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Autore: Madda17    29/06/2021    1 recensioni
Konan, appena arrivata in una nuova città, si da da fare per conoscere nuove persone e trovare un compagno. Finirà in una gabbia di matti incontrando tutti i membri di Akatsuki, uno più folle dell'altro.
Nonostante lo sconforto e lo stupore iniziale, questa assurda esperienza potrebbe riservarle delle belle sorprese. (AU)
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Akatsuki, Deidara, Hidan, Itachi, Konan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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IV…. Puoi trovare i tesori più belli
 
Eccolo il moro, il collega dell’uomo-squalo, seduto davanti a lei. Andava ammesso, lo squalo aveva ragione: era terribilmente sexy. Capelli lunghi, neri, raccolti in una coda bassa, occhi neri, sguardo penetrante ma gentile, e le fece un magnifico sorriso. Lo squalo poteva dire quello che voleva, stavolta si sarebbe messa di impegno per conquistare almeno lui. Era l’ultimo, l’ultima sexissima e bellissima speranza. “Ciao, mi chiamo Itachi, e tu?” “Konan, piacere.” “Che cosa ti piace fare nel tempo libero, Konan?” “SESSO!” Esclamò, e immediatamente sentì che arrossiva in modo indecente, si portò una mano sulle labbra, imbarazzata come mai in vita sua. Che figura! Che le prendeva? La follia che aleggiava lì dentro la stava contagiando? Forse stava diventando matta pure lei. “Oddio, scusami, io… Non volevo, non…” Itachi le sorrise, un sorriso gentile e comprensivo. “Tranquilla Konan, capisco bene. Sei finita in un posto… diciamo, particolare, e…” Furono interrotti. “Itachi, hai dimenticato gli occhiali!” L’uomo-squalo stava in piedi alle sue spalle come una sorta di guardia del corpo bluastra. “Grazie, Kisame.” Prese l’astuccio e lo posò sul tavolo, senza indossarli. Lo squalo si allontanò continuando a fissarli, come se fosse… Geloso? “Vedi, Konan, i ragazzi qui sono, come dire…” “Itachi, scusa, hanno chiamato per la potatura degli olivi!” Di nuovo lo squalo, ancora lì. Maledizione, lasciami flirtare! Pensò Konan. “Grazie Kisame, dopo ne parliamo.” Il moro non si scomponeva. “Dicevo… Guardati intorno.” Fuori faceva ormai buio, la luce soffusa e aranciata delle lampade rischiarava appena la sala. Deidara e Sasori pomiciavano come liceali seduti a un tavolo in un angolo, e al bancone Kakuzu aveva appena infilato la lingua in bocca a un traballante Hidan, afferrandolo per i capelli senza troppe cerimonie. Seduti l’uno di fronte all’altro, i due della setta… ops, associazione! Pain e Nagato, parlavano fissandosi negli occhi con le dita intrecciate in una fusione romantica degna dei migliori film Disney. “Itachi, ti ho portato da bere!” Lo squalo, di nuovo! Gli mise davanti un calice di vino rosso. “È fatto con l’uva che coltiviamo noi.” Spiegò. “Grazie, Kisame, molto gentile. Arrivo tra poco.” Konan non poteva credere ai suoi occhi. “Scusa, Itachi, ma non capisco… Dove sono finita?” Finalmente lo disse ad alta voce, in un sussurro stupito, tenendosi forte con le mani al bordo del tavolo e trattenendo il fiato mentre aspettava la risposta. Itachi sorrise agitando una mano nell’aria. “Non lo sai, ma tutti, qui dentro, frequentiamo da sempre il locale, ci conosciamo già. Tu ci hai incontrati così… Capisco che possa essere scioccante, ma alla fine non siamo poi male.” Le sorrise: un sorriso così bello che Konan ebbe voglia di credergli.  “I ragazzi vengono a queste serate perché si piacciono, e sperano che, prima o poi, succederà qualcosa. Ma nessuno è minimamente interessato alle ragazze. È tutta una messa in scena. Solo che non era mai successo niente finora: finalmente ci sono riusciti tutti, a trovarsi e ad amarsi, stai assistendo a una specie di miracolo.” Una messa in scena? Un miracolo? E il mio di miracolo, dove sarebbe? Ma, almeno, Konan adesso aveva capito. Non che questa spiegazione li rendesse tutti quanti meno fuori di testa, né lei meno delusa. Lo squalo, dal bancone, non gli scollava gli occhi di dosso. “Grazie, Itachi. Tutto molto chiaro. Posso chiederti però perché il tuo collega continua a fissarci?” Itachi strizzò gli occhi neri e sorrise: forse il più bello dei sorrisi che aveva fatto fino a quel momento. “Perché è innamorato di me. E io di lui, perciò… Scusami Konan, ma vado a raggiungerlo, e a prendermi anche io il mio miracolo. Buona serata, e non perdere le speranze!”
