Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Pawa    23/06/2021    11 recensioni
Il Piombo Ambrato si manifesta di nuovo e inspiegabilmente e Trafalgar Law si trova impossibilitato a utilizzare il suo Frutto del Diavolo.
Costretto dalle circostanze a recarsi su un arcipelago dove divampa un'epidemia dai sintomi più disparati e si verificano omicidi insensati, con l'aiuto e il sostegno della sua ciurma, dovrà trovare una cura per gli isolani e una per se stesso.
Il Piombo Ambrato, però, è più rapido e devastante che mai...
(Dal capitolo I)
Sangue.
Centilitri e centilitri di sangue, misti a sostanze più pastose, che poteva tranquillamente riconoscere come membrane cellulari e carne umana.
"(...)Pen, che diavolo succede?!” Tutti e diciannove i restanti Hearts li avevano raggiunti, ma non li aveva degnati d’attenzione..."
(Dal capitolo II)
“Trafalgar Law, finalmente.” Una voce profonda e fin troppo famigliare gli era giunta dall'imbarcazione vicino la sua.
“Cazzo… ma perché la Marina?”
Genere: Drammatico, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bepo, Penguin, Pirati Heart, Shachi, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

°° Il Mostro Bianco °°

 

 

- Capitolo XIV -

 
°°INIZIO PRIMA PARTE°°

       I raggi del sole nel Polar Tang creavano sempre curiosi effetti sulle pareti metalliche delle varie cabine, laddove gli Hearts non le avevano rivestite di legno. Quando erano immersi, i giochi di luce erano anche più affascinanti, plasmati dall'irregolarità delle acque. La cosa più gradevole era forse che la luce non risultava mai accecante, attenuata sia dagli oblò sia dall'oceano. Era anzi confortevole, rilassante, e c'era chi, estenuato da una lunga giornata di lavoro, si perdeva a fissare le luminose fantasie tremolanti che si andavano a creare sulle superfici.

Era dunque così strano che, quella volta, i Pirati del Cuore stessero maledendo il sole, che a dir loro stava irrompendo prepotentemente nella stanza del loro capitano.

Erano crollati l'uno dopo l'altro, riuscendo però a non lasciare mai Law senza sorveglianza, un'accortezza inconscia dettata dall'abitudine, da tutte le volte che avevano visto il loro comandante vincere la stanchezza per vegliare il proprio paziente, anche se reduce da una battaglia e poi da un intenso intervento.
Law non si era mai fatto vincere da Morfeo finché chi aveva operato, fosse questi un compagno o uno sconosciuto, non si risvegliava o stabilizzava.

Shachi non sapeva quante ore fossero passate dacché avevano posato i bisturi, ma gli acuti dolori alla spina dorsale suggerivano che almeno mezza giornata l'avesse passata piegato per terra, con la testa sulle gambe di Penguin. Si sentiva in colpa per aver addossato al resto della ciurma il compito di monitorare il loro medico, ma non era stato in grado di svegliarsi prima, e probabilmente nessuno aveva osato riscuoterlo. Penguin, Bepo e Ikkaku, che erano ancora profondamente addormentati, dovevano aver avuto lo stesso privilegio.
Il rosso si era messo a sedere con lentezza e poca eleganza, sentendo i muscoli della schiena tirare e pungere qua e là.
Si era ridestato per l'insistenza della luce sulle sue palpebre chiuse. Sarà stato che era talmente abituato ad avere gli occhiali da sole che i suoi occhi erano diventati più sensibili, fatto stava che la sensazione gli era parsa insopportabile.

Aveva salutato con leggeri cenni del capo i compagni che non dormivano e un sorriso gli era sfuggito.
Da settimane i sorrisi tra loro erano stanchi e tirati, si obbligavano a farli.
Ora, nonostante fossero tutti più spossati che mai, sorridevano con naturalezza, e al pensiero di cosa avesse permesso ciò, Shachi aveva esageratamente piegato all'insù gli angoli delle labbra.

Trascinava i piedi, ancora intontito dal sonno, ma si era diretto senza esitazione verso il letto del suo fratellino.

Aveva lasciato un sospiro che non si era reso conto di star trattenendo quando aveva potuto vedere il petto fasciato di Law alzarsi e abbassarsi quasi senza difficoltà. Era sicuramente un movimento leggermente rigido, si poteva intravedere un vago tremolio, ma con tutti i punti di sutura che aveva, era assolutamente normale.

Shachi si era seduto accanto al fratello, accarezzandogli i capelli bianchi ancor più spettinati del solito. Un dubbio gli era sorto, attorcigliandogli le viscere. Si era quindi chinato sul capo di Law, insinuando le dita tra i suoi capelli e appiattendoli per scorgere le radici. In un solo giorno non potevano crescere considerevolmente, ma aguzzando la vista e sapendo dove cercare, si poteva vedere; la ricrescita nera come la pece. Era ancora piccola, forse un paio di millimetri, ma rappresentava la più grande vittoria dei Pirati del Cuore.

La salvezza del loro capitano.

Quello era il segno che stava bene. Che si sarebbe ripreso. Il peggio ci avevano pensato gli Hearts a eliminarlo e presto il resto del corpo di Law si sarebbe sanificato da solo.
Per quanto antiestetica, quella ricrescita era una gioia per gli occhi, per tutti loro. Magari Shachi avrebbe proposto una tinta a Law, fintanto che il nero naturale non avrebbe predominato, ma conoscendo il fratellino, probabilmente lui avrebbe preferito tagliarli. L'acconciatura che aveva avuto ai tempi di Sabaody sarebbe stata adeguata. Da allora aveva lasciato crescere i capelli, e gli Hearts avevano sperato in un calo di fascino, così che loro potessero ricevere almeno un'occhiata dalle ragazze nelle locande. Invece quel bastardo stava da dio anche con la frangia. Probabilmente anche da rasato sarebbe stato la stessa schiva calamita per donne di sempre. O da pelato.
Si sarebbe fatto un tatuaggio anche sulla zucca se fosse stato pelato?

A quel pensiero Shachi aveva soffocato una risata.
Fantasticare su quelle frivolezze era una dolce novella dopo tutti quei giorni di sofferenza, e il rosso poteva tranquillamente abituarcisi. Lui era quello che sparava cazzate di continuo, quindi doveva rimettersi in carreggiata e iniziare a pensare a cose serissime e profonde come quella. Era il minimo per tornare alla normalità.

“Sei di buon umore, eh?”
La voce leggera di Clione aveva fatto voltare il pirata di Swallow Island. Il biondo stava pigramente controllando un monitor collegato a Law, e a giudicare dall'espressione pacata, andava tutto bene.

“Come potrei non esserlo?”

Alla risposta del compagno, Clione aveva sorriso.
“Dovremmo cambiargli la fasciatura.” Aveva aggiunto dopo un momento, che sarebbe stato di totale silenzio se non fosse stato per il leggero russare di qualche compagno.

