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Autore: Melina     31/08/2009    1 recensioni
[Star Trek Serie Classica] Aveva sempre pensato di essere coraggioso, e questo lo si poteva tranquillamente constatare solo guardando il diario del capitano, non aveva mai sbagliato niente, non si era mai tirato in dietro quando si trattava di una missione pericolosa e, soprattutto, non si era ancora mai fatto uccidere per questo. Ma ora, lì davanti a quella porta, tutte le certezze di cui era consapevole sembravano come schiacciate da una forma di energia non definita, ma che Spock aveva già incontrato tante volte quando si trattava di McCoy, quell'energia adesso gli impediva di entrare nell'alloggio del dottore, ma allo stesso tempo non lo lasciava andare via, fare marcia indietro e tornare alla vecchia e sicura logica.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non vi spaventate XD ma la mia fic è sulla coppia Spock/McCoy. So che non è la solita di Star Trek, e infatti non ne ho trovate altre su questo sito, ma vi posso assicurare che in America è una coppia su cui hanno scritto moltissime autrici bravissime. Amo Star Trek da diversi anni, ma mi sono riappassionata di recente soprattutto grazie a una persona per me molto importante. Grazie anche per questo ^^ Sai che ti voglio bene.

Spero proprio che prima o poi qualcun'altra di voi si cimenti con Spock/McCoy. Buona lettura.

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Questa fanfiction è senza fine di lucro. I presonaggi sono di proprietà della Paramount Corporation.

* SHINE A LIGHT * parte prima

 

"Caffè, nero".

Un doppio fischio provenne dal replicatore di cibo e pochi istanti dopo la stanza si riempì di un gradevole aroma di caffè, tutto sommato abbastanza reale per trattarsi di quello di una bevanda replicata, pensò il dottor McCoy, e questo piacevole imprevisto riuscì a rendere per un attimo la sua attesa meno logorante.

C'era un gruppetto di guardiamarina in pausa nella sala, chiacchieravano tranquillamente e non prestavano a lui la benchè minima attenzione, proprio quello di cui McCoy aveva bisogno in questo momento.

Già da solo il fatto che Jim e Spock ora si trovassero sulla superficie tossica di un pianeta sperduto e sconosciuto per recuperare degli stupidi campioni di uno stupido minerale raro era abbastanza frustrante per lui, ma in più, a consumargli ogni briciolo di tranquillità c'era l'incombenza di uno strano senso di ansia che il dottore sapeva essere del tutto immotivata, non riusciva a rilassarsi nonostante tutte le rassicurazioni che i due amici si erano sforzati di propinargli. Qualcosa gli diceva che avrebbe passato una giornata d'inferno.

Prese in seria considerazione l'idea di replicarsi un doppio whiskey, ma sfortunatamente era in servizio, e non era ancora arrivato al punto di rischiare di buttare al vento anni nella flotta stellare per un drink, oltretutto replicato.

Si chiese di nuovo dove potesse essere Spock in quel momento. Probabilmente a esaltarsi per un frammento di dirillio allo stato solido... ma si sforzò di non cadere nelle sue solite voragini di pensieri che spesso finivano col confondergli le idee, e un medico non dovrebbe mai correre il rischio di non essere lucido, lui era il primo a dirlo.

Poco più di un'ora prima si trovava con loro in sala teletrasporto.

Era stato Spock, con la sua voce calma e controllata a dire a McCoy che la prolungata esposizione di un organismo alle radiazioni del pianeta avrebbe potuto essere fatale a lui e al capitano.

E sempre con voce pacata aveva aggiunto semplicemente che era "illogico stare in ansia per un'eventuale sviluppo non ancora accaduto". McCoy era troppo fuori di sè per riuscire a zittire la saccenza di Spock, e quella volta si limitò ad alzare gli occhi e a sbuffare.

"Prevedo il nostro ritorno a bordo tra due ore punto quattro, dottore" disse Spock, e prima che McCoy potesse mettere in pratica uno qualsiasi dei molteplici metodi efficaci che conosceva per strangolare un vulcaniano, Kirk richiamò la sua attenzione "Quello che intendeva dire Spock è che non si deve preoccupare per noi, Bones. Ce la caveremo, non sarà diverso dalle altre volte". Il capitano sorrise affettuosamente, battè una mano sulla spalla di McCoy e salì sulla piattaforma di teletrasporto "Andiamo, signor Spock" ordinò. Il vulcaniano guardò a lungo McCoy prima di alzare un sopracciglio e raggiungere Kirk. Il dottore si voltò subito e si diresse verso l'uscita della stanza senza aspettare che i suoi amici si smaterializzassero, e quando la porta si richiuse dietro di lui con un sibilo, potè a mala pena percepire un debole "Energia, signor Scott!".

