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Autore: Madda17    27/06/2021    2 recensioni
Konan, appena arrivata in una nuova città, si da da fare per conoscere nuove persone e trovare un compagno. Finirà in una gabbia di matti incontrando tutti i membri di Akatsuki, uno più folle dell'altro.
Nonostante lo sconforto e lo stupore iniziale, questa assurda esperienza potrebbe riservarle delle belle sorprese. (AU)
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Akatsuki, Deidara, Hidan, Itachi, Konan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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II. Quattro matti
 
Iniziò così in fretta che Konan non si rese quasi conto che qualcuno si fosse già seduto davanti a lei. “Ciao!” Biondo, un’infinita quantità di capelli, così curati che avrebbe fatto invidia alle modelle della L’Oréal. Idem per le mani, curatissime, smalto nero sulle unghie, e una camicia azzurra che gridava “Sono al 100% seta!” a chilometri di distanza, e che di certo era firmata. Non aveva mai visto un uomo con lo smalto sulle unghie. Forza, niente pregiudizi: sicuramente la cura delle mani e dei capelli avrebbe potuto essere una cosa di cui parlare insieme, si disse. Era… carino? Sì, dai, carino. Sii ottimista, Konan! Le fece l’occhiolino. L’occhiolino. Esisteva ancora come strategia di abbordaggio, sul serio? “Mi chiamo Deidara, uhn, sono un’artista, tu che fai nella vita?” Smise di fissargli le mani e i capelli e gli sorrise: “Piacere, Konan! Faccio la grafica per una casa editrice, si chiama Akatsuki, pubblichiamo un sacco di libri d’arte, magari…” La interruppe sbattendo un pugno sul tavolo, le guance improvvisamente paonazze e gli occhi azzurri fiammeggianti. “Mai sentita nominare! Se non avete pubblicato niente su di me, non si può certo dire che vi occupate di arte, uhn!” Scosse la testa all’indietro per liberarsi di un ciuffo che gli ricadeva sul viso. Manco fossimo a teatro, ma chi ti credi di essere? Lui la guardò e fece ruotare un dito smaltato davanti al suo naso. “E cosa sarebbe l’arte secondo te, sentiamo?” “Beh, direi che è una cosa soggettiva, no?” Konan era già seccata da questo tizio che non le lasciava aprire bocca, sicuramente affetto da un narcisismo ossessivo e patologico. “No, no, NO! Non è soggettivo per niente, uhn!” E questo intercalare? Semplicemente odiosi i suoi “uhn” Continuò a parlare gesticolando: “L’arte è un’esplosione! Non hai mai sentito parlare di me perché altrimenti…” Si sporse verso di lei passandosi la lingua sulle labbra e prese fra le dita un ciuffo dei suoi capelli blu. “… Solo conoscere la mia arte suprema ti avrebbe impedito di tingerti i capelli di questo colore tremendo, uhn!” Konan stava per afferrargli la mano con lo scopo preciso di slogargli il polso: il tipo era così preso da sé stesso che non si era reso conto dell’imminente pericolo che correva. Ma erano già passati cinque minuti e il campanello suonò di nuovo, salvando lui da un polso slogato e lei da una denuncia per aggressione.
 
Ok, il primo era un pazzo furioso, ma non è detto che siano tutti così… Non è possibile, statisticamente. Ottimismo, ottimismo e seconde possibilità. Temari le passò accanto e Konan la intercettò per ordinare un’altra birra, perché si era resa conto che, arrabbiata com’era, aveva già fatto fuori la prima. “Certo cara, una birra. E, oh…” Si avvicinò al suo orecchio e sussurrò: “…Attenta a questo qua, è mio cugino, è fuori come un balcone.”
Konan non si era resa conto che un altro ragazzo era già seduto di fronte a lei. “Ti ho sentita Temari.” Voce atona, braccia conserte, volto girato di tre quarti e non la guardava nemmeno in faccia. Aveva i capelli rossi e un viso talmente giovanile che Konan stava per chiedergli se fosse maggiorenne. Le lanciò uno sguardo annoiato e sospirò: “Non fare caso a mia cugina. Mi chiamo Sasori e ho trentacinque anni. Lo so che te lo stavi chiedendo. Ma vedi, io, a differenza di Temari, so cosa siano le creme antirughe.” I suoi occhi color nocciola tornarono a vagare sulla parete e Konan si chiese che cavolo ci facesse davanti a lei se era così annoiato, per non dire seccato. Dio, dimostra dodici anni, se ci andassi a letto sarebbe quasi illegale, tanto sembra giovane. Ed è così mingherlino che magari lo rompo… No, no, no! Ma fece uno sforzo per sorridere di nuovo. “Ciao Sasori, mi chiamo Konan. Come mai qui?” Voltò la testa e la guardò: “Cerco un partner per l’eternità.” Konan rise, era sicuramente uno scherzo: “Per l’eternità?” “Già.” Incrociò le piccole mani sotto il mento liscissimo. “Imbalsamare qualcuno, per esempio, sarebbe ideale. Bellezza eterna, poche chiacchiere, la relazione perfetta…” Un grido li interruppe “SASORI! Guarda che ti sento! L’arte è un’esplosione, piantala con queste idiozie sull’eternità, fammi il favore, uhn!” Era il biondo di prima, dall’altro lato della stanza. Come aveva fatto a sentirli? Aveva una voce così acuta che un decibel in più avrebbe mandato i vetri in frantumi. Sasori si voltò: “Deidara, non ce la fai proprio a non essere il centro dell’attenzione?” Konan ebbe come l’impressione che, per la prima volta da quando era seduto lì, il ragazzo con i capelli rossi fosse davvero interessato a qualcosa. Qualcosa che non era lei. “Non credo di aver voglia di farmi imbalsamare…” Il campanello suonò. “Infatti…” Disse Sasori alzandosi con un sorrisetto ammiccante e provocatore, come se di colpo si fosse svegliato.
 