“Ci penso io.” Shachi si era alzato per prendere il necessario, e quando era tornato al capezzale di Law, l'aveva mosso delicatamente, onde evitare di strappare i punti o causargli qualche fitta.
Era così inerme, si muoveva se mosso da Shachi e ci arti gli ricadevano a peso morto sul letto. Era molto leggero, sicuramente ancora troppo sottopeso. Aveva ripreso a mangiare normalmente poco prima che morisse, quindi non c'era da sorprendersi se aveva perso diversi chili dacché quella tragedia era cominciata. Il peggio era che Law era sempre stato di costituzione magra, dunque non aveva potuto perdere grasso, bensì muscoli. Tuttavia Shachi era fiducioso che li avrebbe presto ricostituiti. Suo fratello era dannatamente pigro quando si trattava di allenarsi, d'altronde la sua arma più potente era il cervello, e sapeva usarlo in maniera più distruttiva di qualunque ferraglia Eustass Kidd potesse scagliare e di qualunque pugno Cappello di Paglia potesse sferrare. Ciononostante avrebbe frequentato la loro palestra quotidianamente non appena si sarebbe ripreso e la riabilitazione si sarebbe gradualmente trasformata in allenamenti veri e propri. Gli Hearts amavano il corpo del loro capitano, volevano vederlo nuovamente tonico e perfetto, un metro e novantuno di muscoli e furbizia. Inoltre erano delle cavolo di mamme chiocce, loro, quindi si sarebbero assicurate di far tornare Law impeccabile come e più di prima.
C'era pure la remota possibilità che il medico, vedendosi cascare i pantaloni anche chiudendo la cintura all'ultimo buco, decidesse di mettere su muscoli di propria iniziativa. Non era un tipo vanitoso, ma era estremamente orgoglioso, e Shachi sospettava che andasse fiero del suo fisico. D'altronde, erano più le volte che girava a petto nudo di quelle che indossava maglie chiuse, e il fatto che fosse del Mare del Nord e soffrisse il caldo non lo giustificava. Non che il rosso volesse fargliene una colpa. In fondo, Law era sempre gradito alla vista, secondo Ikkaku, e Shachi non sapeva come ribattere a ciò.

Aveva riadagiato il fratellino sul materasso, contemplando l'idea di passare dall'intubazione alla maschera d'ossigeno, o forse addirittura a delle semplici cannule nasali. Law sembrava starsi ristabilendo rapidamente e bene, e il rosso non n'era nemmeno così sorpreso.
Quello era Trafalgar D Water Law, dopotutto, uno dei più grandi pirati di quell'epoca, e non avrebbe raggiunto quel livello e quella fama se non fosse stato uno che dalle ferite più terribili sapeva guarire in fretta.

E perché no, perfino dalla morte poteva riprendersi.

Shachi era uscito dalla cabina malvolentieri, dopo aver poggiato un paio di coperte sul fratello e avergli amorevolmente accarezzato una guancia tiepida. Non era ancora di una temperatura accettabile, ma era un gran passo avanti rispetto il suo precedente stato di ibernazione.
Al rosso sarebbe piaciuto stare accanto al suo capitano finché non si fosse svegliato, ma il suo stomaco protestava a gran voce e tutta l'adrenalina che gli era andata in circolo durante l'operazione d'urgenza l'aveva lasciato come un guscio vuoto, spossato nonostante la lunga dormita. Inoltre non ricordava quando aveva mangiato l'ultima volta.
Aveva davvero bisogno di mettere qualcosa sotto i denti.

Aveva recuperato qualche biscotto dalla dispensa. Era strano trovarne lì. Solitamente il loro cuoco ne preparava di nuovi ogni mattina, che puntualmente venivano divorati. Quelli erano del giorno prima, ma Shachi non se ne lamentava. Aveva scostato la propria sedia per mettersi al solito posto, tuttavia ci aveva ripensato.

“Hey, buongiorno...” La voce impastata di Penguin aveva fatto voltare il rosso. Il fratello maggiore si era accasciato sul bancone della cucina, probabilmente desiderando riposare un altro po'. “... o buon pomeriggio. Qualsiasi ora sia...”

“Ciao, Pen.”
Shachi aveva spinto uno sgabello dietro all'amico. Dava l'impressione di cadere addormentato da un momento all'altro. Voleva almeno evitargli di crollare sul pavimento.
Il più grande si era voltato col volto premuto sul legno laccato, un broncio dettato dall'infiacchimento a piegargli i lineamenti.
“Che ci fai sulla sedia del capitano?”

Shachi aveva lanciato un biscotto prendendolo al volo in bocca, e aveva ghignato.

“Dipendenza affettiva dal mio fratellino: non posso stare troppo a lungo lontano da lui o da qualcosa che lo riguarda.”

“Razza di bastardo...” Aveva commentato l'amico, con una leggera nota ironica nella voce. “Quella è sempre stata la mia scusa per usufruire delle sue cose.”

Avevano condiviso una leggera risata, ben consci che Law fosse piuttosto geloso dei propri effetti. Di proposito, dunque, i due corsari usavano il suo shampoo, sedevano sulla sua poltrona nella sala relax, usavano la sua tazza maculata per bere il tè al pomeriggio. In circostanze normali il loro Doc si lamentava pure quando i suoi fratelli entravano nella sua cabina per dormire con lui, anche se in fondo amava la loro compagnia.

“Sai una cosa?” Penguin si era stancamente sollevato, allungando una mano verso il cesto della frutta, cercando nulla di specifico. “Stai pure lì. Magari così l'istinto egoistico di Law si risveglia e tra cinque minuti ci ritroviamo il capitano sulla porta, pronto a farti un soliloquio di mezzora sul perché tu non puoi sederti al suo posto.”

Il rosso aveva ampliato il proprio sorriso.
“Magari! Sopporterei la sua dialettica del cazzo se significasse vederlo sano e vispo in così breve tempo.”

I due fratelli ci avevano davvero sperato, prima di rendersi conto che si stavano aggrappando a una scherzosa fantasia. Dovevano essere davvero esausti per essersi illusi in quel modo, anche se per pochi secondi.

Ognuno si era dedicato alla propria colazione, non pronunciando parola e abbandonandosi solo a qualche sbadiglio di tanto in tanto, poi i neuroni di Shachi avevano trovato la capacità di fargli alzare lo sguardo sull'orologio che il loro chef teneva in cucina.
Erano le prime ore del pomeriggio. Sarebbe stato meglio se si fossero dati da fare in qualche modo. Anche se ora Law era salvo, e quella era la cosa più importante, c'erano ancora diverse questioni in sospeso su quell'infausta isola.

“Hey, Pen, stavo pensando...” Si era interrotto per stiracchiarsi e la sua voce era poi risultata un mugugno. “che dovremmo andare a parlare col vecchio della Marina.”

Il più anziano dei membri fondatori degli Hearts si era voltato verso il compagno, guardandolo stoico con la testa appoggiata ad una mano.
“Dici che Law vorrebbe fargli sapere che cos'è successo?”

“Non proprio,” Aveva prontamente aggiunto il rosso. “ma ormai Sengoku è coinvolto e noi possiamo limitarci a comunicargli che il nostro Doc sta bene. Insomma...” I suoi occhi erano andati a guardare con tenerezza la tovaglia costosa che decorava la tavola, sebbene non le stesse davvero prestando attenzione. “ce l'abbiamo fatta. Law si sveglierà presto.”

“Sì,” L'appoggio di Penguin era subito arrivato. “Law sta bene.” Ripeterlo aiutava entrambi a riprendersi dopo tutti quei giorni di agonia e, allo stesso tempo, li convinceva che quella situazione fosse reale. Ancora non ci credevano che il calvario fosse finito, e che n'erano usciti vincitori. Penguin aveva infine dato il proprio consenso dopo qualche istante di riflessione. “Va bene, andiamo dal nonnino del nostro capitano.”

