Sentii più volte il telefono
suonare nella tasca dei jeans,
ma nemmeno quando ci fermammo per fare benzina controllai chiamate o
messaggi. Lo
tenevo acceso solo nel caso mi avesse chiamato Johnny e in a quel punto
me ne
sarei accorta dal comando vocale.
Il viaggio si rivelò più lungo del previsto e la
cosa non mi dispiacque. Dopo
circa tre ore di percorso, decidemmo di fermarci per riposare. Ben
insisteva
nel voler proseguire, visto che non era da molto che eravamo partiti,
ma i suoi
occhi dicevano tutto il contrario.
<< Probabilmente non ti sei riposato a dovere prima di
partire, ecco
perché sembri mezzo addormentato >>
<< Sono sveglissimo >>
<< Lo vedi quel Motel? Beh non è il massimo,
ma almeno per qualche ora
potremo riposare >>.
L’edificio a vederlo non pareva essere molto stabile, contava
tre piani di cui
l’ultimo provvisto di piccoli balconi che si volgevano verso
la strada.
<< Non ti facevo così sprezzante del pericolo
>>
<< Quale pericolo? Sì, il posto non
è il massimo, ma non siamo mica
isolati dal mondo >>
<< Non hai mai visto quel genere di film? >>
<< Stai cercando di spaventarmi? >> dissi
incrociando le braccia.
<< Quelli dove dei normali ragazzi incappano in una
famiglia di psicotici
cannibali e finiscono uccisi nelle maniere più
inquietanti… >>.
Invece di preoccuparmi soffocai una risata.
<< Ah ridi? >>
<< Ho visto “Non aprite quella porta”
e film simili una decina di volte,
direi che se ci dovesse capitare qualcosa saprei almeno cosa fare. Ora
se hai
finito con le stupidaggini andiamo a dormire? >>.
Una volta messa la catena alla moto ci dirigemmo verso
l’ingresso con ognuno la
propria borsa in mano. Il posto, sfortunatamente, era più
sporco di quanto mi
aspettassi, proprio come quei film di cui
parlava lui, ma in fondo come potevamo lamentarci? La zona in cui ci
trovavamo
non era certo delle migliori, figuriamoci la manutenzione. Lasciai
perdere gli
sguardi provocatori di Ben per incitarmi ad andarmene e andai alla
reception
dove una donna sulla soglia dei sessanta mi sorrise gentilmente.
<< Buonasera, posso esservi utile? >>
<< Salve, sì ci servirebbero due
camere… Non ci staremo più di qualche
ora >>
<< Un attimo, prego >>.
La donna si allontanò lasciandoci soli. Sembrava dovesse
circondarci solo il
silenzio, invece, nonostante l’ora tarda, si sentivano qua e
là voci di uomini
e donne provenire dal primo piano.
<< Visto, non siamo soli… Non ti facevo
così fifone >>
<< Scusa? Guarda che lo dicevo per te >>
<< Ah, perdonami non avevo afferrato >>
dissi sorridendo.
Nel frattempo tornò la donna con in mano il registro degli
ospiti.
<< Mi dispiace, ma ci è rimasta solo una
matrimoniale >>.
Certo, perché non una singola, così avremmo
direttamente dormito uno sopra
l’altro? Dannazione.
<< La prendiamo >> fece lui avvicinandosi
al tavolo.
<< Hey aspetta, non vuoi sapere cosa ne penso?
>>
<< Non dovevamo riposare? Di questo passo ci impiegheremo
tre giorni ad
arrivare >>.
Sbuffai e lasciai fare a lui. In fondo cosa avevo da preoccuparmi.
La stanza era esattamente la numero 307 e si trovava al terzo piano.
Aperta la porta notammo che fortunatamente l’odore stagnante
sentito al piano
terra lì non era presente. I muri erano abbastanza puliti e
il letto non dava
l’idea di essere sudicio.
<< Ci è andata bene >> ammisi
guardando Ben che già si era sdraiato
a peso morto sul letto.
<< Già >> disse senza muovere un
muscolo.
