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Autore: M a k o    30/07/2021    16 recensioni
• Storia ispirata a Beastars di Paru Itagaki
• Datastormshipping (Wolf!Ryoken x Rabbit!Yusaku)
• Dal testo:
Quel coniglietto lo stava sconvolgendo interiormente come mai nessuno era riuscito a fare.
E la cosa più assurda era che non aveva fatto proprio nulla di tanto eclatante, non gli aveva mai rivolto la parola e forse non lo aveva neanche mai guardato in faccia, semplicemente arrancava e faceva quei piccoli saltelli tanto graziosi e le orecchie si muovevano come timide onde del mare. Tutto qui.
E forse quel coniglietto era fantastico proprio per questo: perché sapeva rendersi speciale con poco.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ryoken Kogami/Revolver, Yusaku Fujiki/Playmaker
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nella tana del lupo Salve! Come ho scritto nella intro, questa storia è ispirata a Beastars, Manga di Paru Itagaki. Ci tengo a specificare, però, che io Beastars l'ho cominciato da poco e sono ancora una novellina, motivo per il quale questa storia non segue pedissequamente quelli che sono i tratti fondamentali dell'opera originale, ne prende solo diversi spunti che sono poi stati riadattati.

Una tra le differenze più lampanti risiede nei personaggi stessi, in quanto in Beastars i protagonisti sono animali antropomorfi e civilizzati, mentre qui Ryoken e Yusaku sono esseri umani che presentano dei tratti tipici degli animali che rappresentano – coda e orecchie soprattutto, quindi il loro aspetto non muta drasticamente, diciamo.

In questa storia sarà presente il tema principale dell'opera originale, ovvero il rapporto tra erbivori e carnivori. Ci sono poi dei riferimenti al canon un po' modificati, come ad esempio il fatto che sia Yusaku (un coniglio nano) a frequentare il club di teatro (nel Manga invece è il protagonista Legoshi, un lupo grigio che lavora come tecnico delle luci, mentre Haru, la coniglia nana, si occupa del club di giardinaggio) e poi il riferimento all'aggressione di un carnivoro ai danni di un erbivoro (che in questa storia non sfocia nell'assassinio).
Inoltre, Ryoken è rappresentato come un lupo bianco anziché un lupo grigio.

Più in generale, invece, la storia prende una piega completamente diversa rispetto al Manga, quindi penso di avervi detto tutto – tranquilli, non dovrete sorbirvi altre N.d.A. prolisse a fine storia, lol
Vi auguro buona lettura!