Si erano alzati con un'energia e una velocità tali da far concorrenza a una statua in marmo e raggiunta la loro cabina si erano chiesti da quanto tempo non ci entrassero. Tutte le brande avevano le lenzuola spiegazzate, alcune cadute sul pavimento, già occupato da pile di vestiti ammucchiati, e l'aria era davvero pesante, viziata. C'era puzza, ad essere franchi. Non rassettavano quella cabina da un po', e d'altronde erano stati impegnati con faccende molto più serie e importanti, ma adesso che erano tornati alla normalità si accorgevano di quanto avessero trascurato vari aspetti della loro vita quotidiana. Il loro povero sottomarino doveva star soffrendo, perché tutte le stanze non venivano pulite da giorni.
Penguin si era diretto verso il proprio armadio con uno sbuffo. Ora che tutto era finito, che la sua ciurma e lui potevano effettivamente tornare a vivere, si rendeva conto di quanto una malattia del genere stravolgesse ogni più piccolo aspetto dell'esistenza di una persona e di chi le voleva bene. Certo era logico e normale prendersi cura del malato, procrastinando le attenzioni da riservare a se stessi, ma arrivare al punto di non accorgersi di star facendo appassire, insieme a Law, sia la loro casa sia i loro corpi, dato il pungente odore che si levava dalla canottiera che Pen aveva addosso, sottolineava quanto la situazione fosse stata disperata.
Shachi aveva calpestato un mucchio di indumenti gettato contro il muro per poter raggiungere un oblò e spalancarlo. Aveva istintivamente preso un profondo respiro non appena l'aria fresca gli aveva colpito il volto. L'atmosfera nella cabina era tanto opprimente che il contrasto con il venticello fuori dal sommergibile faceva quasi venire dei brividi di freddo.
Il rosso si era voltato verso il fratello, che si era già diretto nel bagno annesso.

“Hey, Pen. Pensi che il capitano ci permetterà di avere una cabina doppia solo per noi?”

Aveva visto l'amico incurvare all'indietro la schiena per poter fare capolino dalla porta che lo copriva e incrociare gli occhi di Shachi.
“Vuoi traslocare dal dormitorio comune?” Aveva bofonchiato metà delle parole a causa dello spazzolino che teneva fra le labbra, ma l'altro aveva capito e subito annuito.

“Lo sai che adoro la compagnia e sono il primo pirla che organizza notti in bianco e robe del genere, ma gradirei non sentire mai più questo gradevole odorino umano che aleggia qua dentro.”

Il maggiore aveva ridacchiato, tornando a specchiarsi e aprendo il rubinetto. Conosceva Shachi troppo bene per non sapere che dietro quelle parole si nascondesse qualcosa di più; il loro Doc era ferreo e minuzioso per quanto riguardava le pulizie* e in oltre dieci anni di pirateria non si era mai sentito odore di chiuso, nonostante vivessero su un sottomarino. Entrare in quella stanza era quindi stato uno shock in tutti i sensi e sicuramente, se in futuro, per qualunque motivo, avessero dovuto dimenticare di fare le faccende, l'aria viziata avrebbe ricordato al rosso di quei tragici giorni in balia del Piombo Ambrato. Ne voleva fare a meno. E Penguin era totalmente d'accordo. Sicuramente anche solo due persone potevano rendere una stanza una fogna, ma l'eventuale puzza sarebbe comunque stata diversa da quella prodotta da diciassette uomini.

“Perché no,” Aveva infine risposto, sciacquandosi il volto. “se possiamo avere un'infermeria, un obitorio, quattro sale operatorie, un laboratorio e una biblioteca, possiamo sicuramente trovare un magazzino da trasformare nella nostra cabina.”

Il compagno aveva riso allegramente all'elenco di tutti i capricci di Law, poi si era fatto un poco più serio, ma per la prima volta dopo troppi giorni non aveva lasciato che l'allegria lo abbandonasse.
“Sai, quella stanza dove accatastiamo i pezzi rotti del Polar ci potrebbe stare. La ferraglia la spostiamo in sala macchine.” Si era diretto senza aspettar risposta verso la doccia, chiudendo il box e lanciando poi i propri vestiti appositamente addosso a Penguin. Questi li aveva afferrati con stizza ma divertimento, trattenendosi dal rimproverare l'amico giacché il bagno era già occupato, ma d'altronde loro due, grazie ai loro genitori, si conoscevano da quando erano neonati. Erano ben pochi i momenti di privacy che nascondevano l'uno all'altro. Mentre Shachi apriva l'acqua, il fratello realizzava pian piano le sue parole. Aveva sorriso, guardando verso i vetri della doccia che si riempivano di spruzzi.

“Credo che quello sgabuzzino sia perfetto.” Aveva agitato la boccetta con la schiuma da barba, non avendo il tempo di contemplare l'idea di lasciare o no baffetti e pizzetto radi che gli erano cresciuti in quei giorni. Forse avevano un loro fascino, anche se l'unico che poteva stare meravigliosamente col pizzetto era quell'eccentrico del suo capitano, ma la mente di Penguin era concentrata su altro.
Quella cabina.
In fondo al corridoio. Nell'ala est. Dove stava la stanza di Law.
Aveva sorriso dolcemente pensando alla premura di Shachi nei confronti del loro fratellino. E poi davano a lui della mamma chioccia! Non voleva pensare che la vicinanza delle loro cabine avrebbe agevolato un eventuale soccorso del loro capitano, perché Penguin non voleva immaginare Law malato ancora una volta in futuro, fosse anche solo un raffreddore.
Però apprezzava la comodità di quei pochi metri che lo avrebbero separato dal letto del suo Doc.
Avrebbe potuto sentirlo rigirarsi tra le coperte in preda agli incubi che di tanto in tanto tornavano a tormentarlo, e Penguin contava di sgattaiolare fuori dalla propria stanza, senza il rischio di svegliare qualcuno, e di andare a rassicurarlo, anche se Law non voleva il suo aiuto.

Sarebbe stato perfetto.
 
***

       Non era esattamente camminare quello che stavano facendo due dei membri fondatori degli Hearts. Era più un trascinarsi per le vie della città, diretti verso il porto dove Sengoku si era spostato appositamente per lasciar tranquilli i pirati. Malgrado l'evidente stanchezza, procedevano serenamente, perché fintanto che Law era salvo, non c'era niente che potesse davvero impensierirli.

Talvolta temevano di star solo facendo un sogno bellissimo, ma erano usciti dopo essere passati nuovamente da Law. E lui era vivo.
Dormiva profondamente, non si era nemmeno mosso da come Shachi lo aveva riadagiato sul materasso, però stava sicuramente bene.
Anche se il timore che potesse non risvegliarsi o avere una ricaduto si era insinuato crudelmente tra i pensieri dei suoi fratelli, i monitor collegati al loro capitano erano chiari e rivelavano valori stabili. La malattia era stata debellata totalmente. La pelle presentava ancora delle chiazze bianche, ma erano le cosiddette PAF, cellule già uccise, private di melanina e quindi sbiancate e ormai prive dei bacilli velenosi, perché questi si erano spostati verso le cellule vive, per contagiarle e riprodursi, ma l'intervento degli Hearts aveva bloccato questo processo. Così ora rimanevano solo dei chiarori su quella pelle solitamente abbronzata, e presto, con un normalissimo rinnovo dell'epidermide, sarebbero spariti.
Sì, non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Law aveva solo bisogno di riposare e riprendersi. Non sapevano quanto ci volesse per rimettersi in forze dopo essere morti, e sicuramente la dipartita del medico non era stata prevista, sarebbero dovuti intervenire prima, ma fortunatamente, chi aveva elaborato la sua cura era stato così geniale da studiare un piano tanto perfetto, che non solo aveva fatto ripartire il cuore di Law, ma aveva completamente risanato il suo corpo. Il chirurgo non era meno sano di un qualsiasi altro ventiseienne allenato e ben nutrito.
I suoi amici non potevano fare altro se non attendere che si risvegliasse, quindi fintanto che veniva supervisionato e non restava solo, gli altri potevano allontanarsi. Così Shachi e Penguin si erano convinti che potevano davvero lasciare casa per parlare col vecchio marine. Non intendevano intrattenersi per molto con lui, ma era giusto dargli qualche informazione e, allo stesso tempo, poteva essere un modo per distrarsi un po'.

