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Autore: Flami151    01/06/2021    2 recensioni
Nessuno è fatto di sola luce o oscurità. In ognuno di noi alberga lo Spleen, un senso di noia, di disperazione, di male di vivere; e l’Ideale, la forza che ci spinge a sognare, lottare e amare.
Lo scopriranno insieme Hermione e Draco quando si troveranno a stringere un’inattesa alleanza, per svelare il mistero dietro la sparizione di Narcissa Malfoy.
Ancora una volta, sarà l'Amore a tenere le fila: amore per la vita, amore per la famiglia e amore di sé, spesso sottovalutato.
Dal testo:
«Narcissa, hai paura?» Le sussurrò Lord Voldemort.
Si era ripromessa che non si sarebbe lasciata piegare, che non avrebbe mai abbassato la testa se avesse dovuto difendere la sua famiglia. Ma il Signore Oscuro aveva ragione: lei aveva paura, talmente paura da non riuscire più a parlare.
«Eppure, non mi sembrava che avessi paura il giorno in cui mi hai pregato di risparmiare Draco dal Marchio Nero. Sapevi quali sarebbero state le conseguenze e ti sei fatta avanti comunque. Non dirmi che te ne sei pentita».
Lei scosse la testa. Non avrebbe mai rinnegato la sua scelta.
«Bene».
Genere: Avventura, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Narcissa Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XIX


23 Aprile 1997:
 
Quando Severus Piton arrivò al Malfoy Manor, trovò soltanto Bellatrix Lestrange ad accoglierlo. Ma per certi versi, neanche lei sembrava essere la stessa: il suo volto era più pallido del solito, i suoi capelli, solitamente sciolti e indomabili, erano legati dietro la nuca, i suoi vestiti erano stropicciati, come se non si fosse cambiata d’abito per giorni e le sue maniche erano tirate su fino al gomito.
 
«Finalmente sei arrivato Severus». Disse facendo entrare l’insegnante di Pozioni in casa.
 
«Ho fatto prima che ho potuto». Rispose lui osservando la dimora con circospezione. «Dove sono tutti?»
 
«Amycus e Alecto sono a casa loro, Greyback è in attesa della luna piena lontano da qui, Minus è a Nocturn Alley, mentre il Signore Oscuro è con Yaxley in sala riunioni, per parlare della sua imminente missione sotto copertura al Ministero».
 
«Capisco… E il Signore Oscuro è al corrente della mia presenza qui?»
 
«Non mi è sembrato il caso di disturbarlo per una sciocchezza simile». Mentì Bellatrix. «Ma sono certa che non avrà nulla da ridire. In caso contrario, me ne assumo la piena responsabilità».
 
Severus Piton poté giurare di vedere un lampo di terrore balenare negli occhi della Lestrange, forse al pensiero di ciò che avrebbe potuto farle il Signore Oscuro se solo non avesse approvato la sua presa d’iniziativa.
Bellatrix lo guidò fino al piano di sopra e lo invitò ad entrare nell’ex camera di Draco, ora diventata il capezzale di Narcissa Malfoy.
 
La camera era invasa da un pungente odore di incenso. «Una guaritrice mi ha detto che avrebbe tenuto lontano le maledizioni». Si giustificò Bellatrix, imbarazzata.
 
Quando Piton si avvicinò al letto in cui Narcissa giaceva, dovette resistere al desiderio di voltarsi dall’altra parte: quella che un tempo era stata una donna bellissima e piena di fascino, adesso sembrava poco più che un cadavere. Il suo volto era grigio e scarnificato, le sue ossa erano ormai coperte solo da un sottile strato di pelle, amorevolmente inumidito da Bellatrix con una pezza imbevuta di acqua calda ed oli essenziali. I suoi occhi erano spalancati, ma sembravano privi di coscienza ed il suo corpo, orribilmente mutilato, era scosso da forti spasmi e tremiti incontrollabili.
 
«Da quanto tempo è in questo stato?» Chiese Severus.
 
«Lei… Da qualche giorno…» Confessò Bellatrix. «Prima ha smesso di mangiare, poi di bere, poi ieri si è completamente irrigidita. Pensavo che fosse… ma poi ha iniziato a tremare e a contorcersi ed io… non sapevo più cosa fare».
 