Nella tana del lupo



1

La prima volta che lo vide, rimase particolarmente impressionato dalle sue movenze alquanto goffe e dai piccoli saltelli che tentava di compiere ogni due o tre passi, uno più impacciato dell'altro. Era adorabile e, se avesse avuto tutto il tempo del mondo, probabilmente Ryoken lo avrebbe guardato
    (ammirato)
una vita intera.
Il coniglietto era solito, per tre giorni la settimana, caricarsi sulle esili braccia e sulle spalle un sacco di materiale facente parte del club di teatro: tra fogli colorati, pennarelli e matite di ogni tipo, colla, stoffe e chi più ne ha più ne metta, percorreva sempre il solito tragitto per portare tutto quanto a destinazione, ovvero la sala prove dall'altra parte del campus.
    (Vedi, coniglietto, questo è quello che succede quando arrivi all'ultimo e scegli alla cieca un club solo per dovere e non perché ti piace: quelli dell'ultimo anno dicono che “devi fare la gavetta” e quindi scaricano su di te qualsiasi fatica. Come faccio a sapere che sei una matricola? Perché in due anni non ti ho mai visto qui. E fidati, se invece fosse successo il contrario, credo che sarei impazzito molto tempo addietro).
Ryoken aveva iniziato a non capire più nulla nel giro di poco: il coniglietto nero non faceva chissà che cosa e anzi, più che avanzare pareva arrancare per quei tre giorni della settimana diretto alla sala prove. Quello che più lo aveva colpito era il fatto che non chiedeva mai aiuto e anzi, se qualcuno gli si avvicinava per offrirgliene, lui rifiutava sempre, liquidando ogni approccio con un “Ce la faccio da solo, grazie”, nonostante fosse palese che necessitasse di un supporto.
Oltre a questo, non poteva certo negare che la sua coda nera fosse estremamente graziosa – e probabilmente anche morbida al tatto –, così come le sue orecchie, anch'esse nere, che oscillavano da una parte all'altra a ogni suo movimento
    (alcune volte si drizzavano per captare suoni o segnali e cielo, quanto era carino quando si concentrava, con quegli occhioni verdi simili a un prato in miniatura e le gote un poco arrossate a causa dello sforzo fisico).
Ryoken aveva letteralmente perso la testa per quel coniglietto nero. Era uno spettacolo di beatitudine a cui i suoi occhi si erano ormai fin troppo abituati, cosa che forse aveva fatto anche il suo cuore. Il lunedì, il mercoledì e il venerdì terminava le lezioni e sapeva che nel giro di una decina di minuti lo avrebbe visto – sempre tutto indaffarato – solo se si fosse appostato davanti l'uscita dell'ala del campus dove era stato rinchiuso per l'intera mattinata.
E quante volte aveva provato l'impulso a tratti irrefrenabile di avvicinarsi a lui e aiutarlo con tutti quei fastidi da trasportare. Quante volte aveva pensato di presentarsi a lui, camminare al suo fianco, scambiare qualche parola e poi salutarlo. Quante volte era stato sul punto di farlo, senza però mai muovere un muscolo nella sua direzione
    (lo seguiva sempre e solo con lo sguardo).
Quante volte aveva pensato che poteva farlo, perché dopotutto chiunque lì dentro si stava impegnando per mantenere integro l'equilibrio tra le due fazioni e quindi aiutare il coniglietto sarebbe stato sicuramente un importante passo in avanti per la buona causa.
E quante volte gli si era palesata nella mente la foto di un compagno del coniglietto ricoperto di sangue e con qualche osso rotto, spiattellata sulla prima pagina del giornale del campus, facendolo desistere. Quello che non sarebbe mai dovuto accadere, un'eresia che violava il codice del quieto vivere tra due mondi diametralmente opposti: un carnivoro che attaccava un erbivoro con l'intento di sbranarlo.
    (Un leone aveva attaccato una gazzella, il mese addietro. Il colpevole era stato arrestato e la gazzella, un ragazzo del secondo anno, ricoverato d'urgenza in ospedale. Si era salvato per puro miracolo, ma fortunatamente si stava riprendendo).
Ryoken era un lupo bianco. E insomma, in quale altro modo poteva concludersi la storia di un lupo che approcciava un coniglietto se non in prima pagina nella nuova edizione del giornale del campus al posto del leone e della gazzella?


2

Era lento, lo avrebbe raggiunto in fretta. Il coniglietto impiegava sempre un tempo considerevole nel percorrere il proprio tragitto verso la sala prove, quindi in men che non si dica il lupo avrebbe potuto palesarsi dietro di lui, di fianco a lui, addirittura davanti a lui, bloccandogli la strada.
Ryoken non lo aveva mai fatto. Era arrivato a pensare che forse l'infatuazione nei confronti di quella creaturina fosse solo una maschera di cartapesta pronta a sgretolarsi da un momento all'altro. Forse quell'infatuazione era solo un modo carino di celare il suo vero desiderio, ciò che più agognava: farlo suo.
E il non capire in che modo lo volesse lo destabilizzava: era sempre stato sicuro delle sue scelte e dello stile di vita che aveva deciso di condurre. Vivere come un lupo civilizzato in mezzo a tutta quella carne fresca non era una passeggiata, anzi, era una sfida quotidiana che metteva a dura prova i suoi nervi, la sua salivazione e i suoi atavici istinti. Eppure, più il tempo si riduceva in cenere e più imparava a reprimere la belva che albergava nel suo stomaco e nella sua coscienza, seguiva la rigida dieta del campus senza mai battere ciglio ed era arrivato al terzo anno accademico completamente pulito, la sua scheda era priva di macchie o sbavature di sangue e anzi, era considerato uno studente modello.
Ma non era facile. Non lo era mai, ogni giorno rischiava di tramutarsi in una tortura da un momento all'altro e
    (diamine, era dura da ammettere)
da quando aveva visto per la prima volta quel coniglietto era come se fosse tornato ai primi giorni trascorsi in quel campus, quando era lui la matricola e ancora doveva ambientarsi e imparare a controllarsi.
Quel coniglietto lo stava sconvolgendo interiormente come mai nessuno era riuscito a fare. E la cosa più assurda era che non aveva fatto proprio nulla di tanto eclatante, non gli aveva mai rivolto la parola e forse non lo aveva neanche mai guardato in faccia, semplicemente arrancava e faceva quei piccoli saltelli tanto graziosi e le orecchie si muovevano come timide onde del mare. Tutto qui.
E forse quel coniglietto era fantastico proprio per questo: perché sapeva rendersi speciale con poco.