Penguin era quasi inciampato sulla capretta dell'ex Grandammiraglio quando aveva svoltato l'angolo di una casa dismessa lungo la costa. L'animaletto non aveva affatto accusato la ginocchiata involontaria del pirata e aveva già preso a masticargli i pantaloni. Il corsaro si era messo a strattonare indispettito la stoffa dei propri calzoni, sperando di liberarli dalla morsa dell'ovino, quando una bassa risata era rimbombata per la baia quasi deserta, solo un paio di pescatori in via di guarigione e qualche soldato la occupavano poco lontano. Invece, di fronte ai pirati, seduto sui gradini che portavano in spiaggia, c'era Sengoku.
“Significa che le piaci.” Aveva fatto un cenno alla capra, che continuava a masticare indisturbata. “Normalmente non la farei avvicinare ai pirati, ma credo che le cose siano sufficientemente cambiate tra noi.”

Shachi aveva sorriso mentre il fratello riusciva finalmente a salvare i propri pantaloni e pungolava con lo stivale l'animale per tenerlo a debita distanza. Nella frase del militare c'era una nota di ironia che non era sfuggita ai due corsari. Quel vecchio bastardo si compiaceva che la sua capra stesse rovinando i vestiti di Penguin. Gli avrebbero risposto a tono, ma il principale significato di quel che aveva detto era più importante.
Il loro rapporto era davvero stato stravolto, e in positivo.
Certo non erano migliori amici, sicuramente non si sarebbero cercati in circostanze normali per chiacchierare allegramente, ma c'era un'intesa tra loro, opera di Law, ed era anche per questo che Sengoku sapeva che doveva essere successo qualcosa. Altrimenti i due Hearts non sarebbero stati lì.
Si rassicurava constatando che non erano disperati, quindi quel pazzo del suo quasi nipotino doveva star bene, nonostante le condizioni in cui versava dopo che si erano separati il giorno prima.
Era indeciso se chiedere sue notizie o se lasciare che fossero i due giovani a parlare, ma poi il rosso si era seduto sul suo stesso gradino, solo a qualche passo di distanza e, guardando avanti a sé, aveva sorriso.

“Il capitano è guarito.”

Sengoku aveva quasi fatto cadere il cracker di riso che stava mangiando.

“In un giorno?!” Avrebbe potuto chiedere tante altre cose, ma era felice, confuso e troppo stupito.

Penguin si era accovacciato dietro il fratello, appoggiandosi alla sua schiena e imitandone il sorriso, guardando poi il marine negli occhi.
“Se sapesse tutto ciò che è accaduto in un giorno!” Aveva sentito Shachi ridacchiare. Non che il ricordo fosse gioioso, ma l'epilogo certamente lo era. “Ma i dettagli, se Law lo vorrà, sarà lui a spiegarglieli. Noi volevamo solo informarla che adesso si è ripreso.”

“Insomma,” Si era aggiunto Shachi. “ancora non si è risvegliato dalla somministrazione della cura, ma abbiamo esaminato le sue cellule, fatto radiografie, esami del sangue...” Non avevano eseguito tutti quei test in prima persona perché entrambi erano stati svenuti, ma i loro compagni si erano assicurati di farli e gli esiti erano tutti grandiosi. Del Piombo Ambrato non c'era traccia. Penguin aveva pure avuto il tempo, prima di uscire, di guardare al microscopio alcuni tessuti prelevati al fratello. Aveva quasi pianto sui vetrini quando aveva constatato che non presentavano anomalie. “... e sta bene.”

Sengoku era rimasto in silenzio, guardando la punta delle proprie scarpe e respirando sommessamente. Non aveva idea di cosa fosse successo, ma importavano le circostanze? Era del Chirurgo della Morte che si stava parlando. Già normalmente quel ragazzo era capace di fare l'impensabile; quando di mezzo c'era la medicina non c'era dio che potesse eguagliarne i miracoli. Perciò, per quanto fosse assurdo che un uomo palesemente morente fosse ora sano e salvo, dopo mezza giornata dall'ultima volta che era stato visto, era qualcosa tipicamente da Law.
Alla fine il vecchio aveva risollevato lo sguardo, portandolo sulle onde del mare poco distante e aveva sorriso gentilmente.
“Immagino che dovrò sorbirmi le sue frecciatine sul fatto che sono, più o meno, suo nonno acquisito. In quei pochi momenti che abbiamo passato insieme da quando abbiamo parlato, Law ci ha tenuto ad essere il più bastardo possibile.”

I due corsari avevano tradito un ghigno divertito. Il loro capitano era l'incarnazione di sarcasmo e sferzante ironia, quindi non erano affatto sorpresi del suo comportamento col marine. Anche quest'ultimo non pareva esserne infastidito. Anzi, viste le circostanze, nonostante le sue parole, era lieto di poter presto tornare ad essere il bersaglio di quelle maliziose battute.

“Non verrò a trovarlo.” Aveva poi sentenziato, serio ma cortese. In fondo, ora, gli bastava sapere che Law era salvo. “Non saremo mai davvero nonno e nipote, credo che siamo entrambi troppo vecchi per atteggiarci, improvvisamente, in quel modo. Tuttavia sono i sentimenti che contano e dunque ci sarò se avrà bisogno.” Aveva notato come i due pirati sorridessero alle sue parole, mentre la sua capretta veniva a sedersi scompostamente accanto a lui, con le zampe rigide oltre il bordo del gradino, fissando chissà cosa con quelle pupille rettangolari e furbe. “Il mio numero non ce l'ha, ma siete tutti abbastanza inquietanti da recuperarlo per i fatti vostri, se lo vorrete. O chissà, vi basterà fare un'altra stronzata che vi faccia finire sui giornali e sarò io a venire a cercarvi.” Aveva accennato all'impresa di Dressrosa, che aveva fatto scalpore quasi quanto la Guerra dei Vertici. Guerra a cui, ad un certo punto, avevano partecipato pure gli Heart Pirates, a quanto pare perché il loro comandante era ficcanaso e capriccioso. Sengoku aveva sospirato a quel ricordo. Se avesse saputo chi era Law rispetto a Rocinante, all'epoca, si sarebbe preso un infarto vedendolo emergere dal mare mezzo ghiacciato di Marineford, su quel trabiccolo giallo. Che pazzo, pazzissimo ragazzo che si ritrovava a incominciare ad amare.

“Non ci sarà alcun problema, allora.” La voce solenne di Penguin, tradita dal ghigno che entrambi i pirati sfoggiavano, aveva fatto voltare il marine. “Inutile dirlo, credo. La nostra bussola punta sempre nella solita direzione e una volta raggiunta la meta faremo parlare di noi per sempre, i giornali diventeranno monotoni a forza di raccontare delle gesta capitano!”

