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Autore: _Bri_    22/06/2021    5 recensioni
[STORIA INTERATTIVA - Iscrizioni chiuse]
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Dalla caduta di lord Voldemort sono passati molti anni e la pace tanto agognata, purtroppo, ha avuto vita breve. Una guerra terribile ha coinvolto maghi e babbani, portando le parti coinvolte a decimarsi vicendevolmente. Ma nel momento di massimo buio, dalle macerie fumanti, si è sollevata una voce di donna, che ha promesso la pace per chiunque l’avesse seguita. Ma a quale prezzo?
Dopo 60 anni di regime in cui la magia è stata soppressa, non tutti hanno messo a tacere il loro pensiero e piccoli ma battaglieri gruppi di dissidenti, sono pronti a dare battaglia contro il regime di Nadia e della sua Corte.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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CAPITOLO IX
"Armati contro tutto ciò che non ti rende libera. Ribellati contro tutto ciò che ti incatena"
 
 
 
 
Mercati Est
Stanza Privata di Scarlett
 
Una nuvola di fumo scappò lentissima dalle morbide labbra di Micah; passò poi la lingua sui denti, rimarcando lo spazio che sussisteva fra gli incisivi. Di sigarette non è che ne avessero sempre a disposizione al Quartier Generale e poter usufruire dei confort offerti da Scarlett, quando capitava di passare per i Mercati, era sempre piacevole. Da quando erano stati presentati da Malik, la donna aveva mostrato da subito una grande passione per lui e offrirgli sigarette, buon cibo e un posto nel suo enorme letto dal materasso morbido e confortevole diventò presto la prassi.
Micah, ovviamente, aveva accettato di buon grado; non solo Scarlett era bella da mozzare il fiato, come si suol dire: carismatica, dalla mente attraente, potente, scaltra. Quella donna possedeva tutte le carte in regola che l’avevano portata ad assumere un ruolo di grande potere e rimanerne affascinati era inevitabile. Il ragazzo si riteneva fortunato, quindi, ad essere entrato di diritto fra le sue grazie; poco importava che la bella Scarlett facesse il mestiere più antico del mondo, perché lei stessa ne andava molto fiera, così fiera da far ribaltare l’opinione che la media delle persone riservava alle prostitute. Scarlett si era conquistata con il tempo molto potere, fino ad arrivare a gestire la casa di piacere dei Mercati Est, in cui applicava regole di assoluta parità per chiunque lavorasse alle sue dipendenze. Sicuramente l’essere di così larghe vedute e avere il pugno di ferro contro coloro che provavano ad approfittarsi di lei e delle sue dipendenti, l’aveva portata a raggiungere quella posizione tanto elevata, tanto da rivaleggiare con Salko in persona.
E proprio Salko divenne il loro argomento, mentre il fumo si intrecciava alle lenzuola di seta che coprivano a stento i corpi dei due amanti.
 
- Senti un po’, Malik ieri ha torchiato Scuttle. – Le dita lunghe della mano destra continuavano ad incastrarsi fra i lunghi capelli di lei, con la testa poggiata sul suo torace; gli uscì uno sbuffo ridanciano, così proseguì: - Ammetto che è stato divertente vederlo tremolare sotto la stretta di Malik. -
 
- Malik è un tesoro prezioso, ma so bene che è meglio non farlo arrabbiare. – Scarlett si spostò appena, allungò una mano e Micah le passò la sigaretta, così che anche lei potesse tirarne una boccata: - E che cosa è riuscito a tirare fuori da quel poveretto? -
 
- Beh, per una volta si è rivelato davvero molto utile. – Con delicatezza Micah si tirò su lasciando totalmente scoperto il busto. Scarlett lo imitò e fra una boccata e l’altra, passò lo sguardo sul tatuaggio della bacchetta spezzata inciso sul pettorale sinistro.
 
- Pare che Nadia in persona stia arrivando qui e domani avrà un colloquio con Salko. -
 
- Che cosa?! – Ben presto il volto di Scarlett si piegò alla furia: - Come è possibile che io non sappia di una notizia del genere?! È inaccettabile! – A quel punto Scarlett scivolò via dal letto e spense la sigaretta, si avviò verso la poltroncina su cui era poggiata con cura la sua vestaglia da camera con la quale, con enorme tristezza di Micah, la donna coprì il corpo nudo: - Quel bastardo… Ma sei sicuro che Scuttle non abbia detto una frottola? -
 
- Credo non avrebbe mai il coraggio di raccontare bugie a Malik. – Rispose Micah con tono sereno, senza allontanare gli occhi chiari dalla figura di lei. 
 
- Giusto, se così fosse sarebbe più pazzo di quanto pensassi… - Così, con movimenti scattosi, Scarlett versò due generosi bicchieri di gin per sé e per il compagno di letto. Ovviamente nella sua suite non mancava di certo un piccolo quanto ben nutrito mobile bar.
 
- Grazie. – Micah accettò il bicchiere: - Su bambina, non starti ad agitare tanto, puoi sederti qui? -
 
Scarlett, seppur sbuffando, acconsentì a sedersi al suo fianco: - Ha fatto di tutto per nascondermi una cosa così. – quasi un sibilo fu la sua voce nel pronunciare con amarezza quelle parole.
 
- Certo, ma perché ti stupisci tanto? Sai bene che Salko ti teme. -
 
- Hai ragione. – Micah sapeva bene come soddisfare l’ego di Scarlett e il risultato fu evidente; difatti la donna si rilassò un po’ e subito puntò gli occhi in quelli di Micah: - Comunque perché mi stai dicendo una cosa simile? -
 
- Perché ho bisogno che tu ci dia una mano, Scarlett. Devi fare in modo di farci origliare la conversazione fra la vecchia e Salko, credi di esserne in grado? -
 
Scarlett si fece meditabonda: - Mi chiedi molto, ci saranno energumeni ovunque a tutelare l’incolumità di entrambi. Ma questo non vuol dire che io non abbia i miei assi nella manica. –
 
- E quindi? – Le dita di Micah presero a giocare con l’orlo della veste di Scarlett e quest’ultima inclinò il capo nella sua direzione, piegando le labbra in un mellifluo sorriso carico di significato: - E quindi quell’idiota ha bisogno di una sana lezione. Domani sera riuscirete ad assistere all’incontro, stanne certo. -
 
- Sei davvero un angelo, sapevo di poter contare su di te. – Detto ciò Micah scostò da sé il lenzuolo e attirò la donna verso di lui. La veste scivolò via in fretta atterrando, leggera e futile, sul pavimento freddo.
 
Terre di Nessuno
 
La carovana agitava l’arida terra, di quel tratto che collegava la Corte ai Mercati Est. La sosta per rifocillarsi era stata breve, in quanto Nadia aveva mosso il desiderio di fermarsi per il più breve tempo possibile. Era importante sfruttare la notte per compiere il tragitto più lungo e alle prime luci dell’alba, in effetti, si trovavano già a buon punto.
Ryurik non sembrava particolarmente stanco, nonostante non avesse praticamente chiuso occhio; guardava con curiosità il territorio spoglio e abbacinante che avvolgeva il loro incedere, mentre tentava di tenere a bada il turbinio di emozioni che le Sentinelle in sua compagnia muovevano nell’animo. Nadia era stata molto chiara a riguardo: doveva concentrarsi sulle sensazioni che avrebbe potuto percepire estranee al gruppo in movimento e così stava tentando di fare, anche se non era propriamente facile. Ad esempio Alida, che trottava al suo fianco, non gli stava dando pace; Ryurik percepiva con distinzione la sua agitazione, un tumulto continuo paragonabile ad un veliero in balia della più spietata tempesta.
 
- Non sei abituata a mettere piede fuori dalla Corte, suppongo. -
 
Come appena destata, gli occhi che sbucavano da un velo scuro che avvolgeva il viso, scattarono nella sua direzione.
 
- Non mi è permesso, non lo è mai stato. Succede molto di rado e sempre in sua compagnia. -
 
Con un lieve cenno del capo, Alida indicò Nadia, affiancata da un paio di Sentinelle e anch’essa bardata in modo da non rendersi riconoscibile.
 
- Non hai mai pensato di lasciar perdere tutto e andartene? Francamente da quello che sto constatando in questi mesi, la tua vita è un vero inferno. -
 
Come a suo solito Ryurik parlò senza risparmiarsi di rigettare una verità diretta e pungente. Ad Alida venne da sorridere, sotto quel velo di cotone tinto d’oblio: - Strano che te ne sia accorto. – Disse poi, punta d’ironia: - Comunque credo di averci pensato centinaia di volte. Ho anche provato a scappare. – Alida non seppe dire come mai si stesse confidando con Ryurik; forse parlare in russo le concedeva una piacevole sensazione di protezione visto che sapeva per certo che Nadia non conoscesse la difficile lingua, forse era perché nel corso del tempo trascorso con lui, stava imparando a capire che quello strano mago le somigliasse più di quanto avrebbe creduto. Anche lui non voleva ricoprire il ruolo assegnatogli, eppure reagiva con un menefreghismo tale, da fare invidia alla strega. Avrebbe persino continuato a raccontargli, spiegandogli come e quando fosse successo di tentare di scappare da Nadia e la Corte. Gli avrebbe confidato del suo rapporto con Jude e di quello diverso ma così profondo che aveva con Micah, di cui ormai non aveva che un ricordo frammentato e instabile, ma che faceva ancora così male.
E proprio quando stava per parlare di nuovo, Ryurik raddrizzò la schiena e assottigliò lo sguardo. Proseguì nel trotto ma roteò appena per raggiungere con lo sguardo Lir, a pochi metri di distanza da loro e gli fece segno di avvicinarsi.
 
- Ho sentito qualcuno, sono sicuro. – Bisbigliò al mago, con il quale cercò il confronto per non allertare Nadia.
 
- Ne sei sicuro? In che direzione? -
 
- Di lì. – Aggiunse Ryurik mentre con l’indice spianato indicò un cumulo di macerie infestate da grovigli di rovi.
 
- Bene, te la senti di venire con me? -
 
Ryurik si limitò ad annuire e Alida seguì i due con lo sguardo mentre si allontanavano verso il punto indicato da Ryurik; solo a quel punto incitò il cavallo e galoppò fino a raggiungere Nadia, che non si era nemmeno accorta del movimento delle Sentinelle.
 
- Ryurik ha percepito qualcuno, lui e Lir sono andati in ricognizione. -
 
- E tu non hai visto nulla? – Chiese preoccupata Nadia, ricevendo come risposta un diniego con il capo.
 
- Bene, allora non c’è da preoccuparsi, vuol dire che non sarà nulla di grave, o quantomeno niente che il nostro Lir non possa risolvere. -
 
Terre di Nessuno
Mercati Est
 
Chion osservava con sconcerto Ame divorare con voracità la colazione; uova, filetti di pancetta ancora sfrigolanti, succo di mango, generose fette di pane multi cereali. Insomma, un pozzo senza fondo.
 
- Mi spieghi come fai? – Le chiese poi con ingenuità. Solo a quel punto Ame alzò lo sguardo dal piatto per ricambiare lo sguardo sbigottito del suo amico.
 
- A fare cosa? -
 
- A mangiare tutta quella roba. Sei sveglia da, quanto, quindici minuti e hai già ingurgitato un pasto completo giornaliero! -
 
- Guarda che quello strano sei tu, caro mio. – Ame lo indicò con la forchetta, mentre mandava giù un grande boccone di pane: - Quando ti capita di mangiare questa roba al Quartier Generale? Sì e no riusciamo a mangiare tante proteine una volta ogni due settimane, dobbiamo approfittarne ora. -
 
Effettivamente Ame non aveva tutti i torti, valutò Chion abbassando lo sguardo sulle sue uova fritte ancora intonse. Intorno a loro la vita dei Mercati echeggiava fra gli avventori giunti da poco per concludere grandi affari. Di lì a poco i due ragazzi vennero raggiunti da Yuki, incredibilmente sistemata alla perfezione, come fosse appena uscita da un salone di bellezza.
 
- Ragazzi, voglio proprio trasferirmi qui. – Dichiarò, sedendosi al fianco di Ame mantenendo sul viso un’aria soddisfatta: - Vi rendete conto che hanno persino un hammam? Scarlett mi ha dato una sorta di lascia passare e ne ho approfittato subito, sono stata servita e riverita! -
 
- Ficata! Che donna, quella Scarlett. Dovremmo proprio convincerla a venire con noi al Quartier Generale, credo che Micah ne sarebbe entusiasta. -
 
- Mmm, Scarlett ha i suoi affari e i suoi obiettivi qui, non credo metterebbe mai piede al Quartier Generale nemmeno sotto tortura. – Yuki rispose ad Ame e solo in seguito spostò l’attenzione su Chion, sorprendendolo a fissarla con una strana espressione sul viso.
 
- Tutto bene?- Gli chiese non celando la preoccupazione. Chion si affrettò ad annuire e tornare con lo sguardo sulla sua colazione; borbottò qualcosa che aveva a che fare con l’aspetto rilassato e luminoso di Yuki. La strega sorrise con imbarazzo e sentì un leggero rossore colorarle il viso; non era molto abituata ai complimenti, specialmente da parte di quel musone di Chion.
 