3

La prima volta che Ryoken comprese di essersi veramente interessato a quel coniglietto nero avvenne un giorno come tanti, l'ennesimo in cui lo vide impegnarsi oltre ogni modo nel trasportare tutto il materiale nella sala prove. I senpai del terzo anno avevano una richiesta diversa ogni volta e la matricola si ritrovava sempre con qualcosa di diverso tra le braccia e sulle spalle.
Ma sostanzialmente la scena non cambiava mai, non esisteva alcun nuovo atto che mandasse avanti lo spettacolo: tutto iniziava nel momento in cui lo vedeva e tutto finiva nel momento in cui raggiungeva la sua destinazione... fino a quel giorno in cui Ryoken si rese conto che, nel momento in cui incatenò lo sguardo alla sua figura, si era sentito talmente felice che il cuore aveva iniziato a battere celere nella cassa toracica, le pupille gli si erano dilatate, le orecchie gli si erano drizzate e non riusciva a smettere di sorridere.
Poi, solo in un secondo momento, si rese anche conto che stava scodinzolando in maniera a dir poco imbarazzante, motivo per il quale portò le mani dietro la schiena nel tentativo di frenare quella coda bianca impazzita che, ne era certo, se fosse stata poggiata a terra avrebbe spazzato in men che non si dica il pavimento dell'intera palestra del campus, rendendolo lindo e brillante.
    (Avrebbe dovuto comprare dei pantaloni che contenessero la coda, ormai lo aveva capito...)