“One Piece sarà nostro.” Shachi si era scambiato col fratello un'occhiata profonda, maliziosa, piena di frasi tacite. “E non sarà per forza necessario raggiungere Raftel.”

Sengoku li aveva fissati sorpreso e, infine, compiaciuto. Aveva capito, in qualche modo. A prescindere dal vero e concreto grande tesoro, i Pirati Heart avrebbero sicuramente conquistato il loro più grande obiettivo, sogno che era, in realtà, il desiderio di tutti gli uomini, primi fra tutti chi prendeva il mare: la gloria nei secoli.
E loro l'avrebbero raggiunta, forse per la D. nel nome del loro capitano, forse per l'amore e il rispetto che provavano per lui, ma sicuramente avrebbero fatto incidere il nome di Trafalgar D Water Law nella storia del mondo.
 
***

       Il Chirurgo della Morte.
Era un soprannome azzeccato, che implicava molto più di disgrazia e inquietudine, che il Governo Mondiale aveva voluto attribuire al capitano dei Pirati del Cuore. Morte e medicina, insieme, avevano accompagnato Trafalgar Law per tutta la sua breve vita.
Ancora prima che il Piombo Ambrato si manifestasse a Flevance, un piccolo Law aveva sempre passato le proprie giornate dissezionando animali per studiarne l'anatomia. Dopo qualche anno era riuscito a convincere suo padre, complice il faccino tenero che gli aveva subdolamente rivolto, a fargli esaminare qualche corpo nell'obitorio dell'ospedale. Così era cresciuto, istruito, affiancato e assecondato dai genitori dottori, poi vagabondo con l'unica compagnia della malattia, che lo aveva accompagnato verso la sua fine, non giunta per merito di Corazon e delle proprie abilità mediche.
Morte e medicina erano la vita stessa di Trafalgar D Water Law, pertanto non era poi così surreale che il capitano pirata fosse morto e poi fosse tornato indietro.

Questa consapevolezza aveva sfiorato la mente di Law, fugacemente, ma il fatto stesso che potesse pensare, che il suo cervello stesse ragionando e fosse attivo, aveva fatto fermare tutto, si era impuntato come un tarlo nella sua testa e quasi aveva fatto spalancare gli occhi del medico. Law non si era trattenuto, semplicemente era troppo esausto per riuscire a farlo. Ma Dio, che tentazione. Era morto, quindi perché la sua mente stava sfornando una mare di domande? Dopo un'infinità di tempo, o forse solo qualche secondo troppo confuso, era riuscito a elaborare una risposta, l'unica che avesse senso e potesse spiegare cosa stava succedendo: era finalmente arrivato all'inferno. Già, perché dubitava di meritarsi il Paradiso e credeva che la consapevolezza della propria tragica fine fosse una gentilezza che il Regno dei Cieli non concedeva alle povere anime. L'inferno, invece, poteva tranquillamente ricordarglielo e ribadirglielo. Non che fosse molto preoccupato a tal proposito. Se l'aldilà era come veniva descritto in letteratura, lugubre, cruento e pieno di stronzi, quasi quasi Law si sarebbe sentito a casa. Magari avrebbe dato mostra delle proprie peggiori vivisezioni.
Tuttavia c'era qualcosa che non gli tornava.
Il suo corpo doleva, era inerme e impotente, e la sua mente era in preda a un turbinio di pensieri confusi e affatto felici.
Però stava bene.
Il dolore non era insopportabile e anche se il suo cervello era in tilt, non stava impazzendo o soffrendo.
Era... leggero, nonostante tutto.
Aveva cercato di corrucciare il viso con fare perplesso, non era sicuro di averlo concretamente fatto, tuttavia era certo che, concentrandosi con l'intenzione di cambiare espressione, avesse acquisito un briciolo di consapevolezza in più dei propri sensi.

L'olfatto non era molto affidabile in quel momento. Era un tipo di percezione troppo complessa, nelle condizioni in cui Law versava, perché il suo cervello stanco potesse elaborare e distinguere gli odori mischiati che gli giungevano. Eppure c'era qualcosa di tanto famigliare quanto sgradevole. Anestetico? Sangue? Disinfettante? Non n'era certo e non sapeva cosa primeggiasse, ma quei tre elementi gli erano subito balenati in testa, e lo facevano meditare.
Il medico non aveva la forza né la voglia di cercare di sentire qualcosa oltre quei suoni ovattati che gli giungevano flebilmente, invece si era abbandonato al tatto.
Si sentiva avvolto da qualcosa di morbido, stava comodo e al caldo. Era una sensazione troppo confortevole e vera per essere una tortura dell'altro mondo.
E, poi, gli erano tornati in mente i sui stessi pensieri caotici: morte e medicina al contempo forgiavano la sua esistenza, quindi forse, per quanto incredibile, poteva davvero essere morto, ma solo per un po', per poi essere tornato in vita con la complicità della propria materia preferita. Era qualcosa di irrealistico ma che lo caratterizzava perfettamente, e, con un poco di lucidità in più, Law si rendeva conto che tutte le considerazioni che stava facendo erano possibili proprio perché era vivo.

Diamine, ora che aveva davvero riflettuto su quella conclusione, era diventato ancora più sensibile, più cosciente, e aveva percepito ogni cosa.
Le coperte ruvide contrapposte al lenzuolo di seta su cui giaceva, i punti esatti del corpo che erano feriti, o forse erano tagli chirurgici, l'aria che tremante ma in abbondanza entrava e usciva, solleticandogli la gola secca. Il battito del suo cuore. Lento ma costante. La sua solita, leggerissima, bradicardia. Pareva tutto nella norma e in effetti, tutto sommato, si sentiva bene. Solo la luce forte che batteva sulle sue palpebre chiuse lo infastidiva un po', seppure gli scaldasse il viso.
Poi, aveva bloccato il proprio respiro.

Poteva vedere la luce oltre le palpebre?

Era senza energie, ma si era impuntato e impegnato per aprire gli occhi. Forse ci stava impiegando ore, ancora disorientato nel proprio stesso corpo, ma sicuramente, ad un certo punto, il suo viso era stato colto da fremiti, un leggero affanno l'aveva subito colpito, dovuto più all'agitazione che allo sforzo vero e proprio, e Law aveva sentito un improvviso calore e dell'umidità tutt'attorno a bocca e naso. Doveva avere una maschera dell'ossigeno, il suo respiro aveva fatto condensa, e i movimenti del suo volto intento a cercare di sollevare le palpebre avevano effettivamente mosso la mascherina, difatti il medico l'aveva improvvisamente percepita premergli sulla pelle. Infine, una timida fessura si era formata tra le sue arcate cigliari. Lui l'aveva istantaneamente richiusa, stringendo gli occhi e corrucciandosi a causa della luce prepotente che gli aveva colpito le pupille sensibili. Avrebbe potuto indispettirsi per essa, invece Law era sul punto di piangere dalla gioia.
Era vivo e ci vedeva.
Non aveva messo a fuoco nulla, ma il fatto che percepisse la luce era un chiaro segno.
Ci aveva provato ancora, sebbene credesse di essersi assopito tra un tentativo e l'altro, poiché, nonostante gli pareva che tutto accadesse velocemente, sapeva che il suo pensiero era cessato per un po', e stavolta aveva fatto meno fatica per sollevare le palpebre. Aveva dovuto sbattere gli occhi diverse volte, ma poi, lentamente, dal bianco totale che occupava la sua vista delle sagome sbiadite avevano cominciato a delinearsi e infine Law aveva poggiato lo sguardo su un panorama che aveva visto quotidianamente negli ultimi dieci anni; il soffitto del suo orrendo ed eccentrico baldacchino. Aveva fatto un verso strozzato e sorpreso, incapace di trattenere l'emozione. Era davvero vivo, era vedente ed era a casa sua.