- Quindi la volete sapere la novità? – Fu Ame a spezzare quella strana, stranissima tensione che si era venuta a creare; Chion si affrettò ad annuire e Yuki non si risparmiò di fare lo stesso.
 
- Allora, ieri sera ho parlato un po’ con Dimma mentre ci sistemavamo per la notte. -
 
- Che carina, parli come una donnina del novecento! – La derise Yuki e Ame le fece notare che tutto quel confort probabilmente doveva averle dato alla testa.
 
- Insomma mentre ci stavamo lavando le ho detto che ho notato un certo avvicinamento fra lei e la nostra montagna di fiducia. -
 
- Uuuh, gossip! – Yuki fece scontrare le mani, sovraeccitata dalla notizia; Chion continuava a mangiare con estrema lentezza, non dando mostra di interessarsi affatto al racconto di Ame.
 
- Pare che quei due non ce l’abbiano raccontata per niente giusta! Credo ci sia un reciproco interesse già da un po’, così Malik le ha strappato un appuntamento. -
 
Quello che uscì dalla bocca di Yuki assomigliò in maniera inquietante ad uno squittio; avvenimenti del genere non erano mica cosa di tutti i giorni, per loro.
 
- Quindi lei ha detto si?! Dimmi che ha detto di si! Oh, Malik è così meraviglioso! E Dimma poi, lei è per… -
 
- Stavate parlando di me? -
 
 La voce dal tono piatto di Dimma sorprese Yuki alle spalle, costringendola a deglutire per interrompere il suo elogio a quella che, nella sua testa, era già una coppia assodata. Ame cominciò a tossire e cercò giovamento in un bicchiere d’acqua, mentre Chion si limitò a scuotere la testa con rassegnazione, per poi commentare con un “ridicole”.
Dimma, con un piatto di uova in mano, prese posto accanto a Chion. Poggiata la portata della colazione sul tavolo, incrociò le mani davanti al viso e accennò un sorriso in direzione di Ame. Un sorriso che, è bene specificarlo, raggelò la più giovane. Dimma non disse nulla, si limitò a fissarla, fin quando Ame non esplose: - Oh, e va bene! Sono un’inguaribile pettegola! –
 
- Riconoscere il problema è il primo passo verso la guarigione. – Affermò Dimma; eppure non poteva farci niente, voleva un gran bene a quella ragazzina alta e secca, che come lei era cresciuta fra le mura livide dell’orfanotrofio Strong.

 
 
 
Della vita prima dell’orfanotrofio, Andra non ricordava praticamente nulla. Non fosse stato per sua sorella Irma, di soli due anni più grande, probabilmente Andra non avrebbe mai saputo nemmeno che i suoi genitori si chiamavano Nora Doyle e Micheal Jones e che fossero dei ribelli del Regime. Non avrebbe saputo che avevano passato la loro vita a sfuggire alle Sentinelle e che per mano di esse vennero uccisi, dopo aver combattuto con le unghie e con i denti per difendere la loro famiglia e gli ideali in cui credevano.
Così Andra, a cui non era rimasta che sua sorella, finì a soli tre anni all’orfanotrofio Strong. La vita nell’orfanotrofio era dura come per tutti i bambini con cui condividevano i dormitori e l’unica nota positiva della sua vita era rappresentata proprio da sua sorella Irma, che per quanto possibile tentava di aiutarla a gestire episodi di magia incontrollata che non erano ben visti all’interno delle mura dell’orfanotrofio.
Gli educatori, con i bambini che mostravano cenni di magia, non erano affatto gentili: le punizioni non si risparmiavano e in più d un’occasione qualche bambino era costretto a passare giornate intere in attesa che le proprie ferite si rimarginassero.
E poi, laddove non arrivava la fredda malvagità degli educatori, ci pensavano gli stessi bambini ad aumentare il peso di trovarsi orfani, con nessuno al mondo su cui contare; le risse erano all’ordine del giorno, la parola bullismo la faceva da padrone e i soprusi non si sprecavano, in quell’ambiente animale in cui se si voleva sopravvivere bisognava crearsi una scorza così dura, che nessuno sarebbe stato in grado di scalfire.
Purtroppo per Andra, Irma soffriva di una salute più che cagionevole che sovente l’aveva portata su quel filo sottile che divideva la vita dalla morte; la piccola Andra impiegava anima e corpo per assistere come poteva Irma, rubando per lei dalle cucine in modo che la maggiore potesse nutrirsi a sufficienza e rinunciando in più di un’occasione al proprio pasto per cederlo ad Irma. Non che ad Andra la cosa importasse, perché l’importante, per la piccina, era che l’altra stesse bene; il suo sogno recondito era di uscire da lì con lei, mano nella mano, per iniziare una vita al di fuori dello Strong.
 
Il senso della vita su quella terra, Andra non lo aveva mai compreso davvero; come era possibile che tante persone fossero costrette a passare buona parte della loro esistenza nella sofferenza? Perché mai una giovanissima ragazza di soli tredici anni, che aveva sempre lottato contro la malattia, aveva dovuto abbandonare le armi così presto?
Gli strascichi di una polmonite non diagnostica e di conseguenza non curata, portarono alla morte di Irma; con la sua perdita, Andra perse l’unica persona che si era sempre presa cura di lei e che le aveva fatto conoscere il senso delle parole ‘amore’ e ‘famiglia’. Il suo nido ormai spoglio si era sfaldato e Andra, a undici anni, si era trovata da sola a fronteggiare gli educatori e i suoi compagni.
La morte di Irma causò nella giovanissima strega una frattura che non aveva possibilità di rimargino, perché il senso di abbandono arrivò inevitabilmente a comprometterne la stabilità emotiva, facendo in modo di trasformare Andra in una ragazzina taciturna e schiva.
L’unica cosa che la aiutò a cambiare in meglio la sua vita, fu l’apparizione di Irma in un sogno; bella e luminosa come mai l’aveva vista in vita, Irma le parlò con dolcezza e affetto, ma anche con polso fermo: Andra doveva andare avanti con le proprie forze, non doveva crollare sotto il peso della sua assenza.
Così Andra agì di conseguenza. Tentò la fuga più di una volta non abbandonando mai la speranza di lasciare l’orfanotrofio il più presto possibile e la sua tenacia venne un giorno ripagata. Andra aveva quindici anni, ma era forte, distaccata, possedeva uno sguardo che nessun altro bambino aveva e questo i reclutatori lo compresero subito. Non possedeva poteri speciali, era vero, ma quelli avevano capito che la giovane contenesse un potenziale enorme e che sarebbe stata, con il giusto allenamento, una validissima Sentinella.
Andra si lasciò lo Strong alle spalle all’età di quindici anni, nella speranza di trovare nella Corte un certo senso di sollievo. Magari quel senso di abbandono si sarebbe sopito e lei sarebbe stata in grado di costruirsi la propria vita.
Forse, Andra Strong, avrebbe avuto modo di capire davvero cosa fosse la felicità, anche se le sarebbe bastato smettere di sentirsi così sperduta e sola.
 
 
La Corte
 
Mentre Saskia rimetteva al proprio posto il taccuino su cui aveva preso appunti, Izzie soffermò per qualche istante lo sguardo sulla porta che si chiudeva. Era il terzo colloquio che effettuavano quel giorno e anche quella famiglia, secondo le due Sentinelle, non sembrava avere nulla da nascondere. Izzie, però, era più meditabonda che mai e questo Saskia non faticò ad intuirlo.
 
- Allora? Cosa ti ronza in testa?- Le chiese mentre si avviavano verso i cavalli con cui stavano girando per la Corte. Saskia montò agilmente sul suo dorso e incitò Izzie a fare lo stesso. Quest’ultima si prese qualche secondo, fece un grande respiro e infine salì in groppa al cavallo; nonostante la sua scelta fosse ricaduta sul più mansueto del maneggio, non è che fosse ancora particolarmente confidente con quegli animali.
 
- Beh… avviamoci intanto, ti dirò strada facendo. -
 
Saskia annuì, incitò il proprio cavallo a prendere il passo e Izzie fece lo stesso. Allontanate con andatura lenta seppur costante dall’agglomerato di abitazioni, Izzie si decise ad aprire bocca: - Io credo che tutto questo sia inutile; ormai mi sembra scontato che nessuna delle persone con cui stiamo parlando ne sa qualcosa di quanto è successo al mulino. E ti dirò di più, oltre a perdere tempo, stiamo anche terrorizzando quella povera gente. –
 
- Terrorizzando? Esagerata! – Saskia mosse una mano verso l’alto, poi tornò ad afferrare le redini con sicurezza: - Stiamo solo facendo il nostro lavoro e mi pare ci stiamo mostrando molto collaborative. -
 
 - Sarà- ribatté Izzie alzando appena le spalle vestite della sua giacca da aviatore: - Questo può valere per gli adulti, ma hai visto i bambini? Ci guardano come se fossimo il male incarnato; a te piace che guardino alle Sentinelle in quel modo? A me per niente. -
 
- Ti lasci sopraffare dai tuoi sentimenti e ti immedesimi troppo; noi stiamo eseguendo la volontà di Nadia e non facciamo che adempiere agli ordini impartiti da Jude. Questo è il nostro lavoro Izzie. -
 
Ma Izzie non demorse, al contrario sembrò indispettirsi non poco: - E quindi se Jude ti dicesse di buttarti da un burrone, tu lo faresti solo perché è il tuo capo? –
 
- Frena un po’. – Ora a indispettirsi fu Saskia, che lanciò all’amica e collega un’occhiataccia di sbieco: - Mi stai dando forse della stupida? È ovvio che le situazioni debbano essere valutate caso per caso! -
 
- No che non voglio darti della stupida! – Izzie si morse il labbro inferiore, concentrandosi sulle parole da utilizzare, tanto che si ritrovò ad ondeggiare pericolosamente sul dorso del cavallo. Ci mancava perdesse l’equilibrio e cadesse ad una velocità di dieci chilometri orari scarsi, a quel punto sarebbe diventata lo zimbello di tutte le Sentinelle.  – Ecco, penso semplicemente che in certi casi non sono troppo certa di agire per il meglio; pensaci bene… se ci fosse qualche ribelle nascosto alla Corte, stringergli la morsa intorno al collo non farebbe altro che farlo allontanare ancora di più. Invece se potessimo cercare un vero dialogo con loro, forse riusciremmo a far capire che Nadia vuole solo il nostro… il nostro bene. -
 
I cavalli continuavano a procedere con lentezza e Saskia mantenne lo sguardo sul profilo della compagna, con occhi sottili e animo sospettoso. Le parole di Izzie non la convinsero affatto; a saper leggere bene fra le righe, si poteva intuire quanto quella frase fosse distante dal vero sentire di Izzie; dava l’impressione, o almeno questo è ciò che arrivò a Saskia, che Izzie non fosse per niente convinta di ciò che stava dicendo. Fosse fosse che Izzie cominciasse a nutrire del disappunto verso il Regime?
Questo pensiero, a Saskia fece male; arrivò improvviso e tagliente e risvegliò una piccola parte di sé, quella che tentava di sopire da tempo. Quella tradita dalla fuga improvvisa di Auden, che evidentemente non credeva affatto nella Governatrice e al contrario, che si sentiva così soffocato da fuggire senza lasciarle nemmeno uno straccio di spiegazione.
Nonostante Saskia sapeva che fosse sbagliato mettere a paragone Izzie e Auden, specialmente perché quelle su Izzie non erano che stupide supposizioni, la Sentinella non riuscì proprio a mantenere la calma. Serrò la mandibola e tornò a guardare davanti a sé e così, senza dare alcun preavviso ad Izzie, puntò i talloni e incitò il cavallo a darsi una mossa.
 
- Ehi… Saskia! Ma sei impazzita?! Aspettami! -
 
Izzie tentò di incitare il proprio cavallo nel tentativo di raggiungere Saskia, ma l’animale non dette alcun cenno di volersi muovere a galoppo. Al contrario, l’equino rallentò ancor più il proprio passo, fino a fermarsi del tutto.
Izzie si sentiva proprio un’incapace, quando si trattava di avere a che fare con i cavalli.
 
*

 
L’amore ai tempi del Regime non era un sentimento scontato. Era difficile incontrare la famosa anima gemella, ancor più complicato generare dei figli. Eppure Oscar Marceau e Simone Docour erano stati così fortunati da ottenere entrambe le cose. Cresciuti nella nazione che un tempo era chiamata Québec, il sangue magico scorreva nelle vene di entrambi; ma era Simone a custodire un segreto enorme, che mai turbò l’animo del suo innamorato. La ragazza veniva da una famiglia di fabbricanti di bacchette e la sua eredità la sfruttò egregiamente; possedere una gran quantità di istruzioni per costruire le bacchette e l’innata capacità di farlo era una gran cosa, anche se purtroppo, il mondo in cui vivevano era quasi del tutto privo del legno necessario e dei nuclei adatti alla costruzione di bacchette funzionanti.
Fu così che Simone cominciò a costruire dei surrogati di bacchette, utili giusto a sputare qualche flebile incantesimo, ma con l’ottima capacità di vendita di Oscar, i loro loschi affari  erano sempre andati per il meglio e Claudia, bambina nata dall’unione dei due, aveva passato i primi sei anni di vita ignari del lavoro dei genitori e del loro muto appoggio nei confronti dei Ladri di bacchette.
Forse sarebbe andato tutto per il meglio se Hugo Decour, fratello di sua madre, non li avesse traditi; era per lui inaccettabile il mestiere di sua sorella e ancor più sapere che Oscar e Simone fossero animati da uno spirito ribelle, che gli avrebbe causato senza ombra di dubbio grossi guai. Hugo non aveva spina dorsale e di guai non ne voleva affatto, per questo decise di tradire il suo stesso sangue, allertando le Sentinelle sulla vera natura dei coniugi Decour.
Quando le Sentinelle fecero irruzione a casa loro, Claudia era nascosta nella cantina; Hugo non poteva permettere che una bambina con un potere così portentoso fosse notata, perché di sicuro l’avrebbero portata via, magari per consegnarla alla Corte. Alla piccola, in buona sostanza, non venne nemmeno permesso di dire addio ai suoi genitori, che tanto l’avevano amata e che mai l’avrebbero vista crescere.
 
