, le allacciò, senza neanche che lei se ne accorgesse, la collana che aveva tenuto in tasca, non sapendo nemmeno lui quando avesse immaginato di dargliela, eppure, eccolo lì, il momento perfetto. Ryo aveva subito capito che doveva essere quel momento, che non avrebbe potuto lasciare che gli passasse tra le dita. Perdere l’occasione significava rischiare che quell’attimo non si ripetesse più… e avrebbe potuto significare perdere per sempre Kaori, che un giorno, stufa delle sue idiozie, del suo essere perennemente indeciso, altalenante nei suoi comportamenti verso di lei, avrebbe potuto iniziare a guardarsi in giro, e rendersi conto di essere desiderabile e desiderata.

E lui era sempre stato egoista ed ingordo: lasciarla andare era ormai impensabile.

“Ecco,” le disse, tracciando un disegno immaginifico con le nocche sulla delicata pelle delle gote. “Adesso sei perfetta.”

“Io… perfetta?” Mormorò, così a bassa voce che il suono si perdeva con il rumore delle onde. Cercò gli occhi scuri di Ryo, immaginandoli irriverenti e quasi cattivi, pronta a ricevere l’ennesima presa in giro, ma incontrò ancora quel sorriso, quell’espressione quasi concentrata, quasi avesse voluto imprimersi nella mente ogni secondo di quell’istante, come se quel momento avesse potuto essere qualcosa di fondamentale, un punto di arrivo, eppure, al contempo, uno di partenza.

“Certo, Kaori, non lo sai?” Le domandò, quasi incredulo, come se non si potesse capacitare di quest’ignoranza della donna, nonostante fosse stata alimentata, negli anni, dalle sue stesse parole. “Davvero non ti rendi conto di essere bellissima?”

Kaori lo fissò, incredula, eppure, in quegli occhi scuri, di quel colore così peculiare, così unico, che apparteneva a Ryo solo, trovò la risposta a tutte le sue domande, e seppe la verità… Ryo non stava mentendo, era onesto con lei forse per la prima volta in vita sua: per lui, lei era bellissima… ed in quel momento avvertì come probabilmente lui lo avesse sempre pensato, e tutte quelle battute, i dispetti, non fossero stati nient’altro che il suo modo di attirare prima la sua attenzione, come un bambino innamorato che tirava la coda alla bambina che gli piaceva, e di celare poi, agli occhi del mondo, i suoi sentimenti, nella speranza di tenerla al sicuro, lontana da coloro che desideravano vendicarsi di lui tramite lei.

Oh, Ryo, quanto sei sciocco…pensò, sorridendo – un sorriso che le raggiungeva il cuore, gli occhi, misto ad un velo di rimpianto per il tanto tempo perduto.

Tenendola per mano, senza mai smettere di guardarla, presero a camminare sul bagnasciuga. Kaori era tesa e nervosa, quasi imbarazzata e timida, incapace di comprendere pienamente cosa stesse accadendo: le sembrava troppo strano, troppo bello, Ryo si stava comportando come lei avrebbe sempre voluto, come il cavaliere dei suoi sogni, e non come il suo solito.

Quasi avesse paura che lui le rivelasse che il tutto era uno scherzo, lei si rifiutava di guardarlo negli occhi, limitandosi a fissare il bagnasciuga, la sabbia morbida, bagnata dalle acque cristalline e placide, in cui i loro piedi nudi affondavano.

“Che c’è Kaori, perché piangi?” Ryo le domandò, onestamente preoccupato, all’improvviso, mettendosi davanti a lei, le mani sulle spalle della donna “Kaori, cosa…”

Le labbra piegate all’insù, Kaori scosse la testa, e Ryo le sorrise. Mentre la luna si rifletteva sul mare, lui si abbassò leggermente, solleticandole il naso con il suo, e sfiorò con le labbra il viso di Kaori, in un primo tentativo quasi imbarazzato. Lei immediatamente non rispose, si limitò a dischiudere le labbra in un “oh” di meraviglia, il seno che si alzava ed abbassava al ritmo del cuore emozionato, e poi, la avvertì, come un’esplosione all’interno del suo petto….mille e mille farfalle che sbattevano le ali, che finalmente libere volavano nel cielo, fuochi d’artificio davanti agli occhi, un calore ed un senso di pace come non aveva mai avvertito prima… donna innamorata, credeva a quell’amore, e desiderava perdersi in lui, donarsi all’uomo che da anni amava, e da cui ora sapeva di essere amata a sua volta.

Prese Ryo per mano, e attraverso la porta-finestra entrarono nella loro stanza, senza nemmeno chiuderla alle proprie spalle. Una volta davanti al grande letto, la donna si alzò in punta di piedi, e lasciò un bacio delicato sulla bocca di lui, non dissimile da quello che vi aveva posato quella stessa mattina.