“...Law?”

Il respiro gli si era smorzato ancora una volta e con un tremito nel movimento e col cuore in mano si era voltato verso la voce di suo fratello. In realtà il capo si era inclinato quasi impercettibilmente, aveva giusto mosso gli occhi, ma era bastato per vedere il volto contorto dal pianto pronto a esplodere di Penguin.

“Oh mio Dio!” La frase era risultata mezza soffocata perché il pirata di Swallow Island si era precipitato vero il letto, si era buttato a sedere sull'ampio materasso e solo la consapevolezza che Law era pieno di punti di sutura gli aveva impedito di gettarsi sul suo corpo, ma nulla l'aveva bloccato dal seppellire il volto nel cuscino, guancia contro guancia con il suo capitano, una mano a tenere la sua testa contro la propria. “Oh mio Dio, ti sei svegliato!” Aveva preso a singhiozzare, bagnando tanto il cuscino quanto il volto del fratello.
Law aveva tenuto lo sguardo fisso, incredulo. Per quante prove avesse avuto fino a quel momento a sostegno dell'irrealistico fatto che fosse vivo, non c'era nulla di più vero dell'insensato e incommensurabile amore che quella chioccia di Penguin provava per lui. Il medico aveva inspirato profondamente, il labbro aveva iniziato a tremargli mentre la vista gli si offuscava non per una ricaduta della malattia, perché di quella non c'era più traccia, bensì per le lacrime che minacciavano di rigargli le guance. Law aveva sussultato, spingendo il volto contro quello del fratello e cercando di sopprimere il pianto. Non avrebbe versato una sola lacrima, non si sarebbe mostrato debole dopo che era già caduto tanto in basso da far arrestare il proprio cuore, ma non avrebbe rinunciato a quel contatto, a quell'affetto. Aveva strusciato la guancia contro quella di Penguin, debolmente, non potendo fare altro se non stringere le coperte nei propri pugni.

Sebbene non fosse consono a troppe effusioni, gli sembrava di non riceverne da anni. Gli erano mancate e aveva serrato le palpebre, sentendo l'umidità fra le ciglia, mentre si beava del profumo di shampoo di Penguin, del tepore della sua pelle.

“Pen...” La gola gli bruciava e parlare era difficile, sentiva la lingua impastata come se fosse allergico a qualcosa, ma non aveva demorso. C'erano tante cose che voleva dire e chiedere, era pure tentato di confessare al fratello quanto diamine gli volesse bene, ma una domanda lo tormentava più di qualunque altra cosa. “... perché sono vivo?”

Penguin si era allontanato il tanto che gli bastava per guardare negli occhi il proprio capitano, con un'aria ambigua, come se fosse stato troppo assorto dal momento per aspettarsi quella domanda e poter dare un'adeguata risposta. Poi aveva tirato all'insù gli angoli delle labbra, divertito, e si era asciugato le lacrime che però si erano riversate subito dopo. Aveva ampliato il proprio sorriso, guardando dolcemente il fratellino e cingendogli il viso.
“Perché sei un genio.”

Law l'aveva fissato senza capire, godendo del tocco di Penguin sul proprio volto. Avrebbe voluto approfondire, comprendere quelle parole che gli parevano così fuori luogo, ma il sussurro tremolante e altresì gioioso di Bepo l'aveva distratto, facendogli scostare lo sguardo per andare alla ricerca del proprio vice, che varcava la porta della sua cabina in quel momento.

“Captain!” L'orso si era fatto più coraggio ed era corso verso il suo letto, lasciando libera la soglia dove altri Hearts erano congelati, con solo dei sorrisi entusiasti, scossi da fremiti, a tradire la loro immobilità.
Il visone aveva raggiunto e abbracciato l'amico di tutta una vita, piangendo più di quando lo aveva rivisto su Zou dopo mesi di lontananza, e mormorando a ripetizione il suo titolo.

Law aveva trovato la forza di estrarre un braccio dalle coperte per affondare le dita nella folta pelliccia di Bepo, la sua medicina preferita, pettinandogliela e aggrappandosi ad essa. Gli doleva il petto muovendo gli arti, la pelle tirava, la carne, laddove era stata ricucita, gli bruciava e delle fitte si diramavano per tutto il tronco, ma abbracciare il suo migliore amico faceva valere la pena, letteralmente.
Aveva preso un lungo respiro, percependo l'odore pungente ma non spiacevole di quel folto pelo bianco. Gli era quasi venuto da sorridere. Era molto probabile che Bepo non si facesse il bagno da un po', ma il suo comandante non lo avrebbe biasimato, soprattutto perché, ora che era abbastanza sveglio da far funzionare a dovere le proprie narici, poteva annusare i vari aromi nella stanza, ed era del tutto galante nel definirli “aromi”. Oltre al puzzo di svariati farmaci che per primo aveva sentito, il fetore di sangue fresco veniva dal suo stesso corpo. Le ferite dovevano essere piuttosto recenti. Si chiedeva quanto tempo fosse passato dacché era morto. E poi, perché era pieno di ferite, suture e bendaggi? Aveva provato a trovare una risposta, ma si era presto distratto perché il navigatore si era tirato indietro, guardandolo con un sorriso bagnato di lacrime e dicendogli quanto fosse felice di vederlo.

Gli altri compagni avevano approfittato di quello spiraglio nell'abbraccio del visone per raggiungere il capitano e dargli il ben tornato, piangendo di gioia. Law era troppo stanco per stare dietro a tutti, quasi non ricordava quanti dei suoi amici avesse rivisto e salutato, sebbene lasciasse che fossero gli altri a parlare, perlopiù, poiché lui faticava troppo, ma certamente non li avrebbe allontanati. In realtà credeva di essere piuttosto forte malgrado quello che aveva affrontato, quindi era quasi sorpreso di riuscire non solo a stare sveglio, ma pure di sorridere a ognuno, con reale felicità. Tuttavia la sua energia non era infinita, ed era giusto consapevole di Clione che gli stringeva una mano mentre le sue palpebre si facevano più pesanti e il suo sorriso più tenue.

“Ti lasciamo dormire?” Non era una vera domanda quella del biondo, piuttosto una gentile comunicazione.

Law aveva sospirato sommessamente dentro la propria maschera di ossigeno, e con un poco di vigore aveva denegato. Non voleva assopirsi. Era sicuro che mancasse ancora qualche Hearts all'appello e poi aveva tante domande. Inoltre, l'ultima volta che si era abbandonato a Morfeo era finito all'altro mondo, e per quanto fosse assurdo, soprattutto considerando che ora era vivo e ancora non aveva spiegazioni a tal proposito, era certo che fosse successo. I ricordi di quel momento, dell'esatto istante in cui la sua vita era cessata, erano confusi, ma le terribili sensazioni erano ancora così vivide. Non l'avrebbe definita paura, la sua, ma attenta e studiata preservazione della propria persona. E se qualcuno avesse osato ribattere, Law lo avrebbe cortesemente invitato a provare la sua stessa esperienza.

La voce divertita di Uni gli era giunta poco dopo, dalla sua destra.
“Sai bene che dovresti riposare. Sei ancora convalescente.”