Per la prima volta da quando la conobbe, Piton vide in Bellatrix una reale e profonda umanità. Per mesi aveva osservato, senza mai opporsi, sua sorella soccombere alla collera del Signore Oscuro, venire di giorno e giorno torturata fisicamente e abusata spiritualmente da colui che aveva tanto ammirato. Ma come la più devota dei suoi servitori, la sua fede in Lui non era mai vacillata. Fino a quel momento.
 
Al momento decisivo, Bellatrix non era riuscita a dire addio a sua sorella e aveva chiesto il suo aiuto. Ecco perché Severus si trovava lì in quel momento, perché per lei Narcissa era ciò che Lily era stata per lui: il limite oltre il quale neanche Lord Voldemort si sarebbe potuto spingere.
 
«Ho provato a preparare un Elisir Rigenerante». Disse la Mangiamorte indicando un calderone disposto su uno scrittorio poco lontano dal letto. «Poi anche una Pozione Rinvigorente ed un Siero Allontanamali, ma nessuno di questi è servito. Anzi, ad ogni tentativo di cura sembra ammalarsi ancora di più. C’è qualcosa che potresti fare?».
 
Piton non si sorprese: come aveva già diagnosticato da tempo, il male che stava logorando Narcissa non era di natura fisica. Il potere del Signore Oscuro la stava divorando dall’interno e l’unico modo per salvarla era estirpare anche l’ultima traccia di magia oscura da dentro di lei. Si chiese se non fosse troppo tardi.
 
«Non conta ciò che potrei fare, ma ciò che dovrei fare». Rispose Severus, impassibile. «La famiglia Malfoy ha fallito nel compiere il volere del Signore Oscuro e se lui ha ritenuto che questa fosse la punizione adeguata, allora dobbiamo accettarlo».
 
«Se il Signore Oscuro avesse voluto privare Narcissa della sua vita, allora l’avrebbe uccisa senza esitazione. Ma non l’ha fatto: questo perché sa che lei gli è devota. L’ha solo messa alla prova». Per Severus era difficile dire se stesse cercando di convincere più lui o sé stessa. «Credimi Severus, abbiamo ancora bisogno di lei, della sua casa. Cosa succederebbe se si venisse a sapere della sua morte? Dove andremmo tutti noi? Dove potrebbe rifugiarsi il Signore Oscuro?»
 
Le motivazioni di Bellatrix erano deboli: per l’Oscuro Signore non sarebbe stato difficile trovare una nuova dimora ed era evidente che dei Malfoy non avesse più alcun bisogno. Ciononostante era ciò che gli serviva per poter agire: un lasciapassare per poter far credere agli occhi della Lestrange e degli altri Mangiamorte che il suo intervento fosse motivato da esigenze esclusivamente pratiche e non personali.
 
«Va bene, vedrò cosa posso fare». Sentenziò infine.
 
A queste parole, Bellatrix prese un profondo respiro, forse tentando di trattenere le lacrime. «Grazie Severus».
 
«Non lo faccio per te». Rispose lui stizzito. «Lo faccio per Lui». Poi aprì la sua borsa da viaggio e ne estrasse degli ingredienti da pozione ed una pergamena. «Per favore, recupera gli ingredienti riportati su questa lista e portali da me il prima possibile».
 
Lei annuì con sicurezza e si congedò, ma non prima di aver rivolto a sua sorella un ultimo sguardo. «Ti prego Severus, salvala».
 
 
È inutile dire che non ho chiuso occhio per tutta la notte: quando sono rientrata in Sala Comune non ho fatto nemmeno lo sforzo di salire al dormitorio, tanto non sarei comunque riuscita a prendere sonno. Quindi mi sono seduta davanti al camino, ho preso carta e penna ed ho iniziato ad elaborare un piano per scoprire la verità dietro la scomparsa di Narcissa Malfoy.
 
Ma anche riuscire a ragionare con calma non è stato affatto facile.
 