Mentre si dirigeva meccanicamente verso l'infermeria i pensieri del dottor McCoy erano tornati alla conversazione avuta pochi minuti prima con il capitano. Non sarà diverso dalle altre volte era la sola cosa che Jim era stato capace di dirgli. Era stufo di sentirsi l'unico su quella dannata trappola spaziale piena zeppa di incoscienti a non volere tentare il suicidio un giorno sì e l'altro pure. Quello che si aspettava in fondo era un po' di semplice buon senso, forse l'unica cosa che mancasse a Jim Kirk, e l'unica a fare la differenza tra lui e un capitano qualsiasi, pensò subito dopo. E probabilmente era vero.

Non c'era niente da fare. Doveva rassegnarsi e aspettare, si disse entrando in infermeria, ma non poteva fare a meno di pensarci. D'altronde non era la prima volta che Kirk decideva di portare con sè solo Spock e di lasciarlo lì senza spiegazioni valide. Ormai McCoy aveva imparato ad accettare un ordine, ma nonostante fosse nella flotta astrale da quasi dieci anni, la sua indole non era quella di un militare. Non poteva tapparsi la bocca e lasciare che i suoi amici corressero i pericoli più inutili della galassia senza neanche tentare di farli ragionare, ma nemmeno avere la presunzione di poter essere capace di salvare quegli stessi amici se si fossero trovati in pericolo, quella era decisamente la specialità di Jim, anche se in un paio di occasioni il giochetto gli era riuscito.

Jim era suo amico, e anche Spock lo era, se pur con tutti i suoi difetti e comportamenti insopportabili e non meno incomprensibili, gli stessi difetti di cui andava così fiero e che chiamava orgogliosamente pregi.

Non l'avrebbe mai ammesso davanti a lui, ma quando Spock non c'era non era la stessa cosa, lui non si sentiva lo stesso. McCoy si stupì di quello a cui i suoi pensieri lo avevano portato, ma era abituato a non frenare le sue emozioni; al contrario cercava sempre di ascoltarle e provare a comprenderle, in parte per deformazione professionale, certo, ma in parte anche per una segreta e silenziosa forma di protezione nei confronti della dignità della sua specie. E fece così anche questa volta per quanto potesse sembrargli un'impresa impossibile.

Andava sempre in giro a lodare la saggezza degli esseri umani che sapevano come combinare logica e intuizione emotiva e come riuscire ad usarle entrambe al momento giusto, ma il pensiero che aveva fisso in mente ora avrebbe decisamente voluto saperlo sotterrare e reprimere, mettendo in pratica proprio quello in cui Spock e i suoi simili sembravano essere così abili, cosa che non faceva altro che rafforzare tutte quelle teorie, altrimenti inconsistenti, che si ostinava a formulare il vulcaniano sulla superiorità della sua razza appena ne aveva la possibilità, e vale a dire sempre.

Spock. Ora non c'era ma era sempre lì nella sua testa con quegli occhi vispi e penetranti e quelle ridicole orecchie. Vederselo davanti agli occhi anche quando era assente lo irritava quasi quanto il suono di quella voce ubbidiente che rispondeva sempre Sì, capitano. Subito, capitano.

Quindi appena McCoy si accorse di stare sorridendo, in netto contrasto con quello che aveva appena pensato, cercò senza successo di ricomporre la sua integrità di ufficiale medico capo, come amava chiamarla, ottenendo soltanto di sostituire quel sorriso con un ben più grave luccichio nei suoi begli occhi chiari.

Non lasciò passare più di dieci secondi prima di balzare in piedi e precipitarsi sul ponte di comando, si sentiva come invaso da una bollente e impellente forza, una forza che lo inebriava svelandogli finalmente tutto quello che aveva bisogno di sapere. Doveva vederlo, doveva parlargli, ma soprattutto doveva assicurarsi subito che tornasse sull'Enterprise vivo. Dopo tutto sono il suo medico pensò come per darsi una spiegazione che fosse un po' più professionale di quella reale che non voleva ammettere, e cioè che era semplicemente preoccupato per Spock e che avrebbe fatto di tutto per averlo lì in quel momento, avercelo davanti e affrontare quello che provava. Ma in fondo sperava solo che Spock lo aiutasse come faceva sempre a mettere a fuoco tutto quanto, tutto quello che lo assillava, tutto quello che aveva sempre saputo riguardarli entrambi.