Hugo prese così la decisione di partire con la bambina alla volta dei territori adiacenti alla Corte; il suo potere che si era manifestato già in tenera età era speciale e gli sarebbe stato molto utile per la sopravvivenza. L’uomo faceva ciò che era in suo potere per sopravvivere al meglio e di certo non si risparmio di vendere ai mercati alcune formule che la sua famiglia tramandava di generazione in generazione; in questo gioco ingannevole Claudia assunse un ruolo fondamentale, perché con la produzione d un clone, la bambina lo aiutava nelle vendite.
Ben presto però voci malevole si diffusero fra i rigattieri; Hugo Decour e la ‘coppia di gemelle fulve’ vennero presto additati come scrocconi e raggiratori e più il tempo scorreva, maggiore diveniva l’insofferenza di Claudia per quel suo zio che la costringeva a dichiararsi orfana da sempre e che la sfruttava solo per migliorare la sua condizione di vita.
 
Il punto di svolta, nella vita della piccola, avvenne quando la sua strada si incrociò con Atticus Heatherfild, fedelissimo di Nadia che girava per le Terre di nessuno con lo scopo di reclutare bambini speciali e segnalare i potenziali sovversivi del Regime. Hugo Decour, per un uomo come Atticus, non era che una preda come tante altre e mettersi sulle sue tracce, fino a rintracciare la catapecchia in cui viveva con le gemelle, fu per Atticus un gioco da ragazzi.
Nella sua vita Atticus aveva avuto a che fare con molti piccoli esseri umani con poteri speciali, ma scoprire Claudia fu comunque sconcertante, perché mai avrebbe creduto che quelle due gemelle di cui tanto si parlava fra i banchi dei mercati, in realtà, non fossero che una sola persona in grado di riprodurre copie fedeli di sé con strabiliante maestria. Ad Atticus apparve chiaro quando la bambina sviluppò un terzo clone davanti ai suoi occhi per mettersi a guardia delle altre due, che poco dopo tornarono a condividere un solo corpo.
Il destino di Hugo fu presto segnato; come era stato per sua sorella e suo cognato, anche lui fu spedito alle Colonie e l’uomo, pavido e incapace di reagire, non tentò nemmeno di battersi per fuggire con sua nipote.
E Claudia, frastornata dall’ennesimo grande cambiamento della sua vita, fece giusto in tempo grazie l’ausilio di un suo clone, a recuperare e nascondere lo scrigno di sua madre contenente pagine di istruzioni per fabbricare le bacchette.
 
*
Terre di Nessuno
 
- Lì! – Ryurik, una mano stretta attorno alle briglie del cavallo, indicò nuovamente il punto da cui sentiva distintamente aumentare il sentimento della paura. Lir incitò il cavallo, affinché quello aumentasse la sua velocità, mentre dalla cintura tirava via la sua spada Urumi; intanto Ryurik, con maestria invidiabile, caricò il suo arco con una freccia e coprì le spalle del compagno pronto all’attacco.
 
- Bambolotti! – Cantilenò Lir mentre si avvicinava: - Sappiaaaamo che siete lì. Coraggio, uscite fuori! -
 
Lir frenò la corsa del cavallo incitandolo al trotto e i suoi occhi chiari ispezionavano quel cumulo di macerie fagocitate dalla sterpaglia spinosa; anche Ryurik rallentò la corsa e puntò l’arco, in attesa di colpire eventuali nemici.
 
- F-fermi! Non abbiamo cattive intenzioni! -
 
Un uomo sbucò fuori dal nascondiglio con le mani alzate subito prima che Lir potesse fare il giro con il cavallo per braccarlo. La Sentinella scese da cavallo e cominciò a roteare la spada Urumi con aria beffarda: - Sappiamo che non sei solo, chi c’è lì con te? –
 
- Nessuno! Non c’è nessun altro! – Gridò quell’uomo dall’aria trasandata e il ventre sporgente oltre la cintola dei pantaloni.
 
- A noi Sentinelle non piacciono le bugie, lo sai? – Lir mosse alcuni passi verso l’altro il quale arretrava ad ogni suo movimento.
 
- Ti sto dicendo il vero! -
 
- Hai sentito? – Lir roteò la testa in direzione di Ryurik con la freccia puntata verso lo sconosciuto: - Dice di essere solo; tu che mi dici amico mio? -
 
- Stronzate. – Questa l’unica parola di Ryurik, seguita da una calda risata di Lir che tornò a puntare l’attenzione verso l’uomo che stava lentamente abbassando le mani.
 
- Visto? Il mio compagno dice che racconti le bugie; forse è meglio che dia un’occhiata personalmente , sai? -
 
Lir si avvicinò ancora e a quel punto dalle macerie spuntarono anche una donna dai capelli lunghi e stopposi e un ragazzo più giovane; quest’ultimo aveva lo sguardo terrorizzato e mentre la donna tentava di darsi alla fuga, Lir inchiodò gli occhi in quelli dell’uomo: - Nessuno fotte Lir Strong. –
 
Ryurik cambiò repentinamente il suo obiettivo e scagliò la freccia in direzione della donna; questa andò a conficcarsi nella gamba destra della fuggitiva facendola stramazzare al suolo, fra imprecazioni di dolore. Lir, sereno come un bambino sull’altalena, non staccò mai gli occhi dal primo uomo che avevano scovato; preso un grande respiro, la Sentinella decise che cosa sarebbe stato giusto fare.
 
- Nessuno. – Sibilò, prima di espirare nuovamente e con profondità. Cosa stesse accadendo, la povera vittima del potere di Lir non lo comprese all’istante; inizialmente ciò che percepì fu un senso di rarefazione sensoriale, come se il suo olfatto, l’udito e la vista si fossero assottigliati. L’incubo vero, però, era già pronto a invaderlo ed abbatterlo con forza micidiale: un ronzio dapprima lontano, si fece sempre più vicino e invadente, portandolo a guardarsi intorno con circospezione.
 
-Cosa?! Dove sta? Dove sta?! – Infine l’uomo notò un insetto di notevoli dimensioni avvicinarsi a lui, portandolo a scacciarlo con la mano e riuscendo nella sua impresa. Peccato che con il primo, decine di altri arrivarono circondandolo e cominciando ad attaccarsi al suo corpo con morsi famelici di sangue umano.
Scacciarli tutti era impossibile e a quell’uomo non restò che accasciarsi a terra, fra grida disumane tinte dal dolore dei morsi degli orribili insetti che non gli davano tregua, volenterosi di privarlo di ogni singola goccia di sangue che scorreva nel corpo.
 
Il ragazzo non aveva tentato di seguire la donna, probabilmente immobilizzato dal terrore di essere attaccato; nel sentirla gridare aveva avuto l’istinto di soccorrerla, ma Ryurik lo aveva intimato di rimanere immobile, se non avesse voluto finire ammazzato e così lui aveva obbedito. Al giovane non rimase che spostare l’attenzione sul compagno adulto, che in pochi secondi aveva visto rotolare a terra in preda a spasmi e urla che invocavano aiuto. Non sapeva di certo che quello fosse vittima del potere della Sentinella che lo teneva sotto scacco; sapeva solo che qualsiasi fosse il motivo per il quale dimostrava di soffrire così, non avrebbe voluto provarlo sulla sua pelle.
 
Quando vennero raggiunti da Nadia in persona, affiancata da Alida e altre due Sentinelle, la situazione era la seguente: la donna era stata colpita da una seconda freccia scoccata dalla mira chirurgica di Ryurik, mentre l’adulto rantolava a terra, ormai libero dal terrore diurno di Lir ma troppo debilitato per pronunciare qualsiasi parola di senso compiuto. A quel punto Nadia si rivolse direttamente al giovane del gruppo, scivolato a terra sotto ordine di Ryurik. La Governatrice lo lasciò parlare e spiegare che erano un gruppo di rigattieri del deserto alla ricerca di qualche gruppo nomade da depredare, ma che non avevano intenzione di attaccarli visto che avevano notato quanto il suo gruppo fosse bene organizzato.
 
- Risparmiateci, vi supplico! – Balbettò il ragazzo, sdraiato a terra e con le mani strette sopra la nuca; Nadia si avvicinò al giovane e si inginocchiò, per fare in modo che quello riuscisse a guardarla. Quanto lesse nello sguardo di quella donna, il giovane rigattiere non lo avrebbe mai dimenticato, se la vita gli fosse stata risparmiata, chiaro.
 
- Nel mio mondo non c’è spazio per parassiti come voi. Avete scelto la strada sbagliata e lo pagherete a caro prezzo, mio caro ragazzo. -
 
Nadia si alzò e dette le spalle per avviarsi con lentezza verso il proprio cavallo; bastò un suo gesto della mano, per far si che Lir, Ryurik e le altre Sentinelle falciassero la vita dei tre rigattieri, lasciando i loro corpi sulla terra arida per far si che essi diventassero banchetto prelibato, per le creature selvagge che dominavano le Terre di nessuno.
 
 
Terre di Nessuno
Mercati est
 
Il fatto atipico, nel contesto desertico e inospitale di buona parte dei territori che circondavano le sporadiche comuni, era senza ombra di dubbio trovarsi davanti a scenari così suggestivi. Andra, in realtà, al di fuori degli anni passati alla Corte, non poteva dire di aver mai potuto osservare una vista simile.
Malik aveva deciso che non avrebbe voluto perdere altro tempo così, approfittando dell’insolita gita ai Mercati e dopo aver ricevuto dalla donna una risposta positiva la sera prima, le aveva detto che prima di convergere con gli altri Ladri per assistere all’incontro della Governatrice con il capo dei Mercati, aveva in serbo per lei qualcosa di speciale. Andra non si era fatta grandi aspettative, eppure aveva scientemente deciso di non porsi troppe domande e di lasciarsi un po’ andare.
Quando Malik le aveva chiesto un appuntamento, inizialmente si era irrigidita; lei, che di appuntamenti non ne aveva mai avuti, non sapeva proprio come agire. Ma ormai conosceva quell’uomo da anni e sarebbe stato sciocco negare a se stessa che Malik le piacesse davvero, ritenendosi anche fortunata in un certo qual modo, per avere incontrato in quel luogo così povero di esseri umani, qualcuno che le andasse a genio.
Così, con il cuore incastrato in gola, lo aveva seguito fuori dagli atipici agglomerati di roccia che cullavano i Mercati; un viottolo nodoso di terriccio rosso condusse lei e Malik in cima a una collina quasi totalmente priva di vegetazione e dalla cima, con il sole che si apprestava ad affondare nell’orizzonte, gli occhi verdi di Andra saltarono lungo i tendoni colorati dei banchi esterni, sui quali erano incastrate lucine fioche. Oltre i tendoni, la distesa di terra arida si tingeva di un rosso cupo, coadiuvata dal calare del sole e su di essa vide muoversi bestie lontane.
Era bellissimo.
 
- Sai, non ho molto da offrire, ma questa è stata la mia casa e devi sapere che quando ne avevo occasione, sgattaiolavo via per venire quassù; di tanto in tanto ci portavo anche mia sorella. Mi ha sempre dato un senso di pace e in qualche modo di speranza. -
 
Andra allungò la mano per dedicare al braccio di Malik una stretta tiepida. Per un po’ non disse nulla, fin quando non tornò con lo sguardo su quel mondo che da lassù sembrava molto diverso da quello da lei conosciuto. – Prendevi un po’ di respiro dalla tua vita, questo posto deve essere stato di grande ristoro. –
 
Malik annuì, così sedette a terra e Andra lo imitò; insieme persero un po’ di tempo ad osservare il tramonto e solo il brusio lontano del mercato solleticava le loro orecchie. O almeno fino a quando non sentirono un rumore di passi giungere dallo stradello, dal quale con gli occhi fuori dalle orbite e l’affanno in canna, spuntò Scuttle carico come un ciuchino.
 
- Ho dovuto lasciare il mio banco a un tipaccio per venire qui; vediamo di fare presto! -
 
- Dovresti scegliere meglio i tuoi amici, che ti sia di lezione. – Rispose solenne Malik, nonostante Andrà notò un inconfondibile sorriso trattenuto. Non chiese nulla, si limitò a guardare Scuttle svuotare la sgangherata valigia che si trascinava dietro e con sua enorme sorpresa, il rigattiere sfoderò una tovaglia che srotolò loro davanti, sulla quale posizionò una bottiglia di vino, due bicchieri spessi e opachi e un paio di portate d’arrosto, accompagnate con patate e verdure grigliate.
 