Ogni mio tentativo di concentrazione era bruscamente interrotto dai ricordi delle ore appena trascorse. Continuavo a sentire i brividi di freddo provati nell’umido passaggio segreto verso Mielandia, la sensazione di leggerezza mentre mi libravo in aria sotto l’effetto delle Api Frizzole, il profondo sollievo di confessare per la prima volta ad alta voce tutte le mie insicurezze senza il timore di essere giudicata ed infine l’adrenalina, quella pura scarica di adrenalina che il bacio di Malfoy mi aveva infuso in tutto il corpo.
 
Forse era per via di tutti gli zuccheri appena ingeriti, forse era l’emozione di essere fuggiti fuori da scuola in piena notte o forse era la compagnia di quello che, agli occhi di tutti, era ancora il mio peggior nemico, sta di fatto che quel bacio ha svegliato in me sensazioni che non credevo di poter provare. Era stato ben diverso dal timido ed impacciato bacio di Viktor Krum o da quello preso con la forza da McLaggen; era stato un bacio ricco di significato, che racchiudeva in sé tutto ciò che Malfoy ed io siamo stati fino a quel momento l’uno per l’altra: una boccata d’aria fresca, una via di fuga da una vita che non ci rappresentava più.
Durante quel bacio, mi sono sentita me stessa per la prima volta dopo tanto, tantissimo tempo.
 
Ma soprattutto, era stato un bacio dannatamente breve. Interrotto prima dall’arrivo del Signor Flume e poi dalle lamentele di quello strano gatto.
 
Insomma, non è stato facile mantenere alta la concentrazione senza continuare a riassaporare quei pochi istanti a contatto con Malfoy ma, una volta sorto il sole, il piano era pronto.
Non volendo aspettare neanche un istante per potergliene parlare, ho deciso di rischiare un’altra punizione con la Babbling facendo tardi a Rune Antiche per potermi di nuovo sedere accanto a Malfoy senza destare sospetti.
 
«Signorina Granger, è di nuovo in ritardo!»
 
«Mi scusi Professoressa, Pix mi ha trattenuta». Dico io entrando in aula.
 
Come previsto, il posto accanto ad Anthony Goldstein è occupato da Padma Patil e l’unica sedia libera è di fianco a Malfoy, che mi segue con lo sguardo finché non mi siedo accanto a lui. «Di nuovo in ritardo, Granger». Bisbiglia facendo il verso alla Babbling. «Qualcuno ha fatto le ore piccole?»
 
«A dire il vero, non ho dormito per niente». Rispondo io a bassa voce.
 
«Ah sì? E come mai?» Mi chiede in un sussurro avvicinandosi a me senza farsi notare dagli altri.
 
La sua vicinanza, il suo calore, persino il suo odore mi accendono, distogliendomi di nuovo dall’obiettivo. Devo fare appello a tutto il mio rigore per riuscire a non muovermi di un muscolo, attenta a non farmi sorprendere dai miei compagni mentre arrossisco accanto al Serpeverde o sorrido ascoltando le sue parole.
 
«Ho lavorato per te, Malfoy». Rispondo io fingendo di prendere appunti. «Ho un piano».
 
Lui manda all’aria tutte le precauzioni e di slancio mi chiede. «Di già?»
 
L’intera aula si volta verso di noi, compresa la professoressa Babbling. «Signor Malfoy, la signorina Granger è già arrivata in ritardo, per lo meno cerchi di non distrarla».
 
La lezione riprende senza danni collaterali e Malfoy torna a chiedermi di nuovo a voce bassa. «Qual è il piano?»
 
«Non sarà facile». Dico io tenendo sempre gli occhi puntati verso la pergamena. «Ma se le tue lettere vengono intercettate e rivolgersi a Silente è fuori discussione, l’unica soluzione è andare direttamente a casa tua a controllare cosa stia succedendo».
 
«E come pensi di riuscirci?» Chiede lui dopo aver riflettuto per qualche istante.
 
«Ho pensato a due diverse possibilità: o tramite la Materializzazione o tramite la Metropolvere». Rispondo io. «Nel primo caso, dovremmo usare il passaggio segreto di ieri sera per raggiungere Hogsmeade e, da lì, andare oltre ai confini dematerializzanti, a quel punto io potrei portarti fino al Malfoy Manor».
 