***

Appena uscì dall'ascensore fissò lo sguardo, ancora un po' appannato, sullo schermo, per poi dirigerlo alla poltrona del capitano momentaneamente occupata dal signor Scott che come d'abitudine prendeva il comando dell'astronave quando nè Kirk nè Spock erano disponibili.

Sentendosi gli occhi di tutto l'equipaggio addosso, McCoy tentò di biascicare qualche parola di spiegazione, ma il motivo per cui era corso lì si riaffacciò nei suoi pensieri così ferocemente da fargli dimenticare ogni educazione o rispetto alla gerarchia di qualsiasi nave stellare "Scotty, li chiami!" gridò senza riuscire a controllarsi, o più probabilmente senza volerlo fare. "Li chiami ho detto!" ripetè come in preda a un attacco isterico.

"Come? Li chiami? Chi?" balbettò disorientato Scott "Dottor McCoy, si sente bene?".

"M-mai stato meglio" rispose il dottore, neanche lui troppo convinto della sua ultima affermazione "Adesso li chiami, Scott. Ha capito? Chiami il capitano e Spock, devono risalire immediatamente, immediatamente! Spock ha detto che...".

Sempre più disorientato Scott si girò con la poltrona verso il dottore "Il capitano e Spock sono in sala teletrasporto, li abbiamo appena fatti risalire come da ordine del signor Spock" disse poi aggrottando le sopracciglia "Le consiglio di..." ma Scott non ebbe modo di finire la frase perchè il dottore era già uscito.

Senza passare dalla sala teletrasporto McCoy camminò a passo spedito fino al suo alloggio e vi si chiuse.

Il suo primo pensiero fu quello di farsi vedere da un medico, ma realizzando di essere lui il medico sull'Enterprise... quella convinzione si rafforzò ancora di più. Santi Numi. Era mai possibile che un minuto fa, quando pensava che Spock fosse in pericolo sarebbe stato pronto a discutere dei suoi sentimenti per lui pur di vederlo? Era mai possibile che si fosse precipitato sul ponte senza pensarci due volte e che fosse così deciso? E se Spock gli avesse parlato? Lui cosa avrebbe fatto? Lo avrebbe detto davanti a tutti?

Troppe domande, troppe domande per i suoi gusti, e soprattutto troppe poche risposte. Era dai tempi dell'accademia che non si sentiva così agitato, così sotto esame. Ma adesso c'era una bella differenza, quella non era l'accademia, non c'erano test da superare e Spock... Spock non era nella posizione di poterlo promuovere o bocciare. Eppure era proprio quella la sensazione di fondo, quel malessere diffuso che partiva da un punto non ben definito al centro dello stomaco, proprio dietro l'ombelico e si espandeva dolorosamente fino al petto, comprimendolo fino al soffocamento. Il tutto accompagnato da un'emicrania di quelle come si deve.

Si sforzò di rilassarsi e aspettare in silenzio sperando con tutte le sue forze che il panico svanisse. Chiuse gli occhi e si sdraiò.

- Sperando? Pensavo che fosse un sentimento tipicamente umano -

- Vero dottore. Ma il continuo rapporto può produrre alla fine un certo grado di contaminazione -

"Il continuo rapporto? Il continuo rapporto?!" sbraitò sollevandosi sui gomiti dal letto su cui era steso. Se si fosse accorto di aver appena parlato da solo si sarebbe sicuramente messo agli arresti, ma era troppo scosso per ragionare da ufficiale medico, e poi aveva decisamente altro a cui pensare.

Il rapporto che aveva con Spock non era di pura natura professionale, e McCoy lo sapeva, lui stesso lo aveva sempre considerato un amico, uno dei pochi per la verità. Non era chissà quale rivelazione.

Il mal di testa era decisamente peggiorato, e quello non era affatto il momento più adatto per avervici a che fare, non c'era spazio ora perchè la concentrazione di McCoy si spostasse per tentare di contrastare quell'emicrania che insisteva nel battergli in fronte sempre più forte. Bum. Bum. Tac. Tac. Toc toc toc.