- E buon appetito. – Grugnì Scuttle prima di fuggire via, terrorizzato dall’idea che Malik potesse decidere di trattenerlo per qualche altro motivo.
Mentre Malik svitava il tappo e colmava i bicchieri, Andra lo osservava stupita: - Hai davvero fatto tutto questo solo per la nostra uscita? –
 
- Non mi sembra poi molto, ma ho pensato che sarebbe stato carino passare un po’ di tempo qui prima di tornare al Quartier Generale; converrai con me che lì, di privacy, non ne avremmo avuta. -
 
 - Ha ragione milord, mi alzerei per farle una reverenza… - Andra afferrò il bicchiere passatole da Malik - … ma si sta così bene seduta quaggiù. -
 
 - E va bene, farò finta che ti sia comportata come converrebbe a qualsiasi ragazza di buona famiglia. – I due fecero scontrare i bicchieri in un brindisi e con quelli ampi e reciproci sorrisi sbucarono sui visi. Dopo aver bevuto un primo sorso Andra tornò a parlare: - Questa mattina  ho sorpreso Ame a spettegolare su questo. -
 
- Di già?! Non mi ha dato nemmeno il tempo di rovinare tutto con qualche mossa falsa! Piccola ragazzaccia pettegola che non è altro. – Malik accennò a una risata mentre scrollava il capo con rassegnazione. Andra volle seguirlo in quella risata e lo fece senza sforzarsi affatto. Non glielo avrebbe detto, non subito almeno, ma in cuor suo era abbastanza sicura che Malik non avrebbe potuto rovinare nulla; al contrario sentiva che sarebbe andato tutto fin troppo bene, al punto da dover scendere a patti col fatto che immaginarsi una vita al suo fianco era un pensiero piacevole.
Ma tempo al tempo, si disse Andra.
Certo, che cosa diavolo avesse combinato Malik per far sbriciolare la sua ferrea razionalità, non sapeva proprio dirlo.

 
 
Andra non dovette attendere a lungo per ottenere un riconoscimento; l’addestramento per diventare una Sentinella ebbe inizio a pochi giorni dal suo arrivo alla Corte, per questo motivo non ebbe neanche il tempo di soffermarsi – e sorprendersi- dinanzi alle meraviglie che quel piccolo mondo conteneva. Certo, riconosceva che le differenze con l’Orfanotrofio fossero abissali, visto che nella Corte Andra era ben nutrita, poteva studiare, conoscere dei coetanei che non cercassero in continuazione di prevaricare su di lei, o più semplicemente assaporare la piacevole sensazione dell’erba tenera sotto i piedi. Eppure lei, in continua lotta per la sopravvivenza, aveva un unico obiettivo, ovvero diventare molto forte e raggiungere lo stato di sincera serenità.
Sul campo d’addestramento fece la conoscenza di Jude Millan, della sua stessa età e del cugino più piccolo Micah; quest’ultimo, Andra lo capì con il tempo, non si allenava per diventare una Sentinella al contrario di Jude, bensì per volontà della Governatrice Nadia.
Jude, sfrontato, superbo e arrogante, possedeva doti fisiche evidenti e un potere che via via imparava a gestire sempre meglio, mentre Micah più acerbo nel fisico ma al contempo più spigliato caratterialmente, non aveva mai dato mostra di possedere alcun tipo di potere particolare. Andra si trovò più volte a chiedersi quale fosse il motivo che aveva spinto Nadia Millan a fare addestrare il nipote minore, visto che Micah non dava segni di voler diventare una Sentinella e la stessa Nadia, secondo le parole dei due cugini, non voleva che questo accadesse.
Andra li osservava da lontano, sottilmente invidiosa del rapporto che legava i due cugini, diametralmente opposti, eppure così affiatati; era ovvio che Jude si occupasse del più piccolo non perché obbligato ma mosso da sincero affetto, come era ovvio che negli occhi brillanti di Micah, quando rivolgeva lo sguardo al maggiore, rilucesse vera e propria ammirazione. Anche lei avrebbe voluto avere ancora sua sorella in vita e più e più volte, durante le sue passeggiate di ritorno dal campo d’addestramento, si ritrovò a chiedersi come sarebbe stato avere Irma lì con lei. Ma Irma non c’era più e la Corte, apparentemente un’oasi di pura felicità dove i vicini si sostengono l’un l’altro, non riusciva a fornirle nessun tipo di calore.
 
Con l’arrivo della maggiore età, Andra venne ufficialmente riconosciuta come Sentinella insieme al coetaneo Jude. Fu con lui che condivise la prima vera missione al di fuori della Corte e fu sul contesto delle Terre di nessuno che Andra dette davvero mostra delle sue evidenti capacità nel combattimento. Jude, che fino a quel momento si era sempre posto in maniera più che altezzosa nei suoi confronti, mostrò per la prima volta di considerarla una sua pari e fu da quel momento che i due, che possedevano caratteri spigolosi ma a tratti molto simili, cominciarono a legare.
Probabilmente fu proprio perché si sentì autorizzato a farlo, visto il loro rapporto, che Jude spinto dalla curiosità, un giorno tentò di usare il proprio potere su Andra. Durante l’allenamento allungò una mano nella sua direzione, ma Andra capì dal suo sguardo cosa il ragazzo stesse tentando di fare.
 
“ Fermo. “ Con velocità sbalorditiva, Andra aveva estratto la pistola dalla fondina e aveva puntato lo sguardo feroce in quello del compagno.
 
“ Non ti azzardare a provarci un’altra volta, o puoi stare certo che ti faccio saltare la testa prima ancora che tu possa metterti a frignare, sono stata chiara? “
 
Jude aveva ritirato la mano e con grande stupore di Andra, rispose a quell’affermazione con una fragorosa risata.
 
 
 
“ Mi spiace per quello che ho fatto prima, non so nemmeno io perché l’ho fatto. “
 
Seduti sulla staccionata del maneggio, in ripresa dagli allenamenti, Andra osservava il suo compagno con cipiglio torvo. “Te lo dico io perché, perché sei un coglione. “
 
“ Beh, forse hai ragione, sono proprio un coglione. “ Jude accennò ad un sorriso e Andra non riuscì a resistere a lungo. Scivolò dalla staccionata e si posizionò, con braccia conserte, davanti all’altro. “ Chiariamo una cosa… io non sono un ragazzino con cui puoi divertirti a sperimentare la tua amortentia del cazzo, chiaro? Ormai mi conosci, sai che non temo né te, tantomeno il tuo stupido potere, quindi non provarci davvero mai più. Non hai bisogno di questi giochetti con me. “
 
Poi Andra fece una cosa che inizialmente stupì Jude: gli porse la mano. Esitante da principio, infine Jude si decise a cogliere quel gesto, che mise fine alla discussione. Andra non lo temeva e gli stava dimostrando che si fidava di lui.
 
La strana amicizia arrivò a sfogare in qualcosa di altro, a seguito di ritorno da una missione. I due erano stanchi, provati, ma sentivano ancora forte l’adrenalina circolare nel corpo; la strada che portava alla piazza centrale dove Andra viveva era buia e gli unici a solcarla, in quel momento, non erano che loro due. Jude non poteva negare che quella ragazza fosse di una bellezza da mozzare il fiato e Andra, che mai aveva disdegnato la compagnia maschile, poteva dire altrettanto di Jude. Fu così che in un batter di ciglia i due si ritrovarono in mezzo all’erba alta dei campi gravidi d’estate, a scambiarsi baci e provocazioni, per poi privarsi dei vestiti quel tanto che bastasse per unirsi in un atto che con l’amore non aveva nulla a che fare.
In quel momento avevano abbandonato il ruolo di Sentinelle per tornare ad essere due adolescenti qualsiasi, vogliosi di condividersi con l’altro senza dover fornire alcun tipo di spiegazione a nessuno.
Il pensiero razionale era stato accantonato senza rimorsi,  per lasciare spazio a Jude e Andra, due ragazzi così giovani e belli, da meritarsi un po’ di spensieratezza in più.
 
 
Quartier Generale
 
Mani allacciate dietro la schiena, labbra tese, occhi abbracciati da sopracciglia contratte, ad ispezionare la grande mappa delle Terre di Nessuno appesa al centro della sala delle riunioni. Claudia osservava, in silenzio, i puntini rossi sparsi sulla distesa di carta e nel suo intimo sentiva la preoccupazione montare. Al suo fianco Vulkan stava facendo la stessa cosa; osservava meditabondo i segnali che indicavano i loro compagni.
 
- Non va affatto bene. – Disse lei, in un soffio appena accennato. Inconsciamente si accarezzò la mano offesa. Erano davvero troppi i Ladri in missione, anche se a preoccuparla non erano di certo il gruppo che si era recato ai mercati con Sonne. Oh no, Claudia sapeva bene che loro se la sarebbero cavata e che tutti avrebbero fatto ritorno, illesi, al Quartier Generale. Il problema era invece presentato da Mångata, all’inseguimento di Stafford e da Atlas e Angelica, partiti per una missione di avanscoperta da molti giorni.
Così Claudia mosse qualche passo per avvicinarsi alla mappa e puntò due puntini su di essa con l’indice: - Avevano detto sarebbero tornati nel giro di un paio di giorni; niente di pericoloso. –
 
- Già. – Confermò Vulkan con gli occhi sottili incastrati sul punto indicato da Oleander: - A sentire Leaf dovevano limitarsi ad ispezionare quella zona grigia, senza spingersi oltre. Mi chiedo cosa sia potuto accadere nel mentre. -
 
- Loro fanno sempre ritorno, sempre. Angelica non è sconsiderata tanto quanto Leaf e non gli avrebbe mai permesso di fare qualcosa che li avrebbe messi in pericolo. -
 
- Forse un agguato. – Valutò Vulkan: - O forse si sono dovuti riparare per qualche motivo. Voglio credere che sia così. -
 
- Mmm… ho un bruttissimo presentimento. -
 
Oleander sospirò e si ritrasse dalla mappa, per poi avvicinarsi nuovamente al grande tavolo su cui errano sparpagliate altre mappe. Spianò le mani su di esso e perse lo sguardo fra le crepe di una pergamena; Vulkan si concesse di sospirare, prima di avvicinarsi alla porta.
 
- Vado a chiamare Skog, avviserò anche Mawja… credo sia necessaria una riunione per capire cosa sia meglio fare. -
 
La strega annuì, ma non lo stava ascoltando davvero. Nella sua testa era vivida l’immagine terribili delle Colonie. Claudia temeva che uno dei suoi compagni potesse essere finito in una di esse, come probabilmente era accaduto a Juliette. Strinse i pugni e ingoiò a vuoto, consapevole che quasi nessuno fosse in grado di uscire vivo dalle Colonie; lei ci era riuscita, era vero, come era vero che la stessa buona sorte fosse toccata ad Atlas in passato. Ma la grande differenza stava nel fatto che ad Atlas non toccò che rimanerci per un tempo davvero breve e se era riuscito a scappare fu grazie a un caso più che fortuito.
Al contrario, Claudia aveva dovuto combattere per liberarsi dalle catene di quell’inferno e i segni, pensò mentre guardava la sua mano meno reattiva, erano rimasti, per ricordarle l’orrore che era stata costretta a subire.
 
 

Con il suo arrivo alla Corte, Claudia sperava di rimanere con quell’uomo che si era mostrato tanto gentile e premuroso nei suoi confronti. Effettivamente Atticus fu autorizzato da Nadia a tenere Claudia con sé, ma non fu nella sua casa che la piccola finì per vivere, bensì in quella che venne presentata come la sua compagnia, una donna di nome Nancy Birch.
I rapporti con lei non furono dei migliori: Nancy era scorbutica, dura e non riservava mai a Claudia una parola gentile, persino quando la ragazzina, una volta cominciato a frequentare la scuola nella Corte, si era decisa a tirare fuori un lato di lei più femminile, mostrando tutta la sua volontà di emergere per le sue qualità.
 
“ Guardati, non sei che una piccola sciocca. Potrai apparire graziosa quanto vuoi, ma questo non ti servirà a nulla nella vita, se non a esserti di danno! Non faranno che approfittarsi di te per il tuo bel faccino e i tuoi modi cortesi. “
 
Le parole di Nancy arrivavano sempre micidiali a Claudia, che si trovava sempre più spesso a sperare che Atticus, durante le sue sporadiche comparsate a casa della donna, si decidesse di portarla via con sé. Perché l’uomo era sempre così gentile nei suoi confronti, sempre ben predisposto e Claudia non pensava ci fosse nulla di male se quello, di tanto in tanto, indugiasse qualche secondo in più con la mano sulla sua guancia o gli occhi solcavano la sua ancora immatura siluette.
 