«E una volta lì cha faccio? Busso alla porta dicendo “Sorpresa! Sono tornato a casa prima!”?»
 
«No, infatti questo piano è attuabile solo se ci fosse un modo di entrare in casa tua senza passare per l’ingresso principale».
 
«Non che io sappia, mi dispiace». Risponde lui sconsolato.
 
«Allora non ci resta che passare al piano B».
 
«Ma non si può usare la Metropolvere all’interno di Hogwarts».
 
«Non è esatto». Lo correggo io. «Esistono due caminetti collegati alla Metropolvere qui a scuola: uno si trova nell’ufficio di Silente, l’altro in quello della Professoressa McGranitt e quest’ultimo è quello che useremo per viaggiare al Manor. Quasi sicuramente la tua casa sarà protetta da incantesimi anti-incursione, ma se ho capito qualcosa della tua famiglia, sono certa che il tuo purissimo sangue Malfoy non avrà problemi ad attraversarli. Io invece rimarrò ad Hogwarts a fare la guardia».
 
«Ma è folle!» Dice lui attirando l’attenzione di un paio di Tassorosso seduti di fronte. Quindi abbassa nuovamente la voce. «Ammesso che riusciremo ad intrufolarci nell’ufficio della McGranitt senza farci notare -e ti ricordo che la McGranitt dorme proprio nella stanza di fianco- non potremo mai lasciare Hogwarts senza che Silente se ne accorga: due anni fa un moccioso del primo anno ha provato a tornare a casa da mamma e papà e il preside se ne è accorto immediatamente. Non so quale sortilegio ha escogitato, ma non posso sparire senza che lui lo sappia».
 
Ovviamente ne sono consapevole, ma ho già trovato la soluzione. La parte più difficile del mio piano è stata stabilire se mi fidassi di Malfoy tanto da scoprire le mie carte con lui. «Lo so bene, ma ascoltami: intrufolarci nell’ufficio della McGranitt sarà una passeggiata con la Mappa del Malandrino».
 
«La che?»
 
«La Mappa del Malandrino: si tratta di una mappa stregata che riporta ogni centimetro di questa scuola e chiunque si trovi al suo interno. L’hanno sottratta i gemelli Weasley anni fa a Gazza e adesso ce l’ha Harry. Possiamo usarla per seguire gli spostamenti della McGranitt durante il giorno ed assicurarci che non si avvicini al suo ufficio».
 
Malfoy mi guarda sbigottito. «Cioè tu mi stai dicendo che Potter possiede una mappa magica con la quale può sapere dove si trovano tutti in ogni momento e tu me lo dici solo ora?»
 
«Stai tranquillo. La Stanza delle Necessità è indisegnabile: non si vede sulla mappa». Lo tranquillizzo io.
 
«Quindi è per questo che quel bastardo mi ha fatto seguire dai due elfi? Perché la notte mi vedeva andarmene in giro per il castello?»
 
«Sì, ma adesso concentrati». Gli dico cercando di distogliere la sua attenzione da questo piccolo segreto che gli ho tenuto nascosto. «Per quanto riguarda Silente, è probabile che nel prossimo futuro si assenterà un paio di volte da Hogwarts. Quello sarà il nostro momento per agire».
 
«Perché Silente dovrebbe lasciare Hogwarts? E tu che ne sai?»
 
Sospiro. Non potevo certo sperare che Malfoy si accontentasse di informazioni sommarie senza farmi alcuna domanda. «Lo so perché lascerà la scuola insieme ad Harry». Gli confesso io. «Ma non posso dirti nient’altro. Ti prego, non insistere».
 
So bene che parlare a Malfoy della Mappa del Malandrino era un conto, ma dirgli delle missioni segrete di Silente è tutt’altra cosa. Eppure ormai ne sono certa: posso fidarmi di lui.
Il Serpeverde, infatti, smette di farmi domande, anche lui si fida di me, tutto ciò che dice è «va bene, quando sarà il momento entreremo in azione».
 
Finita la lezione di Rune Antiche mi dirigo verso l’aula di Incantesimi, nella speranza di incontrare Harry lungo la strada per indagare sui prossimi spostamenti del preside.
Camminando lungo il corridoio del secondo piano sono però talmente assorta nei miei pensieri da non accorgermi della studentessa in divisa Serpeverde che, al mio passaggio, mi blocca la strada afferrandomi per un braccio.
 
