“No, no e poi no! Io la camera con te
non la divido! Si tratta di
principio: io le camere da letto le divido solo con vere donne, e solo
quando
sono bellissime! Piuttosto dormo in piscina!” Davanti
all’esternazione di Ryo,
che digrignava, furioso, i denti, Kaori si limitò a fare
spallucce; fuori, di
notte, ci sarebbero stati comunque intorno ai venti gradi, quindi Ryo
non ne
avrebbe patito.
E poi, non le importava nulla di quello che lui
faceva o diceva.
Era ancora arrabbiata con lui per tutte quelle cose che le aveva detto.
Aveva a
lungo tollerato gli insulti e le frecciatine di Ryo, ma un conto era
quando
quelle cose gliele diceva in privato, ma il modo plateale in cui lo
aveva fatto
ora, la convinzione che pareva avere nella voce… e poi, non
sarebbe potuto
andare lì semplicemente per lei? Perché
c’era sempre bisogno che i loro amici
si intromettessero o la assegnassero come caso, per poterlo far muovere
per
lei?
Mentre prendeva il pigiama dall’armadio,
Kaori si strinse la
stoffa al petto, rifiutandosi di guardare Ryo che usciva, seccato,
sbattendosi
la porta alle spalle.
La donna andò a farsi un lungo bagno,
per rilassarsi e cancellare
lo sporco dei giorni di prigionia, ma la vasca piena di bolle, il
profumo dei sali
e nemmeno l’esperienza sensoriale del delizioso e pregiato
bagnoschiuma di
Molton Brown, dal delicato aroma di pesca, sembrava placare il suo
animo
tormentato.
C’era qualcosa di vero in quello che lui
le aveva detto? Davvero
lei non valeva nulla come partner ed era solo un incapace che gli
creava sempre
e solo problemi?
Appoggiando la nuca contro il bordo della vasca,
Kaori si lasciò
cullare dalle bassi luci calde del lampadario, chiedendosi se Ryo
rimpiangesse
di aver fatto quella promessa a Hide tanti anni prima - e se ancora la
volesse
al suo fianco. A volte credeva di sì, a volte… a
volte, nemmeno lei sapeva cosa
Ryo pensasse veramente, e non capiva se fosse perché non lo
conosceva, o perché
lui, con lei, alzava un muro di indifferenza, celandosi dietro tutta
una serie
di maschere.
Kaori sospirò, lasciandosi scivolare
nella vasca, permettendo
all’acqua schiumata di coprirla e bagnarle i capelli mossi;
rimase alcuni
secondi in apnea, poi riemerse, scuotendo il capo come una bambina,
quasi fosse
un cagnolino bagnato, e poi sorrise, pensierosa: di certo, quello non
sarebbe
servito a farle capire meglio il suo partner.
Prese a lavarsi veloce e decisa; stare ammollo non
sembrava
aiutarla a rilassarsi, anzi, in quella bolla silenziosa la sua mente la
perseguitava ancora di più con dubbi e domande
a cui non aveva risposta.
Una
volta finito, si frizionò leggermente i capelli, e dopo aver
applicato un velo
di crema sul suo intero corpo, indossò il completo di seta
verde decorato con
fiori che Eriko le aveva regalato, un pantaloncino ed una canottiera,
morbidi
al tatto e nelle linee.
Aveva appena finito di indossare il capo per la
notte che sentì la
porta della camera chiudersi, venir sbattuta, ed alzando un
sopracciglio andò a
vedere cosa Ryo fosse tornato a fare in camera.
“Che iella!” L’uomo
sbottò, lasciandosi cadere a sedere a gambe
incrociate sul letto. “La notte ritirano i lettini! Mi tocca
dormire in camera
con te!”
“Beh, in questo
caso….” Kaori lo fulminò, facendogli
sciò con la
mano. “Puoi benissimo prenderti il divano!”
Ryo adocchiò suddetto divano; era
corto, scomodo, fatto più per
risaltare sulle riviste di arredamento che per comodità.
Inoltre, era il tipo
di divano su cui a malapena ci si poteva stare seduti: dormirci sopra
era fuori
discussione, specie per uno alto e muscoloso come lui.
“Su quel coso minuscolo? Manco
morto!” Borbottò lui, a braccia
conserte. “Dormici tu che sei bassa!”
“Neanche per idea! Io ero qui da prima
di te, quindi il letto mi
spetta mi diritto! E poi io sono alta per gli standard giapponesi, lo
sanno
tutti! E sono una donna. Dici sempre di essere un cavaliere, quindi
dimostralo!”
“E dove sarebbe questa donna di cui
parli? Io qui vedo solo una
virago mezza uomo!” Ryo borbottò. Era
più forte di lui: anche volendo, quelle
parole gli uscivano ogni maledetta volta dalla bocca.
“Ah, è così, eh?
Beh, allora lascia che ti faccia vedere di cosa
sono capace, idiota!” E così dicendo, sedendosi
con un ginocchio sul letto, Kaori
lo prese a cuscinate fino a che Ryo non scivolò sul
pavimento. Mettendosi sotto
le coperte, mentre il partner sbatteva le palpebre quasi incredulo, lei
si
sistemò per bene, spegnendo la luce e cercando di non
prestargli ulteriore
attenzioni.