Tutto sommato il tempo alla Corte scorreva piacevole e Claudia cresceva in un contesto idilliaco, facendo per altro la conoscenza di vari ragazzi, fra cui Micah e Jude Millan, i nipoti della Governatrice. Micah le smuoveva innata simpatia, mentre nei confronti del bello quanto criptico Jude, Claudia possedeva delle riserve; quel ragazzo non la convinceva affatto e si sentiva intimorita da lui e da quel suo acerbo potere a tratti spaventoso ai suoi occhi. In assoluto però, la ragazzina munita del dono del disegno, era conquistata da Etienne Moreau; dirlo ad alta voce sarebbe stato sciocco, così Claudia si limitava a fare dei ritratti del consorte di Nadia. Ritratti che strapparono a Micah una bella risata, quando un giorno la sorprese a produrne uno.
 
“ Non ti ho dato il permesso di guardare! Sei un gran maleducato, lo sai?! “
 
Punta sul vivo e rossa in volto, Claudia attirò a sé il blocco da disegno; Micah però non riuscì a smettere di ridere e solo quando placò la fragorosa risata, seppur continuando a sorridere, si decise a parlarle.
 
“ Sai Claudia, non dovresti idealizzare così tanto mio nonno. “
 
“ Non lo sto idealizzando! È solo… è solo molto gentile con me e penso che sia una persona da onorare, ecco tutto! “
 
Lo sguardo del ragazzino si addolcì appena. “ Lo dico per te… hai un potere interessante e conoscendolo, la cosa non è passata inosservata a mio nonno. “
 
 
Solo qualche anno dopo Claudia avrebbe capito quelle parole, rimaste nebulose per molto tempo. Il primo dubbio le si instillò a seguito della scomparsa del ragazzo, ma la giovane era ancora troppo accecata dalla vita idilliaca che faceva alla Corte, per ispezionarsi nel profondo e decidere di porsi chissà quali domande a riguardo. Se ci fu un campanello d’allarme, Claudia lo sopì e mise a forza da parte la notizia della fuga di Micah, per concentrarsi sull’addestramento che l’avrebbe fatta diventare una Sentinella. Aveva vent’anni, era bella, forte e con un potere invidiabile, in breve possedeva tutte le qualità di cui aveva bisogno per sbocciare e brillare come una stella nel firmamento della Corte di Nadia.
Fu in quel periodo che nella sua vita spuntò Lir Strong, colui che sottoscrisse la sua condanna, ma che in tempi non sospetti rappresentò per Claudia la prima vera cotta, che presto la giovane tradusse in vero amore. Lir era ambizioso, alla mano, socievole e scaltro e in un certo modo le ricordava quel suo amico dalla lingua tagliente scomparso d’improvviso. Era talmente accecata dalla piega più che positiva che aveva preso la sua vita, che non provò la necessità di approfondire le particolari dinamiche che vigevano con Atticus e Nancy; Claudia aveva per lungo tempo pensato che l’atteggiamento ostile di Nancy fosse dettato dalla gelosia nei confronti di Atticus, che con ogni evidenza le riserbava attenzioni particolari. Per questo non fu facile comprendere le parole della donna quando ella, spazientita e allarmata, l’aveva costretta ad ascoltarla.
 
“ Devi ascoltarmi bene Claudia, perché la comprensione di ciò che sto per dirti ne varrà della tua sopravvivenza. “
 
Nella loro cucina, davanti a un piatto di tiepida minestra, Nancy fece in modo di fare aprire gli occhi ciechi di Claudia.
 
“ Tu pensi che Atticus sia un brav’uomo, una persona per bene, che ti ha salvata da un destino infame. Dimmi dunque, non ti sei mai resa conto del modo in cui ti guarda? Di come si comporta con te? “
 
“ Io… non ti capisco Nancy, Atticus mi vuole bene e… “
 
“ Stronzate!” tuonò la donna e il battere della sua mano fece vibrare pericolosamente i piatti “ Lui non è che un uomo spregevole, uno schifoso bastardo che approfitta della sua posizione per fare i suoi porci comodi ed è ora che te ne renda conto anche tu! “
 
Così Nancy confessò a Claudia chi fosse davvero Atticus; una persona che aveva passato la vita a ‘salvare’ giovani ragazze per poi prenderle con sé, irretirle con il ricatto della presunta salvezza e usarle a proprio piacimento, per poi spedirle con qualche scusa nelle Colonie per poter passare alla ragazza successiva.
 
“ Io sono l’ultima di quelle ragazze, Claudia… e la prossima sarai tu, se non ti decidi a cambiare la tua vita. Ho frugato fra le sue carte e ho trovato un certificato con sopra il mio nome… vuole deportarmi alle Colonie; al fianco c’era anche il vostro contratto di matrimonio. “
 
D’improvviso a Claudia crollò il mondo addosso. Si era davvero sbagliata tutta la vita? Nancy che lei aveva sempre additato come matrigna cattiva voleva solo proteggerla, mentre Atticus aveva l’unico obiettivo in mente di approfittarsi di lei.
Tormentata dal dubbio di cosa sarebbe stato giusto fare per la sua vita, Claudia capì che aveva solo un’opzione, ovvero confidarsi con la persona che le aveva rapito il cuore e a cui si era concessa in ogni forma; a nulla valsero i consigli di Nancy di stare alla larga da quella Sentinella, che lei aveva ben compreso. Secondo Nancy Lir non era che un arrivista, pronto a tutto pur di conquistarsi un posto d’onore alla Corte. La avvisò che l’unica cosa da fare era quella di darsi entrambe alla fuga, senza dire nulla a nessuno, men che meno a persone così vicine alla stretta cerchia di Nadia.
Se Claudia le avesse dato ascolto, probabilmente le cose sarebbero andate molto diversamente, ma la giovane strega non riuscì a escludere Lir dalla sua vita e alla fine, mossa dall’amore, confessò tutto a quel ragazzo.
Gli disse che in verità lei veniva da una famiglia di fabbricanti di bacchette e che teneva con sé alcune pergamene con su scritto i grandi segreti della costruzione dei legni magici. Gli parlò volontariamente di Atticus e altrettanto volontariamente evitò di citare Nancy e ciò che le aveva detto, forse perché una piccola parte di sé non si fidava davvero di Lir e mettere nei guai Nancy era l’ultima cosa che avrebbe voluto. Infine, disse al ragazzo che sarebbero dovuti scappare insieme, perché lei alla Corte non poteva rimanerci più.
Fare buon viso a cattivo gioco era una caratteristica di Lir, niente affatto intenzionato ad abbandonare la Corte; al contrario la Sentinella non si risparmiò di correre da Jude a riferirgli tutto ciò che aveva appena saputo da Claudia.
Claudia passò i giorni a seguire continuando a condurre la sua vita normalmente; si recava agli allenamenti e manteneva  un sorriso gradevole sul volto, sebbene nel mentre sapeva che Nancy stesse organizzando la loro fuga. Così quando arrivò il giorno in cui anche Claudia avrebbe dovuto preparare le sue valige, la ragazza decise di presentarsi comunque agli allenamenti; doveva vedere, almeno per l’ultima volta, il ragazzo di cui si era innamorata.
E proprio sul campo d’addestramento la ragazza fu assalita dai suoi colleghi e trascinata alla Magione di contenimento, dove avrebbe subito un estenuante interrogatorio da parte di Jude Millan.
 
 
La Corte
Zona di addestramento
 
Che Jude fosse particolarmente nervoso lo avrebbe capito chiunque lo conoscesse anche solo di vista. Artemisia aveva visto il suo capo accanirsi con le reclute come poche volte aveva fatto nella vita. Il significato delle parole comprensione e pazienza era stato dimenticato da Jude e non aveva fatto passare niente ai giovanissimi che si erano ritrovati ad avere a che fare con lui. Fortunatamente Artemisia, che spesso assumeva lo scomodo ruolo di mediatore durante gli allenamenti, era riuscita a non far saltare la testa di nessuno.
 
- Forse dovresti prenderti una pausa. – Gli disse, passandogli un asciugamano per tirare via il sudore dalla fronte; Jude aveva appena scacciato un paio di quei ragazzi e stava riprendendo fiato dopo una dura dimostrazione di scherma. Afferrato l’asciugamano con poca grazia e senza spiegarsi in ringraziamenti, aveva poi cominciato ad asciugarsi il collo.
 
- Sono degli incompetenti, ragazzini senza spina dorsale. E io dovrei mettere la sicurezza della Corte in quelle mani? Mi maledicessero pure, ma questa cosa non avverrà mai! -
 
Artemisia raccolse sufficiente pazienza per entrambi, cercò di non roteare gli occhi e per mezzo della sua ombra passò un generoso bicchiere d’acqua a Jude, il quale lo scolò in un batter d’occhio.
 
- Sono solo dei ragazzi, non puoi prendertela con loro. -
 
Jude puntò l’indice nella sua direzione. Nonostante fosse seduto sulla staccionata, riusciva comunque a guardarla dall’alto al basso tanto era la loro differenza d’altezza.- Tu non eri così quando sei arrivata. Non difenderli, ti supplico. –
 
- Beh… - Artemisia arrossì appena e quello che uscì dalla sua bocca non fu che un pigolio sottile, incomprensibile, al punto che Jude aggrottò le sopracciglia e si trovò costretto a chiederle se non le si fosse incastrato qualcosa in gola.
 
- No ecco, è che io non sono della tua stessa opinione, semplicemente mi sono dovuta adattare all’orfanotrofio. -
 
Spazientito, Jude si alzò di scatto e gettò le braccia al cielo: - Ti prego! Eri la migliore del tuo gruppo. Ti avrò addestrata per quanto, cinque mesi? Smettila di sminuirti! – L’uomo prese a borbottare fra sé parole che alle orecchie di Artemisia arrivarono come bizzarre minacce. Era chiaro che persino quando Jude era intenzionato a dispensare complimenti, non ne fosse in grado.
 
- Forse è meglio mandare quei poverini a casa per oggi. – Artemisia prese in mano la situazione e si voltò verso al gruppo dei giovani tremolanti che stavano attendendo di sapere di che morte morire: - Per oggi può bastare così. Riponete le armi al loro posto e qualcuno di voi pensi ai cavalli. -
 
Un coro di “grazie” volò verso la strega e in un attimo le reclute sparirono alla sua vista. Jude la fissò sconcertato: - Hai mandato via le mie reclute. –
 
- Era necessario, hai bisogno di rilassarti un po’. -
 
- Ma… ma il capo sono io. -
 
- Certo che lo sei, ma un buon capo sa sempre quando è il caso di cedere il comando, almeno momentaneamente. Ora vuoi dirmi che cos’è che non va? Sei preoccupato per la Governatrice? -
 
Jude era rimasto così stranito dal polso fermo di Artemisia, che rimase per un po’ in silenzio a fissarla; le uniche persone che avevano il coraggio di contravvenire a qualche suo ordine erano sempre state Lir e Alida, ma si trattava pur sempre del suo più grande amico e di quella che era come una sorella minore. Insomma, dopo la scomparsa di Micah, nessuno tranne quei due si era mai posto in quel modo nei suoi confronti. Ma la cosa più strana di tutta quella faccenda era la sua reazione: Jude non si era infervorato. Con chiunque altro al posto di Artemisia, probabilmente il capo delle Sentinelle avrebbe dato in escandescenza, eppure con la giovane Sentinella questo non era successo.
 
- Tutto bene? Forse hai bisogno di riposare un po’. -
 
La voce di lei lo tirò via dal groviglio di elucubrazioni in gestazione nella sua mente, così Jude si limitò a scuotere il capo; poi entrambi si voltarono verso la Sentinella che si stava avvicinando in sella a un cavallo.
Saskia smontò in fretta e si avvicinò ai due, salutò Jude portando il pugno al cuore e chinando appena il capo e ad Artemisia fece un accenno di sorriso.
 
- Sono venuta a fare rapporto sui colloqui che la Sentinella Lee ed io abbiamo effettuato quest’oggi. -
 
qualche minuto dopo, mentre Saskia era già immersa in una fitta conversazione di resoconto con Jude, Artemisia vide arrivare un cavallo al galoppo, evidentemente fuori controllo e sopra di esso vi era Izzie, aggrappata al collo dell’animale e con lo sguardo terrorizzato; con prontezza Artemisia risvegliò la sua ombra, che si impossessò del cavallo e nel giro di pochi istanti l’animale si immobilizzò, per poi piegarsi dolcemente a terra.
 
- Mi hai salvata! – Una volta con i piedi ben piantati a terra, finalmente al sicuro, Izzie volò fra le braccia di Artemisia e strinse la coetanea in un abbraccio, che quest’ultima ricambiò con goffaggine. Dopodiché Izzie rivolse lo sguardo in direzione di Saskia, talmente amareggiata che Artemisia dovette accorgersene.
 
