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Autore: Zomi    27/06/2021    1 recensioni
Quattro accenni di segni di romanticismo, vendetta, interesse, segreti.
❁ Gesto [Katakuri x Ichiji]: Lui è un uomo fatto e finito, non un’adolescente innamorata dell’amore [...]Solo ora si rende conto di cosa si sia perso.
❁ Cicatrice [Kidd x Killer]: -Fa Fa Fa!-
❁ Punto [Crocodile x Doflamigo]: Cosa poteva ancora arrivare, a fargli perdere del tutto la pazienza? / -Fu fu fu ~♥ [...] Croco chan~si può?-
❁ Indizio [Zoro x Nami]:
🔸Storia partecipante al Yuri&Yaoi's Day indetto dal FairyPieceForum e al 4FanFicChallange
🔸Il capitolo 3^ partecipa al WeekEnd of Pride 2021 indetto dal FairyPieceForum
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Charlotte Katakuri, Crocodile, Eustass Kidd, Ichiji Vinsmoke, Killer | Coppie: Nami/Zoro, Shichibukai/Flotta dei 7
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Punto
 
coppia richiesta da NekoRika

 
 
La giornata non era iniziata bene.
Non solo il caffè mattutino era arrivato al suo tavolo bruciato, e non nero come da lui richiesto, ma la giornata si era presentata con un’umidità totalemtne insopportabile per fino per lui, amante del torrido e secco clima della regione, suggerendogli che non sarebbero state ventiquattrore da catalogare tra nelle migliori da lui vissute.
Era iniziato tutto con i problemi alle slot machine, quella strana influenza di Das Bornes che l’aveva costretto ad assentarsi dal suo ruolo di tuttofare/guardia del corpo non necessaria ma ugualmente sanguinaria e la mancanza quindi di una figura chiave all’interno del Casinò.
Poi era arrivata la notizia del coccodrillo dell’acquario numero Tre con problemi dentali, il garzone che aveva provato a rubare il menù segreto serale del ristorante del Rain Dinners, costringendo lui stesso in persona a scendere nelle cucine del locale per ricordare ai dipendenti che ogni trasgressione comportava dei tagli al personale.
Direttamente al personale.
La sfortuna, anche in quel frangente, si era però divertita e la punizione al garzone dato in pasto ai coccodrilli, aveva provocato una grassa e sanguinea macchia proprio sui pantaloni  di alta sartoria da lui preferito.
In fine la cena gli era stata servita in intollerabile ritardo e, per non mancare nemmeno un singolo punto negativo nell’elenco giornaliero, il suo piccolo e ringhiante carlino aveva avuto un malessere rivoltando il contenuto del suo stomaco sul pregiato tappeto che ornava il suo maestoso ufficio personale.
Tutto questo aveva dovuto sopportare Sir Crocodile.
In un’unica giornata lavorativa che non sembrava voler giungere al termine e che costringeva l’altolocato possessore del Casinò Rain Dinners, a ponderare l’idea che qualcuno l’avesse maledetto.
Abbandonando il tagliasigari sulla scrivania e portandosi il cubano alle labbra già fumante, oscillando tra il martellante dolore alla mano sinistra -vecchio ricordo dei tempi della scalata al comando della città e che ora si aggiungeva alla lista delle note dolenti della giornata- e all’emicrania nervosa, rinchiuso nel suo ufficio nel più totale silenzio e al chiaro di una flebile luce del planetario principale, Crocodile si chiedeva se finalmente fosse venuta per lui l’ora di ritirarsi dalle sue fatiche e abbandonare per una notte la visione delle telecamere di sicurezza puntate nella sala da gioco principale, per regalarsi delle meritate ore di riposo.
Ovviamente tale premio non gli era stato concesso.
Tratteneva a stento la voglia di scendere direttamente nella sala dei giochi con le puntate maggiori, voglioso più che mani di affondare le mani nella carne del farabutto che fissava da ore attraverso una telecamera di sicurezza.
La farabutta, se voleva essere preciso, e per lui la precisione era tutto.
Ma lo erano anche la calma e la ponderatezza, e per quanto i suoi nervi fossero tesi fino al limite dell’umana sopportazione, Sir Crocodile manteneva alto il suo aplomb e la sua fierezza composta.
Analizzò la situazione con occhio critico e non omicida.