Sbuffando e borbottando, Ryo si
spogliò, rimanendo in boxer, e
sistemò il cuscino sul divanetto; si coricò, i
piedi e le gambe che sporgevano
di trenta se non di più centimetri buoni, cadde un paio di
volte mentre,
girandosi, cercava una posizione adeguata, ma nulla: non gli rimaneva
altro che
bofonchiare, mentre intanto, nel letto, Kaori iniziava a sentirsi
leggermente
in colpa, e fissava il soffitto.
Quel letto era enorme: non ci stavano solo due
persone, avrebbe
potuto ospitare un’armata quasi… e Ryo si stava
dimenando nel tentativo di
trovare sollievo. Quasi già lo sentiva, lamentarsi per il
mal di schiena!
Accese quindi la luce e prese tutti i cuscini che
aveva a
disposizione, gli asciugamani arrotolati nel bagno, e creò
una barriera nel bel
mezzo del materasso; poi, svogliatamente, raggiunse il divanetto, e
punzecchiò
il socio sulla spalla con un dito per attirare la sua attenzione.
“Ryo, dai, se prometti di comportarti
bene ti lascio dormire in
una metà del letto!”
“No!” Rispose lui con il tono
petulante di un bambino. “Io divido
il letto solo con le donne, è una questione di
principio!”
Kaori strinse denti, pugni, divenne tesa come una
corda di violino
mentre sentiva salire la rabbia; fu
tentata di colpirlo, di urlargli contro, ma poi la tristezza ebbe la
meglio: tanto,
a che serviva arrabbiarsi? Ryo difficilmente sarebbe cambiato. A quel
punto,
molto meglio fare l’indifferente.
“Fai pure come vuoi, sai che me ne
importa!” Borbottò, girandogli
le spalle, con un tono freddo e distaccato. Fu questo a colpire Ryo: la
mancanza di rabbia e di reazione. Ultimamente capitava che Kaori avesse
talvolta questa reazione, e nonostante lui le ripetesse ad oltranza che
non
aveva motivo per essere gelosa – dato che non stavano insieme
– e che per lui
lei era come uomo, quando lei non si arrabbiava era…
spiazzante, e gli faceva
avvertire come una fredda morsa che lo attanagliava.
Fece per voltarsi per guardare Kaori, ma nel
farlo, cadde
fragorosamente dal divanetto. Si massaggiò la spalla,
leggermente dolente, su
cui stava comparendo un livido bluastro dopo le spallate che aveva dato
alla
porta della stanza in cui Eriko e Kaori non
avevano avuto bisogno di essere soccorse, e afferrando il
cuscino, quasi
fosse stato un orsacchiotto, raggiunse il letto. Kaori si era
già sistemata,
coricandosi su un fianco, il volto girato verso la parete.
“Capisco che resistere al mio fascino
possa essere difficile, ma
che sia chiaro, socia,” Ryo la avvertì, e lei a
malapena si trattenne dal
ridere. “Guai a te se ti approfitti di me!”
“Che scemo, guarda che sei tu quello che
ha sempre solo in testa
quello…mica sono come te, io!” lo
redarguì, con una nota però di allegria nella
voce, e le guance arrossate all’idea che avrebbe dormito
nello stesso letto del
suo Ryo. L’uomo si
sistemò, rigido ed
impacciato, sotto il sottile lenzuolo, rubando occhiate furtive alla
sua
partner, e sfiancati da quei giorni e dalle litigate, presto entrambi
sprofondarono
in un appagante sonno.
Era ormai mattina quando si svegliarono, con il
sole che filtrava
attraverso le tende di lino, che danzavano, mosse dalla brezza del
mare; Ryo
nella notte si era scoperto, e dormiva a pancia all’aria,
braccia e mani comodamente
spaparanzati sul materasso, e la cortina di ferro messa su la notte
precedente
era ormai caduta, sparsa sulle lenzuola o per terra.
E Kaori era accoccolata contro il petto di lui, le
labbra
all’altezza della giugulare, le mani sul petto caldo, a
sfiorare la cicatrice,
e le gambe intrecciate alla solida coscia di Ryo. La donna
ingoiò a vuoto,
sentendosi il cuore pulsarle nel petto con un ritmo incessante, pazzo.
Alzò lo
sguardo verso il volto di Ryo: era tranquillo, sereno…
quasi…. Quasi in pace. Sembrava
un bambino angelico!
Sorrise, allungando una mano verso le labbra
carnose e piene,
leggermente aperte, e le sfiorò con un tocco così
delicato da essere quasi come
quello di una piuma. Rammentò le volte in cui lui aveva
finito per
addormentarsi accanto a
lei, come
apparisse sempre in pace in quei momenti, e si chiese se sarebbe mai
capitato
di nuovo, o se un giorno si sarebbe stufato di lei e le avrebbe aperto
la
porta, spingendola fuori.
Forse sì’, forse no.
Si allungò leggermente, e sondando lo
sguardo dell’uomo, alla
ricerca di segnali che indicassero che fosse sveglio, lo
sovrastò col suo
delicato corpo, e socchiudendo gli occhi gli lasciò un
delicato bacio sulle
labbra.