- Tutto bene? Oggi deve esserci qualcosa di strano nell’aria, vi vedo tutti molto agitati. -
 
Izzie si affrettò a scuotere il capo: - Niente, solo che… no, niente di che. – La strega si affrettò a sorridere e tentare di cambiare argomento; lanciò uno sguardo a Saskia e Jude e poi diede di gomito ad Artemisia: - Allora, passi sempre più tempo col capo, eh? –
 
Come da previsioni Artemisia strabuzzò gli occhi e in un attimo le sue guance divamparono, donandole un corposo color pomodoro: - Eh?! No! Cioè, si, ma solo per lavoro! –
 
- Ceeeerto, come no. Solo per lavoro. Immagino che anche ieri sera, quando si è fermato da te, sia stato solo per lavoro. -
 
Artemisia guardò allarmata Jude il quale, casualmente, aveva lanciato uno sguardo nella loro direzione e le aveva fatto un cenno, poi abbassò il tono della voce fino ad arrivare a un bisbiglio: - E tu come fai a sapere che abbiamo cenato insieme?! –
 
Un ghigno comparve sul volto di Izzie: - Non lo sapevo ma lo avevo supposto e tu non hai fatto altro che darmene la conferma. –
 
Per fortuna Izzie non era una persona pettegola, altrimenti Artemisia avrebbe dovuto trovare rimedio alla sua ingenuità. Tornò per un attimo a guarda Jude tentando di far passare il rossore dal viso e chiese a se stessa per quale motivo si agitasse così tanto.
In fondo aveva solo cenato con un amico, non c’era nulla di male.
O no?
 
*
 
Andra possedeva tutte le qualità per essere una Sentinella e lo aveva dimostrato fin dal suo primo incarico; lei sapeva da che parte si trovasse e nonostante la Corte continuasse a non farle dono di quella felicità in cui tanto sperava, la ragazza aveva continuato a dare il meglio di sé nel suo lavoro. Quando aveva qualche ora libera, ciò che faceva era studiare la medicina per essere quanto più utile possibile sul campo di battaglia e nel momento in cui lo stress raggiungeva picchi insopportabili, si dedicava alla meditazione. Meditare, per Andra, era necessario e in essa ricercava l’equilibrio che percepiva mancarle; fermamente convinta che dovesse essere bene allineata quando metteva piede fuori dalla Corte a causa di tutto ciò con cui veniva a confronto in ogni missione, la strega pensava che almeno nei momenti di tranquillità che le erano concessi, dovesse focalizzarsi su se stessa. Solo così era in grado di uccidere senza pietà quando le veniva chiesto di farlo, solo così non si sarebbe lasciata sopraffare.
Qualcosa però cambiò quando durante il corso dei suoi ventitré anni , proprio nel mezzo di una delle missioni a lei assegnate.
Andra era stata addestrata per colpire, ferire e uccidere senza pietà e ciò era quello che aveva sempre fatto, eppure qualcosa andò storto, nel momento in cui attraverso il mirino del suo fucile di precisone, si ritrovò davanti una famiglia spaventata, a riparo dietro carcasse di automobili divorate dal tempo. Andra deglutì, esitò ma non sparò. Tentò più volte, ma l’indice si limitò a tremolare sul grilletto del fucile senza mai premere davvero.
Non che a quella famiglia andò bene, sia chiaro; fu un suo collega a prendere in mano la situazione e svolgere l’ingrato compito al posto suo, ma conoscendo Andra e sapendo quanto la ragazza fosse spietata, non si sprecò neanche nel farle una scenata, convinto che la compagna avesse avuto un momento di confusione.
Tornata alla Corte però il cervello di Andra continuava a lavorare le informazioni senza darle tregua, privandola persino del sonno; per quale motivo aveva esitato?
In verità a ragionar bene, Andra conosceva la risposta; era da tempo difatti che il Regime aveva perso di credibilità ai suoi occhi e che dopo ben otto anni passati ad affondare sempre di più nei meccanismi della Corte, aveva capito che quella non fosse la fazione per lei.
Grazie ai racconti di Irma, che Andra non aveva dimenticato, sapeva da quale famiglia provenisse e che erano state proprio delle Sentinelle come lei a ridurre in pezzi il suo nido; fino a quel momento, però, non aveva davvero ben chiaro chi fosse nel giusto. Fu quell’ultima missione, per lei un grande fallimento, ad aprirle definitivamente gli occhi.
 
C’era stata però un anno prima una grande altra avvisaglia, che aveva corrotto il rapporto con Jude. La fuga di Micah, del quale Andra aveva approfondito la conoscenza con il passare degli anni. La ragazza non aveva idea del motivo per il quale il più giovane dei nipoti Millan fosse sparito da un giorno all’altro, anche se tutto sommato aveva notato che da un po’ di tempo Micah si comportasse in maniera ambigua; aveva preso le distanze dalle Sentinelle e i suoi saluti si erano fatti freddi e distaccati, come il suo sguardo più simile oramai a un lago di ghiaccio.
Jude, neanche a dirlo, quella sparizione non l’aveva presa affatto bene, al contrario aveva dato di matto. Fra le tante persone che si era trovato ad interrogare, c’era finita anche Andra. Jude era preda dell’ira e questo Andra lo sapeva, ma ciò non bastò a farle tollerare il suo atteggiamento. L’aveva messa sotto torchio, convinto che Andra fosse a conoscenza del motivo per il quale suo cugino fosse sparito e dove si fosse nascosto.
 
“ Dopo tutti questi anni non ti fidi di me?! Ti ho detto che non so nulla! “ Tuonò lei, in parte ferita dai modi bruschi di Jude.
Alla fine risultò chiaro che Andra non ne sapesse nulla, ma quel giorno fu causa del raffreddamento del loro rapporto.
 
Dopo un anno, Andra si ritrovò a pensare se per caso Micah non fosse scappato di sua volontà, perché anche lui magari sentiva di non riconoscersi in quel luogo, in quel Regime, in Nadia Millan.
Spinta inconsapevolmente da Micah, Andra razionalizzò di non voler rimanere più all’interno della Corte, a servire una dittatura che mal sopportava e che riteneva, giorno dopo giorno, sempre più sbagliata. Così organizzò il suo piano di fuga, che riuscì ad attuare senza sforzo qualche mese dopo quella missione. Anche lei si lasciò la Corte alle spalle e si gettò nelle Terre di nessuno, vivendo alla giornata, imparando a rubare per sopravvivere, alla disperata ricerca di un luogo da poter chiamare casa e una missione da portare nel cuore.
Fu fortunata, Andra Strong, a trovare lungo la sua strada i Ladri di bacchette e con essi il Quartier Generale, diametralmente opposto alla Corte, ma senza nulla da invidiare ad essa. Ritrovò Micah, la piccola Liv che aveva visto crescere nell’orfanotrofio e tanti altri compagni che erano passati per la Corte e fece la conoscenza di nuove e meravigliose persone.
Se da un lato Andra sentiva un grande senso di colpa ruggire nel petto, d’altro canto capì che doveva lasciarsi il passato alle spalle. Aveva fatto delle scelte sbagliate nella vita, ma solo per sopravvivere.
Sarebbe ripartita dal Quartier Generale, lottando per uno scopo in cui finalmente si era riconosciuta e per quella che, con tutti i difetti del caso, aveva potuto finalmente definire famiglia.
E non sarebbe stata sola, mai più.
 
*
 
Quartier Generale
 
- Mia cara, la situazione è preoccupante, non lo nego. -
 
Mawja, seduta al fianco di Oleander, le concesse dei lievi colpetti sulle mani che la più giovane teneva allacciate sulle ginocchia; Skog e Vulkan annuirono, mentre Dam prese a lamentarsi al fianco della moglie Mawja: - Quanto ancora mi toccherà sentire queste lamentele?! Quando abbiamo dato vita ai Ladri di bacchette sapevamo perfettamente a quali pericoli saremmo incorsi! –
 
- Hai ragione- Disse Oleander fra i sospiri: - Ma eravate anche in numero maggiore. -
 
- Stronzate! – L’uomo si alzò dalla sedia facendo leva sul bastone che utilizzava per spostarsi con maggiore agilità: - Inizialmente, forse, ma abbiamo perso decine di compagni lungo la strada nell’arco di pochissimo tempo. Questo non ci ha mai demoralizzati! -
 
 - Nessuno sta ritrattando il passato- questa volta fu Vulkan ad intervenire: - Ma il problema ora si sta facendo evidente; abbiamo tanti bambini di cui occuparci e sempre meno adulti pronti a combattere. -
 
A quel punto Dam, guadagnandosi con il suo atteggiamento una sospiro esasperato della moglie, puntò l’indice contro il più giovane: - Guarda che noi abbiamo subìto un attacco e abbiamo perso il nostro vecchio Quartier Generale; non ci fosse stato Herb al tempo, saremmo stati nella merda senza un altro posto dove andare. –
 
- Ma eravate molti adulti! Qui ci sono frotte di ragazzini ancora inadatti alla fuga, figuriamoci al combattimento! -
 
- Quello che Vulkan sta cercando di dire, - fu nuovamente Oleander a intromettersi nel parapiglia verbale: - è che ora come ora se dovessimo subire qualsiasi genere di attacco o imboscata, non avremmo le capacità per combattere, né per darci alla fuga. Siamo obbligati a trovare una soluzione al problema e dobbiamo farlo il più in fretta possibile. -
 
- Attualmente sono fuori diciassette persone in missione. Escluso il gruppo di Sonne ai Mercati est, non sappiamo in quanti faranno ritorno; la situazione è ambigua, Dam. -
 
Skog si rivolse a Dam tenendogli una mano sulla spalla e per quelle parole, che servirono a calmarlo, Mawja lo ringraziò, per poi rivolgersi furiosa al marito: - Vecchio tonto, ti farai venire un infarto ad agitarti così. Questi ragazzi stanno solo mostrando la loro preoccupazione e vogliono evitare di far fare la fine dei topi in gabbia a tutti noi. Quindi ora siediti e ragiona insieme a noi, altrimenti vai a sentire se Herb ha bisogno di qualcosa e lasciaci parlare in santa pace! –
 
Alla furia di Mawja, Dam non ebbe possibilità di rispondere. Fu così che fra un bofonchio e l’altro tornò a sedersi, dando di nuovo modo a Oleander di prendere la parola. La ragazza si alzò e si avvicinò alla mappa che indicò sovrappensiero: - è chiaro che non possiamo permetterci di andare in giro per cercare di recuperare i dispersi; ciò che sappiamo è che Atlas ed Angelica sarebbero dovuti tornare almeno tre giorni fa, così come Julius e Sahara. Purtroppo Stafford è stato seguito da Mångata e anche in quel caso non abbiamo idea di dove siano finiti. Mi spezza il cuore dover dire una cosa simile, ma non ci resta che organizzarci per reclutare qualche nuovo Ladro. –
 
- Qualche idea? – Le chiese Vulkan; Oleander annuì: - Secondo me dobbiamo sfruttare i nostri contatti che sappiamo giungeranno alla Corte per la Festa del Raccolto. È importante far capire loro che se vogliamo portare avanti questa battaglia, non possiamo limitarci a consegnare loro le bacchette recuperate. – La minuta strega poggiò le mani sul tavolo intorno al quale erano seduti i compagni e li guardò uno ad uno: - Di fatto il grosso del lavoro parte da qui. Siamo noi che siamo vicini alla Corte ed è nella comune di quella maledetta stronza che arrivano i carichi di bacchette. -
 
- Quindi credi che dovremmo chiedere maggiore collaborazione? -
 
- Esatto. – Oleander annuì in direzione di Vulkan: - Dobbiamo convincere qualcuno di loro a rimanere con noi dopo la festa del raccolto. -
 
- La trovo un’ottima idea tesoro. – Disse Mawja, stranamente appoggiata da quel musone di suo marito Dam. – Credo sia giunto il momento di dare una bella sterzata ai Ladri di bacchette. -
 
- Questo è lo spirito giusto! – Commento Dam stringendo il pugno con orgoglio, al che Oleander sposto lo sguardo su Skog: - Tu cosa ne pensi? -
 
- Penso che quella testolina finto bionda contenga un mare di risorse. – Rispose lui, concludendo con una strizzata d’occhio. Oleander sorrise, nuovamente speranzosa. Dam in fondo aveva ragione, non avrebbero mai dovuto perdere la speranza. Avrebbero combattuto con ogni mezzo a loro disposizione per mantenere viva la fiamma della dissidenza.

 
 
 
La visita alla Magione di contenimento era stata fugace, durata il tempo necessario per essere interrogata da Jude. L’interrogatorio di Claudia fu estenuante e Claudia fece il possibile per resistere con tutta se stessa al potere terribile scatenato dalle mani di quello che era stato, seppur per breve periodo, il suo capo.
Jude non si era risparmiato nulla, deciso a strappare dalla bocca di Claudia la conferma di quanto riferitogli da Lir: la ragazza proveniva davvero da una famiglia di fabbricanti di bacchette? Ne custodiva i segreti? E per quale motivo non aveva informato nessuno? Chiari erano, agli occhi del capo delle Sentinelle, i segnali che indicavano una possibile ribelle che stretta dalla morsa di quell’amore fittizio, aveva infine risposto alle domande di Jude. Fortunatamente Claudia era stata abbastanza furba da non menzionare il nome di Nancy a Lir, così che quando Jude l’aveva interrogata, si era limitato a chiedergli informazioni su Atticus.
Il destino di Claudia fu così segnato e la deportazione nelle Colonie per alto tradimento fu la pena scelta per lei.
Claudia non sapeva cosa le sarebbe spettato, ragion per cui l’unica cosa che avrebbe voluto prima di partire, sarebbe stata guardare per l’ultima volta in faccia quel bastardo di Lir Strong e chiedergli dove nascondeva il mostro che l’aveva tradita con tanta leggerezza. Inutile dire che Lir non si presentò e Claudia partì, con la rabbia tracotante a spingere nel petto.
 
