-Aereo
9, Napoli - Milano, in partenza dal gate 7-
Mi
rilassai, spalmandomi completamente sui sedili color carne. Voltai il
capo
verso destra e miei occhi incontrarono il Vesuvio, che si andava
lentamente
facendo sempre più piccolo.
La
mia casa si allontanava sempre più, così come il
Castel dell’Ovo, il Maschio
Angioino e Santa Chiara. Non avevo mai amato particolarmente la mia
città, a
differenza di Kìa e di altre centinaia di persone. Non la
amavo, ma mi ci ero
affezionata.
Posai
una mano sul vetro
-Ciao
bella, alla prossima- sussurrai, facendo in modo che solo
Kìa mi sentisse.
Intanto,
lei fremeva accanto a me. Era così da quando avevo ricevuto
il fatidico
messaggio di mio padre che mi annunciava la vincita del concorso.
Avevano
chiamato in mattinata, ma io, come da sei mesi a questa parte, ero in
palestra
ad allenarmi.
Eh
si, da quando su internet ero capitata per caso su una pagina
interamente dedicata
ai Jonas e alle loro iniziative, (fra di queste appunto la gara) non
smettevo
di andarci. Insieme a Chiara avevo steso una lista precisa di cose da
fare
entro l’anno.
1.
Ritornare
in forma, andare in palestra
2.
Nuovo
taglio di capelli
3.
Insegnare
perfettamente l’inglese a Kìa
4.
Farsi
un tatuaggio (only by Chiara)
L’ultimo
punto era stato quello maggiormente discusso sia da me, che dalle
nostre
rispettive famiglie. Solo Kìa la prendeva come una cosa
normalissima. Alla fine
siamo capitolati tutti, anche io e la mia paura per gli aghi.
Entrambe
ora esibivamo, sul collo, due farfalle stilizzate. Quelle di Chiara
erano di un
rosa pallido, si intrecciavano fra di loro lasciando una scia di gambi
spinati.
Le mie erano uguali, tranne per il fatto che erano azzurre.
Improvvisamente
la sentii balzare vicino a me.
-Credi
che ci lasceranno accendere i computer?-
Annuii
–Certo, però dobbiamo aspettare che termini il
decollo. Non vogliamo che i
nostri circuiti facciamo saltare quelli dell’aereo facendoci
precipitare, vero?-
Lei
mi guardò per un attimo per poi scoppiare a ridere. Con le
mani mimò la figura
di un aereo che precipitava. Risi anche io con lei, e imitai la voce
dei
passeggeri terrorizzati.
-Ma
ci credi? Andremo a Los Angeles- disse lei dopo che fu finito
l’attacco di risa
Sorrisi
–Io ancora non me ne rendo bene conto.. Non mi farai fare
figure vero?- le
lanciai un occhiata assassina. Nonostante i miei sforzi nel farle
imparare il
dialetto Americano, la cosa rimaneva comunque un po’ incerta
Lei
sbuffò -Eddai, maestrina. Le cose le so, mi
basterà sentire gli altri per
abituarmici no? E poi, non tutti abbiamo un padre americano come il tuo-
Mi
finsi offesa, ma ero troppo felice per esserlo davvero. Pochi minuti
dopo
l’aereo si assestò, e noi potemmo cacciare i
portatili. Il mio, di un anonimo
argento, e il suo, di un bel fucsia.
Aspettammo
ancora un po’ che si caricassero, mentre parlavamo del
più e del meno. Come
sarebbe stata Los Angeles, la nostra prima conversazione con un
americano..
In
realtà Chiara aveva appena iniziato a parlare di shopping
appena arrivate. Io
annuivo, ma in realtà sapevo che ci saremmo fatte una bella
dormita. Già la
previsione di tre ore di volo per Milano mi scocciava. Quella di 10 per
l’America mi terrorizzava completamente.
Aprimmo
Mozilla velocemente, felici che non ci fossero i genitori fra i piedi
pronti ad
ascoltare ogni nostra cosa o a controllare che siti visitassimo.
-Habbo?-
chiedemmo contemporaneamente.
Ci
guardammo e ridemmo.