Un semplice tocco. Tutto lì. Ma lei era
da tempo che lo
desiderava, e temeva che se non avesse fatto così, non
avrebbe mai potuto
averlo.
Si ritrasse, sfiorandosi la bocca mentre
sorrideva, emozionata, ed
arrossiva; ed intanto, lui si girò verso di lei, la strinse,
e facendole
sentire la portata del suo desiderio mattutino affondò il
viso tra i seni di
lei, mormorando con una voce da ubriaco addormentato insensatezze,
inesattezze e cose
intellegibili, che nemmeno lei comprese
pienamente perché, guidata dall’istinto, lei,
innocente creatura ingenua, senza
se e senza ma lo colpì, dandogli una martellata in pieno
viso e scaraventandolo
fuori dalla finestra- anzi, attraverso
di essa, con una tale forza che il vetro andò in frantumi.
Ryo sospirò mentre tornava in camera,
pronto a cambiarsi per
passare il loro ultimo giorno alle Bahamas, massaggiandosi il capo
ancora
dolorante, mogio come un cane bastonato…. Quando aveva
stretto a sé Kaori dopo
quel delicato bacio, desideroso di approfondire la cosa, non si era
certo
aspettato che lei reagisse così, anche se, visti i
precedenti, forse avrebbe
dovuto immaginarlo… era più plausibile che lei
facesse così, piuttosto che la
prospettiva di saltargli addosso e
prendere a fare l’amore!
Beh, almeno Kaori lo aveva preso a martellate:
forse c’era ancora
speranza per loro!
***
Pantaloni scuri al ginocchio, maglietta azzurro
carta da zucchero
con sopra una camicia a stampa tropicale, Ryo camminava per le vie dei
mercatini di Nassau dietro a Kaori ed Eriko ed il suo
“amichetto”, Cechov. Non
riusciva a capire come le donne potessero voler fare acquisti dopo
quello che
era capitato loro, ma ormai era da tempo immane che aveva ammesso,
almeno con
se stesso, che lui, le donne, non le avrebbe mai comprese nel profondo.
Si fermò dietro a Kaori, che quel
giorno indossava un costume
intero di un rosa intenso, con shorts di jeans e una casacca di lino
bianca e
espadrilles piuttosto alte; la sua socia si era attardata ad un banco
che
vendeva gioielli locali, e stava rimirando, affascinata, una collana
realizzata
con diversi fili, creata con un sapiente mix di schegge di conchiglie
rosa e dischi
di madreperla, il tutto tenuto insieme da un semplicissimo moschettone
di
argento, di quelli che si trovavano al mercato per pochi soldi.
“Che c’è, ti piace
quella roba?” Le domandò, usando il suo solito
tono pungente, seccato ed acido, guardando il monile da sopra la spalla
della partner.
“Hai solo da comprartela!”
“Tanto non ho niente con cui
metterla!” Lei rispose,
piccata, con una scrollata di
spalle, ed intanto arrossì, quasi fosse arrabbiata, e
voltò il capo dall’altra
parte. Affrettò il passo, raggiungendo Eriko e prendendola a
braccetto,
chiacchierando e sorridendo come se tutto andasse bene, e intanto Ryo
sospirò,
mentre la donna dietro al banco, una procace matrona sulla cinquantina,
lo
guardava tronfia e soddisfatta, presagendo già
un’ottima vendita.
“Quanto per questa?” Ryo
domandò, col suo perfetto inglese, sollevando
il monile con un dito ed esaminandolo con occhio critico.
“Oh, per te un ottimo prezzo, ragazzo:
solo centoventicinque
dollari!” La donna sorrise, indicando chiaramente che il
valore reale
dell’oggetto fosse ben inferiore a quanto da lei richiesto.
“Centoventicinque dollari?! Ma
è un furto! Te ne do al massimo
cinquanta, per essere buono!” Ryo controbatté,
sbattendo i piedi. Dall’altra
parte del bancone, la donna lo guardò, decisa, incrociando
le braccia.
“Ragazzo, le cose possiedono il valore
che noi gli attribuiamo… e
più una cosa ci serve, più siamo disposti a
pagare per averla. Direi che è
chiaro che a te questo gioiello serva parecchio. Non avrò
capito una parola di
quello che tu e la tua donna vi sarete detti, ma è chiaro
che l’hai fatta
incazzare di brutto e che devi farti perdonare se vuoi tornare nel suo
letto
stanotte. Quindi, sono centocinquanta dollari.”
Così dicendo, gli mostrò il
palmo, attendendo, sorridente ed
ansiosa, il suo denaro, mentre Ryo, portafoglio in mano, la guardava di
brutto.
“Non erano centoventicinque un attimo
fa?” Sbuffò, mentre contava
le banconote; non le avrebbe dato un centesimo di più,
quella megera molto
probabilmente si sarebbe tenuta il resto come mancia…
“Sì, ma adesso è
aumentato di valore! E se non ti sbrighi a
pagare, tra un po’ di dollari ne costerà duecento!
Allora, cosa vogliamo fare?”