"Bones? E' lì dentro?" disse una voce da dietro la porta che McCoy riconobbe come quella di Kirk. "Apra, non vorrei doverglielo ordinare" continuò il capitano allegramente mentre continuava a bussare ritmicamente, e fastidiosamente.

"Non c'è bisogno che butti giù la porta, Jim" disse McCoy premendo il pulsante che con un sibilo spalancò la porta. Poi con un cenno sbrigativo del capo invitò Kirk ad entrare voltandogli subito le spalle e precedendolo all'interno del suo alloggio semibuio.

"Ma, cosa...?" iniziò Kirk forse perplesso dall'assenza di luce. Il dottore provvedè immediatamente alla faccenda più per far piacere a Jim che per sè, dato che la fotofobia era un sintomo che accompagnava tutte le emicranie. "Computer, illuminazione sei".

Quando ci fu abbastanza chiaro perchè gli occhi di Kirk potessero vederci qualcosa questi si posarono subito su di lui, apprensivi come al solito.

"Sto bene, Jim. Solo un brutto mal di testa e..." si interruppe a metà. Non aveva tutta questa voglia di condividere col capitano i tortuosi sentieri che lo avevano portato dove si trovava ora, così cercò di eludere ulteriori domande chiaramente non riuscendoci. Si poteva dire tutto del capitano Kirk, ma non che non fosse un uomo intuitivo, e questo intuito unito alla profonda conoscenza che aveva del dottor McCoy non lasciava via di scampo.

Mi piace pensare che ci sia sempre una via di scampo.

Ancora le parole di Spock, sempre le parole di Spock, quei concetti astratti, perfettamente umani camuffati da vulcaniane conclusioni logiche. Questo sì che lo faceva arrabbiare. Non poteva fare un ragionamento che fosse uno senza sentire quella voce riempirgli le orecchie. Doveva essere qualcosa di grave, pensò. Forse una malattia incurabile. Ma ancora una volta c'era Spock. Ci sarebbe stato lui pronto a saccheggiare la bibiloteca di un asteroide per trovargli una cura. Meglio lasciar perdere...

Riprendendo coscienza del tempo e del luogo in cui si trovava, McCoy vide il volto preoccupato di Kirk poco prima di sentire la sua mano posarglisi sulla spalla. Voleva rassicurare Jim, voleva dirgli che si trattava solo di un momento, ma sapeva fin troppo bene che cosa stava provando o forse sperimentando, come lo avrebbe corretto Spock, pensò, cadendo ancora una volta nello stesso immancabile errore.

"Forse non è il momento adatto, Bones" disse dolcemente Kirk "se desidererà parlarne con me sa dove trovarmi" sorrise e agitò un pollice nella direzione della porta "Qualcuno dovrà pur mandare avanti la baracca". Fece per uscire ma venne frenato dalla mano di McCoy che lo tratteneva per un braccio.

"Aspetti Jim... " inziò incerto di come avrebbe continuato. Sapeva solo che avrebbe fatto meglio a parlare con qualcuno prima che la tensione che sentiva crescergli dentro facesse più danni di quelli che, inevitabilmente, aveva già causato. Se poi di danni si poteva parlare. "Io... io credo che dovrei vedere Spock adesso" buttò fuori tutto d'un fiato. Poi alzò gli occhi dai suoi stivali e incrociò lo sguardo sorpreso di Kirk.

"Spock? Quindi tutto ciò riguarda lui? Insomma voi?" disse il capitano pensieroso "Bones, lei sa benissimo cosa penso a riguardo. Siete due persone intelligenti e sicuramente capaci di risolvere queste questioni senza ingigantirle, avete sempre lavorato bene insieme e continuerete a farlo appena le sarà passata" concluse, fiero di aver messo un punto alla faccenda.

"Questa volta le nostre questioni sono più che altro mie, e non penso che ci sia niente che lei possa fare per me, Jim" disse McCoy tagliando corto.

"Oh certo, capisco dottore" disse Kirk, preso alla sprovvista dalla freddezza dell'amico "Credo comunque di poter fare qualcosa per lei, se me lo permette" disse uscendo e sorridendo all'espressione stranita del dottore "Vedrà, non sarà diverso dalle altre volte" disse pronunciando con calcolata lentezza l'ultima frase, poi uscì.