A
differenza delle aspettative di Chiara, il viaggio fu uno strazio.
Arrivammo a
Milano stremate, prendemmo un panino al volo e ci precipitammo
all’altro aereo:
Milano - New York
Da
lì poi sarebbero state altre due ore , New York –
Los Angeles
Fu
traumatizzante passare un giorno e una notte fra altre 100 persone. Non
chiusi
occhio per via di un signore cinquantenne alla mia sinistra che russava
come un
indemoniato.
Una
volta arrivati, gli comprai dei cerotti respiratori.
Incurante
dell’occhiata confusa del signore mi diressi verso la mia
migliore amica
trascinando i piedi come un zombie.
-E
ora?- mi chiese lei svogliatamente. L’entusiasmo per il
viaggio era sparito un
giorno e mezzo fa
Sospirai
e mi guardai intorno
-E
ora prendiamo l’ultimo aereo, ringraziato il signore-
Chiara
mi rivolse uno sguardo spento e mi si accasciò addosso con
fare teatrale. Ridacchiai
tenendola per le braccia
-Apprezzo
le tue qualità teatrali, ma se non ci sbrighiamo perderemo
il volo. E se
perderemo il volo, dovremo aspettarne un altro. E se dovremo aspettarne
un
altro, vorrà dire che passeremo qui all’incirca
altre quattro ore. Ciò
significa che arriveremo nella nostra casetta Americana con ben quattro
ore di
ritardo. E ciò significa- dissi nuovamente –che ci
perderemo quattro ore di
sonno. Poiché ho l’incontro con Joe alle 9. Senza
tener conto del fuso orario!
Ciò significa..-
Kìa
mi saltò addosso, tappandomi a bocca.
-Ho
capito, ho capito- disse frettolosamente
Sorridendo
la presi a braccetto, per poi condurla all’ennesimo punto di
trasporto bagagli
-Io
mo ti muoio addosso-
-Ti
prego, non farlo. O dovrò riportarti in Italia con la bara-
-“Riportarti”?-
mi urlò lei caricando le valigie sul taxi –Io non
lo rifarò mai più questo
viaggio assurdo. Mi costruirò una casa qui-
Alzai
gli occhi al cielo ed aprii la portiera dell’auto. Una volta
dentro l’autista
si girò verso di noi.
-Allora,
belle ragazze. Dove vi porto?-
Feci
per rispondere quando Chiara mi fermò con un gesto della mano
-Lincoln
Strett, per favore. Numero 14- disse lei in una pronuncia perfetta
-Presto
fatto- fece lui con un sorriso smagliante
La
guardai meravigliata
-Ben
fatto, sorella- le dissi battendole il cinque.
Ridemmo,
ma subito le forze ci venirono meno. Ci accasciammo sui sedili. Il
caldo sole
di Los Angeles ci infuocava il viso (non c’era nemmeno una
nuvola in cielo),
eravamo state brave e prevedendo il caldo, ci eravamo vestite molto
leggere.
Una
semplice canottiera ed un paio di shorts. Solo che io, a differenza di
lei, non
avevo abbandonato le decine di bracciali che mettevo sempre.
Mentre
pensavo, Chiara prese il cellulare.
-Sam,
quando arriva zia Mip?-
Oh,
zia Mip. La migliore zia del mondo.
Sorella
di mio padre, New Yorkese, la persona più bella
dell’universo.
-Alle
cinque- risposi guardando l’orologio sul display
dell’iPhone
Erano
le dieci di mattina. Avevamo una giornata completamente libera,
conoscendo la
zia. Una volta affidataci Neve e visto le occhiaie sotto i nostri
occhi, si
sarebbe defilata.
Probabilmente
avrebbe detto:
-Oh
tesori miei, voi
dovete riposare! Non provate proprio a convincermi. Ora vi inchiodate a
letto a
costo di legarvi con le catene!-
Ero
entusiasta che i miei mi avessero lasciato il permesso di portare Neve,
la mia
cagnolina. Nutrivo un affetto sconfinato verso quel cane, non sarei
sopravvissuta
senza di lei. Mip era venuta a prenderla una settimana prima della
nostra
partenza. “Deve abituarsi al calore della città
degli angeli!” così aveva
detto.