«Cosa credi di fare, Granger?» Chiede Pansy Parkinson stringendo la presa sul mio polso.
 
«Andare a lezione, Parkinson». Dico io liberandomi con uno strattone dalla sua stretta.
 
La supero senza fare troppi complimenti, non sono proprio in vena di uno scontro diretto con la studentessa più maligna e meschina che la casa di Serpeverde abbia mai avuto il piacere di ospitare.
 
«Ti sta solo prendendo in giro». Dice però lei, costringendomi a fermarmi e a tornare indietro.
 
«Di chi diavolo stai parlando?» Chiedo io, temendo di conoscere già la risposta.
 
«Secondo te? Di Draco ovviamente». Replica lei con un sorrisetto astuto sulle labbra.
 
Il mio cuore si ferma e, in pochi istanti, la mia mente viene affollata dalle domande: come fa lei a sapere di me e Malfoy? Ci ha seguiti? O forse gliene ha parlato lui? Che significa che mi sta prendendo in giro? Forse è solo un bluff? Ma come potrebbe esserlo? Come potrebbe anche solo pensare che io…?
 
«Certo che per essere una strega così brillante, ti sei fatta abbindolare davvero facilmente». Continua la Serpeverde senza aspettare una mia replica. «Come hai potuto pensare che Draco Malfoy potesse davvero provare qualcosa per te? Una lurida Sanguemarcio con i denti da castoro? Tu e quegli sporchi babbanofili dei tuoi amici avete mandato in galera suo padre, gli avete rovinato la vita. L’unico motivo per cui Draco si è avvicinato a te è perché Lui glielo ha ordinato».
 
«Stai delirando, Parkinson». È tutto ciò che riesco a dire, forse anche con scarsa convinzione.
 
«No, tu stai delirando se pensi davvero che ci sia qualcosa di vero in tutte le cazzate che ti ha propinato Draco». Dice lei avvicinando la sua brutta faccia da carlino alla mia. «Finalmente ho capito perché fosse così restio a parlarmi del suo incarico come Mangiamorte, non voleva che si sapesse che doveva sbattersi una Nata Babbana come te».
 
«Vaffanculo Pansy». Dico prima di volarle le spalle e andarmene.
 
 
Mi precipito nella Stanza delle Necessità. Non ho fatto nemmeno in tempo ad arrivare alle serre per la lezione di Erbologia che il galeone incantato nella mia tasca ha iniziato a bruciare.
 
«Sapevo che fossi in gamba, Granger, ma non credevo riuscissi a recuperare la Mappa del Malandrino in meno di quindici minuti! E col vecchio invece come la mettiamo? Ha già lasciato la scuo…» Ma la frase mi muore sulle labbra non appena vedo il volto della Grifondoro, feroce e paonazzo. «Cosa è successo?» Le chiedo avvicinandomi per prenderle la mano, ma lei si ritira di scatto.
 
«Dimmi che non è vero». Dice lei guardandomi con diffidenza.
 
«Cosa non è vero?»
 
«Lo sai di che parlo, di quello che si dice sul tuo conto».
 
«Potresti essere un po’ più specifica?» Le chiedo seccato, non mi piacciono questi indovinelli.
 
«Che sei uno di loro. Un Mangiamorte».
 
Silenzio.
 
«Allora?» Insiste lei alzando la voce.
 
«Si può sapere da dove ti è uscita questa idea adesso? Appena venti minuti fa stavamo parlando a lezione».
 
«Le cose sono cambiate». Continua la Granger.
 
«Come? Che diavolo è successo nel tragitto dal sesto piano a qui che ti ha fatto dare di matto?»
 
Il visto della Granger si contorce in un’espressione di pura rabbia, non credo di averla mai vista così. «Non prendermi in giro Malfoy! E smetti di evitare la domanda! Sei o no un Mangiamorte?» Mi urla contro.
 
«Non sto evitando niente! Prima però devi dirmi come cazzo ti è venuta questa idea!» Urlo io a mia volta.
 