4

Il giorno in cui tutto cominciò per davvero, avvenne circa due settimane dopo l'inizio dello scodinzolare impazzito che ormai si palesava, facendosi beffe di lui, ogniqualvolta lo vedeva. Il coniglietto quel giorno era intento a trasportare una mole di materiale fin troppo esagerata; arrancava più del solito e almeno tre volte aveva rischiato di mollare la presa, lasciando malamente ruzzolare tutto a terra.
    (Una miriade di colori si sarebbe riversata sul terreno del campus, ma Ryoken ne era certo, quel coniglietto nero aveva i colori più belli fra tutti).
All'ennesimo passo incerto, ecco che accadde: la parte superiore di quell'immensa piramide di cartoncini, stoffe e matite colorate crollò rovinosamente, sparpagliandosi ovunque, seguita da un sospiro rassegnato da parte della creaturina.
Per Ryoken era arrivato il momento di agire. Ora o mai più: il suo coniglietto, quella volta, aveva veramente bisogno di aiuto. Del suo aiuto.
Per questo, con uno scatto, si impose di arrivare per primo, sorpassando tutti coloro che come lui erano intenzionati ad aiutarlo. Fortunatamente non c'erano molti studenti, quel giorno, alcuni ancora impegnati con le lezioni o altri che già presenziavano alle sedi dei propri club. Era davvero il suo momento. Il loro.
    (E al diavolo qualsiasi tipo di freno che si era autoimposto fin dal primo giorno. Ormai aveva raggiunto il limite, non poteva più stargli lontano. Il campus incoraggiava costantemente il dialogo tra erbivori e carnivori – quale modo migliore per avvicinarsi se non col dialogo? – e quindi lui, studente modello quale era, stava solo adempiendo a quella che era la guida massima per incentivare il quieto vivere tra le due fazioni).
    «Coniglietto, posso aiutarti?» domandò, ormai a pochi passi da quell'esile figura, la fonte primaria di ogni suo più intimo e romantico pensiero.
Accadde però qualcosa che forse non aveva preventivato. E forse avrebbe dovuto farlo, perché andava bene impegnarsi per instaurare un rapporto civile tra erbivori e carnivori, ma restava comunque il fatto che il lupo tendeva a cibarsi del coniglio allo stesso modo in cui il leone si cibava della gazzella.
E quando vide il coniglietto nero abbassare completamente le orecchie, si rese conto della precaria posizione nella quale si trovavano entrambi
    (oltre al cuore che scricchiolò appena).
Voleva scappare. Glielo si leggeva perfettamente nello sguardo, in quegli occhioni verdi completamente sgranati e nelle gambe che tremavano appena.
    «N-no, ti ringrazio... faccio da solo» borbottò poi, ripresosi dallo shock iniziale. Si chinò a recuperare tutto il materiale sparpagliato intorno a lui – intorno a loro – e se lo issò nuovamente sulle braccia. Neanche il tempo di compiere il primo passo
    (o il primo, grazioso saltello)
che l'instabile piramide colorata crollò nuovamente, sparpagliandosi ancora.
Il coniglietto reiterò quell'azione altre tre volte prima di arrendersi – Ryoken lo aveva osservato per tutto il tempo senza battere ciglio, completamente impressionato da tutta quella testardaggine.
    «Forse... forse ho bisogno di aiuto» disse infine, fissando il terreno imbarazzato.


5

Era... oh cielo, era tenerissimo. Ora che era libero da almeno tre quarti del peso, Ryoken aveva la possibilità di osservarlo al meglio e il modo in cui il coniglietto saltellava ogni due o tre passi con molta più scioltezza era un bombardamento di graziosità che fece vacillare il suo cuore ben più di una volta. Impiegò tutta la sua forza di volontà nell'impedire alla coda di scodinzolare da una parte all'altra senza ritegno alcuno.
    «Come mai hai scelto il club di teatro?» gli domandò. Sapeva già la risposta, ma il coniglietto non sapeva che lui sapeva. E una domanda simile era l'ideale per rompere il ghiaccio durante quella passeggiata.
    «Solo perché avevano ancora bisogno di alcuni membri per essere al completo» rispose infatti, dicendo l'ovvio. «Fosse stato per me, non lo avrei mai scelto».

    «Se posso darti un consiglio, l'anno prossimo, appena riapriranno le iscrizioni, punta a quello di informatica. Credo che ti troverai molto meglio
    (tralasciando il fatto che sono il presidente del club, si intende)
e non dovrai neanche trasportare quintali di cose da una parte all'altra del campus».
    «Oh... grazie per la dritta».
    «Figurati».
Giunsero davanti l'entrata della sala prove in men che non si dica. Dopotutto erano entrambi veloci quando si trattava di avanzare senza alcun impedimento. Solo che Ryoken fu preso in contropiede perché non se lo aspettava: era talmente abituato a vedere il coniglietto impiegare così tanto tempo per completare il tragitto che non aveva preso in considerazione il fatto che grazie al suo aiuto la passeggiata sarebbe durata molto meno.
Aveva ancora così tante cose da dirgli e da chiedergli...
    «Ah, siamo già arrivati...» disse, le orecchie un poco abbassate per il dispiacere. «Allora... ci vediamo, coniglietto» si congedò dopo aver poggiato a terra tutto il materiale.
    «Sì, ci vediamo... grazie per l'aiuto» sussurrò un po' incerto.
Ryoken abbozzò un sorriso prima di voltargli le spalle e allontanarsi.
    «Comunque...»
Si fermò di scatto non appena il più piccolo riprese a parlare, voltandosi nuovamente verso di lui.
    «Non mi chiamo “coniglietto”. Mi chiamo Yusaku» borbottò prima di chinarsi per recuperare i cartoncini e le matite colorate.
    (Tieni a freno la coda...)
    «Io sono Ryoken. Allora ci vediamo, Yusaku».