<< Pensi che potrò sdraiarmi anche io o
dovrò dormire in piedi? >>
<< Hai ragione >> disse alzandosi
<< Scusami, è stato un
gesto automatico >>
<< Meno male che non avevi sonno >>
<< Me lo hai fatto venire tu. Non dovrò
dormire per terra vero? >>
<< Ci avevo pensato, ma in fondo Joey e Dawson dormivano
nello stesso
letto senza nemmeno sfiorarsi, possiamo provarci anche noi, no?
>>
<< Non ho ancora contratto la lebbra >>
<< Smettila di dire idiozie >> dissi
lanciandogli un cuscino.
Per fortuna anche il minuscolo bagno era per lo meno pulito. Indossai
qualcosa
per dormire e mi misi a letto.
Lasciata la luce accesa per aspettare Ben, mi girai su un fianco
socchiudendo
gli occhi.
<< Ti sei già addormentata? >>
chiese uscendo dal bagno.
Alzai appena le palpebre tanto per poter notare da uno specchio
ciò che stava
indossando: boxer neri, niente di più.
Arrossii, ma non se ne accorse e si mise a letto anche lui.
Mi spinsi così tanto sul bordo del materasso che quasi non
caddi sul pavimento.
<< Jen, dove stai andando? >>.
Anche se aveva spento la luce, sentì chiaramente i miei
continui movimenti.
<< Jen? >>.
Provai a far finta di dormire.
<< Jen? Lo so che sei sveglia >>
<< Insomma la smetti? >>
<< Come pensavo >> lo sentii ridere.
<< Sto cercando di dormire >>
<< Tu e il pavimento state dando una festa? Guarda che
non mordo >>
<< Il materasso non è il massimo, cercavo il
punto migliore >> mi
giustificai io.
Passò un po’ di tempo, Ben non disse altro.
Nell’istante in cui chiusi gli occhi sentii un rumore fuori
dalla porta della
nostra stanza. Aprii gli occhi di scatto, ma non vidi a un palmo dal
mio naso.
Pensai che probabilmente aveva scricchiolato il pavimento perché ormai
tropppo vecchio. Richiusi gli
occhi, ma dopo poco risentii lo stesso rumore e niente lasciava pensare
a uno
scricchiolio. Cosa diavolo era?
<< Ben… Ben… >>
sussurrai piano alzando sempre di più il tono della
voce.
Lo sentii mugugnare, poi di nuovo il rumore fuori dalla porta e subito
dopo un piccolo
grido.
Mi prese il panico e mi avvicinai all’estremità
del letto dove dormiva Ben
mettendomi seduta.
<< Ben, svegliati >>
<< Hey… Cosa c’è?
>> disse stropicciandosi gli occhi.
<< Ho sentito degli strani rumori fuori dalla porta, e
una persona che
gridava >>.
Non vidi il suo sguardo per via del buio, ma sicuramente fece
uno dei
suoi sorrisi, uno di quelli derisori per prendermi in giro.
<< Sarà al massimo stato un
animale… Tu non eri quella che “non si faceva
spaventare da nulla”? >>
<< Non l’ho mai detto, ho detto che mi pareva
strano di incappare in
situazioni strane in un posto… Così.
Può darsi che mi stessi sbagliando
>>
<< Perché non ti metti qui, un po’
più vicina? >>.
Non dissi nulla e arrossii di nuovo nell’oscurità
della stanza.
Mi rimisi sdraiata, ma questa volta un po’ più
vicina a lui. Dopo qualche
secondo sentii la sua mano accanto alla mia, pronta ad essere stretta
se
necessario.
Provai a rilassarmi, la sua vicinanza indubbiamente mi diede
più sicurezza. In
quell’istante mi sentii tanto un’idiota. Non feci
in tempo a pensare ad altro
che un tonfo ancora più forte si udì fuori dalla
porta. Questa volta anche Ben
lo sentì perché entrambi scattammo mettendoci
seduti. Le nostre mani si stavano
stringendo.
Non so se facemmo finta di nulla entrambi o semplicemente ci piacque,
so solo
che nessuno dei due mollò la presa. Per quanto la situazione
fosse assurda e
dettata probabilmente dalle nostre “paurose”
fantasie, quello stringerci l’uno
all’altro ci diede più forza, se così
poteva chiamarsi ciò che provavamo.