Una cliente stava dilaniando le sue casse più di quanto solitamente era concesso ai migliori giocatori ospiti del Casinò, roteando abile tra i tavoli di Baccara e Black Jack della Sala Baroque Work, stazionando su quest’ultimi da un paio di ore e vincendo senza sosta.
Stava imbrogliando, era evidente.
Meno lo era il suo trucco che non si basava sul conteggio delle carte nè su una squadra attiva per l’attività dell’imbroglio.
Crocodile se ne intendeva, e aveva capito che la giovane donna dai capelli rosso fuoco legati in una coda alta e dal vestito chiaro aperto sulla schiena, e che lasciava in mostra non solo le curve ma il tatuaggio blu sulla spalla sinistra, lavorava da sola e lavorava bene.
Troppo.
E a Sir questo non piaceva.
Soffiò dal naso con disappunto e inspirò, a pieni polmoni, una densa e catramitica boccata di fumo del suo sigaro.
La donna era troppo bella e particolare, e in molti avevano notato la sua presenza ai tavoli da gioco.
Figuriamoci la sua assenza e futura ricomparsa in chissà che vicolo maleodorante, in condizioni ben meno vitali di quelle in cui versava mentre vinceva ancora a Ventuno.
No troppo rischioso.
In più, scendere nella sala padronale del suo Casinò nella veste di Direttore, per svellere le interiora di un suo cliente direttamente dal suo torace, non rientrava nella politica di marketing della compagnia di intrattenimento di Crocodile.
Per quanto gli sarebbe piaciuto sfogare il nervosismo accumulato nell’arco della giornata in quel dilettantistico modo.
Si limitò quindi a schioccare la lingua sul palato, grattare tra le orecchie il suo carlino e imporsi di agire con astuzia e non impeto assassino.
Dopo di chè, schiacciò uno dei tasti della pulsantiera a sua disposizione.
-Paula- chiamò secco e controllato, ma lasciandosi sfuggire una lieve nota che tendeva al massacro se non avesse ricevuto subito risposta -Segna sul libro mastro il vinto della vincitrice del tavolo nove di Black Jack… e portale uno dei nostri drink in omaggio-
Paula annuì sotto lo sguardo attento della telecamera con cui Sir la guardava, ed eseguì rapidamente l’ordine.
Un drink speciale, avrebbe ben presto fatto vacillare la ramata, costringendola a ritirarsi nelle sue stanze da cui poi l’avrebbe fatta trasferire in omaggio a qualche altro suo rivale nel ramo dei giochi d’azzardo.
Che andasse da altri a rubare!
Ma, ancora, mai stanca e sazia, la Dea Eris volle giocare con lui e il flutè, appena portato in omaggio alla dolce truffatrice, volò dal ripiano verde di Jack fino al tappeto rosso del pavimento rivestito.
Intoccato, inbevuto, inefficace.
La rossa avrebbe continuato a giocare a derubarlo.
-Tsk-
Crocodile si massaggiò le palpebre chiuse, permettendosi solamente un’unica imprecazione celata dal mugugno monosillabico.
Era vicinissimo a orchestrare una strage da compiere a mani nude, pur di liberarsi dal nervosismo che lo pungeva in ogni dove.
Il caffè, il caldo imperfetto,le slot machine, il coccodrillo, Das Bornes, il garzone e il suo completo...
La rossa.
Cosa, cos’altro poteva andare storto in quelle maledette ventiquattro ore della sua vita?
Quale altro evento avrebbe portato alla rottura dei saldi punti con cui Sir Crocodile stringeva e controllava la sua vena assassina, con una calma imposta e un autocontrollo saldamente ancorato a doppi punti di acciaio?
Cosa poteva ancora arrivare, a fargli perdere del tutto la pazienza?
-Fu fu fu ~♥ -
L’imprecazione si mischiò alla bile, venendo mal celata dal ringhiò del carlino drizzatosi in piedi sotto le gambe tese del suo padrone, incapace di alzarsi dalla sua poltrona al sentire l’orrida risata.
Non si permise di scomporsi, nè di fulminare la porta del suo studio venir aperta e permettere a un paio di gambe fin troppo lunghe di fare capolino nella notte appena illuminata.
-Croco chan~ si può?-
Come se a un suo diniego l’altro l’avrebbe lasciato in pace.