So di aver oltrepassato il limite, lei infatti diventa, se possibile, ancora più rossa. «Se non vuoi dirmelo allora lo scoprirò da sola!» Dice venendomi incontro a passi decisi e afferrandomi il braccio sinistro. «Alzati la manica!»
 
Io, che fino ad ora ero riuscito quasi a mantenere la calma, mi divincolo dalla sua presa ed esplodo. «Lasciami stare Granger! Non devo provarti proprio niente! Tu piuttosto adesso mi dici chi ti ha messo questa idea in testa! Lo Sfregiato? Il poveraccio?»
 
«Non ti permettere, Malfoy!» Dice lei sguainando la bacchetta. «Non ti permettere di parlare così di Harry e Ron!»
 
Sguaino la bacchetta a mia volta. «Certo! Non sia mai che si dica niente di male su San Potter o su lenticchia! Due amici talmente leali che non ti hanno considerata per un anno intero!»
 
«ALZATI LA MANICA, MALFOY!» E con queste parole mi lancia contro uno Schiantesimo che riesco a parare giusto all’ultimo istante.
 
Ma la sua furia non si ferma e, sull’onda della collera, mi lancia contro una fattura dopo l’altra, che riesco a parare a fatica. Capisco che l’unico modo che ho per fermarla è attaccare a mia volta.
E così ci gettiamo in uno scontro efferato, ben diverso da tutti i duelli che abbiamo combattuto finora. Nessuna battutina tagliente, nessuno dispetto scherzoso, nessuna pietà. La Granger infierisce su di me senza darmi tregua e se non conoscessi già molti dei suoi trucchetti, a quest’ora sarei stato senza speranza.
 
«Ammettilo Malfoy! Tu ci disprezzi! Disprezzi me, Harry, Ron! Lo hai sempre fatto!» Mi urla colpendomi con un incantesimo di dispersione che mi scaglia all’indietro di diversi metri.
 
Faccio appena in tempo a schivare il colpo successivo. «Sì, Granger! Disprezzo Potter, Weasley e tutta la cricca di Grifondoro che ti porti appresso. Non li ho mai potuti tollerare, con quella loro aria di superiorità da santi scesi in terra!»
 
«Molto meglio i tuoi tirapiedi Serpeverde, con i quali ti vanti tanto delle tue imprese da Mangiamorte!»
 
Finalmente capisco cosa cavolo è successo. «È per questo che stai facendo la pazza? Per qualcosa che hanno detto i Serpeverde?» Le chiedo rispondendo ad uno suo incantesimo con una fattura stordente, magistralmente parata.
 
«Non i Serpeverde, ma quella smorfiosa della Parkinson! Hai detto a tutti che sei uno sporco Mangiamorte! Che ti sei avvicinato a me per estorcermi delle informazioni! Quante risate vi siete fatti alle mie spalle eh? Quella stupida Sanguemarcio della Granger che si è fatta abbindolare come un’allocca!»
 
«NO!» Urlo io a questo punto. «Non ti ho presa in giro Granger! Non l’ho mai fatto. È vero, odio Potter e Weasley e odiavo anche te un tempo ma ora… è tutto diverso!»
 
«ALLORA DIMOSTRALO! LEVICORPUS!»
 
D’un tratto mi ritrovo appeso a mezz’aria per una caviglia. La bacchetta mi scivola dalle mani e rotola per terra, lontano da me, lasciandomi completamente indifeso ed in balia della Granger. Lei si avvicina a me, tenendo sempre la bacchetta ben stretta. Anche sottosopra riesco a vedere il suo bellissimo viso, contorto in un’espressione di delusione e rancore.
 
Mi odio. Per la prima volta mi odio per aver inferto del dolore a qualcuno. Mi odio perché la persona che sto facendo soffrire è l’unica che vorrei vedere sempre felice. Mi odio perché so che, se questo rapporto folle ed inspiegabile dovesse proseguire oltre, non potrei evitare di ferirla ancora e ancora.
 
«Granger fermati». Le dico mentre lei mi afferra di nuovo il braccio sinistro, nel tentativo di alzarmi la manica. «Hermione fermati, ti prego».
 