A McCoy quella battuta cominciava decisamente a dare sui nervi, già così tesi. E se invece lui volesse che questa volta le cose andassero diversamenete? Se lo era mai chiesto Jim? Se lui volesse tutto ciò, starsene al buio a rimuginare, non mangiare e non dormire proprio come un perfetto immaturo e aspettare solo che Spock venisse e lo risquotesse dal suo torpore?

Il livello di frustrazione ingiustificata che un umano poteva sopportare era quasi al limite, così McCoy ordinò di nuovo una bassa illuminazione e si ributtò sul letto iniziando a massaggiarsi le tempie in senso orario per tentare almeno di arginare i danni fisici.

***

Spock era al suo posto sul ponte, come al solito esaminava le affascinati anomalie spaziali che parevano, a chiunque osservasse la scena, l'unica cosa capace di suscitare qualcosa di simile a un'emozione in quel serio scienziato vulcaniano. Ma James Kirk non era chiunque, e capiva Spock a un livello superiore rispetto agli altri ufficiali ora presenti in plancia. Condividere vita e morte con Spock lo aveva sensibilizzato, e oggi, come era successo molte altre volte, sentiva il dovere, sia come amico che come capitano, di aiutarlo.

L'ascensore sibilò fermandosi e quando Kirk entrò sul ponte di comando Spock si voltò immediatamente verso la porta per poi salutare distrattamente il capitano e riprendere a controllare i monitor. Questo innestò in Kirk la sensazione che Spock sperasse nell'ingresso di quacun altro.

"Signor Spock, rapporto" disse poi Kirk accantonando per un attimo la possibilità che il suo primo ufficiale potesse stare subendo uno di quegli spiacevoli effetti che l'apprensione può provocare.

"Tutto nella norma, capitano. La prossima destinazione dista quarantotto ore punto tre, velocità attuale" recitò con calma ferrea e con la sua solita impeccabile precisione.

"Bene Spock, nient'altro?" chiese Kirk maliziosamente. "Negativo capitano, nient'altro degno di nota" rispose calmo Spock, ma a Kirk sembrò di vedere una piccola incertezza negli occhi scuri del suo primo ufficiale, che infatti li distolse immediatamente.

"Sa, Spock, ci sono congegni... ecco, delicati su quest'astronave che potrebbero sfuggire anche all'attenzione di uno come lei" insistette sorridendo.

"Imposibile, capitano, ho controllato: tutti i sistemi sono in linea e perfettamente efficienti" affermò Spock, questa volta con la sicurezza di chi torna sul proprio territorio.

"Mi riferisco al dottor McCoy" disse Kirk preoccupato. Spock girò un po' la testa di lato prendendo la sua tipica posizione di "analisi delle incoerenze umane" poi parlò. "Capitano, sta cercando di dirmi che il dottor McCoy è un congegno delicato?" chiese stupito alzando entrambe le sopracciglia.

"Sto solo cercando di dirle che potrebbe aver bisogno di lei. Vada pure da lui, troveremo qualcuno che la sostituisca per un po'" Kirk sorrise bonariamente e indicò con un cenno del capo l'ascensore. "E' ancora qui, Spock?"

Il vulcaniano esibì un'espressione aggrottata, ma poi si alzò dalla sua postazione e raggiunse l'ascensore senza cercare di opporre resistenza. Prima di entrarvi si girò "Grazie, capitano".

Kirk sorrise dalla sua poltrona ma non rispose.

***

Spock camminava serio e diritto per i corridoi dell'Enterprise, dai suoi occhi si poteva solo dedurre che la sua mente era occupata, ma da cosa fosse occupata era impossibile dirlo.

Spesso i vulcaniani utilizzavano delle elementari tecniche di concentrazione per aiutarsi nell'esercizio della logica anche in situazioni particolarmente stressanti o che ritenevano pericolose per il mantenimento del controllo sia mentale che fisico. Spock in particolare applicava la sua personale strategia quando si sentiva sull'orlo di una crisi dettata dalla sua metà umana, e quello era decisamente il caso. Sebbene il ponte cinque fosse piuttosto ampio e la cabina del dottor McCoy fosse dalla parte opposta del turbo ascensore, Spock decise di rallentare il passo e concedersi più tempo possibile perchè la sua tecnica funzionasse.