Senza invito nè premuta, con indosso il suo voluminoso e odioso boa di penne rosa e un’accoppiata pantaloni maculati e camicia hawaina improponibili abbinati agli onnipresenti occhiali da sole, Donquixote Doflamingo entrò nello studio di Crocodile, ignaro non si sapeva bene quanto, del suo malumore.
-Noto l’assenza del tuo mastino- fischiettò il biondo avanzando sicuro verso la scrivania del moro.
-È qui in realtà- digrignò i denti Crocodile, sottolineando il ringhiare del carlino.
-Non mi riferivo a quella pochette pulciosa, ma a quell’altro cane che ti segue ovunque- ghignò avanzando ulteriormente -Das Bornes è finalmente morto? Tetano?-
Crocodile nemmeno sollevò lo sguardo dai monitor di sicurezza.
Non c’era mai davvero fine al peggio.
Si domandò ancora, nell’arco della giornata, cosa avesse potuto causare una simile allineamento di punti a lui sfavorevoli, aggiungendo una domanda che invece lo tediava da anni: perchè Doflamingo era lì?
Erano avversari economici, leciti o illeciti che fossero era solo un misero dettaglio irrilevante, e nonostante le innumerevoli minacce di morte messe anche in pratica, in buona parte, il biondo uomo d’affari gli girava attorno con una tale insistenza da renderlo quasi lodevole di una così capricciosa caparbietà.
Si, Crocodile ammirava la testardaggine del biondo, ma l’avrebbe gradita maggiormente se fosse stata indirizzata verso altri soggetti che non fossero stati la sue medesima persona.
Certo, doveva ammettere Sir, che la presenza del biondo era ben più tollerabile da quando aveva scoperto che la bocca di Doflamingo era ottima non solo a enunciare castronerie, ma anche per accogliere il suo membro eretto, ma come la natura dei loro dissapori economici, anche quello era un dettaglio del tutto irrilevante che componeva il loro disarticolato rapporto.
-Das Bornes è assente- si limitò ad evidenziare l’ovvio, storcendo il naso quando Doflamingo osò posare le sue terga sulla scrivania in mogano scuro.
Gli avrebbe amputato le gambe se i suoi raccapriccianti pantaloni avessero ardito a macchiare il ripiano pregiato.
-Ma non mi dire- si leccò le labbra, portando una mano a uno dei monitor, roteandone il video fino a potervi dare uno sguardo  -E, fu fu fu, cosa abbiamo qui…?-
La mano sinistra di Crocodile si mosse con lentezza e dolore, riportando all’asse originario il video, e ammonendo con un’occhiata severa e sprezzante il bambino troppo cresciuto che lo importunava.
-Sto lavorando- ringhiò, venendo presto accompagnato dal basso latrato del carlino.
-Zitto tu, botolo!- abbaiò anche il biondo, sollevando rapito il capo dopo averlo abbassato ad ammonire la povera bestiola che si era attaccata con ferocia all’orlo dei suoi pantaloni.
Crocodile lo stava educando bene.
Con movimento fluido, Doflamingo si concentrò sul moro, studiandolo attentamente.
-Ti fa male la mano- si arcuò quindi verso il moro, analizzando l’arto sinistro che malamente muoveva a piccoli e calcolati movimenti.
Doflamingo conosceva bene il suo avversario, forse troppo per un soggetto che avrebbe dovuto essere suo rivale in affari ma a cui preferiva la versione viva a quella morta, e conosceva la storia e i dolori di quella mano mancina.
-Ti sei faticato!- lo riprese ma Sir lo zittì con una densa nuvola di fumo esalatagli contro a esigua distanza.
Capriccioso!
Capriccioso e testone.
Saltando a gambe tese dalla scrivania, si spostò alle spalle di Crocodile, poggiando le mani laddove altre volte aveva osato adagiarle e riuscire a strappare gemiti e ansimi goduriosi, ma che ora cercavano di trovare la causa del nervosismo del moro.
La tensione del moro era evidente, e non era un bel vedere se accoppiata col carattere stoico e duro del proprietario del Rain Dinners.
-Ti vedo stressato- rise bonario, agitando le mani sulle spalle di Crocodile, che le smosse infastidito.
-La tua presenza non aiuta- ringhiò, venendo presto imitato dal carlino che tornò all’attacco dei disdicevoli pantaloni del partner occasionale del suo padrone.