Law aveva chiuso gli occhi, ma aveva combattuto la stanchezza, costringendosi a parlare e sperando che il gesto fosse sufficiente a tenerlo vispo.
“Vai tu a dormire. O a farti una doccia... puzzate più di me.” Le sue parole erano risultate un po' biascicate, ma erano distinguibili, e avevano fatto ghignare i pirati.

“Scusa se irritiamo il tuo delicato nasino.” Quella nota melliflua nel tono di Penguin era un autentico toccasana. Law non sapeva neanche contare i giorni passati a fingere di star bene e a costruire sorrisi falsi, da parte propria e da parte del suo equipaggio. Quelle lievi battutine, invece, per quanto frivole e forse infantili, erano vere.

Il medico aveva piegato le labbra con fare compiaciuto ed era riuscito a risollevare le palpebre per guardare il fratellone, anche se il suo era uno sguardo un po' confuso, gli occhi a mezz'asta.
“Anche se tu non puzzi, hai un aspetto orribile.”

Aveva visto il compagno ricambiare il suo divertimento e grattarsi il mento con fare causale.
“E non mi hai visto con baffi e pizzetto.”

“Cosa?” Quella novità era riuscita a catturare l'attenzione del capitano e a strapparlo dal placido annebbiamento che lo stava sovrastando.

“Avresti dovuto vederlo, Cap'...” Law aveva spostato lo sguardo su White Fox. “aveva un che di virile, ma contrapposto al suo stupido berretto era a dir poco ridicolo.”

“Per questo,” Si era aggiunta all'improvviso la voce di Shachi, e Law aveva fatto del proprio meglio per sollevare il capo e guardare verso l'uscio, dove il rosso stava appoggiato con uno sguardo morbido e, semplicemente, felice. “gli ho sempre detto che farebbe meglio a tenersi il muso liscio come il culo di un bambino. Il suo cappello è più ridicolo del mio e del tuo messi assieme, stona troppo coi peli sul viso!”

Se stavolta, rincontrando uno dei propri fratelli, il suo labbro inferiore non era stato colto da fremiti, era solo perché lo shock di essere ancora vivo si era affievolito, non perché fosse meno felice di vedere Shachi. Law si era limitato a morderlo, quel labbro, mentre quello del fratello se ne fregava altamente di trattenersi e le lacrime gli cadevano indisturbate lungo le guance, intanto che il ragazzo si affrettava per potersi sedere sul materasso e poggiare la propria fronte su quella del comandante.
“Brutto bastardo, non provarci mai più a farmi qualcosa del genere...” Non l'aveva esplicitato, ma il medico lo aveva sentito forte e chiaro: “Non morire mai più. Non prima di me, non davanti a me e non a questa età.” Law aveva ingoiato un gemito di dolore pur di poter avvolgere le braccia dietro il collo dell'amico. Glielo doveva, dopo il modo in cui lo aveva lasciato. La sua presa era molle, ma Shachi gli aveva portato una mano all'altezza del gomito, per aiutarlo a tener sollevate la braccia, e l'altra mano l'aveva insinuata dietro la nuca di Law, tra i suoi capelli con un'adorabile e ridicola ricrescita nera.

“Comunque...” Aveva mormorato il rosso, dopo un po' che si era abbandonato all'affetto del fratellino e si era compiaciuto del calore del suo corpo. “...quello esteticamente più orripilante sei tu, Captain.” Pur non guardandolo in volto, aveva perfettamente immaginato come il medico si corrucciasse, e infatti poco dopo Law aveva scansato il viso, costringendo Shachi a indietreggiare a propria volta. Questi lo aveva guardato divertito, le lacrime finalmente avevano smesso di scorrere.

“Sono messo così male?” Law aveva inclinato la testa con fare dubbioso. In realtà era certo di non essere un granché, ma poteva essere peggio di quando era morto?
Aveva adocchiato Penguin prendere uno degli specchi da tavolo che aveva su un comò e passarglielo. Bepo lo aveva aiutato a mettersi in una posizione più comoda contro ai cuscini. Non poteva sedersi, ma avere il capo sollevato era già qualcosa. Afferrato lo specchio, lo aveva portato davanti a sé.
E aveva riso.
L'autoironia non gli era troppo affine perché lui era un perfezionista, erano poche le cose in cui non eccelleva e che aveva l'onestà di rimproverarsi, ma quella faccia... era terribile, davvero, e i suoi amici lo avevano accompagnato nel suo divertimento. La pelle, anche se decisamente di un colorito più salutare e uniforme, era ancora bianca come il latte, un ambigua tonalità rispetto alla sua solita carnagione abbronzata. Era comunque un ragazzo bianco, lui, ma quello era troppo. Inoltre la cute era secca e in netto contrasto con le palpebre e le sclere totalmente rosse. Le guance leggermente infossate, gli zigomi più spigolosi per colpa di tutto il peso che aveva perso combattendo il Piombo Ambrato. Il grande problema, però, erano i capelli. Anzi, i peli. Perché sicuramente la ricrescita nera era imbarazzante, sembrava la foto in negativo della ricrescita di un'anziana che non si faceva la tinta da un po', ma forse era peggio notare che aveva alcune ciglia nere e altre bianche, basette e pizzetto di varie sfumature tra questi due colori, e a dirla tutta il suo pizzetto andava un po' perdendosi, perché nessuno lo aveva rasato dacché aveva chiuso gli occhi l'ultima volta e Law stesso non ricordava quanto era passato dall'ultima volta che aveva usato la schiuma da barba.
Aveva smesso di ridacchiare perdendo la forza nelle braccia e facendo ricadere lo specchio sulle coperte, ma l'ilarità non l'aveva abbandonato.
“Potrei far rabbrividire perfino Ikkaku.” Qualcuno aveva annuito, mentre Uni sosteneva che in realtà Law aveva solo un aspetto stravolto, ma era ancora affascinante.

“A proposito...” Il medico aveva inarcato la schiena contro il materasso, percependo tutti i punti tirare e dolergli, ma pure i muscoli ringraziarlo. “dov'è la riccia?”

“Beh, è mattina presto e lei ha la febbre, quindi è ancora a letto. Mi dispiace.” Bepo aveva fatto bene a dispiacersi, una volta tanto, perché le sue parole avevano fatto risuonare l'elettrocardiogramma, e infatti il visone aveva visto Law spalancare gli occhi.

“Sta male? Perché?”

“Law, calmati.” Penguin era tornato a sedersi sul bordo del materasso, poggiando una mano sulla spalla del fratello, sperando di placarlo. Non gli faceva bene agitarsi. Il suo cuore poteva essere ancora troppo debole per una situazione del genere. “Non è niente di grave, solo stress, troppa stanchezza... ad essere onesto non è stata l'unica con qualche linea di febbre. Io mi sono ripreso giusto ieri sera.” Aveva osservato il viso del capitano corrucciarsi con fare triste e colpevole. Penguin sapeva a cosa stava pensando il suo amico. Credeva fosse colpa sua, che aveva sfiancato a tal punto i suoi compagni da farli ammalare. Il corsaro di Swallow Island non poteva certo dire il contrario, effettivamente era andata così, ma nessuno ne faceva una colpa a Law. “Cap', non fare quella faccia. Cosa c'è di strano in tutto ciò? Siamo pirati, abbiamo affrontato avventure ben diverse ma altrettanto struggenti per le quali, poi, ci siamo ammalati. È così che reagisce il corpo umano dopo un anomalo accumulo di fatica e tensione, lo sai meglio di me, dottore. Non c'è nulla di nuovo o di tragico, intesi?”