6

Nelle settimane successive, le cose tra di loro mutarono significativamente. Yusaku non era più intimorito all'idea di camminare al fianco di un carnivoro e, al contempo, Ryoken era orgoglioso di se stesso perché riusciva a mantenere un controllo impeccabile sui suoi impulsi – anche quelli più lascivi.
L'idea di voler far suo Yusaku non era certo scemata, anzi, più si avvicinava a lui e più quel desiderio si faceva impellente, ma quantomeno era arrivato alla conclusione che non anelava la sua carne per mero fabbisogno nutritivo, bensì nella maniera più intima e romantica del mondo. Ma avrebbe tenuto per sé quel pensiero, perché non poteva in alcun modo permettersi di rovinare tutto quanto per una cosa del genere: per guadagnarsi la fiducia di Yusaku aveva sudato sette camicie e se doveva essere onesto, aveva ancora l'immagine di lui con le orecchie completamente abbassate, le gambe tremebonde e gli occhioni verdi spalancati del loro primo, vero incontro.
    (Una preda che aveva perso completamente ogni speranza di salvezza alla vista del proprio predatore così vicino alla sua giugulare).
E gli faceva ancora tanto male. Inoltre, la paura legata all'increscioso incidente di qualche mese addietro aleggiava ancora nell'aria come un veleno mortifero.
Non voleva tornare al punto di partenza ora che le cose tra di loro erano progredite così tanto: erano arrivati addirittura a pranzare insieme e Ryoken aveva preso l'abitudine di acquistare dalle macchinette degli snack alla mela essiccata e alla carota, i preferiti di Yusaku, perché quando aveva scoperto che a causa delle “mansioni” assegnategli dai senpai del club di teatro non riusciva nemmeno a ritagliarsi cinque minuti per pranzare, era quasi andato nel panico pensando al coniglietto con lo stomaco che brontolava mentre svolgeva tutti i suoi lavori.
Da quando aveva iniziato ad accompagnarlo con tre quarti di materiale sulle braccia, arrivavano sempre in largo anticipo davanti la porta della sala prove. Allora poggiavano tutto quanto a terra e Ryoken dallo zaino estraeva il sacchetto con gli snack che piacevano tanto a Yusaku, regalandoglielo ogni volta – Yusaku si era opposto un'infinità di volte perché sapeva che quegli snack non erano alla portata di tutti, ma Ryoken avrebbe volentieri speso l'intero patrimonio se ciò significava non fargli saltare mai il pranzo.
    «Credo che oggi pioverà» annunciò Yusaku mentre rosicchiava uno snack alla carota. «Anche se spero di sbagliarmi, dato che non ho l'ombrello con me».
    «Già» confermò Ryoken, intento a osservare un cielo apparentemente placido e tranquillo, privo di qualsiasi increspatura. «Nemmeno io».