Elencò mentalmente non solo tutti i diversi tipi di pianeti conosciuti fino a quel momento, ma persino l'intera tavola periodica degli elementi di Mendeleev e la combinazione vincente standard di uno schema di scacchi vulcaniani contro il computer.

Come se avere il perfetto controllo delle questioni pratiche e delle mansioni a lui richieste sulla nave lo facesse sentire più sicuro sulla sua capacità di non cedere a qualunque cosa potesse succedere nell'alloggio di McCoy, Spock svoltò l'ultimo angolo che lo separava dalla sua destinazione. Si fermò a pochi passi dalla porta, inspirò profondamente e chiuse gli occhi come in meditazione prima di bussare.

Aveva sempre pensato di essere coraggioso, e questo lo si poteva tranquillamente constatare solo guardando il diario del capitano, non aveva mai sbagliato niente, non si era mai tirato in dietro quando si trattava di una missione pericolosa e, soprattutto, non si era ancora mai fatto uccidere per questo. Ma ora, lì davanti a quella porta, tutte le certezze di cui era consapevole sembravano come schiacciate da una forma di energia non definita, ma che Spock aveva già incontrato tante volte quando si trattava di McCoy, quell'energia adesso gli impediva di entrare nell'alloggio del dottore, ma allo stesso tempo non lo lasciava andare via, fare marcia indietro e tornare alla vecchia e sicura logica.

Se dovevano comportare quel tipo di agitazione le emozioni dovevano essere per forza di intralcio agli umani, riflettè Spock, ma a quanto aveva avuto modo di capire dai molti anni passati a loro contatto, sull'Enterprise e nella flotta astrale, quella sensazione che ora avvertiva di stretta allo stomaco e di leggera nausea era eccitante per i suoi compagni umani, e addirittura la ricercavano.

McCoy lo aveva spesso invitato a provare a sperimentare quel tipo di sensazioni e lui non gli aveva mai confidato che ogni tanto aveva lasciato che le emozioni si impadronissero di lui quando era solo nel suo alloggio e che si era spesso lasciato guidare da visioni che lo riguardavano direttamente mentre meditava. Forse era lì per questo, pensò, ma subito rinchiuse l'intuizione nel luogo irraggiungibile dove la lasciava sempre giacere: era il prezzo da pagare per poter vivere senza emozioni per la maggior parte del tempo.

Quando riapese gli occhi bussò, la porta si aprì. McCoy non sembrava sorpreso nel vederlo, o almeno così pareva a Spock alla sola luce del corridoio. La stanza del dottore era quasi completamente buia, e appena McCoy si spostò per lasciare entrare Spock l'oscurità lo reinghiottì immediatamente.

Gli occhi vulcaniani di Spock non fecero molta fatica ad abituarsi alla nuova illuminazione e in breve potè distinguere la posizione di McCoy e raggiungerlo dove si trovava. Nessuno dei due aveva ancora parlato.

"Non le dà fastidio l'assenza di luce, signor Spock?" disse McCoy con un tono che faceva quasi sembrare lui quello infastidito.

"La mia fisiologia mi consente di non avere bisogno di molta luce per vederla, dottore" rispose Spock già tendente all'irritazione ma deciso a mantenere il controllo. Pensò che fosse dovuto alla meditazione di poco prima il fatto che le sue emozioni fossero così raso pelle, e sperò sinceramente che McCoy non se ne accorgesse.

"Sembra che voi vulcaniani siate in grado di fare qualsiasi cosa" continuò McCoy, era bravo a provocare Spock, quanto lui lo era nel rispondergli a tono sempre mantenendo un distacco che il dottore trovava raccapricciante. "Cosa le ha detto Jim per farla allontanare dai suoi preziosi ammennicoli? Le ha detto che avevo bisogno di una mano per..." McCoy si interruppe vedendo Spock camminare sempre più vicino. "Il capitano Kirk mi ha detto che aveva bisogno di parlarmi, quindi dal momento che sono qui sarebbe logico approfittare della mia presenza" disse Spock alzando forse involontariamente il tono della sua voce, cosa che fece sussultare McCoy, ma Spock sembrava essere più interessato alle spiegazioni del dottore che alle sue reazioni umane.