***
Ormai, alla partenza mancavano poche ore.
Solo più una notte, dividere ancora una
volta il letto con lei,
come amico, come socio, fingere che tutto andasse bene e che le cose
tra loro
non potessero cambiare – che quel viaggio non le
avesse fatte cambiare, una volta per tutte.
Ryo iniziava ad averne abbastanza.
Pochi giorni senza Kaori, e con il sospetto che le
fosse capitato
qualcosa e che non l’avrebbe più rivista gli
avevano fatto capire quanto
preziosa fosse per lui. Nonostante comprendesse che avere una compagna
di vita,
una famiglia, potesse rappresentare un ostacolo alla sua professione di
sweeper,
ora capiva che anche il non sapere,
il preoccuparsi erano anch’essi ostacoli che minavano la sua
concentrazione ed
il suo proverbiale autocontrollo, mettendo in pericolo sia lui che chi
gli
stava intorno.
E poi, ormai, non poteva negarlo più:
Kaori non aveva nulla da
invidiare alle altre donne, anzi. Divenuta sua socia quando era ancora
pressoché ragazzina, negli anni era fiorita, sbocciata,
divenendo… bellissima.
Poteva definirla solo così: lo aveva visto alla sfilata di
Eriko, lo aveva
compreso ancora di più quando avevano diviso il letto quella
notte, e se ne
rendeva conto adesso, guardandola con sguardo sognante.
Bella. Dolce. Sensuale. Ancora di più
per la sua ingenuità, il non
darsi arie, l’essere naturale, fresca, priva di orpelli.
E mentre, con indosso il costume a due
pezzi nero che aveva indossato alla sfilata di Eriko, alla vita un
pareo dal
tessuto impalpabile dal colore bianco puro, immacolato, che faceva
risaltare
ancora di più la leggera abbronzatura che aveva acquistato
in quei giorni, ballava
sorridente alla luce della luna e del fuoco, lo era ancora di
più.
Peccato che non fosse con lui che ballava, ma con
tutta quell’allegra
brigata con cui aveva fatto amicizia da quando era sbarcata
all’aeroporto,
incluso quell’altro, il
tizio che fin
dal suo arrivo aveva preso a ronzarle intorno, ma che, appena lei si
voltava,
flirtava con tutto quello che aveva due gambe ed un paio di tette.
Quello era
un viscido, più di quanto non lo fosse mai stato lui, e
Kaori non se ne rendeva
nemmeno conto: durante la giornata si erano incontrati un paio di
volte, e lei
sembrava pendere dalle sue labbra.
Altro che “essere solo
gentile!”
Un primordiale senso di possesso si
impossessò dello sweeper, che
per la prima volta sentì l’effettiva
necessità di marcare il suo territorio e
far capire a tutti – lei inclusa – a chi la ragazza
appartenesse, e quando vide
quel Robert avvicinarsi a lei, probabilmente per chiederle di ballare,
decise
di anticiparlo, muovendosi veloce e fluido come una pantera.
Sotto lo sguardo divertito di Eriko, che
chiacchierava con il suo
“amico”, Ryo si alzò, mentre
nell’aria si diffondevano le note di una canzone
locale. Si
fermò davanti a Kaori, che ballava
muovendosi leggiadra, sensuale, improvvisando le movenze di quella
danza locale,
gli occhi socchiusi e lo sguardo felice e sereno. Ryo non disse una
parola, ma quando
lei avvertì la presenza dell’uomo si
immobilizzò, e si guardarono, occhi negli
occhi.
Fu come se il tempo non avesse fine, come se tutto
fosse avvenuto
al rallentatore… lui le porse la mano, e Kaori, senza
pensarci un attimo, senza
bisogno che si scambiassero alcuna parola, la afferrò, e Ryo
le sorrise.
Tenendola per mano la fece scostare leggermente dalla massa,
spingendola verso
la riva. Presero a danzare, stringendosi, un lento guancia a guancia,
che con
la musica nell’aria non aveva nulla a che fare, mentre
l’acqua calma lappava i
loro piedi, ed una brezza delicata li accarezzava, rinfrescando i loro
corpi
accaldati.
Dieci minuti, due ore? Nemmeno loro seppero quanto
a lungo ebbero
ballato.
Ad un certo punto, però, si scostarono
l’uno dell’altra, e videro
che intorno a loro non c’era più nessuno: le loro
uniche compagnie erano la
luna, le stelle ed il mare.
“Oh…. Sono già
andati via tutti…” La donna si
imbarazzò;
distogliendo lo sguardo da Ryo, si scostò leggermente da
lui, e si strinse
nelle sue stesse braccia.. “Forse…. Dovremmo
tornare anche noi…”
“Perché, mica è
detto!” Lui, sorridendole in un modo strano, quasi
le stesse leggendo dentro, scrollò leggermente le spalle, e
le offrì di nuovo
la mano. “Dai, Kaori, balliamo ancora un
po’!”
“Ma…” Una mano
chiusa a pungo sul cuore, guardava il palmo di Ryo,
quasi fosse una cosa incantata o strana, aliena. “Ma la
musica…”
“Che problema c’è?