-Allora
ragazze- iniziò il taxista –non siete di queste
parti vero? Da dove venite?-
Guardai
Kìa, ma la vidi applicata a scrivere un messaggio.
Scommettevo il mio stipendio
di dog-sitter che stava parlando con Fabrizio, il suo migliore amico.
Seguire
la storia di quei due, che prima si baciavano e poi litigavano, era una
vera
impresa. Lei aveva un rapporto “particolare” con
lui.
Per
me ne era innamorata, solo che non voleva accettarlo.
Trattenni
un sorriso e mi affacciai verso il ragazzo. Biondo naturalmente.
-Oh
no, non siamo di qui. Siamo Italiane, abbiamo vinto un concorso.. vitto
e
alloggio per quattro mesi-
Chiara
mi fissò confusa. Io cercai di non guardarla.
Non
mi sembrava una cosa saggia sbandierare ai quattro venti che avremmo
conosciuto
i Jonas Brothers. D’altronde, questo tizio non lo conoscevamo
nemmeno, meglio
rimanere sul sicuro
Il
ragazzo fischiò
-Un
bell’affare, wow. Io pagherei oro per una bella vacanza in
Italia. Comunque,
sono Bart- si presentò
Cercai
di non ridere di un nome così ridicolo e risposi
–Io sono Sam-
-E
io Chiara- disse lei una volta riposto il telefonino
-E’
un vero piacere conoscervi- e dalla voce sembrò davvero
così –Di solito
all’aeroporto si incontrano sempre gay- alzò gli
occhi al cielo –o settantenni
sdentati!-
Ridemmo
appoggiandoci ai sediolini di davanti.
-Stavolta
invece sono stato veramente fortunato- ci strizzò
l’occhio –non vedo l’ora di
dirlo ai ragazzi-
Io
e Kìa ci scambiammo uno sguardo con uno stupido sorrisetto
sulle labbra.
Napoli, Milano, Londra, Parigi o Los Angeles, gli uomini erano tutti
uguali. E
tutti cascamorti.
-Magari
vi vengo a fare una visitina una volta di queste- ci guardò
nello specchietto
retrovisore –che ne dite?-
Feci
una smorfia mentre Chiara si affrettò a rispondere
-Ci
dispiace Bart, ma staremo in questa casa solo per il tempo di un
giorno. Poi ci
trasferiremo.. da un’altra parte. Stabilmente-
Non
era la verità, ma nemmeno una bugia. Se
l’appuntamento andrà bene, ci toccherà
unirci al cast del gruppo. Era un’occasione imperdibile,
perciò la cosa era
sempre stata importantissima per me. All’improvviso, nella
mia vita di
tranquilla sedicenne, mi era stata regalata su un piatto
d’argento la
possibilità di un’altra esistenza. Totalmente
diversa da quella di tutte le
persone che conosco.
Quattro
mesi con il più famoso gruppo del momento, a girare
l’America in lungo e in
largo, per poi trasferirsi in una delle città più
importanti, come New York e
Los Angeles, e stabilirsi lì.
All’idea
mi venne quasi da ridere.
-Oh,
bè, potrei sempre venirvi a trovare lì-
Oh cielo
Kìa
corrugò la fronte –Certo, dopo ti dò
l’indirizzo-
Dal
tono riuscii a capire che gli avrebbe dato delle indicazioni false.
Poverino,
da un lato della cosa faceva quasi pena.
Il
taxi finalmente si fermò. Scendemmo in fretta e ringraziammo
Bart dopo che ci
ebbe scaricato i bagagli dalla macchina. Ci salutò mentre
partiva, con la
promessa che ci sarebbe venuto a trovare. Lui non lo sapeva, ma molto
probabilmente si sarebbe ritrovato in una via sconosciuta dove nessuno
ci aveva
mai viste.
Prendemmo
un bel respiro e ci girammo contemporaneamente. Trattenni il fiato.
Avete
presente quelle belle casette tipicamente americane, con il tettuccio
bianco,
il giardino di fronte, e la veranda con il dondolo? Mi salirono le
lacrime agli
occhi, mi pareva di essere in un film.