L'altro aveva annuito a malincuore e solo dopo qualche attimo. Era ben conscio di come funzionasse il corpo umano, ma questo non lo rallegrava. In fin dei conti era stato lui la causa dello stress e della fatica dei suoi compagni. Si era sistemato la maschera dell'ossigeno, che cominciava a infastidirlo un po' e aveva poi ricercato gli occhi dell'amico.
“Hai detto di esserti ripreso ieri. Quanto tempo è passato da...” Aveva esitato, perché dire “da quando sono morto” pareva così surreale, ma era quello che era successo.

Il suo tentennamento, però, aveva parlato da sé e Penguin aveva capito.
“Due giorni e mezzo. Ti abbiamo tenuto in coma farmacologico solo per le prime ventiquattro ore, poi i dati segnalavano miglioramenti incredibili, quindi abbiamo solo aspettato che ti risvegliassi.” Aveva inclinato il capo verso la propria spalla, guardando teneramente l'altro. “Nel frattempo ne abbiamo approfittato per dare una sistemata a noi stessi e alla nave, ma chi ha accusato un po' di febbre non sempre si è preso la briga di farsi una doccia, eh, ragazzi?” Il suo sguardo ammiccante era andato a posarsi su qualche Hearts imbarazzato, Bepo compreso. “Però davvero, Cap', niente di serio, non preoccuparti. Se Ikkaku è ancora ammalata, beh...” Si era massaggiato nervosamente un braccio, come alla ricerca delle parole giuste o forse timoroso di affermare qualcosa del genere ad alta voce. “Che non esca da qui, ma è solo perché lei è una ragazza. È più fragile rispetto a noi.”

Effettivamente, sebbene ogni organismo rispondesse con gli stessi sintomi, ma con diversa intensità ad una stessa malattia, la febbre che aveva colpito alcuni degli Hearts era dovuta solo all'esaurimento psico-fisico che avevano subito, e davanti a un identico sforzo fisico, uomo o donna faceva la differenza.
Ikkaku era sicuramente più forte di un uomo qualsiasi, ma i suoi compagni non erano persone comuni e a conti fatti, lei era quella che più aveva accusato la fatica post operatoria.
Eppure, Law non aveva ancora finito di trarre questa conclusione, che la voce alterata dell'unica fanciulla di bordo aveva fatto rizzare i peli a Penguin.
“Pen, se non fosse che il Captain si è risvegliato, ti starei rompendo le ossa a braccio di ferro, chiaro?”

La vittima della minaccia si era voltata a guardare la riccia e quando questa era avanzata verso il letto, Penguin era stato già pronto a prendere Shachi e a usarlo come scudo umano, ma poi aveva scorto gli occhi di lei brillare, umidi, e un sorriso dolce che si spezzava tra singhiozzi e sorrisi ancora più grandi. Non si era avvicinata per lui, ma per la ragione di vita di tutti e venti gli Heart Pirates.
“Capitano!”
Si era quasi lasciata cadere sul materasso e direttamente sul corpo di Law. L'aveva abbracciato immediatamente, come meglio poteva, evitando i tubi e i sensori a cui era ancora collegato.

Law aveva ammorbidito lo sguardo, sollevando una sola mano per portarla tra i capelli ispidi di lei. Si rendeva conto solo in quel momento, percependo la pelle troppo calda di Ikkaku, che aveva stretto la mano e abbracciato altri compagni con una temperatura allarmante. Il fatto che i suoi infallibili sensi di medico non si fossero allertati la diceva lunga su quanto straziato fosse il suo corpo, e pure la sua mente.
Aveva respirato il profumo della compagna ed era lieto che fosse tra le poche malate che non aveva rinunciato alla pulizia personale, ma d'altronde lei, per quanto sapesse sputare lontano e fosse sempre piena di olio per motori quando usciva dalla sala macchine, era una signora.

Ikkaku si era scostata dopo troppo poco tempo secondo i propri gusti, ma sapeva di non dover affaticare il comandante. Lo aveva guardato attraverso lo spiraglio che erano i suoi occhi quando sorrideva e piangeva così tanto.
“Sono così contenta che tu stia bene!”

Lui aveva ricambiato il sorriso, sbuffando sonoramente dentro la mascherina dell'ossigeno. Poi il suo sguardo si era fatto più meditabondo e quasi con casualità aveva fatto scivolare la mano sulla guancia di Ikkaku, accarezzandola distrattamente col pollice.
“Ma esattamente, perché sto bene?”

 
°°FINE PRIMA PARTE°°


*Faccio riferimento alla mia vecchia OneShot “La settimanale giornata delle pulizie” → https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3614413&i=1

Vi invito a leggerla e commentarla, mi farebbe piacere!


 
NOTE IMPORTANTI

Ciao ♥
Chi mi segue su Instagram ( https://www.instagram.com/pawa_art/?hl=it ) sa che questo capitolo, nella sua interezza, è un TANTINELLO lungo, quindi sono stata costretta a dividerlo o mi avreste sparato. Però non mi dispiace troppo, sebbene avrei preferito pubblicare “un gran finale”, in tutti i sensi, tuttavia anche così può funzionare.

Il phatos in questa metà, spiegazioni e baci e abbracci finali nell'altra!


Quasi quasi è un capitolo transitorio, questo, che appunto ci porta alla fine di questa storia che mi ha dato tante gioie (e a voi cosa ha dato?) però mette in chiaro certi punti non di poca importanza, come la questione “Sengoku”.

Allora, avete qualche idea su come funziona la cura del Piombo Ambrato?
Chi l'ha trovata tra tutti gli Hearts che si sono scervellati nella ricerca?

Spero che, giunti a questo punto e dopo dinamiche drammatiche e risvolti scientifici complessi, Il Mostro Bianco vi affascini ancora! Io non posso crede che ora mi manca solo la seconda metà dell'ultimo capitolo e poi dovrò dire addio alla mia bambina. Raga, è dal 2017 che la scrivo! Rendiamoci conto.

Ultima richiesta in onore di questa fiction!
Poiché ormai siamo agli sgoccioli, mi piacerebbe che Il Mostro Bianco lasciasse un'impronta sul sito, quindi mi fareste un favore aggiungendolo tra le vostre storie preferite, cliccando sul pulsante in alto a destra ♥!
Passo e chiudo!


Ma è finita qui?

NO! Il Mostro Bianco avrà ben → DUE seguiti←!
Si tratta di storie simili per la narrazione e le dinamiche tra i personaggi (cioè gli Hearts come famiglia e simili) che citano i fatti accaduti in questa avventura, sebbene le trame non siano strettamente correlate, quindi potete andare a leggere i “sequel-non-sequel” anche se dimentichi di questa storia!

Il primo capitolo del primo sequel, Fatum Mastro, è già online!

https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3973626&i=1

Mi farebbe piangere di gioia ritrovarvi anche lì, tra i commenti ♥!

E l'altro sequel di cosa parlerà?
Una battaglia contro la Marina, Robin e Penguin in pericolo, Law che si mette in mezzo per salvarli ed ecco Trafalgar Law smemorino!
Non saprà chi è, dove si trova e chi sono i curiosi personaggi che lo circondano. Rufy non aiuterà a superare il trauma.

Bene, fatemi sapere tutto ciò che pensate di questa storia, intanto vi aspetto anche su quella nuova!

Baci
Pawa


 
   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Pawa