Ce la immaginiamo, no?” La guardò, e
all’improvviso, notando come lei rifuggisse il suo sguardo,
quanto imbarazzata
fosse, lo sweeper si domandò se anche lei lo volesse, o se
con la sua
insistenza la stesse mettendo in imbarazzo. “Ma se non
vuoi…”
“No!” Quasi urlò
lei, posandogli le mani sul petto. Ryo fece un
mezzo passo indietro, la guardò negli occhi, e lei,
abbassando lo sguardo, con
un piccolo sorriso emozionato, riprese a parlare, arrossendo per
l’emozione.
“No, io… mi piacerebbe tanto ballare ancora un
po’ con te. Non lo facciamo mai
ma… l’ho sempre desiderato.”
Ryo abbassò il volto, sfiorò
la fronte della donna con la sua, e
poi le lasciò un delicato bacio all’attaccatura
dei capelli. Quasi
contemporaneamente, le allacciò, senza neanche che lei se ne
accorgesse, la
collana che aveva tenuto in tasca, non sapendo nemmeno lui quando
avesse
immaginato di dargliela, eppure, eccolo lì, il momento
perfetto. Ryo aveva
subito capito che doveva essere quel momento,
che non avrebbe potuto lasciare che gli passasse tra le dita. Perdere
l’occasione significava rischiare che quell’attimo
non si ripetesse più… e
avrebbe potuto significare perdere per sempre Kaori, che un giorno,
stufa delle
sue idiozie, del suo essere perennemente indeciso, altalenante nei suoi
comportamenti verso di lei, avrebbe potuto iniziare a guardarsi in
giro, e
rendersi conto di essere desiderabile e desiderata.
E lui era sempre stato egoista ed ingordo:
lasciarla andare era
ormai impensabile.
“Ecco,” le disse, tracciando
un disegno immaginifico con le nocche
sulla delicata pelle delle gote. “Adesso sei
perfetta.”
“Io… perfetta?”
Mormorò, così a bassa voce che il suono si
perdeva
con il rumore delle onde. Cercò gli occhi scuri di Ryo,
immaginandoli
irriverenti e quasi cattivi, pronta a ricevere l’ennesima
presa in giro, ma
incontrò ancora quel sorriso, quell’espressione
quasi concentrata, quasi avesse
voluto imprimersi nella mente ogni secondo di quell’istante,
come se quel
momento avesse potuto essere qualcosa di fondamentale, un punto di
arrivo,
eppure, al contempo, uno di partenza.
“Certo, Kaori, non lo sai?” Le
domandò, quasi incredulo, come se
non si potesse capacitare di quest’ignoranza della donna,
nonostante fosse
stata alimentata, negli anni, dalle sue stesse parole.
“Davvero non ti rendi
conto di essere bellissima?”
Kaori lo fissò, incredula, eppure, in
quegli occhi scuri, di quel
colore così peculiare, così unico, che
apparteneva a Ryo solo, trovò la
risposta a tutte le sue domande, e seppe la
verità… Ryo non stava mentendo, era
onesto con lei forse per la prima volta in vita sua: per lui, lei era
bellissima… ed in quel momento avvertì come
probabilmente lui lo avesse sempre
pensato, e tutte quelle battute, i dispetti, non fossero stati
nient’altro che
il suo modo di attirare prima la sua attenzione, come un bambino
innamorato che
tirava la coda alla bambina che gli piaceva, e di celare poi, agli
occhi del mondo,
i suoi sentimenti, nella speranza di tenerla al sicuro, lontana da
coloro che
desideravano vendicarsi di lui tramite lei.
Oh, Ryo, quanto
sei sciocco…pensò,
sorridendo – un sorriso che le raggiungeva il cuore, gli
occhi, misto ad un
velo di rimpianto per il tanto tempo perduto.
Tenendola per mano, senza mai smettere di
guardarla, presero a
camminare sul bagnasciuga. Kaori era tesa e nervosa, quasi imbarazzata
e
timida, incapace di comprendere pienamente cosa stesse accadendo: le
sembrava
troppo strano, troppo bello, Ryo si stava comportando come lei avrebbe
sempre
voluto, come il cavaliere dei suoi sogni, e non come il suo solito.
Quasi avesse paura che lui le rivelasse che il
tutto era uno
scherzo, lei si rifiutava di guardarlo negli occhi, limitandosi a
fissare il
bagnasciuga, la sabbia morbida, bagnata dalle acque cristalline e
placide, in
cui i loro piedi nudi affondavano.
“Che c’è Kaori,
perché piangi?” Ryo le domandò,
onestamente
preoccupato, all’improvviso, mettendosi davanti a lei, le
mani sulle spalle
della donna “Kaori, cosa…”
Le labbra piegate all’insù,
Kaori scosse la testa, e Ryo le
sorrise. Mentre la luna si rifletteva sul mare, lui si
abbassò leggermente,
solleticandole il naso con il suo, e sfiorò con le labbra il
viso di Kaori, in
un primo tentativo quasi imbarazzato. Lei immediatamente non rispose,
si limitò
a dischiudere le labbra in un “oh” di meraviglia,
il seno che si alzava ed
abbassava al ritmo del cuore emozionato, e poi, la avvertì,
come un’esplosione
all’interno del suo petto….mille e mille farfalle
che sbattevano le ali, che
finalmente libere volavano nel cielo, fuochi d’artificio
davanti agli occhi, un
calore ed un senso di pace come non aveva mai avvertito
prima… donna
innamorata, credeva a quell’amore, e desiderava perdersi in
lui, donarsi
all’uomo che da anni amava, e da cui ora sapeva di essere
amata a sua volta.