Kìa
era emozionata quanto me. Ci abbracciammo ridendo
come due sceme sentimentali.
Dopo
una decina di minuti di risate sfrenate (molti passanti alla
nostra vista hanno
attraversato la strada) decidemmo di entrare.
Aprii
la porta con un calcio, visto che avevo le mani occupate.
-Da
dentro è ancora più bella- disse Chiara
Io
annuii –è vero, ma non ti ci affezionare troppo.-
Buttai
le valigie in un posto imprecisato della stanza e mi lanciai sul
divano. Kìa
invece si mise ad ispezionare le camere.
-No!
Non ci credo! Il letto ha anche la zanzariera!!-
-Incredibile!-
la presi in giro io
-Ah-ah.
Guarda che se non lo vuoi te lo levo. Voglio proprio vedere la tua
faccia tutta
gonfia domani mattina!-
Sbarrai
gli occhi –Non ci provare neanche!-
Scattai
come una molla e la raggiunsi. Stava trafficando vicino al letto di
destra
-Nuoo-
urlai e mi buttai addosso a lei, atterrandola
Lei,
dal canto suo, iniziò a farmi il solletico, una cosa che non
reggevo proprio. Crollai
a terra scossa da una risata irrefrenabile.
-No!
Kìa..ahah..ti preg..ahah! non respiro!-
Le
si fermò di botto con un’espressione dispiaciuta.
Io ghignai ed afferrai un
cuscino del grande letto. Glielo lanciai il faccia e mi godei
l’espressione
stupefatta sul suo viso.
-Ah
si?!- fece lei prima di prendere anche l’altro cuscino e
iniziare una lotta
senza esclusione di colpi
In
poco tempo ci ritrovammo esauste anche più di prima e
coperte di piume dalla
testa ai piedi.
-Non
ho mai riso tanto in una giornata sola. Secondo me abbiamo qualcosa che
non va-
disse Chiara dopo qualche attimo di silenzio. Ma non la ascoltai
neanche.
-IO
AMO L’AMERICA- urlai scatenando l’ennesimo attacco
di risa
Spazio
Autrice ~
Olèè,
salve di nuovo. Non sapete che gioia vedere questi tre commenti
stamattina *-*
Non sono tanti, ma è pur sempre un inizio no? E poi
significa che non è così tragica la mia Fic.
Bene, bene u.ù
Allora, sono consapevole che i primi capitoli saranno più un
ammasso di stronzate che altro. Le cose serie verranno dopo, quando i
legami saranno già stabiliti.
Dovete sapere che Kìa è una persona reale, ed
è anche la mia migliore amica. Quindi, se avete voglia di
conoscere me o lei, vi basterà leggere di Sam e Chiara. Si,
perchè questa volta ho deciso di immedesimarmi in prima
persona nella storia.
Quando l'ho letto per la prima volta a lei, per telefono, è
rimasta senza parole. Perchè? perchè ci sono
tutte le frasi che diciamo sempre (gioia ad esempio) la palestra che
frequentiamo, il sito (Habbo) dove andiamo a volte. Insomma, cosa
faremmo se fossimo in America? Esattamente quello che ho scritto nella
storia.
Ma ora basta, ciarlare u.ù vi ho annoiate già
troppo, scappo. Un bacione a tutti e grazie per le recensioni <3
catchme__: grazie mille tesoro
<3 eh si, la fortuna ha voluto che le ragazze beccassero proprio
quell'unica probabilità. Magari fosse tutto vero
ç_ç
lovelovelove
_Skipper_: Oh, non sai quanto hai
ragione. Mai avuto aiuto divino o altro, mai un principe azzurro o
simile. Che grandissima fregatura. Sai qual'è la cosa che mi
fa arrabbiare? Che alcuni ce l'hanno ò.ò
Thank u Skippy
<3
xoxo
jollina
la verde: Ma
figurati, almeno hai lasciato un commento <3 e ti assicuro che
lo apprezzo molto. Dovremmo proprio fondare un club: "uccidiamo
Cenerentola"
Speriamo solo che i
topini poi non abbiano voglia di vendicarsi, eh. Grazie infinite per la
recensione.
-xxx
-Vì