Due matti su due, non era un granché per le statistiche. Ma ormai Konan era in ballo e avrebbe ballato, non era una che si tirava indietro. “Ciao, baby!” Bastò solo quel “baby” a farle accapponare la pelle. Questa volta stava seduta di fronte a un tipo con i capelli tinti di grigio argento, impomatati e pettinati all’indietro che nemmeno negli anni trenta. Peggio ancora, portava un chiodo di pelle nera aperto sul petto nudo, al centro del quale luccicava un medaglione con una sorta di stella. Konan ammise a sé stessa che nonostante quel look francamente tremendo, i suoi pettorali erano decisamente fuori dal comune. In senso buono. Manco a dirlo, se n’era accorto anche lui. “Non male, vero?” le sorrise indicandosi il petto, gli occhi come illuminati da un bagliore rosso. “Anche tu non sei male!” Lo sguardo invasato di quello strano tipo si posò sulla sua scollatura e Konan si sentì avvampare. Eppure non era né troppo né troppo poco, era la giusta misura e l’aveva scelta apposta. “Mi sati fissando le tette?” Disse, serrando le labbra e incrociando le braccia sul petto “Chiaro. E tu hai fissato me, attrazione fatale!” Scoppiò a ridere fragorosamente e poi, senza darle il tempo di ribattere: “Hidan, piacere. Credi in Dio? Nella religione, nell’aldilà?” Non male per rompere il ghiaccio. Coraggioso, appezzabile, bell’aspetto anche se terribilmente esibizionista. Magari del buon sesso… “Se vieni a casa con me, stasera, ti porterò in paradiso. O all’inferno, decidi tu baby!” Baby, ancora! Un altro caso patologico di egocentrismo. “Hidan sei molto diretto. Direi che prima dovremmo…” La interruppe “Certo, certo, prima devo assaggiare il tuo sangue. Vedi, il sesso è come un rituale in cui…” Il campanello suonò e Konan tirò un sospiro di sollievo. Non erano più due matti su due, erano tre su tre, uno peggio dell’altro: le statistiche vacillavano pericolosamente, e l’idea di fare sesso quella sera iniziò a scivolare via dalla sua mente. Quella di trovare un compagno… Lasciamo perdere. Si sentì davvero, per un attimo, come se fosse finita all’inferno.
 
Ma peggio di così non poteva andare e in ogni caso c’era già un altro ragazzo seduto di fronte a lei. Questo era incredibilmente bello: se gli altri avevano qualcosa di interessante nel loro aspetto fisico, lui era oggettivamente il più sexy che si fosse seduto lì quella sera. Capelli tinti, arancione fluo, un viso dai lineamenti marcati e delicati allo stesso tempo, e degli occhi castani con degli incredibili riflessi viola, non aveva mai visto degli occhi così. Portava una t-shirt nera aderente che delineava alla perfezione i suoi pettorali (persino meglio di quelli di… Hidan?), e i bicipiti scoperti sembravano esplodere. Il biondo di prima avrebbe detto che erano arte. L’unica cosa che la lasciava perplessa erano i suoi piercing: ne aveva ben sei nel naso, due sotto le labbra, e quelli alle orecchie non aveva fatto in tempo a contarli, tanti quanti erano. Ma i piercing erano uno spunto per una conversazione e, fino a quel momento, Konan non era quasi mai riuscita ad aprire bocca, anche se non certo per sua volontà. Con quello ce la doveva fare, ne valeva la pena. L’idea del sesso si riaffacciò nella sua mente. “Ciao, sono Konan, piacere. Mi piacciono i tuoi piercing!” Anche se forse ne hai troppi. “Ne ho uno anche io!” Indicò sorridente la pallina di metallo che luccicava sotto il suo labbro inferiore. “Li faccio per il dolore.” Disse lui. La fissava, ma la sua voce non aveva alcuna intonazione, peggio di quel… Sasori. “Il mondo deve conoscere il dolore, è un modo per iniziare.” La trapassava con lo sguardo e, quel ch’è peggio, sembrava serio. Sembravano tutti serissimi nei loro assurdi deliri. “Il dolore?” La domanda le uscì quasi in automatico. “Sì. Hai mai provato il vero dolore?” Konan era una donna coraggiosa, il fatto di non aver ancora tagliato la corda ne era una prova, ma quel tipo le dava i brividi. Il modo in cui parlava… Sembrava quasi un automa, con quella voce metallica, robotica. Konan afferrò la sedia con le mani e si spostò appena all’indietro. “Posso fartelo provare stasera, se…” Il campanello suonò e sentì che ricominciava a respirare: dove diavolo era finita?
Si era detta che peggio di così non poteva andare, ma si sbagliava. Dio, come si sbagliava! Quattro. Quattro matti. Addio statistiche, addio sesso.
   
 
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