Prese Ryo per mano, e attraverso la porta-finestra
entrarono nella
loro stanza, senza nemmeno chiuderla alle proprie spalle. Una volta
davanti al
grande letto, la donna si alzò in punta di piedi, e
lasciò un bacio delicato
sulla bocca di lui, non dissimile da quello che vi aveva posato quella
stessa
mattina.
“Guarda che non si fa
così…” Ryo la redarguì, in
tono scherzoso,
chinando il capo verso la spalla. “Non lo sai, Kaori, che
quando ci si bacia,
bisogna chiudere gli occhi?”
Chinandosi su di lei, le alzò con la
mano destra il mento, per
facilitare il contatto tra le loro bocche, mentre l’altra
mano prese a giocare
con il nodo del pareo. Dapprima timido, il contatto tra le loro labbra
divenne
presto esplosivo: avvertendo quanto Kaori fosse arrendevole tra le sue
braccia,
lui si fece più ardito, e stuzzicò la bocca della
compagna con la punta della
lingua. Kaori aprì maggiormente le labbra, e
lasciò che Ryo giocasse con la sua
lingua, che le due si rincorressero, si trovassero, si intrecciassero,
in un
perfetto gioco erotico che lasciava presagire cosa entrambi da tempo
desideravano avvenisse.
Quando, vinti dal bisogno d’aria,
entrambi si staccarono, col
fiato corto, Ryo appoggiò la fronte contro quella di lei. Le
mani ai fianchi di
Kaori, stringeva nella mano sinistra quel nodo che desiderava
ardentemente
slegare, nonostante non avesse il coraggio di fare quella domanda o
compiere
quell’ultimo passo, che avrebbe segnato per sempre il loro
rapporto. Kaori
sembrò percepire la titubanza del socio, e coprì
la mano di lui con la sua,
quasi a volerlo guidare.
“Kaori….” Si
limitò a dire Ryo, incapace di finire la frase. Lei
gli diede un bacio sulla guancia, facendo cenno di sì col
capo, e sorridendo,
emettendo un respiro di sollievo che nemmeno aveva saputo di
trattenere, Ryo
slacciò il nodo del tessuto, che cadde a terra, ai piedi di
Kaori, come una
soffice nuvola.
Mentre camminavano verso il letto, facendo quegli
ultimi passi,
Kaori riprese a baciarlo, e mentre lo faceva, sbottonava la camicia
tropicale,
lasciandola cadere poi a terra come lui aveva fatto con il suo capo di
abbigliamento, e quando inciamparono nel materasso, cadendoci sopra in
un
tripudio di deliziose risate contagiose, erano ormai vestiti solo delle
proprie
pelli.
“Come sei bella,
Kaori…” lui sospirò, la voce
così bassa, flebile,
che parve un mero pensiero, mentre faceva scorrere il pollice sul volto
di
Kaori, che, nuda sotto di lui, gli cingeva il busto con le esili
braccia,
facendo scorrere un piede sui polpacci di Ryo, quasi avesse voluto
bloccarlo su
di sé. Un’altra lacrima sfuggì dai
grandi e luminosi occhi nocciola, e Ryo la
catturò, cancellandola con un tocco della bocca.
“Perché piangi, Kaori? Non mi
credi?” Le domandò, soffiandole le parole sulle
labbra.
“È solo
che…” Lei, come risposta, lo strinse ancora con
più forza
a sé, nascondendo nell’ampio petto del suo uomo il
viso. “Ho aspettato così a
lungo questo momento che….”
Strinse gli occhi, mentre le parole le morirono in
bocca, e Ryo
non ebbe bisogno di ascoltare la sua voce per sapere cosa volesse dire.
Aveva
ascoltato il cuore della donna, e tanto era bastato.
…che non riesco a
credere che stia davvero succedendo.
…che mi sembra un
sogno.
…che ho paura che
domani mattina torneremo a casa e tu non mi vorrai più, di
nuovo.
Ryo le prese il capo tra le mani, e lo
sollevò, perché lei potesse
guardarlo, leggergli negli occhi la verità di cosa le stava
per dire,
consapevole di quanto la donna avesse bisogno di sentire,
e non solo ascoltare,
quelle parole.
“Adesso hai finito di aspettare, amore
mio…” Le disse, col sorriso
sulle labbra, mentre faceva scorrere il pollice sulla succulenta bocca
piena e
gonfia di baci di Kaori. “Io sono tuo… e tu
mia… e niente potrà più cambiarlo,
se tu lo vorrai.”