Tutta l'urgenza che poche ore prima avrebbe spinto McCoy a sputare in faccia a Spock la verità aveva lasciato in lui solo un amaro senso di irritazione, quasi di gelosia. Ma nei confronti di chi o che cosa il dottore non sapeva dirlo. Comunque ora Spock era lì, davanti a lui e aspettava una risposta che neanche McCoy aveva da dare a sè stesso.

"Dottore" iniziò Spock "se l'unico motivo per cui sono qui riguarda la mia salute, può tranquillizzarsi immediatamente, il livello di radiazioni del pianeta non era abbastanza forte da..."

"Oh andiamo, Spock!" McCoy aveva interrotto il discorso dell'amico sbattendo una mano su un mobile "Faccia almeno finta di capire!" disse esasperato.

"Le ricordo, dottore, che sono un vulcaniano. Noi non possiamo mentire, se il suo motivo non era questo deve fornirmi maggiori dati perchè io possa assumere un atteggiamento consono alla situazione" disse Spock con il suo solito fare pomposo. Questo fece arrabbiare ancora di più McCoy, vedere anche nella poca luce quel viso così impassibile ad ogni stimolo lo faceva andare su tutte le furie, e lo feriva allo stesso momento. Si era come illuso di avere qualche effetto su Spock o per lo meno sulla sua parte umana, credeva di essere riuscito a raggiungerla, e certo lui glielo aveva fatto credere in molte occasioni, ma adesso era tutto diverso. In un certo senso era quello che voleva, ma aveva un disperato bisogno charire una volta per tutte.

"Crede che non me ne accorga?" riprese McCoy a voce bassa, e immaginò l'espressione impassibile di Spock incresparsi di curiosità "crede che non mi accorga, Spock, che lei è solo apparentemente qui?" McCoy fece una pausa nella quale gli sembrò di vedere un mezzo sorriso sulle labbra di Spock, e questo gli diede il coraggio di continuare. "Sta qui davanti, parla con me, eppure c'è qualcosa di spaventosamente distante in lei. Oh sì, è a dieci centimetri dal mio naso ma..."

"Precisamente nove centimetri e sette millimetri, dottore"

"Ecco! Vede? E' questo quello di cui sto parlando, esattamente questo, lei non riuscirebbe ad avviciniarsi più di così nemmeno se richiamasse a sè tutte le nozioni possibili e immaginabili sulla natura umana! Provi a sforzarsi, Spock, il suo lato umano è lì da qualche parte, non deve fare altro che..." si interruppe, non che non sapesse come andare avanti, ma improvvisamente la consapevolezza di quello che avrebbe voluto da Spock lo sconvolse, ma non scacciò il pensiero come aveva fatto tante volte, si lasciò cullare da esso evidentemente per troppo tempo, cosa che diede modo a Spock di replicare "Le devo ricordare ancora, dottore, che io..." iniziò subito interrotto da McCoy "Sì, certo, lo so Spock lei è vulcaniano, lei non prova emozioni, lei è impassibile!" recitò come una sorta di cantilena ripetuta mille volte, ma sempre con una nota divertita nella voce.

Spock se ne stava fermo di fronte a McCoy e poteva avvertire il calore del suo corpo aumentare per l'agitazione, il suo respiro farsi irregolare e sentiva la barriera che aveva eretto tra loro indebolirsi sempre di più. Non riusciva a rispondere nulla, pensava solo a quel calore. "Ha ragione, dottore" disse infine.

McCoy rimase stupito all'inizio "Come ho ragione?" poi scoppiò "Io non ho ragione un bel niente, Spock. Lei è quello che ha sempre ragione, me lo dica adesso! Mi dica che la sua logica spiega tutto ciò!"

"La logica non servirebbe a niente adesso, anzi, mi sarebbe di vero intralcio" disse Spock calmo come sempre.

"Adesso la smetta!" gridò McCoy senza più preoccuparsi di modulare l'intensità del suo tono, l'unica cosa che voleva era una maledetta reazione umana da parte di Spock, anche se questa avrebbe potuto essere un pugno sul naso "Smetta di ragionare e mi dica in faccia che sono troppo emotivo e che non ho nessun diritto di dirle queste cose! Non vede che stiamo litigando? Mi lasci litigare con lei, ne ho bisogno!"

Spock allungò le braccia e prese con entrambe le mani quelle sudate e tremanti di McCoy. Il dottore cotinuava a tremare ma ebbe abbastanza forza per liberarsi dalla stretta di Spock "Computer. Illuminazione sette" disse con un filo di voce.