Oh si, Crocodile lo stava addestrando bene nel dilaniare gli orribili abiti del Donquixote.
Non altrettanto però a scansare i calci di quest’ultimo, che colpì in pieno le terga del botolo, costringendolo alla ritirata nella sua cuccia ai lati della scrivania.
Un latrato di disappunto venne emesso dall’animale e dal suo padrone.
-Non ti è permesso maltrattare il mio cane- abbaiò Crocodile, sollevando gli occhi dal monitor dove la rossa persisteva nel suo gioco, ora affiancata da uno sciatto ragazzone dai capelli verdi.
Doflamingo sorrise sadico, come nella sua natura, scivolando da dietro ad avanti la poltrona di Sir, impedendogli di tornare a fissare i monitor di sorveglianza.
Fu fu fu, era riuscito ad avere la sua attenzione finalmente.
-Non mi è nemmeno permesso entrare qui- allargò le labbra sornione -Eppure eccomi-
Crocodile strinse il mozzicone di sigaro con ferocia, ponderando cautamente se potesse liberarsi facilmente del corpo ingombrante del biondo senza essere visto: quanto si poteva notare un cadavere alto due metri?
Ma il fremito alla mano lesa lo riportò alla realtà, ricordandogli i punti mal cuciti sull’epidermide e il nervosismo che pizzicava su di essi per la giornata non ancora conclusa.
Gettò il mozzicone nel porta cenere di cristallo nero, massaggiandosi le palpebre chiuse con la mano sana e liberando un pesante, quanto strozzato, sospiro di rassegnazione.
-Perchè sei qui?- concesse il dubbio della presenza del biondo per affari e non per tediarlo come ennesimo punto negativo della giornata.
-Mi andava di vederti- cinguettò innocente l’altro.
E tanti cari saluti al dubbio.
-Il desiderio non è ricambiato- continuò ad oscurarsi la vista, stanca anch’essa per la luce dei monitor.
-Vuoi forse dirmi che non sei felice di verdermi?- lo sentì puntare le ginocchia a lato delle sue cosce, acquistando equilibrio puntellandosi sul sedile della poltrona.
-Per niente- storse il naso e la lunga cicatrice che gli segnava il volto, reggendosi il capo mentre riapriva gli occhi sulla figura imponente del Donquixote che lo sovrastava.
-Fu fu fu, così mi spezzi il cuore- si chinò a portare i loro nasi a sfiorarsi.
Un contatto intimo, privato, che non si addiceva ai loro ruoli.
Ma che Crocodile, segretamente, apprezzava per la delicatezza ed eleganza che racchiudeva.
-Preferirei spezzarti le gambe- mostrò un accenno di denti quando l’altro rise.
-È una proposta di sesso sadomaso Croco chan?- si leccò le labbra, facendo oscillare gli occhiali che lo seguivano anche nella penombra dello studio -Credevo preferissi una cosetta più tranquilla data la tua giornata…-
Lo studiò prendergli la mano lesa con entrambe le sue, portandosela alle labbra e leccandone palmo e dorso, prima di portarsi due intere falangi in bocca.
-Scommetto- lo sentì deglutire, imperlandogli indice e medio -Che quella rossa è stata la famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso-
Leccò la mano, dalla punte delle dita fino al polso, giocando con la punta della lingua tra le valle delle dita prima di risalirle, una ad una, e renderle morbide e lisce.
Stava per portarsi la mano nei pantaloni maculati, quando Crocodile gliela strinse al collo, e il gemito strozzato che liberò non poteva definirsi propriamente sorpreso e di dolore.
Anzi.
Doflamingo era lusingato di avere per sè quella rabbia e quell’attenzione.
-Tu- abbassò la voce il moro, portando il volto dell’altro vicino al suo -Che ne sai della mia giornata?-
Il biondo sorrise sghembo e l’emicrania di Crocodile, assopita per un breve attimo, ebbe un’impennata.
-Quella rossa tutte curve mi ha spennato ieri sera- ghignò Doflamingo, mostrando i denti nel sorridere -Ha svuotato le casse del mio Casinò Il Colosseo in una sola notte- aprì le labbra e ne srotolò la lingua fino a sfiorare appena la mano che lo strozzava -Le ho offerto una camera nel tuo hotel… pensavo che si dovessero dividere le gioie e i dolori tra di noi no?-
La presa di Crocodile si fece più forte, segno che il gradito pensiero del biondo non era stato ben accolto.