 
Non appena si alzò, Konan si prese la testa tra le mani fissando il bicchiere vuoto, con un infinito sospiro. Come faceva a non perdere le speranze? Si sentiva veramente una sfigata, l’unica che fosse rimasta sola. Non solo tra le sue amiche, ma anche in mezzo a quel mucchio di sconosciuti completamente fuori di testa. E, quel che è peggio, da quei matti si era fatta prendere in giro per tutta la sera. Sentì che le stava montando la rabbia.
“Hey, ciao! Come ti chiami?” “Ora basta! Sparisci che ne ho abbastanza di questo ridicolo giochetto!” Sbottò alzando la testa e trovandosi di fronte una ragazza dai lunghi capelli biondi. “Wooo! Calma, calma!” Scoppiò a ridere  quella “Ti hanno fatto una bella impressione, eh? Tranquilla, capisco!” I suoi occhi grigio-azzurri luccicavano. “Mi chiamo Ino. Lavoro qui anche io, ma oggi avevo un giorno libero. Li conosco bene questi qua.” “Scusami. Hai ragione, mi hanno davvero messa a dura prova. Piacere, Konan.” Sospirò. “Ciao, Konan. Vedi, quando queste serate assurde finiscono, chiudiamo prima il bar e con le altre…” Accennò alle colleghe “… Facciamo la nostra serata, solo tra ragazze, e ci divertiamo un sacco. È come una mini-festa per esserci liberate temporaneamente di loro. Ti va di restare?” “Certo che lei resta!” Le mani ferme di Temari atterrarono sulle sue spalle. “È l’unica che ha resistito fino alle fine, quindi direi doppia festa, e naturalmente offre tutto Tsunade!” Konan si voltò a guardarla, i capelli biondi quasi elettrici, gli occhi color verde bottiglia sorridenti. Sakura si avvicinò: anche lei aveva gli occhi verdi, ma più chiari. “Tripla festa! Finalmente sono riusciti a concludere qualcosa, tutti quanti. Stasera prevedo fuochi d’artificio per loro! E, naturalmente, per noi!” Rise di gusto. Konan le guardò: erano allegre e sorridenti, altro che stronze come aveva pensato all’inizio. Nonostante la stanchezza e la delusione, finì per sorridere anche lei. “Grazie! Resto con piacere!”
“Ora basta, tutti fuori, questo non è un bordello! Va bene che era l’ora, ma certe cose andate a farle a casa vostra!” Tuonò Tsunade uscendo da dietro il bancone e accompagnando i clienti alla porta, in modo non proprio gentile. Erano tutti appiccicati l’uno all’altro, formando delle coppiette così graziose che facevano venire il diabete solo a guardarle: non fosse stato per mani e lingue che vagavano ovunque. Quando furono usciti tutti, chiuse la porta a chiave, abbassò le serrande e si diresse verso il bancone riempiendo cinque boccali di birra e preparando cinque shots di tequila. “Venite, ora si fa sul serio!” Si avvicinarono tutte, Konan le seguì, affascinata da quella barista con una forza sovrumana, e con delle tette sovrumane. Tsunade afferrò lo shot: “Brindiamo a Konan, benvenuta e complimenti per non essere scappata in lacrime dopo dieci minuti, servono più donne come te!” Konan sorrise, lusingata: sembrava che le cose andassero finalmente per il verso giusto. “Sì, Konan sì che ha la volontà del fuoco! E brindiamo a tutte le donne che ce l’hanno! Siamo troppo forti, alla faccia degli uomini!” Aggiunse Temari. Brindarono, fuori il primo shot di tequila. “Adesso avrai capito perché il locale si chiama così!” Ino le strizzò l’occhio, ma questa volta non le sembrò strano.