Le Colonie furono la materializzazione del peggiore degli incubi. La giovane strega passava il suo tempo a smistare residui tossici sotto la stretta sorveglianza di Sentinelle dalla scorza dura, senza anima. Beveva e mangiava lo stretto necessario per non morire di stenti, in quanto ogni volta che ingeriva acqua o cibo, il suo corpo dava segni di squilibrio; la dissenteria, la nausea continua e il vomito erano solo alcuni degli effetti collaterali dovuti al suo sostentamento.
Sapere che Atticus era stato catturato a seguito del suo interrogatorio e apprendere della fine che gli era spettata, probabilmente avrebbe alleviato le pene di Claudia che era ormai perfettamente inserita nel buio antro delle Colonie.
 
A seguito del colloquio con Atticus, avevano appreso il suo viscido gioco e quando Lir gli tolse la vita, dopo aver visto che il suo peggior incubo fossero donne emaciate e coperte di stracci – il vestiario basilare che spettava a chi finiva nelle Colonie- non provò alcun tipo di rimorso. Claudia se l’era cercata; le era stata data la possibilità di confessare spontaneamente e la sua confessione avrebbe portato alla sua semi libertà, eppure aveva preso una scelta diversa e Lir non si sentì in colpa per averla consegnata a Jude. Ma Atticus si era comunque rivelato un uomo spregevole che non meritava di rimanere al mondo.
 
Claudia dovette abituarsi alla vita nelle Colonie e un grande aiuto, per lei, fu il costante pensiero di Nancy, l’unica persona che in fine aveva dimostrato sincero affetto nei suoi confronti; si impresse quindi come modello da seguire e ogni volta che Claudia si trovava a dover prendere una decisione, si chiedeva cosa avrebbe fatto Nancy al posto suo e ben presto la giovane strega passò dall’essere una ragazzina frivola, a una donna con grande spessore e arguzia. Decise persino di intessere una relazione con William North, una Sentinella che aveva mostrato interesse nei suoi confronti e che le aveva riferito che la sua presenza lì non fosse affatto casuale; a suo dire fuori dalle Colonie c’era una persona che lo aveva mandato lì per lei.
Non è che Claudia non si fidasse delle sue parole, semplicemente non voleva farlo, troppo scottata dal tradimento di Lir che le aveva fatto perdere grande fiducia nell’umanità tutta. Per un po’ di tempo, dunque, lei continuò semplicemente a condividere con lui il letto, fin quando una notte William non le disse di prepararsi.
 
“ Quel contatto, quella persona amica ti farà scappare. Ti faremo uscire di qui, ma tu devi essere molto cauta e devi fidarti di me, hai capito?”
 
Cos’aveva da perdere? La sua vita era finita l’istante in cui aveva messo piede nelle Colonie e se anche quello fosse stato un tranello, un brutto scherzo per dare diletto alle Sentinelle, non sarebbe importato. Doveva provarci.
Claudia dovette quindi fingersi morta, così che William e un suo collega potessero portarla fino allo scivolo in cui venivano infilati brutalmente i cadaveri, che finivano al di fuori del perimetro delimitato di quel carcere di massima sicurezza. Claudia non dimenticò mai il momento in cui l’altra Sentinella stava per sentirle il battito, per assicurarsi che fosse davvero morta.
 
“ Ci ho pensato io. Smettiamola di perdere tempo e portiamo via il cadavere prima che cominci a puzzare. Ora vai, ci sono altri corpi da portare qui, di questo mi occuperò io.”
 
Claudia sentì l’altra Sentinella allontanarsi e presto i passi sempre più distanti si sostituirono a una voce dolcemente familiare.
 
“ Ce l’hai fatta, piccola! “
 
Aprire gli occhi e trovarsi davanti l’immagine di Nancy fu per Claudia una sorpresa inattesa che in breve le colmò il cuore di felicità. L’abbraccio intenso scacciò via l’odore nauseabondo di quell’abitacolo sbilenco in cui venivano portati i cadaveri per essere infilati nello scivolo e le parole fluirono assieme alle lacrime, fin quando non vennero raggiunte da William che le incitò a muoversi.
Lo avrebbero fatto, se non fossero stati sorpresi da alcune Sentinelle che, insospettite dall’atipico comportamento del loro collega, lo avevano raggiunto. 
A freddare Nancy fu un unico colpo in testa, mentre a Will toccarono due dolorosi colpi d’ascia, da cui sgorgò tanto sangue da imbrattare la stessa Claudia, che schivò un proiettile per puro miracolo. I colpi cominciarono a partire  e le travi marcite vennero colpite; Claudia recuperò in tutta fretta lo scrigno di famiglia che Nancy aveva portato con sé e fece giusto in tempo a infilarsi nello scivolo, evitando così il crollo di quella stalla.
Scivolò tenendo gli occhi stretti e trattenendo il respiro, Claudia. Scivolò per poi atterrare bruscamente sulla collina di corpi in decomposizione in attesa di essere gettati nelle fosse comuni. Quel cimitero a cielo aperto era stato, in un certo senso, la sua salvezza. Rotolò giù senza essere in grado di vedere nulla visto il buio intenso della notte e fatale fu l’oblio, perché la sua mano finì su una vecchia tagliola arrugginita; il dolore fu insopportabile, ma più forte era la voglia di sopravvivere. Non seppe dire con quale forza riuscì ad aprire la tagliola per tirare via la mano irrimediabilmente offesa e con le forze al minimo storico scappò nel bel mezzo delle Terre di nessuno fin quando non riuscì a trovare un nascondiglio in cui mettersi al riparo e fasciare alla buona la mano, dopodiché svenne di stanchezza e dolore.
I due giorni a seguire furono per lei il peggiore degli incubi; Claudia non aveva la forza di scappare ancora e specialmente non aveva idea di dove andare. L’unica cosa sensata che fu in grado di fare, mentre sentiva la vita abbandonarla, fu produrre un clone; quest’ultimo non aveva l’aspetto della forte e vigorosa ragazza, bensì di una bambinetta tutta pelle e ossa, muta e debilitata. Nonostante ciò il clone si allontanò da Claudia, al riparo dentro una buca scavata da qualche animale; quella sarebbe stata l’ultima possibilità per lei di sopravvivere.
I minuti divennero ore che passò fra il sonno e la veglia, fin quando la sua vista offuscata le permise di individuare due figure sbucare dall’entrata della tana; il suo clone teneva per mano un uomo con il volto coperto, il fisico possente e un’ascia allacciata alla cintura.
 
“ Quindi lei è la tua mamma? Forza, aiutami a tirarla su, dobbiamo portarla via di qui. “
 
 
Terre di nessuno
Mercati est
 
Ame era ben consapevole che si stesse avvicinando l’orario del tanto atteso incontro fra la Governatrice e Salko, ragion per cui si era ben premurata, assieme ai suoi compagni di sventure, di calarsi nuovamente la maschera sul viso e di coprirsi quanto più possibile. Essere visti o peggio ancora scoperti sarebbe stata l’ultima cosa che sarebbe dovuta accadere, ragion per cui dovevano essere il più cauti possibili.
La cautela, solitamente, non faceva propriamente parte di Ame, diciamo che non era impressa nel suo DNA e accadeva spesso che la giovane finisse per combinare qualcosa di sconsiderato anche senza volerlo.
Nel caso specifico, finire praticamente addosso a Lir, era risultata una di quelle sconsideratezze involontarie; ma cosa poteva farci lei? Si stava recando quatta quatta con Yuki e Chion nel punto che nella tarda mattinata, un rilassatissimo e spensierato Sonne le aveva indicato; certo non avrebbe immaginato che una Sentinella curiosa, che lei non vedeva da anni, si sarebbe messa a gironzolare fra i banchi dei mercati prima di raggiungere la sala privata di Salko.
 
- Ehi! – Lir sembrò vagamente scocciato dal fatto che una persona non meglio identificata, con una maschera antigas calata sul viso, lo avesse appena urtato rischiando di macchiargli il suo gilet preferito.
Ame, dal canto suo, aveva sentito il cuore schizzarle in gola. Si era immobilizzata come un tenero cerbiatto puntato nella caccia e aveva perso la lucidità per dire o fare alcunché; sapeva che non avrebbe dovuto aprire bocca e probabilmente non ci sarebbe riuscita neanche volendo.
Lir osservò la strana figura allampanata, con le mani sospese in aria e pensò, fra sé, che quei posti ospitavano soggetti piuttosto bislacchi.
 
- Non si usa chiedere scusa in postacci come questo? – Disse poi, con un tono volutamente burlone; non se l’era presa sul serio, piuttosto era perplesso e al contempo incuriosito dal soggetto ancora imbalsamato davanti a sé.
 
- Scusaci. -
 
Lir concentrò l’attenzione su un uomo che si era affiancato a miss o mister maschera antigas – verosimilmente un mister anche abbastanza malnutrito, vista la totale assenza di curve femminili-, un ragazzo dal volto semi coperto da una bandana scura e delle grosse cuffie calate sulla testa che afferrò l’altro per un braccio e poi disse: - Hai dimenticato le tue medicine, non è vero? Forza, andiamo. –
 
- Meglio che badi al tuo amico, secondo me non arriva a ‘sta notte. – Commentò in direzione dei due, che vide allontanarsi con rapidità e di cui perse ben presto tracce e interesse. Alzò le spalle e anche lui si avviò, deciso a raggiungere la Governatrice che dopo essersi sistemata nella stanza migliore dei Mercati, lo avrebbe atteso per recarsi da Salko.
 
 
Ufficio di Salko
 
Quando il gruppo venne scortato verso quello che doveva essere l’ufficio di Salko, Alida non riponeva grandi aspettative. Non era avvezza a frequentare luoghi al di fuori della Corte, tutto sommato si era fatta a grandi linee un’idea dei Mercati est sulla base dei nebulosi ricordi legati ai Mercati russi. Un ammasso di banchi più o meno sudici, bordelli, taverne fumose e topi che sgattaiolavano in giro sentendosi padroni di casa.
L’ufficio di Salko non era da meno. In un certo modo era chiaro avessero fatto in modo di sistemarlo al meglio per l’arrivo della Governatrice, eppure il caos e la polvere regnavano comunque nella stanza buia e maleodorante. Nadia, però, non sembrava scomporsi affatto; aveva sempre quest’aria conciliante, come se non esistesse nulla che i suoi occhi chiari non avessero già visto. Probabilmente porsi, quantomeno nelle apparenze al livello dei comuni mortali, era stata una delle carte vincenti per farle acquisire la massima posizione di potere.
Alida, Ryurik e Lir furono gli unici ad entrare nello studio insieme alla Governatrice, mentre le altre Sentinelle erano rimaste a guardia fuori dallo studio, con il comando di destare meno sospetti possibili.
 
- Benvenuti. -
 
Un uomo non troppo alto, dal fisico piazzato e dalla testa lucida, ricamata di tatuaggi sbiaditi, accolse i suoi ospiti speciali; ad Alida quello risultò particolarmente scontroso e burbero: i suoi occhi sottili e scuri non lasciavano tracce di umiltà e il suo sorriso era plastico, appositamente indossato per l’occasione. Nadia si accomodò sulla poltrona più comoda, posizionata dinanzi a quella che ospitava Salko, il quale era affiancato da due fedelissimi che fissavano le Sentinelle con aria scontrosa.
 
- Grazie a te per averci accolti. – celiò Nadia, con la volontà di smorzare il tono serioso di Salko. Alida pensò che fosse il modo della Governatrice per mettere subito al suo posto il capo dei Mercati.  Per qualche minuto ci furono solo convenevoli; vennero offerti bicchieri di liquore, rifiutati dalle Sentinelle che non avevano intenzione di perdere la loro lucidità e a seguito della futile ritualità, Nadia congiunse le mani e puntò l’attenzione su Salko: - Cominciamo a parlare del motivo per cui sono qui, credo sia giunto il momento. -
 
Soffitta
 
Scarlett non aveva avuto alcun tipo di problema ad ottenere quella scomoda, seppur funzionale, postazione per origliare l’incontro fra la Governatrice e il capo dei Mercati. Specificò a Sonne e Malik che avrebbero dovuto fare assoluto silenzio, in quanto la soffitta munita di due piccole grate si trovava esattamente sopra il suo ufficio, ma Sonne non sembrò particolarmente preoccupato e il motivo fu presto chiaro ai compagni; il ragazzo infatti sfilò dall’interno della sua giacca la sua bacchetta per porre un incantesimo anti-rumore sull’affollata soffitta. Non succedeva praticamente mai che Sonne sfoderasse la sua bacchetta, bene prezioso di cui era fortemente geloso, ma quella era il genere di occasione per il quale valeva la pena sfruttare il legno, visto che gli unici presenti erano dei suoi fedeli compagni.
Fu così che il gruppo si stese intorno alle piccole grate in modo da poter osservare la situazione; certo le minuscole bocche di lupo poste ai due angoli della stanza non permettevano chissà quale visuale, ma almeno erano in grado di ascoltare tutto ciò che si dicevano.
 