<< L’hai sentito anche tu? >>
<< Tu che dici? Non facciamoci prendere dal panico, la
situazione è
assurda, probabilmente è stato un animale, come ho detto
prima >>
<< Sembra quasi tu abbia portato sfiga…
Accendi la luce >>.
Una volta illuminati guardai a lungo le nostre mani. Sembravano quasi
legate da
qualcosa di invisibile, ma non ci imbarazzammo come al solito, volevamo
volutamente restare insieme in
quegli
istanti.
<< Non abbiamo nulla per difenderci? >>
<< Usa quella sedia… Non abbiamo altro
>>
<< Non è un po’ esagerato?
>>
<< Dai prendila, io apro la porta >>.
Sbuffando sollevò la piccola sedia di legno posta in un
angolo della stanza.
Gli feci un cenno con la testa e contai fino a tre, poi aprii la porta
di
scatto. Vidi qualcosa fare uno scatto verso l’alto.
Guardai Ben con la sedia sopra la testa fare un passo indietro e un
grosso
gatto marrone alzare il pelo impaurito. Premendomi una mano sulla bocca
soffocai una risata.
<< Cosa ti avevo detto? >> disse rimettendo
a posto “l’arma”.
<< Sì, ma tu non hai visto la faccia che hai
fatto >>
<< E sentiamo, che faccia avrei fatto? >>.
Continuai a ridere e mossi la porta per chiuderla quando mi fece cenno
di
fermarmi.
Di nuovo quella specie di tonfo. Ci affacciammo entrambi alla soglia
della
porta e notammo un uomo alla fine del corridoio che barcollando andava
a sbattere
ogni due passi addosso a una porta. Quasi non si reggeva in piedi.
<< Ci mancava l’ubriaco, perfetto
>>
<< Dici che si sente male? >>
<< Figurati, quello è solamente
strafatto… Torniamo a dormire >>
<< Aspetta >>.
Guardai per terra. Il gatto sembrava interessato a qualcosa che si
trovava per
terra, sembrava sangue.
<< Oddio… Guarda >>.
Una volta lasciata la stanza ci accorgemmo che effettivamente le
macchie di
sangue proseguivano sino a dove si trovava l’uomo. Ben mi
raccomandò di non
avvicinarmi troppo, poteva esserselo fatto da solo e soprattutto poteva
essere
armato e malintenzionato.
<< Cosa facciamo? >>.
Sentimmo di nuovo un tonfo, questa volta più forte.
L’uomo era caduto a terra,
sembrava aver perso i sensi.
<< Vado ad avvertire la donna alla reception
>> dissi cercando i vestiti
da mettermi.
<< No, chiama direttamente la polizia e
un’ambulanza, poi scendi. Io vado
a vedere come sta >>
<< Mi raccomando, stai attento >>
<< Ti stai preoccupando per me? >>.
Senza dirgli altro gli lasciai le mie labbra sulla sua guancia destra e
mi
allontanai dalla stanza.
La tremenda paura che si trattasse di un pazzo senza scrupoli che
avrebbe potuto
aggredirlo da un momento all’altro continuava a
perseguitarmi. Scesi all’ingresso
il più velocemente possibile, ma non vi era nessuno. Bussai
alla porta dove
sarebbe dovuto esserci il personale, ma non ricevetti risposta.
Tornai al terzo piano e vidi l’uomo sanguinante seduto contro
la parete. Ben
gli era di fianco e accanto a lui vi era un altro ragazzo.
<< Giù non c’è nessuno
>>
<< È diventata una riunione di famiglia?
>> mugugnò l’uomo
guardandomi dall’alto al basso.
Con molta probabilità dimostrava più anni di
quanti ne avesse, anche per via
della barba incolta. I vestiti scuri erano sporchi e in alcuni punti
strappati
e il suo sguardo sembrava stanco e minaccioso.
<< Vogliamo solo aiutarla >>
<< Io sto benissimo >> ringhiò.
<< Adesso si calmi, l’ambulanza e la polizia
stanno arrivando >>
disse Ben cercando di tranquillizzarlo.
<< Avete chiamato la polizia? >>
<< Non sapevamo cosa le era successo >>
provai a giustificarmi io.
L’uomo si sollevò da terra lentamente.