Lei si ferma.
I nostri sguardi si incrociano. Il suo, carico di malinconia e sconforto, mi infligge una coltellata.
 
«Se è vero che non mi hai presa in giro…» Inizia lei con un filo di voce. «Se è vero che sei stato sincero… Allora perché ti nascondi?»
 
Vorrei risponderle, ma le parole fanno fatica ad uscire dalla mia bocca. Provo a parlare, ma la mia voce trema. «Perché… non importa quello che troverai sotto questa manica… non farebbe comunque alcuna differenza…» Prendo un respiro. «Cosa pensi che accadrà quando scoprirò la verità su mia madre? Se lei è stata sequestrata, o ferita, o peggio… io farò la sua stessa fine».
 
Le labbra della Granger iniziano a tremare. Quelle stesse labbra che la sera prima si erano dischiuse sotto le mie, ora sono serrate e piegate verso il basso. «Non deve finire così… Io posso proteggerti, Silente può…»
 
«E che ne sarà di mia madre? E di mio padre? So che per te sono solo dei Mangiamorte ma per me… sono la mia famiglia. Non posso abbandonarli. Per questo non importa se ho il Marchio Nero o no… finito quest’anno io tornerò comunque a casa, scoprirò cosa è successo a mia madre e le resterò accanto. Sempre che non sia troppo tardi».
 
Lei non mi risponde. I suoi occhi diventano lucidi e, una alla volta, calde lacrime iniziano a solcarle le guance, raggiungendo il collo e bagnando il colletto della camicia. Lei non mi risponde, semplicemente se ne va, chiudendosi la porta della Stanza delle Necessità alle spalle e liberandomi così dal suo incantesimo.
 
Sono di nuovo solo.
 
Ora che ho avuto lei nella mia vita, la solitudine mi sembra una punizione crudele ed intollerabile. Mi reggo la testa tra le mani e lotto contro l’istinto di gridare, di piangere.
Devo uscire da questa maledetta stanza, di cui ogni angolo mi fa pensare a lei, devo nascondermi in un luogo neutrale.
 
Raggiungo il bagno dei maschi del sesto piano, il più vicino possibile. Mi chiudo la porta alle spalle e vado a lavarmi la faccia. L’acqua fredda mi mette i brividi a contatto col mio volto bollente, ma continuo a sciacquarmi gli occhi ancora e ancora, fino a mascherare completamente le lacrime che hanno iniziato a colarmi lungo il viso sempre più copiose.
 
Mi guardo allo specchio e mi chiedo come ho fatto a diventare così vulnerabile. Come ho potuto permettere alla Granger di occupare uno spazio così importante nei miei pensieri, nella mia vita. Cosa mi sia passato nella mente per tutto questo tempo.
 
Guardando meglio allo specchio, però, mi accorgo di non essere solo. Harry Potter mi sta fissando attraverso il riflesso, sbigottito.
Senza nemmeno riflettere, estraggo la mia bacchetta e gli lancio una fattura, colpendo però una lampada sulla parete accanto a lui e mandandola in pezzi.
 
«Cosa hai fatto ad Hermione!?» Mi urla lui scagliandomi a sua volta una fattura, che riesco ad evitare per un soffio.
 
Io non rispondo. Come osa lui chiedermi di Hermione? Cosa ne può sapere lui di quello che c’è stato tra di noi? Come può anche solo pensare di potermi seguire fin qui, forse guidato da quella sua maledetta Mappa incantata e di affrontarmi? Sarà pure il Prescelto, o il Bambino Sopravvissuto, non mi interessa: se pensa di potermi spiare giorno e notte e ficcare il naso in faccende che non lo riguardano ha sbagliato di grosso.
 