“Dimmelo di nuovo,” Kaori
portò la mano su quella di Ryo e la
strinse, e guardandolo negli occhi prese a piangere copiosamente,
emozionata-
lacrime di gioia, per una volta. “Dimmelo ancora una
volta…”
“Te lo dirò tutte le volte
che vorrai… amore mio.” E così dicendo,
ripetendole ancora, sempre, ancora e ancora e ancora, tra baci e
tocchi, le
parole ti amo, mentre le mani la
accarezzavano, delicate, lasciando coi polpastrelli scie di fuoco lungo
tutto
il corpo casto della donna, Ryo lasciò umidi baci sul viso
dell’amata,
cancellando tutte quelle lacrime. Stringendolo a sé, Kaori
gli andava incontro,
lo cercava, lo assecondava, il suo tocco incerto, nuovo, eppure era
come se
sapesse esattamente cosa piacesse a Ryo, cosa lo accendesse o potesse
farlo
rilassare, trasformarlo come creta nelle sue mani.
Mentre la brezza del mare faceva danzare le tende
della stanza,
Ryo e Kaori si amarono per tutta la notte, in un modo delicato ed
innocente,
come due novelli sposi, eppure guidati da un istinto che era intrinseco
ai loro
esseri, trovandosi e cercandosi, tra sospiri e gemiti e di piacere e
desiderio,
in perfetta sintonia tra di loro… tra le lenzuola, come lo
erano sempre stati anche
nella vita di tutti i giorni, e quando la danza giunse al termine,
sudati ma
felici, sentendosi completi e appagati, tanto nello spirito quanto nel
corpo,
si addormentarono, l’uno nelle braccia dall’altra,
cullati dai propri respiri e
dai battiti dei loro cuori palpitanti d’amore.
***
Davanti al grande specchio, Kaori stava dando gli
ultimi ritocchi
al leggero trucco, e sistemando il colletto del top azzurro che aveva
scelto
per il viaggio di ritorno; sulla valigia, aveva già
sistemato una giacca, da indossare
una volta atterrati in Giappone.
Gote arrossate, stava canticchiando, felice ed
emozionata,
ricordando il risveglio che aveva ricevuto quel mattino, quando Ryo
aveva
pigramente aperto un occhio e le aveva chiesto di baciarlo come aveva
fatto la
mattina precedente, ma permettendogli stavolta di partecipare, ormai
incapace
di fingere il sonno. I suoi romantici vaneggi vennero però
interrotti quando
sentì un rumore che poté definire solo come sinistro;
voltandosi in cerca della sua origine, quasi ebbe un mancamento quando
si rese
conto che quel suono proveniva da Ryo.
Seduto sul letto, lo sweeper era rigido, teso come
una corda di
violino, sudava copiosamente e, gli occhi sbarrati, stava battendo i
denti,
come se avesse avuto freddo… oppure paura.
“Ma… ma… Ryo, si
può sapere cosa ti prende adesso?” Gli
domandò,
sbattendo le ciglia rese ancora più lunghe e sensuali dal
mascara; quella
vacanza, la rinnovata amicizia con Eriko e l’evoluzione del
rapporto con Ryo le
avevano fatto dischiudere le sue ali di donna, facendole scoprire il
gusto di
una delicata femminilità.
Muscoli tesi che fremevano, Ryo
continuò a guardare davanti a sé,
senza risponderle. Kaori iniziò a preoccuparsi, e si sedette
sul letto, accanto
a lui, posandogli una mano sul cuore con fare rassicurante.
“Ryo, cosa….”
“IO NON VOGLIO
PRENDERE L’AEREO!”
Scoppiò a piagnucolare, sembrando più un bambino
capriccioso che il letale
sweeper, il killer senza paura come era conosciuto, ed
afferrò la donna per la
vita, stringendola a sé, affondando il viso in mezzo ai
seni, per disperazione
più che per lussuria. “Per favore Kaori, torniamo
a casa in nave, pazienza se
ci mettiamo qualche settimana di più, io non voglio salire
su uno di quei
trabiccoli, ho paura!”
“Ma Miki non ti aveva ipnotizzato per
farti passare la paura?”
Stupita e sconvolta, la giovane guardò l’uomo che
aveva sul grembo, ed un
piccolo dubbio iniziò a farsi strada, strisciante, dentro di
lei, ed un caso di
alcuni mesi prima le tornò alla mente, insieme alle parole
di Shoko, la bella pilota
d’aerei che era stata loro cliente…
Se ci sarà una
certa donna che avrà bisogno di lui, allora Ryo
guarirà immediatamente dalla
sua paura di volare, non ci sarà nessun problema!
All’epoca non aveva compreso quelle
parole, ma adesso,
improvvisamente, stavano assumendo un nuovo significato,
perché Kaori ricordava
che nel momento in cui lei era
stata
rapita – tanto per cambiare - Ryo era salito
sull’aereo per salvarla senza
nessuna esitazione. Possibile che fosse accaduto lo stesso anche
stavolta? Che
lui le avesse mentito e che... e che fosse andato lì per
lei, perché lui era
preoccupato che lei non avesse
dato sue notizie per giorni?
Emozionata e col cuore palpitante, la giovane
donna si accoccolò
contro di lui, contro quel solido petto che tante volte
l’aveva sorretta in
passato. Il nasino delicato sfiorava il pomo d’Adamo dello
sweeper, mentre
teneva le mani sui muscoli d’acciaio, che solo la notte prima
aveva scoperto
sotto una luce tutta nuova.