Appena il locale si rischiarò Spock guardò verso McCoy che era ancora vicinissimo a lui. Le lacrime che gli bagnavano il viso accentuavano l'azzurro dei suoi occhi, Spock non aveva mai visto una cosa del genere prima d'ora e senza cercare di bloccare le sue azioni con la ragione avvicinò una mano al viso di McCoy per asciugare uno di quei rivoli caldi e dolorosi. Era difficile per lui fare tutto questo, stava violando una delle leggi fondamentali della filosofia vulcaniana, si stava lasciando sopraffarre dal suo lato emotivo e sapeva che sarebbe stato doloroso, ma il suo cuore per una volta aveva avuto la forza di contastare la freddezza del suo cervello calcolatore. Era il suo cuore umano infatti che adesso stava guidando il suo viso verso quello di McCoy. Spock guardò in quegli occhi umidi poco prima di chiudere i suoi e di baciare le labbra del dottore, leggermente schiuse dalla sorpresa. Erano tese come il resto dei suoi muscoli, Spock poteva avvertire anche ad occhi chiusi che lo sguardo di McCoy era fisso su di lui, e non si trattava del sesto senso tipico dei vulcaniani, ma di quella speciale empatia tra di loro, una sensazione che lo faceva sentire in confusione ma allo stesso tempo protetto e alleggerito dal peso dei suoi ragionamenti contrastanti dove logica e irrazionalità tentavano l'una di sopprimere l'altra lasciandolo stremato. Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere come McCoy, per non doversi preoccupare di rimanere sempre lucido, per poter mandare la logica a farsi benedire e con lei tutto il peso che sentiva costantemente opprimergli il petto.

Spock riaprì gli occhi lentamente e iniziò ad allontanare le sue labbra da quelle del dottore ad una velocità impercettibile, come per prolungare all'infinito quel momento prima di dover fare i conti con la reazione di McCoy, ma il dottore non poteva lasciarlo andare, non ora che finalmente aveva quello che voleva. Mosse le mani ancora leggermente scosse da tremiti e le posò sulla nuca di Spock trattenedolo dallo spostarsi, poi girò la testa rompendo il contatto delle labbra e la appoggiò sulla spalla di Spock abbracciandolo.

Abbracciare un vulcaniano era paragonabile ad abbracciare una quercia secolare, si poteva sentire la saggezza di entrambe le specie unita alla loro caratteristica legnosità. Ogni muscolo del corpo di Spock sembrava di gesso, la sua colonna vertebrale era dritta e perfettamente sostenuta dal basso, la sua pelle liscia e omogenea. McCoy finalmente sorrise ancora con il volto contro l'uniforme azzurra e nera di Spock "Pensavo che mi avresti preso a pugni, e francamente credevo davvero di meritarlo" sussurrò McCoy alzando gli occhi verso il centro della stanza.

"Non sarebbe servito a calmarti, avevo calcolato che era questo quello di cui avevi bisogno" disse Spock, le sue parole erano le stesse di sempre, scelte con cura e assolutamente pertinenti, ma a McCoy risuonarono spogliate dal solito distacco scientifico. Pensò che doveva essere il modo di Spock per dirgli che aveva desiderato baciarlo.

"Credo che non capirò mai cosa ti frulla in quel dannato testone" disse divertito e si allontanò di poco per guardare Spock negli occhi. "Suppongo tu voglia sapere perchè ti ho baciato" chiese calmo Spock; lo aveva detto con la semplicità più disarmante, e sembrava stupito lui stesso di questo. McCoy se ne accorse. "Non esattamente, Spock" il vulcaniano alzò un sopracciglio "Dimmi prima perchè hai smesso" la voce di McCoy risuonò incerta e imbarazzata, come se quelle parole gli fossero sfuggite di bocca prima ancora che si rendesse conto di quello che implicavano. Il sopracciglio di Spock schizzò ancora di più verso l'alto, ma la sua espressione non era di stupore, piuttosto sembrava incuriosito e a McCoy parve di vedere un luccichio sospetto in quegli occhi nerissimi. Mentre si avvicinava di nuovo alle labbra di Spock, sentì la voce, solitamente inespressiva, del vucaniano animarsi per un attimo di qualcosa che ricordò a McCoy la sua giovinezza e il giorno del suo primo bacio "Computer, illuminazione zero".


FINE capitolo 1

   
 
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