Continuo a scagliare incantesimi sfogando, ad ogni colpo, tutta la rabbia accumulata in questi ultimi mesi. Ci fronteggiamo come i due rivali che siamo sempre stati ma, questa volta, c’è molto più rancore e odio di quanto non ce ne sia mai stato. I nostri colpi però vanno tutti a vuoto e, senza quasi accorgersene, il bagno intorno a noi inizia ad andare in pezzi, riversando acqua dappertutto.
Mi rendo conto che è la prima volta che affronto realmente Potter da quando ha fatto spedire mio padre ad Azkaban ma, sorprendentemente, non è per questo che desidero ferirlo più di ogni altra cosa: voglio ferirlo perché, comunque andranno le cose, lei sarà sempre al suo fianco.
Ripenso al suo viso e mi chiedo cosa deve avergli detto per farlo correre qui ad affrontarmi. Mi odia? Io fossi in lei mi odierei. Mi odio perfino da solo. Ripenso alla delusione nel suo sguardo, alle sue lacrime e alla sua piccola mano stretta attorno al mio braccio e, senza poterne fare a meno, perdo del tutto il controllo di me stesso.
 
Levo la bacchetta in direzione di Potter ed urlo. «Cruci…»
 
«SECTUMSEMPRA!»
 
Vengo investito in pieno dall’incantesimo e la mia carne viene come squarciata da decine di coltelli affilati. Il dolore si propaga su ogni centimetro del mio corpo, lancinante. Porto istintivamente le mani all’addome, facendo cadere la bacchetta. È caldo, umido… Le mie gambe cedono e cado sul pavimento bagnato.
 
Il mondo intorno a me sprofonda nella più totale oscurità e tutto ciò che riesco a sentire è un gran freddo e la sensazione di annegare: mi manca l’aria, non riesco a respirare, ma non provo più alcun dolore.
Sento delle voci, qualcuno chiede aiuto, qualcuno urla all’assassinio, qualcun altro piange, ma sono ovattate, distanti, come se io mi trovassi sott’acqua e loro in superficie.
 
Però sono stanco di ascoltare, voglio solo lasciarmi andare.
 
«Draco… Draco…» Una voce mi chiama. Diversa da tutte le altre. Non è ovattata, ma non sembra venire da alcuna direzione precisa. Come se fosse dentro di me. «Piccolo mio, fatti forza!».
 
Mamma! Mamma sei tu? Ma non riesco a trasformare i miei pensieri in parole.
 
«Draco, fatti forza, hai ancora tante altre sfide da affrontare».
 
Mamma dove sei? Non ti vedo. Non vedo niente!
 
«Non hai bisogno di vedermi, io sono sempre con te. Ti ho amato più di ogni altra cosa al mondo. Ti auguro di provare anche tu un amore così, un giorno».
 
Mamma ti prego, non lasciarmi! Non lasciarmi!
 
 
«È morta». Disse Severus Piton uscendo dalla stanza.
 

 


Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads e buon inizio settimana!
 
Beh, che dire, l’idillio è durato davvero poco. Dopo la spensieratezza del capitolo precedente vi ho catapultati in questa tragedia.
Prima di dover affrontare l’ira generale faccio le dovute spiegazioni: per quanto il rapporto maturato tra Draco ed Hermione fosse sincero, nessuno dei due si è mai davvero soffermato sulle conseguenze che sarebbero potute scaturire da una loro storia. L’intervento di Pansy li ha messi davanti a questo problema prematuramente, ma prima o poi la situazione sarebbe comunque esplosa. Perché diciamocelo, a Draco gli si può dire di tutto ma non che non sia affezionato alla sua famiglia e, messo davanti ad una scelta, si schiererà comunque dalla loro parte (almeno per come stanno ora le cose). Soprattutto perché lui spera ancora che ci sia una speranza per sua madre e per suo padre e vuole stargli vicino (alias, vicino ai Mangiamorte).
Comunque sia, come avrete ormai capito, siamo quasi alla fine dell’anno quindi aspettatevi che anche i prossimi capitoli siano densi di eventi e tutte le carte in tavola continueranno a mischiarsi e rimischiarsi.
 
Ma passiamo alle domande vere e proprie. Che diavolo ne sa Pansy di Draco ed Hermione? Cosa ha detto Herm ad Harry per farlo accorrere in quel modo a malmenare Malfoy? Cosa succederà a Draco ora che Piton non è ad Hogwarts per poter richiudere prontamente le sue ferite come accade nel libro? E soprattutto: qual è il significato dietro l’incontro “del terzo tipo” tra Draco e sua madre?
 
Siate pazienti e tutte le domande avranno delle risposte… nel prossimo capitolo!

Flami151
  
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