“Guarda che non si fa così…” Ryo la redarguì, in tono scherzoso, chinando il capo verso la spalla. “Non lo sai, Kaori, che quando ci si bacia, bisogna chiudere gli occhi?”

Chinandosi su di lei, le alzò con la mano destra il mento, per facilitare il contatto tra le loro bocche, mentre l’altra mano prese a giocare con il nodo del pareo. Dapprima timido, il contatto tra le loro labbra divenne presto esplosivo: avvertendo quanto Kaori fosse arrendevole tra le sue braccia, lui si fece più ardito, e stuzzicò la bocca della compagna con la punta della lingua. Kaori aprì maggiormente le labbra, e lasciò che Ryo giocasse con la sua lingua, che le due si rincorressero, si trovassero, si intrecciassero, in un perfetto gioco erotico che lasciava presagire cosa entrambi da tempo desideravano avvenisse.

Quando, vinti dal bisogno d’aria, entrambi si staccarono, col fiato corto, Ryo appoggiò la fronte contro quella di lei. Le mani ai fianchi di Kaori, stringeva nella mano sinistra quel nodo che desiderava ardentemente slegare, nonostante non avesse il coraggio di fare quella domanda o compiere quell’ultimo passo, che avrebbe segnato per sempre il loro rapporto. Kaori sembrò percepire la titubanza del socio, e coprì la mano di lui con la sua, quasi a volerlo guidare.

“Kaori….” Si limitò a dire Ryo, incapace di finire la frase. Lei gli diede un bacio sulla guancia, facendo cenno di sì col capo, e sorridendo, emettendo un respiro di sollievo che nemmeno aveva saputo di trattenere, Ryo slacciò il nodo del tessuto, che cadde a terra, ai piedi di Kaori, come una soffice nuvola.

Mentre camminavano verso il letto, facendo quegli ultimi passi, Kaori riprese a baciarlo, e mentre lo faceva, sbottonava la camicia tropicale, lasciandola cadere poi a terra come lui aveva fatto con il suo capo di abbigliamento, e quando inciamparono nel materasso, cadendoci sopra in un tripudio di deliziose risate contagiose, erano ormai vestiti solo delle proprie pelli.

“Come sei bella, Kaori…” lui sospirò, la voce così bassa, flebile, che parve un mero pensiero, mentre faceva scorrere il pollice sul volto di Kaori, che, nuda sotto di lui, gli cingeva il busto con le esili braccia, facendo scorrere un piede sui polpacci di Ryo, quasi avesse voluto bloccarlo su di sé. Un’altra lacrima sfuggì dai grandi e luminosi occhi nocciola, e Ryo la catturò, cancellandola con un tocco della bocca. “Perché piangi, Kaori? Non mi credi?” Le domandò, soffiandole le parole sulle labbra.

“È solo che…” Lei, come risposta, lo strinse ancora con più forza a sé, nascondendo nell’ampio petto del suo uomo il viso. “Ho aspettato così a lungo questo momento che….”

Strinse gli occhi, mentre le parole le morirono in bocca, e Ryo non ebbe bisogno di ascoltare la sua voce per sapere cosa volesse dire. Aveva ascoltato il cuore della donna, e tanto era bastato.

…che non riesco a credere che stia davvero succedendo.

…che mi sembra un sogno.

…che ho paura che domani mattina torneremo a casa e tu non mi vorrai più, di nuovo.

Ryo le prese il capo tra le mani, e lo sollevò, perché lei potesse guardarlo, leggergli negli occhi la verità di cosa le stava per dire, consapevole di quanto la donna avesse bisogno di sentire, e non solo ascoltare, quelle parole.

“Adesso hai finito di aspettare, amore mio…” Le disse, col sorriso sulle labbra, mentre faceva scorrere il pollice sulla succulenta bocca piena e gonfia di baci di Kaori. “Io sono tuo… e tu mia… e niente potrà più cambiarlo, se tu lo vorrai.”

“Dimmelo di nuovo,” Kaori portò la mano su quella di Ryo e la strinse, e guardandolo negli occhi prese a piangere copiosamente, emozionata- lacrime di gioia, per una volta. “Dimmelo ancora una volta…”

“Te lo dirò tutte le volte che vorrai… amore mio.” E così dicendo, ripetendole ancora, sempre, ancora e ancora e ancora, tra baci e tocchi, le parole ti amo, mentre le mani la accarezzavano, delicate, lasciando coi polpastrelli scie di fuoco lungo tutto il corpo casto della donna, Ryo lasciò umidi baci sul viso dell’amata, cancellando tutte quelle lacrime. Stringendolo a sé, Kaori gli andava incontro, lo cercava, lo assecondava, il suo tocco incerto, nuovo, eppure era come se sapesse esattamente cosa piacesse a Ryo, cosa lo accendesse o potesse farlo rilassare, trasformarlo come creta nelle sue mani.