- Non hai capito chi ho incontrato. – Bisbigliò Ame all’orecchio di Sonne: - Lo vedi quel ragazzo con i capelli ricci e vestito come un demente? -
 
Sonne assottigliò lo sguardo e annuì: - Mi pare di averlo già incontrato nelle Terre di Nessuno, ma forse mi sbaglio. – Ma Sonne non permise ad Ame di aggiungere altro. Accanto a quello, notò una ragazza che stava abbassando lo scialle con cui era coperta; riconobbe all’istante quegli occhi grandi e vacui, le sue labbra abbondanti, i ciuffi biondi che incorniciavano l’ovale del viso pallido.
Non avrebbe mai creduto che Nadia se la sarebbe portata dietro, ma evidentemente in quei dieci anni erano cambiate molte cose, anche per Alida. Un tremolio mosse lo stomaco e le palpitazioni lo fecero arrossire di botto; in quel momento non gli sarebbe importato di essere scoperto e catturato, avrebbe solo voluto entrare in quell’ufficio e guardarla davvero. Le avrebbe urlato contro, avrebbe distrutto tutto ciò che li circondava. Poi le avrebbe vomitato addosso tutto il suo risentimento, quello che si era tenuto dentro per così tanto tempo.
E poi, cosa avrebbe fatto Micah?
L’avrebbe portata via con sé?
 
- Ehi frugolo, tutto bene? – Ame lo fissò con preoccupazione e al suo fianco Andra, la quale aveva riconosciuto sia Lir che Alida, fece cenno ad Ame di tacere. Micah si aspettava che con Nadia ci fosse Jude, i due ne avevano parlato a lungo la sera precedente. Andra gli aveva anche confidato che sarebbe stato strano vederlo di nuovo, mentre Micah che aveva rivisto il cugino durante l’assalto alla Comune, confessò di essere preparato a quell’evenienza.
Ma non si sarebbe aspettato Alida.
 
- Zitti, cominciano a parlare! – Bisbigliò Yuki dall’altro capo della stanza, sdraiata al fianco di Jabal e Chion.
 
Ufficio di Salko
 
 - Sai bene che la festa del raccolto è alle porte e quest’anno pretendo che tutto fili liscio. – Nadia cominciò a parlare rivolta solo ed esclusivamente a Salko, su cui era aggrappato lo sguardo mai esitante: - Lo scorso anno è stato un vero e proprio disastro. Le strade dal sud erano impraticabili a causa dei briganti e rigattieri in cerca di fortuna. Per non parlare della nave in arrivo dai territori est asiatici che è stata assaltata; lo ricordi, vero Salko? -
 
- Ricordo bene, Governatrice. Purtroppo controllare tutto il mondo non è possibile, questo dovrebbe saperlo meglio di me. -
 
Nadia non riuscì ad evitare di tirare le labbra, indispettita dal tono di Salko.
 
- Metti in dubbio la mia posizione, per caso? -
 
 Il capo dei mercati si affrettò ad alzare le mani: - Non è assolutamente ciò che ho detto. –
 
- Ebbene… quello che voglio, o meglio che pretendo da te è il massimo della collaborazione. Conosci moltissime persone e sono sicura che sarai il primo a sapere quali gruppi saranno intenzionati a invadere di nuovo le strade della Corte; voglio che con le tue parole e il tuo potere riesca a portarli dalla mia parte. Non ho un numero sufficiente di Sentinelle per controllare ogni singola strada, ma portando un buon numero di briganti dalla mia, sarà tutto più semplice. Passerebbero da depredare a controllare che le carovane non vengano depredate. -
 
- Perdoni la mia schiettezza, Governatrice… - Salko si chinò in avanti e poggiò i gomiti sulle ginocchia; se possibile assottigliò ancor più gli occhi, che quasi sparirono sotto le palpebre: - Cosa ci guadagnerei? -
 
Nadia accennò un sorriso: - Fino ad oggi sono stata magnanima e vi ho concesso di occupare abusivamente queste terre; se riuscirai a fare un buon lavoro, i Mercati est non saranno più illegali, bensì avrete concessa l’opportunità di stanziare legalmente. Nessuna Sentinella potrà venirvi a minacciare e vi sarà concesso di allargare i Mercati stessi. –
 
Nel sentire quelle parole, gli occhi di Salko si allargarono nuovamente e sul suo viso squadrato comparve un sorriso soddisfatto: - Questa mi sembra un’ottima offerta, Governatrice. Direi che possiamo ragionare insieme sui dettagli, ma posso anticiparle che ha già conquistato il mio appoggio. –
 
Alida, Lir e Ryurik si scambiarono una fugace occhiata; ancora una volta Nadia aveva dato mostra di essere un’abilissima stratega, perché in men che non si dica era riuscita a portare Salko dalla sua.
 
- Ne sono lieta! – Nadia fece scontrare le mani con entusiasmo, poi alzò un indice: - Ma prima di spingerci in dettagli, ho un’altra cosa molto importante da discutere. -
 
- Sono in ascolto. – Commentò Salko.
 
Gli occhi di Nadia corsero lungo le pareti della stanza, fino a soffermarsi sulla parete dietro il tavolo malconcio che fungeva da scrivania. A quel punto la donna si alzò e camminò verso di essa, ispezionando le pergamene con cui era essa tappezzata; queste non erano che identikit di personaggi sulla qual testa era stata posta una taglia. Criminali di ogni tipo e Nazione, che non erano ancora stati trovati. Fra di esse ve ne era una che aveva da subito conquistato l’attenzione della Governatrice; Nadia allungò la mani e la staccò dalla parete e un sorriso carico di nostalgia la invase, mentre solcava con lo sguardo il disegno del giovane viso di Micah, fermo ai suoi vent’anni.
 
- Voi tutti avete sempre detto di non averlo mai visto, ma io sono sicura che mio nipote sia ancora vivo. – Con la pergamena stretta nella mano, Nadia tornò a fissare Salko: - Pretendo che Micah Millan venga trovato e portato alla Corte, vivo. Non voglio gli venga torto un capello, altrimenti la taglia cadrà, insieme alla testa della persona che si sarà dimostrata tanto idiota da contravvenire a questo mio ordine. -
 
Acqua gelida scosse l’animo di Alida nel sentire le parole inaspettate della Governatrice. Il capo dei mercati, intanto, sembrò perplesso: - La taglia sulla testa di suo Nipote è già molto alta e credo che chiunque avesse avuto la possibilità di catturarlo lo avrebbe fatto. Mi permetto di dirle che qualsiasi sarà la somma per alzare la posta, non cambierebbe molto le cose. –
 
- Oh, ma io non parlo di denaro. – Nadia si avviò di nuovo verso la sua poltrona e sedette, prima di continuare: - Poco distante dalla Corte vi è uno spazio unico, una piccola oasi nelle terre desertiche; le mie Sentinelle si stanno già occupando da tempo di recintare la zona e porla a tutela, in attesa di trasformarla in una comune. Ebbene, colui o colei che mi porterà mio nipote, Diventerà Governatore di diritto. -
 
Soffitta
 
Il potere delle parole di Nadia ammutolì il cincischiare sommesso dei Ladri. Chion, Yuki, Jabal, Dimma e Ame, in sincrono, si voltarono per puntare le loro espressioni sbalordite su Sonne, ancora pietrificato da quanto aveva appena ascoltato.
 
- Questo si che è un cazzo di problema. – Commentò Ame e Sonne non poté fare altro che convenire.
La vecchia era passata al gioco sporco, maledetta lei.
 


 
Buongiorno a tutti lettori!
Vi avverto in modo che possiate prepararvi a queste note, che attualmente mi trovo in modalità da guerriera. Sarò sincera nel dirvi che sono davvero molto, molto amareggiata, per non dire davvero arrabbiata e il perché suppongo possiate immaginarlo da voi. Queste note saranno per chi è sempre stato partecipe alla mia storia, soltanto una presa visione e mi sento di sottolineare che non mi sto rivolgendo a chi è stato per l'appunto sempre presente, che sia stato in recensione o in privato (o entrambe le cose, ovviamente).
Iniziamo?
Quando ho dato il via a questa storia ero ancora scossa dalla fine de "il giardino segreto" una storia che ho scritto sempre con grande passione e che si è trovata, nelle battute finali, a ricevere scarsa considerazione. Mi sono però detta che non sarebbe stato giusto farmi sopraffare da chi non ha mostrato interesse per il mio elaborato e, in fin dei conti, la cosa davvero importante era divertirmi e dare spazio alle mie idee, ragion per cui mi sono decisa a concretizzare questa nuova interattiva. Purtroppo non mi sarei mai aspettata di arrivare al nono capitolo in queste condizioni, costretta ad eliminare ben tre personaggi in una volta sola, dimezzarne uno e adottarne un altro. A questo punto dichiarerò una cosa, sperando che sia l'ultima volta perché sinceramente sto cominciando ad innervosirmi più di quanto avrei voluto: questo è il mio modo di spendere il tempo libero che ho a disposizione. Mi sono laureata sia in triennale che in specialistica, lavoro, ho una vita privata ricca di oneri di cui occuparmi. Ho problemi come tutti ne hanno, ho impegni come tutti ne hanno e sì, mi piace usare il tempo libero per scrivere e la modalità con cui lo sto facendo negli ultimi tempi è tramite l'interattiva, che prevede per l'appunto interazione.
Parliamoci chiaramente, io non sono un fulmine a pubblicare e alcuni dei motivi per cui non lo faccio sono stati appena elencati; ciò che ho richiesto a chi ha voluto partecipare a questo gioco è stato lo stretto indispensabile: datemi i voti quando ve li chiedo e siate partecipi, se non pubblicamente almeno in privato, per farmi sapere cosa ne pensate. Chiariamoci bene, io non vi chiedo di votare a caso, tantomeno vi chiedo di mandarmi dei feedback perché vi voglio mettere in difficoltà; se lo faccio è in primo luogo per coinvolgervi nel gioco e in secondo luogo perché la storia ha una sua complessità e se mi viene stravolta di punto in bianco capirete bene che la storia rischia di andare all'aria in quattro e quattr'otto. Ad esempio c'è una logica dietro ai nomi che vi ho proposto nelle votazioni, in quanto ci sono dei personaggi che per il corretto svolgimento della trama era cosa buona e giusta trattare prima di altri. Ora vi chiedo: era così difficile spendere un minuto esatto del vostro tempo per mandarmi dei voti? Ok abbiamo tutti tanti impegni, ma sono dell'idea che se si è così tanto impegnati al punto di non riuscire a mandare dei voti, forse non è la scelta giusta quella di decidere di partecipare a un'interattiva. Ancor più il discorso vale per i feedback: cosa ci vuole a mandarmi un messaggio e dirmi cosa ne pensate QUANTOMENO del vostro oc, in modo da farmi sapere se lo sto trattando bene o se avete delle riserve a riguardo? Va da sé che nel momento in cui non ricevo uno straccio di rigo da parte vostra, avrò conseguentemente difficoltà a trattare il vostro oc e sviluppare la trama.
A questo punto agli autori latitanti o furbetti - in questo secondo caso mi rivolgo direttamente a coloro che si limitano a lasciare due righe di recensione ogni tre capitoli giusto per non farsi eliminare il personaggio- mi sento di darvi un consiglio spassionato, in parte anche egoistico: evitate di partecipare, perché è evidente che il gioco non sia fatto per voi e così facendo evitate a noi autori, che vi assicuro investiamo MOLTO TEMPO per scrivere i capitoli a cui voi FORSE dedicate attenzione, di impazzire per capire come portare avanti la storia.

Alla luce di queste considerazioni annuncio l'eliminazione DEFINITIVA e senza possibilità di reinserimento di: Atlas/ Leaf, Sophie/Mangata e Ajax e al passaggio a personaggio secondario di Vulkan. Per come stanno ora le cose Vulkan rimane nella storia, ma se ovviamente la sua autrice dovesse smettere di recensire, da personaggio secondario passerà ad essere eliminato.
Ho pensato a lungo se riaprire le iscrizioni visto che sto ancora al nono capitolo e già ho dovuto praticamente eliminare 5 personaggi (fra cui un ritiro), ma sinceramente per la storia in sé non avrebbe senso; non voglio altre complicazioni, voglio solo godermi la mia storia con le persone che dimostrano partecipazione e quel minimo di impegno richiesto.
I personaggi non sono stati eliminati apertamente in questo capitolo perché non avrebbe avuto alcun senso inserire combattimenti, morti o deportazioni alle Colonie a caso, solo per trovare il pretesto di eliminare i personaggi; questi verranno quindi eliminati UFFICIALMENTE quando la trama stessa lo richiederà. Come di sul dire "Di necessità virtù" giusto?
 
Lo so, questo è uno sfogo bello lungo, ma sinceramente sono proprio stufa; detesto dovermi arrabbiare per qualcosa che dovrebbe solo divertirmi, invece è successo ed è molto fastidioso. Sono stata paziente e disponibile, vi ho fornito la possibilità di contattarmi anche su Instagram. Detto questo da adesso in poi mi auguro non succeda più una cosa del genere.
A tutti gli altri, presenti e disponibili, va il mio più sentito ringraziamento! Mi diverto un sacco a scrivere questa storia e con voi sono ancor più motivata a farlo.
 
Bri
   
 
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