-Dammi solo una ragione per non gettarti in pasto ai miei coccodrilli, e forse… forse!- accentuò la presa e storse il naso -Forse potrei non farlo-
-Fu fu fu, Croco chan- gli prese il polso della mano lesa che lo attanagliava -Da quel che so i tuoi adorati coccodrilli sono già sazi, e il tuo prediletto ha problemi alla dentatura-
Crocodile infossò gli occhi sul biondo, pronto a strozzarlo.
Ne sapeva fin troppo…
-... e con prediletto non parlo nè del tuo lacchè nè di quel botolo pulcioso- tirò una linguaccia al carlino, che in tutta risposta gli ringhiò contro.
Inutile discutere in quelle condizioni con quel soggetto.
Sir sospirò, allentando lievemente la presa sulla gola del biondo, riducendola a una pesante carezza dai tratti violenti.
Sentiva la testa esplodergli e la mano ridursi a singoli punti dolorosi come scintille, che tuonavano a ogni singolo movimento provato a compiere.
Stava per ordinare a Doflamingo di andarsene e lasciarlo solo con un nuovo sigaro, una ladra ben vestita e il dolore lancinante da controllare, quando lo stesso Doflamingo riprese a vezzeggiargli la mano in pena, coccolandola con le labbra.
-Scommetto che muori dalla voglia di uccidere qualcuno- ridacchiò, portandosi ancora più vicino con il busto al suo.
-Ma se permetti- gli leccò nuovamente due dita -Ho un’idea più sfiziosa-
Crocodile si permise un lieve sorriso, tentennando all’idea carezzevole di veder piene le labbra del biondo del suo membro e non di parole irritanti.
Ma non era ancora pronto a cedere.
-Che ci fai qui?- si sistemò meglio sulla poltrona, permettendo all’altro di posarsi con un braccio piegato sopra al suo capo.
-Non sopportavo l’idea che la tua giornata fosse resa disastrosa da eventi non di mia ideazione- si avvicinò oltre il confine di difesa, arrivando a baciarlo sulla gola, risalendola e arrivando a baciarlo sotto al lobo sinistro -Se non posso rovinarti l’esistenza, almeno che possa rendertela piacevole-
Posò con delicatezza le labbra su quelle strette in una stoica linea dritta di Crocodile, piegando il bacio in un morso quando il moro gli concesse un piccolo spiraglio, ottenuto fin troppo facilmente.
Inutile minacciare un sadico come Donquixote per quel tradimento affettivo, che si piegò subito in una scusa quando notò il biondo scivolare dalle sue labbra al suo busto stretto nella camicia candida, e poi più giù.
Sulla cinta, slacciandola.
Sui pantaloni di seta, la cui presa si allentò con l’aprirsi della patta.
Sull’intimo, strattonato coi denti verso il basso, e la cui scesa permise a Doflamingo di saggiare la pelle olivastra di Crocodile laddove amava posare le labbra.
Adorava mordere, segnare, lasciare in punti strategici il suo passaggio su quella pelle dura come scaglie di anfibio, ma dal sapore di sale e dalla ruvidezza della sabbia.
Ghignando, si sistemò gli occhiali da sole contro il volto, accarezando a mano piena il sesso del moro.
Crocodile non aveva espresso verbo, ma i suoi occhi rettiliani non avevano perso un sol gesto del biondo: come lo aveva spogliato, come si era appropriato del suo membro, come lo aveva vezzeggiato fino a risvegliarlo, canalizzando nel basso ventre il nervosismo dell’intera giornata.
E se Crocodile concedeva l’attenzione a qualcosa, a qualcuno, a lui!, non era un caso.
Era volontà.
Era desiderio.
Doflamingo sorrise, la bocca piena del sesso di Crocodile, i cui occhi si erano richiusi, inglobando nel buio della notte le iridi gialle, quando la bocca scurrile e larga del Donquixote si era chiusa amabile e morbida su di lui, strappandogli un primo ansimo nel leccargli la punta sensibile.
Non gli aveva permesso di perdere molto tempo e, con il successivo affondo che aveva rapito metà asta, Crocodile aveva aggiunto una mano tra i crini biondi del partner, imponendogli il silenzio e di lavorare a fondo, per bene, senza sosta, su di lui.
Doflamingo aveva eseguito l’ordine.