Mentre la brezza del mare faceva danzare le tende della stanza, Ryo e Kaori si amarono per tutta la notte, in un modo delicato ed innocente, come due novelli sposi, eppure guidati da un istinto che era intrinseco ai loro esseri, trovandosi e cercandosi, tra sospiri e gemiti e di piacere e desiderio, in perfetta sintonia tra di loro… tra le lenzuola, come lo erano sempre stati anche nella vita di tutti i giorni, e quando la danza giunse al termine, sudati ma felici, sentendosi completi e appagati, tanto nello spirito quanto nel corpo, si addormentarono, l’uno nelle braccia dall’altra, cullati dai propri respiri e dai battiti dei loro cuori palpitanti d’amore.

***

Davanti al grande specchio, Kaori stava dando gli ultimi ritocchi al leggero trucco, e sistemando il colletto del top azzurro che aveva scelto per il viaggio di ritorno; sulla valigia, aveva già sistemato una giacca, da indossare una volta atterrati in Giappone.

Gote arrossate, stava canticchiando, felice ed emozionata, ricordando il risveglio che aveva ricevuto quel mattino, quando Ryo aveva pigramente aperto un occhio e le aveva chiesto di baciarlo come aveva fatto la mattina precedente, ma permettendogli stavolta di partecipare, ormai incapace di fingere il sonno. I suoi romantici vaneggi vennero però interrotti quando sentì un rumore che poté definire solo come sinistro; voltandosi in cerca della sua origine, quasi ebbe un mancamento quando si rese conto che quel suono proveniva da Ryo.

Seduto sul letto, lo sweeper era rigido, teso come una corda di violino, sudava copiosamente e, gli occhi sbarrati, stava battendo i denti, come se avesse avuto freddo… oppure paura.

“Ma… ma… Ryo, si può sapere cosa ti prende adesso?” Gli domandò, sbattendo le ciglia rese ancora più lunghe e sensuali dal mascara; quella vacanza, la rinnovata amicizia con Eriko e l’evoluzione del rapporto con Ryo le avevano fatto dischiudere le sue ali di donna, facendole scoprire il gusto di una delicata femminilità.

Muscoli tesi che fremevano, Ryo continuò a guardare davanti a sé, senza risponderle. Kaori iniziò a preoccuparsi, e si sedette sul letto, accanto a lui, posandogli una mano sul cuore con fare rassicurante. “Ryo, cosa….”

“IO NON VOGLIO PRENDERE L’AEREO!” Scoppiò a piagnucolare, sembrando più un bambino capriccioso che il letale sweeper, il killer senza paura come era conosciuto, ed afferrò la donna per la vita, stringendola a sé, affondando il viso in mezzo ai seni, per disperazione più che per lussuria. “Per favore Kaori, torniamo a casa in nave, pazienza se ci mettiamo qualche settimana di più, io non voglio salire su uno di quei trabiccoli, ho paura!”

“Ma Miki non ti aveva ipnotizzato per farti passare la paura?” Stupita e sconvolta, la giovane guardò l’uomo che aveva sul grembo, ed un piccolo dubbio iniziò a farsi strada, strisciante, dentro di lei, ed un caso di alcuni mesi prima le tornò alla mente, insieme alle parole di Shoko, la bella pilota d’aerei che era stata loro cliente…

Se ci sarà una certa donna che avrà bisogno di lui, allora Ryo guarirà immediatamente dalla sua paura di volare, non ci sarà nessun problema!

All’epoca non aveva compreso quelle parole, ma adesso, improvvisamente, stavano assumendo un nuovo significato, perché Kaori ricordava che nel momento in cui lei era stata rapita – tanto per cambiare - Ryo era salito sull’aereo per salvarla senza nessuna esitazione. Possibile che fosse accaduto lo stesso anche stavolta? Che lui le avesse mentito e che... e che fosse andato lì per lei, perché lui era preoccupato che lei non avesse dato sue notizie per giorni?

Emozionata e col cuore palpitante, la giovane donna si accoccolò contro di lui, contro quel solido petto che tante volte l’aveva sorretta in passato. Il nasino delicato sfiorava il pomo d’Adamo dello sweeper, mentre teneva le mani sui muscoli d’acciaio, che solo la notte prima aveva scoperto sotto una luce tutta nuova.