<< Avete fatto… Un grave errore
>> disse avvicinandosi a me.
Nessuno capì cosa stesse succedendo. Io feci dei passi
indietro, fino a quando
non raggiunsi le scale e dovetti fermarmi.
<< Hey, che sta facendo?! >> fece Ben
avvicinandosi.
<< Sta fermo! >>.
Accadde così velocemente che non me ne accorsi nemmeno. Mi
prese per un braccio
e mise il suo intorno al mio collo. Poi afferrò un
coltellino sporco e me lo
puntò alla gola. Emisi un grido che fece uscire altra gente
dalle stanze.
Alcune donne gridarono a loro volta, altri chiesero cosa stesse
succedendo.
<< Fermi tutti o le taglio la gola >>
<< BEN! >> urlai io impaurita.
<< Sta calmo, posa quel coltello >>
<< Ora voi imbecilli richiamate la polizia e gli dite di
non venire,
chiaro?! O questa muore ancora prima di urlare >>
<< Lo faremo, ma tu posa quel coltello >>
<< Avanti, chiamate la polizia! ADESSO! >>
<< Ma è impossibile che torni indietro, si
insospettirebbero… Staranno
già arrivando >> disse il ragazzo accanto a
Ben.
Se fino a quel momento c’era stata una minima
possibilità che mi lasciasse
andare, ora era chiaro che non lo avrebbe fatto.
Sentii il suo braccio sempre più serrato intorno alla mia
gola, la paura
aumentare.
Giusto in quell’istante sentimmo della gente salire
velocemente le scale.
Agenti di polizia si avvicinarono a noi impugnando chi il manganello
chi la pistola.
<< Getta quell’arma e alza le mani
>> intimò uno.
<< Allontanatevi! >>
<< Getta l’arma a terra >>
ripeté il poliziotto.
Un attimo dopo sentii la stretta sparire, tornai a respirare
normalmente. Ben,
avendo visto l’uomo girarsi, l’aveva afferrato per
le braccia e lo aveva
allontanato da me.
Fortunatamente lui non venne ferito e la polizia riuscii a fermare il
malvivente in tempo.
Passo una mezz’ora e si ristabilì
l’ordine.
<< Signorina, sicura di non voler venire in ospedale?
>>
<< Sto bene, è stato solo lo spavento
>>.
L’infermiere mi salutò e si allontanò
da me mentre io tornai da Ben che era
rimasto ad aspettarmi all’ingresso del motel.
<< Non era un cannibale, ma sicuramente uno psicopatico
>>
<< Hai ancora le forze per scherzare? >>
<< Meglio affrontare la situazione con spirito
>> dissi io
sorridendogli.
<< Stai bene? >>
<< È la centesima volta che me lo
chiedi… Sto bene >>
<< Non ho mai avuto tanta paura per qualcuno come poco fa
>>
<< Quale onore >>.
Mi prese per un braccio e mi avvicinò a sé. Senza
nemmeno pensarci strinsi le
mani intorno al suo collo. Sentii un’infinita sensazione di
sicurezza.
<< Scusami, è colpa mia >> mi
sussurrò all’orecchio.
<< Quale colpa? Io mi sono voluta fermare nel motel in
cui alloggiava un pazzo
fatto di crack… Ma non l’ho fatto apposta, davvero
>> dissi sorridendo.
Sentii anche lui fare una smorfia, poi mi allontanai dalla stretta.
<< Torniamo a dormire? >> proposi io.
<< Vuoi tornare là dentro? >>
<< Non vorrai mica spendere cinquanta dollari
inutilmente! Solo poche
ore, ne abbiamo bisogno >>.
Riuscimmo a farci cambiare di stanza. Camminare per lo stesso corridoio
non ci
era sembrato il massimo così ottenemmo una stanza al secondo
piano, che
stranamente al nostro arrivo era risultata
occupata come il resto delle altre.
Era stata una chiara manovra della proprietaria che affibbiandoci la
stanza al
piano più alto voleva farcela pagare di più.
Una volta a letto ci addormentammo subito e il più vicino
possibile.
Il mattino seguente mi accorsi di avere la mia mano sul suo petto e la
testa
sul suo braccio. Senza svegliarlo sorrisi e mi rimisi a dormire.