Musica, bevute, chiacchiere. “Konan, adoro il tuo colore di capelli, lo fai da sola?” Le chiese Sakura, e giù a parlare di colori per capelli. “Sta benissimo con i tuoi occhi, sembrano quasi arancioni, mai visto niente del genere!” Aggiunse Ino. Tutti quei complimenti: accidenti, finalmente quella sera qualcuno si accorgeva della sua esistenza! Parlavano senza stancarsi, come se si conoscessero da sempre, e finalmente Konan, che in fondo era una chiacchierona, poteva partecipare a una vera conversazione.
Non si sentiva così a suo agio da tempo, ed erano secoli che non faceva una serata spensierata e divertente come quella. Era cento volte meglio del sesso, era infinite volte meglio di un uomo. “Ma scusate…” Si decise allora a chiedere “… Come ci riuscite? Voglio dire, a sopportarli: sono una banda di mitomani, egocentrici e invasati, non sono riuscita quasi ad aprire bocca per tutta la sera!” Le altre scoppiarono a ridere. “È vero, sono così. Ma sono quel tocco di colore che manca in questo posto noioso e pieno di pregiudizi. Questo li rende fantastici. Volevo questo per il mio locale: un rifugio per tutti quelli che sono abbastanza coraggiosi da essere sopra le righe. Vedi, loro se ne fregano dei pregiudizi!” Rispose Tsunade. “Sarà, ma non è sempre così facile… Ero venuta per trovare un compagno, perché sembra che alla mia età lo devi avere per forza, ed io… Non volevo essere diversa dalle altre.” Ammise Konan: le seccava ammetterlo, ma sentiva di poterlo fare. “Fanculo gli uomini, sono solo seccature! E fanculo “le altre”! Tu sei tu, ed è molto più divertente essere diversa!” Rispose Temari “E sai come si dice, perseverare è diabolico. Se sei rimasta fino alla fine…Potrebbero anche piacerti, i matti che vengono qui!” Aggiunse Sakura. Come avevano ragione, pensò Konan. Non era sopra le righe: era semplicemente sé stessa. Nessuno meglio di lei, che faceva la grafica, sapeva che ci sono infiniti modi di tracciare le righe. Adesso se lo ricordava bene, finalmente. 
Le raccontarono un sacco di storie divertenti sui ragazzi e, più ascoltava, più Konan aveva voglia di conoscerli davvero meglio. Scoprì, per esempio, che Sasori giocava ancora con le marionette e che ne aveva una notevole collezione, di cui una somigliante a Deidara. Kakuzu fregava la carta igienica e le zollette di zucchero per risparmiare a casa, convinto che nessuno se ne accorgesse. Deidara aveva nascosto in bagno una piastra per capelli e una spazzola per rifarsi l’acconciatura durante le serate. Hidan una volta aveva adibito il ripostiglio a santuario riempiendolo di candele e facendo andare a fuoco una scopa. Kisame si infiltrava di nascosto (credeva lui) in cucina perché era perennemente affamato e divorava tutto quello che trovava, e Nagato lo accompagnava puntualmente: era semplicemente intollerante al glutine ma troppo ghiotto e se ne infischiava, finendo per avere sempre la diarrea, l’unica forma di espiazione che conoscesse. Pain aveva una sopportazione del dolore pari a zero: nonostante quello che raccontasse, bastava un pizzicotto per farlo strillare. Itachi aveva una passione segreta per i dango, e per essere sicuro di averne sempre sotto mano se ne portava in giro una notevole quantità, infilandoli nelle tasche interne della giacca.
Quando si salutarono era ormai tarda notte, chiusero il locale e Konan fu invitata a tornare quando voleva, nonché a un pic-nic l’indomani in pausa pranzo e al compleanno di Ino la settimana seguente.
Camminando per tornare a casa, Konan sorrideva: che magnifica serata! Per una volta la sua testardaggine aveva dato i suoi frutti. O, detto ancora meglio, la sua volontà di fuoco aveva funzionato, facendole scoprire che quando hai toccato il fondo, sì, puoi sempre scavare, ma che se scavi abbastanza in profondità e non ti arrendi puoi trovare i tesori più belli e inaspettati, delle vere pietre preziose. Lei aveva trovato delle amiche.
 
   
 
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