“Beh… io in realtà
avrei un’idea…” Gli sospirò
contro il collo, e
Ryo avvertì contro la pelle la vibrazione della calorosa e
felice risata della
sua compagna, le cui labbra lasciavano delicati tocchi bollenti ovunque
si
posassero, dalla spalla, al collo, fino all’orecchio. Lei,
creatura già
maliziosa che si era scoperta piena di desiderio in quella loro notte
magica, gli
mordicchiò il lobo, e sentire il respiro di Kaori
nell’orecchio era per Ryo una
delle cose più eccitanti che avesse mai provato in tutta la
sua vita. “Forse so
come potrei tenerti la mente occupata mentre torniamo a
casa….”
“Oh?” Con le labbra tirate in
un sorrisetto furbo, Ryo alzò un
sopracciglio, chiaramente interessato; intanto, le sue mani ripresero a
percorrere delicate ma sicure la figura di Kaori, scostando i lembi
degli abiti
per permettergli un maggiore accesso alle forme di lei. “E
sentiamo, come pensi
di farmi passare la paura del volo, eh?”
Col sorriso sulle labbra, Kaori lasciò
delicati baci sulla
giugulare di Ryo; intanto, le mani si spostarono, e posò una
sul cuore, l’altra
invece la tuffò in quei gloriosi capelli corvini.
“Che dici, una cosa del genere potrebbe
bastare?” mormorò contro
la pelle abbronzata, e Ryo sorrise. Il cuore prese a battergli
all’impazzata, e
si sentì ardere di desiderio, ma soprattutto… di
amore. Strinse la mano che lei
gli teneva sul cuore, e le sorrise, posando la fronte contro quella di
lei.
“Quasi,” le rispose, con una
luce maliziosa nello sguardo, mentre
scostò la mano libera, portandola alla nuca della compagna.
“In realtà c’è
ancora una cosuccia che potresti fare…”
Quando vide lo sguardo curioso di Kaori,
agì; la spinse contro di
sé, e le loro bocche si scontrarono in un bacio famelico ed
animale; travolti
dalla passione, presero a sospirare, mentre le loro lingue si
intrecciavano e
le mani prendevano a vagare, sbottonare, scostare stoffa, per garantire
loro il
massimo godimento possibile, e senza mai staccarsi da lui, Kaori si
accomodò in
braccio a Ryo, stringendogli la gambe intorno alla vita mentre lui la
sorreggeva, la stringeva, cercando di massimizzare il più
possibile il contatto
tra i loro corpi. Per anni si era limitato a fantasticare, ma adesso
che i suoi
sogni erano divenuti una peccaminosa realtà, lo sweeper
comprese che di quella
donna e di quel corpo divino non ne avrebbe mai avuto abbastanza, e che
dove
era davvero importante, nel cuore, Kaori sarebbe stata da quel giorno sua moglie.
E poi, la loro prima notte insieme era stata
incentrata sulla
dolcezza, sullo scoprirsi: adesso era giunto il momento che la bella
Kaori
incontrasse il famelico, indomabile e selvaggio Stallone!
“Ma… ma
Ryo…” Sospirò lei ad occhi chiusi,
mentre lui le lasciava
un bacio sul collo, marchiandola con le labbra ormai gonfie e rosse per
i tanti
baci che si erano scambiati dalla sera precedente. “Se
continui così,
perderemo…uhm…
l’aereo…”
Con le labbra lo incitava a fermarsi, a rammentare
i loro impegni;
tuttavia, le sue dita scorrevano nei capelli scuri, trattenendolo
contro di sé,
avvicinandolo sempre di più, esortandolo con i gesti a
continuare quella
lussuriosa lezione.
“Si ma… io ho
fame!” La voce di Ryo aveva una nota allegra, come
se stesse ridendo; scostandosi da lei, le fece l’occhiolino,
facendola
arrossire, ancora timida nei suoi approcci, non ancora abituata a
vederlo comportarsi
così con lei. “E poi, suvvia, cosa vuoi che sia,
peggiore dei casi il nuovo amichetto
di Eriko ci paga un’altra notte in albergo, è il
minimo che ci deve
quell’arpia, visto che le ho salvato la pelle e la carriera e lei non ci ha pagato
nemmeno un centesimo!”
Kaori non resistette. Scoppiò a ridere,
e presto anche lui lo
fece, e affascinato da quella risata, si avventò su di lei,
facendole il
solletico e facendola rotolare sul letto. Presto le loro bocche
ripresero a
cercarsi e stuzzicarsi, mentre le carezze si facevano una volta
più languide e
mirate, ed il tempo passava, inesorabilmente, ma loro non ne avevano
concezione: avvertivano solo i rispettivi respiri, ed il calore dei
propri
corpi, e l’emozione trasmessa dai loro tocchi.
In quella stanza d’albergo a Paradise
Island, Ryo e Kaori
assaporarono, ancora e ancora, il paradiso sì, ma quello dei
sensi, trovando
quel tesoro che era stato loro celato a lungo: il loro amore.