Senza protestare per una volta, impegnandosi nel prendere totalmente la frustrazione del moro e farla sua, azzannarla e sfamarsi con essa, fino a mutare alchemico la tensione e la rabbia del direttore de Rain Diners in bassi, rocchi, lunghi gemiti di piacere.
Succhiava con lentezza o con voracità, a seconda del respiro di Sir, riempiendosi la bocca di lui quando iniziò ad accompagnare i suoi affondi di bocca con spinte di bacino secche e dure.
Sollevò gli occhi dal bacino di Crocodile solo quando lo sentì ormai prossimo all’orgasmo, strusciando il capo sulla mano ancora stretta ai suoi capelli, e liberando l’asta per leccarla interamente.
Avrebbe voluto stuzzicarlo con una battuta delle sue, lasciva, provocatoria, sfacciata, ma l’espressione rilassata e calma che il moro gli rivolgeva era estasiante.
Troppo peccaminosa per rovinarla con una delle sue smorfie di disgusto o distacco emotivo.
Lo preferiva così, rilassato, calmo, suo, perso nel piacere mentre lo vezzeggiava in quei punti precisi e intimi che aveva imparato a riconoscere.
Riprese in bocca il membro e riprese dove aveva interrotto, riempiendosi il palato del piacere liquido dell’altro quando venne.
Non nè sprecò una sola goccia, bevendolo avido e riportandosi rapido sul petto del moro quando ancora stava riprendendo fiato.
Sarebbe venuto anche il suo di momento per godere, per perdersi nell’estasi e liberarsi di ogni barriera difensiva -occhiali compresi- con lui, ma al momento gli importava solo di baciarlo con le labbra sporche del suo stesso seme, marchiadolo e rubando ogni dettaglio del suo climax.
Le labbra arricciate, gli occhi d’oro liquidi, i capelli scuri lievementi umidicci per il sudore e le mani, oh quelle mani, strette a stringerlo in un abbraccio possessivo e inconscio.
Doflamingo amava sentirsi prendere in quei punti privati.
Doflamingo amava che quei punti privati fossero conosciuti solo da Crocodile.
Lo baciò sulle labbra, portandogli i capelli indietro con una carezza.
-Meglio Croco chan?- ruppe il silenzio, vedendolo deglutire e socchiudere gli occhi fino a posarli su di lui.
-Il garzone- ansò, lasciandosi leccare dall’orecchio alla mandibola.
Doflamingo corrugò la fronte, premendo geloso la montatura degli occhiali contro una sua tempia.
Se osava pensare a quel lavapiatti ormai defunto, dopo che lui, lui!, gli aveva fatto un servizietto coi contro fiocchi…
-Ha fatto il tuo nome- inspirò a fondo il moro, espirando poi in un sorriso -L’ho gettato personalmente nell’acquario-
Sempre pronto a mordere, il coccodrillo.
-Ops~ Fu fu fu, è sempre più difficile trovare personale devoto al silenzio- lo baciò con un schiocco sotto al mento.
-Ti manderò il conto della lavanderia del mio miglior completo- gettò un’occhiata ai monitor per caso, notando la scomparsa della rossa dai suoi tavoli da Black Jack.
L’equilibrio stava tornando a suo posto.
-Mandami direttamente il tuo completo: te lo laverò con le mie stesse manine- ghignò -Sono abituato a mettere le mani nei tuoi pantaloni-
 -Nemmeno sotto tortura ti permetterò di toccare i miei vestiti- storse il naso, rabbrividendo al pensiero di veder accostati il suo stile elegante e impeccabile, a quello chiassoso e fluorescente dell’altro.
-E se ti permettessi di togliermi i vestiti, tu mi permetteresti di toglierti i tuoi Croco chan?- si sistemò meglio sulle sue ginocchia e contro il suo petto, scivolando con le dita da pianista nuovamente nei pantaloni del moro -Perchè avrei giusto qualche idea…-
Crocodile sorrise sghembo e si accese un sigaro recuperato dalla scrivania.
Stava ascoltando Doflamingo e la sua melliflua voce direttamente contro il suo orecchio, tra baci e colpi di lingua, con fin troppa attenzione, scendendo a mano piena sulla natica del biondo.
Doflamingo non aveva idea in che punti avesse appena stuzzicato Crocodile.
O forse si.

 
   
 
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