“Beh… io in realtà avrei un’idea…” Gli sospirò contro il collo, e Ryo avvertì contro la pelle la vibrazione della calorosa e felice risata della sua compagna, le cui labbra lasciavano delicati tocchi bollenti ovunque si posassero, dalla spalla, al collo, fino all’orecchio. Lei, creatura già maliziosa che si era scoperta piena di desiderio in quella loro notte magica, gli mordicchiò il lobo, e sentire il respiro di Kaori nell’orecchio era per Ryo una delle cose più eccitanti che avesse mai provato in tutta la sua vita. “Forse so come potrei tenerti la mente occupata mentre torniamo a casa….”

“Oh?” Con le labbra tirate in un sorrisetto furbo, Ryo alzò un sopracciglio, chiaramente interessato; intanto, le sue mani ripresero a percorrere delicate ma sicure la figura di Kaori, scostando i lembi degli abiti per permettergli un maggiore accesso alle forme di lei. “E sentiamo, come pensi di farmi passare la paura del volo, eh?”

Col sorriso sulle labbra, Kaori lasciò delicati baci sulla giugulare di Ryo; intanto, le mani si spostarono, e posò una sul cuore, l’altra invece la tuffò in quei gloriosi capelli corvini.

“Che dici, una cosa del genere potrebbe bastare?” mormorò contro la pelle abbronzata, e Ryo sorrise. Il cuore prese a battergli all’impazzata, e si sentì ardere di desiderio, ma soprattutto… di amore. Strinse la mano che lei gli teneva sul cuore, e le sorrise, posando la fronte contro quella di lei.

“Quasi,” le rispose, con una luce maliziosa nello sguardo, mentre scostò la mano libera, portandola alla nuca della compagna. “In realtà c’è ancora una cosuccia che potresti fare…”

Quando vide lo sguardo curioso di Kaori, agì; la spinse contro di sé, e le loro bocche si scontrarono in un bacio famelico ed animale; travolti dalla passione, presero a sospirare, mentre le loro lingue si intrecciavano e le mani prendevano a vagare, sbottonare, scostare stoffa, per garantire loro il massimo godimento possibile, e senza mai staccarsi da lui, Kaori si accomodò in braccio a Ryo, stringendogli la gambe intorno alla vita mentre lui la sorreggeva, la stringeva, cercando di massimizzare il più possibile il contatto tra i loro corpi. Per anni si era limitato a fantasticare, ma adesso che i suoi sogni erano divenuti una peccaminosa realtà, lo sweeper comprese che di quella donna e di quel corpo divino non ne avrebbe mai avuto abbastanza, e che dove era davvero importante, nel cuore, Kaori sarebbe stata da quel giorno sua moglie.

E poi, la loro prima notte insieme era stata incentrata sulla dolcezza, sullo scoprirsi: adesso era giunto il momento che la bella Kaori incontrasse il famelico, indomabile e selvaggio Stallone!

“Ma… ma Ryo…” Sospirò lei ad occhi chiusi, mentre lui le lasciava un bacio sul collo, marchiandola con le labbra ormai gonfie e rosse per i tanti baci che si erano scambiati dalla sera precedente. “Se continui così, perderemo…uhm… l’aereo…”

Con le labbra lo incitava a fermarsi, a rammentare i loro impegni; tuttavia, le sue dita scorrevano nei capelli scuri, trattenendolo contro di sé, avvicinandolo sempre di più, esortandolo con i gesti a continuare quella lussuriosa lezione.

“Si ma… io ho fame!” La voce di Ryo aveva una nota allegra, come se stesse ridendo; scostandosi da lei, le fece l’occhiolino, facendola arrossire, ancora timida nei suoi approcci, non ancora abituata a vederlo comportarsi così con lei. “E poi, suvvia, cosa vuoi che sia, peggiore dei casi il nuovo amichetto di Eriko ci paga un’altra notte in albergo, è il minimo che ci deve quell’arpia, visto che le ho salvato la pelle e la carriera  e lei non ci ha pagato nemmeno un centesimo!”

Kaori non resistette. Scoppiò a ridere, e presto anche lui lo fece, e affascinato da quella risata, si avventò su di lei, facendole il solletico e facendola rotolare sul letto. Presto le loro bocche ripresero a cercarsi e stuzzicarsi, mentre le carezze si facevano una volta più languide e mirate, ed il tempo passava, inesorabilmente, ma loro non ne avevano concezione: avvertivano solo i rispettivi respiri, ed il calore dei propri corpi, e l’emozione trasmessa dai loro tocchi.

In quella stanza d’albergo a Paradise Island, Ryo e Kaori assaporarono, ancora e ancora, il paradiso sì, ma quello dei sensi, trovando quel tesoro che era stato loro celato a lungo: il loro amore.

   
 
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