7

Alla fine, Yusaku ci aveva preso in pieno: stava piovendo. E non era nemmeno un semplice acquazzone, bensì una vera e propria tempesta di ghiaccio. Dopo aver terminato un progetto coi membri del club di informatica, Ryoken corse a perdifiato verso la sala prove del club di teatro. Aveva un brutto presentimento, un pesante e opprimente macigno che gli ingombrava la bocca dello stomaco. Un vero e proprio tarlo che gli divorava qualsiasi pensiero positivo.
E quando lo vide lì, davanti l'entrata dell'edificio, tremebondo, infreddolito e con le orecchie completamente abbassate, il cuore gli si serrò in una morsa spietata. Digrignò i denti, ma quando lo raggiunse li aveva nuovamente nascosti perché l'ultima cosa che voleva era spaventarlo ancora di più.
    «Yusaku...» lo chiamò.
Il coniglietto si voltò, un sorriso tirato gli incurvava le labbra e gli occhi erano pregni di lacrime che rischiavano di solcargli le guance da un momento all'altro.
    «Sto bene. Sto aspettando che torni il bel tempo per recarmi al mio dormitorio, cosa che dovresti fare anche tu. Il tuo è qui vicino, se non erro» disse, la voce incrinata dal principio di un pianto incontrollato.
    «Cosa ti hanno fatto?» domandò Ryoken con voce improvvisamente più roca.
    «Il solito: mi hanno ignorato. E siccome dovevo ancora finire di sistemare alcune cose, se ne sono andati senza di me». Ora la voce di Yusaku tremava molto di più
    (no, si era ormai spezzata).
    «Quei bastardi! Senti, non è sicuro rimanere qui, lo sai».
    «Ma non ho un posto dove andare, il mio dormitorio è dall'altra parte del campus...»
    «Puoi sempre venire con me».
Yusaku sgranò gli occhi e, ancora una volta, Ryoken fu colpito dalla limpidezza di quel verde che tanto gli ricordava un profumato prato primaverile.
    «Venire... con te...?»
    (Complimenti, ora sì che lo hai spaventato a dovere. Cosa ti è saltato in testa? Invitarlo nel tuo dormitorio che è solo ed esclusivamente per carnivori, sei serio? Starà pur piovendo a dirotto, ma ti sei appena bruciato qualsiasi possibilità con lui, anche la più piccola e incerta).
    «Io...»
Tentò di rimediare al danno commesso, senza però riuscirci: Yusaku tremava ancora quando lo abbracciò forte, nascondendo il volto rigato di lacrime e pioggia contro il suo petto.
    «Portami con te, Ryoken... voglio stare con te... ho paura e tanto freddo...»
Probabilmente il suo cuore cessò di battere per un istante. Poi deglutì sonoramente prima di staccarsi da lui e guardarlo negli occhi.
    «Perdonami, Yusaku: so che a voi coniglietti non garba molto essere presi in braccio, ma...
    (Gli bastò un istante per avere quel corpicino a stretto contatto col suo petto)
... così faremo prima».
E corse. Lontani da tutto e da tutti, lontani dalla cattiveria del mondo e da quel cielo che scaricava tutta la sua frustrazione sulla Terra.
In quel tardo pomeriggio vessato dalle intemperie più iraconde, per la prima volta Yusaku entrò nella tana del lupo.
    (La prima di tante).


8

Era una fortuna che il dormitorio fosse quasi completamente vuoto, quel giorno. Molti studenti erano rimasti rinchiusi nelle aule o negli spazi adibiti ai club in attesa che le condizioni atmosferiche migliorassero, motivo per il quale l'imponente edificio a tre piani pareva quasi abbandonato.
Un'infinita cascata di goccioline scendeva dai loro corpi ansanti, adagiandosi poi sul pavimento della stanza di Ryoken. Non ci badò più di quel tanto: avrebbe pulito in un secondo momento. La sua priorità, ora, era che Yusaku non si prendesse un malanno: gli offrì un asciugamano e poi, mentre Yusaku si strofinava energicamente i capelli, rovistò nell'armadio alla ricerca di una felpa e di un paio di pantaloni comodi. Probabilmente gli sarebbero stati un – bel – po' larghi, ma almeno lo avrebbero riscaldato a dovere.
Un tuono riecheggiò nel cielo come l'urlo di una divinità furibonda, facendo tremare i vetri delle finestre. Ryoken sussultò nel momento in cui avvertì Yusaku abbracciarlo da dietro. In un primo momento credette che lo avesse fatto in un abbrivo dettato dalla paura per il tuono; quando poi Yusaku respirò a fondo e cominciò a strusciare la punta del naso contro il tessuto della giacca umida di pioggia, però, Ryoken lasciò cadere a terra i vestiti di ricambio e a fatica riuscì a voltarsi nella sua direzione.
Yusaku alzò lo sguardo, incontrando i suoi occhi azzurri, in netto contrasto col cielo nero di quel tardo pomeriggio.
    «Quando ho detto che volevo stare con te, ero serio. Voglio stare con te... ora».
Ryoken colse perfettamente il messaggio celato dietro quelle parole. Era esattamente quello che lui desiderava da chissà quante settimane, ormai.
I rapporti tra specie diverse erano all'ordine del giorno, lì al campus: era normale sperimentare il sesso con qualcuno che fosse completamente diverso da te. L'unica “regola” non scritta che però tutti quanti si premuravano comunque di rispettare, era quella secondo cui gli erbivori dovevano fare sesso solo con gli erbivori e i carnivori solo coi carnivori. Chissà cosa sarebbe capitato se un carnivoro, durante l'amplesso con un erbivoro, avesse perso il controllo. I morsi e i graffi passionali si sarebbero tramutati in vere e proprie lacerazioni e l'odore del sangue avrebbe sicuramente incrementato la sua fame e la sua sete al punto tale dal renderlo una belva indomabile.
E cielo, loro erano un lupo e un coniglio. La catena alimentare, in quel caso, non parteggiava certo per loro.
    «Yusaku, io...»
    «So che lo vuoi anche tu. L'avevo capito già da un po'... e in ogni caso la tua coda non mente».
    (Dannazione, stava scodinzolando come un lupacchiotto alla sua prima volta!)
Tentò di frenarla e di frenare con lei qualsiasi altro impulso o emozione, ma Yusaku si strinse ancora più forte a lui e si alzò sulle punte dei piedi, sfiorandogli le labbra. Quel semplice contatto bastò a mandare Ryoken fuori controllo, un controllo che riuscì miracolosamente a riconquistare solo dopo aver fatto cadere Yusaku sul letto, rendendosi conto di sovrastarlo con la sua stazza.
Erano avvinghiati e Yusaku ne aveva approfittato per cingere anche le gambe attorno a lui. Ryoken avrebbe potuto liberarsi con estrema facilità da quella presa, ma non riusciva a farlo. O meglio, non voleva farlo. E le loro labbra erano di nuovo così vicine...
    «Hai visto cosa ti ho appena fatto? Dopo quello che è successo, tu... tu vuoi ancora rimanere qui, con me?»
    «Sì».
    «Yusaku... se non avessi ripreso subito il controllo di me, io–»
    «Ma l'hai fatto. E sei pentito del tuo gesto – anche se non dovresti».
Le mani di Yusaku scivolarono lungo la sua schiena, poi risalirono sulle spalle, poggiandosi poi sulle sue guance. «Io mi fido di te. E so che non mi farai del male. Teniamo troppo l'uno all'altro per ferirci... e se non fosse stato per te, probabilmente a quest'ora sarei morto di paura sotto la tempesta».
Ogni più piccolo sospiro aveva carezzato le sue labbra. Ryoken ne aveva seguito ogni minimo movimento, avvertendo un forte calore invadergli il petto, diramandosi poi in ogni parte del corpo, basso ventre compreso.
Voleva quelle labbra. Voleva quel corpo. Voleva...
    («Ti voglio. E te lo prometto, non ti farò del male».)
... Yusaku. Voleva Yusaku.
Catturò quelle labbra morbide come una brioche appena sfornata e si ustionò l'epidermide. Mentre si baciavano, cercarono di sistemarsi meglio sul letto, in una posizione un po' più comoda. E fu quando realizzò di poter finalmente muovere un braccio che portò la mano a vagare sulla schiena di Yusaku, scendendo giù, sempre più giù, arrivando a toccare quel batuffolo rotondo che era ormai diventato il suo chiodo fisso.
La coda di Yusaku era soffice come una nuvola, come la prima neve dell'anno, come...
    «Mh, Ryoken...» borbottò Yusaku, staccandosi un po' da lui. «Mi stai strizzando la coda».
    «Ah, scusa!» esclamò, liberando l'adorabile batuffolo da una presa forse un po' troppo eccessiva.
    «Tranquillo, non mi hai fatto male» ridacchiò Yusaku, avvicinando di nuovo le labbra alle sue.
    «E non te ne farò mai» promise Ryoken, prima di sprofondare nuovamente nel candore di quel contatto.
Glielo promise un'infinità di volte quella sera e un'infinità di volte
    (più una)
mantenne quella promessa.
Fino all'ultimo giorno trascorso insieme. Per sempre.
   
 
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