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Autore: Francyzago77    15/08/2021    6 recensioni
Questa storia nasce come seguito de "La figlia di Georgie". Sono passati diversi anni, quelli che erano bambini sono ormai cresciuti e coltivano sogni, desideri, amori e sentimenti che s'intrecceranno con le vite dei loro genitori.
Dopo più di un anno che era nel cassetto ho deciso di pubblicare questo racconto...consiglio di leggere "Georgie il sequel" e "La figlia di Georgie" dato che questa ne è la prosecuzione.
La maggior parte dei personaggi presenti non mi appartengono, sono di proprietà di Mann Izawa. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Arthur Butman, Georgie Gerald, Maria Dangering, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Sono in ansia per Sophie – disse Georgie a suo marito rientrati in casa, aprendo la porta della camera da letto.
-Perché? – domandò lui stupito – Cos’ha?
-La vedo così triste – rispose lei – insoddisfatta. Tu sei giustamente preso dalla costruzione della casa, dagli affari con il padre di Peter e spesso sei fuori. Invece io la osservo ogni giorno e la trovo scontenta e inappagata.
-Ma se deve sposarsi! – ammise Abel – E non è felice? Può essere agitata, preoccupata ma non triste.
-Non lo so – continuò Georgie – credo abbia voglia di realizzarsi come donna e non soltanto come moglie o madre. Ha del talento nella pittura, quando dipinge è serena. Ne parlavo proprio questa mattina con Arthur.
-Perché con Arthur? – chiese subito Abel con sospetto.
-Lui riesce sempre a comprendere Sophie – rispose Georgie – a parlarci con sincerità e lei lo ascolta.
-Molto meglio di me? – chiese lui stizzito. 
Abel – sospirò Georgie – è un rapporto diverso. Ti prego non tirare fuori quelle vecchie questioni.
-No, certo – disse lui in tono ironico – non posso mai dire nulla io! Sono anni che non dico niente per il bene di tutti ma sono io quello che l’ha cresciuta e non le ha mai fatto mancare qualcosa, mai! Però Arthur è quello buono, che dispensa consigli e la capisce a meraviglia, vero Georgie? E lei porta nel cuore la sua fattoria tanto da sceglierla come posto per le nozze.
-Basta! – replicò Georgie sconvolta – Non capisci che non ho bisogno ora delle tue gelosie!
Si mise seduta davanti allo specchio e iniziò a pettinarsi i capelli biondi. Abel seduto sul letto non diceva una parola.
-Vorrei proporre a Sophie – esordì Georgie più calma, continuando a sistemarsi con la spazzola – poiché nel disegno riesce bene, di realizzare degli abiti particolari, con delle rifiniture fatte da lei, alcune clienti me li hanno chiesti. Domani le suggerirò questa idea.
-Va bene – disse Abel ormai disteso sul letto – credo anche Peter sia d’accordo.
-Perché deve chiedere a lui il permesso? – esclamò Georgie inquieta – Io non ti ho mica chiesto se potevo fare la sarta, né tantomeno Maria ha avuto bisogno del consenso di Arthur per insegnare!
Abel aveva capito di aver detto una sciocchezza, si rigirò nel letto tentando di dormire mentre Georgie continuava a pettinarsi davanti allo specchio. 
La mattina seguente Abel si alzò tardi, Georgie già era uscita, in cucina trovò la colazione pronta e Daisy che stava mangiando seduta.
Erano soli e questo inquietò subito la ragazza mentre lui si sedette di fronte, quasi a sfidarla.
-Georgie e Sophie – esordì lei – sono andate alla sartoria. 
-Lo immaginavo – disse Abel a testa bassa- tu cosa farai oggi?
-Eric mi porta al fiume più tardi – rispose Daisy – arriverà fra un’oretta.
-Non ci pensi proprio – le chiese Abel fissandola ora negli occhi – a dichiarargli tutta la verità?
-Perché? – sospirò lei – È una verità che fa male.
Abel si alzò, non riusciva a stare fermo, si spazientì dicendo:
-Ci tengo troppo a quel ragazzo, non voglio che soffra!
-Soffrirà – disse lei – se saprà la verità.
-Hai ragione anche tu – sentenziò Abel uscendo di casa sbattendo la porta.
Intanto Georgie alla sartoria aveva fatto vedere a sua figlia delle nuove stoffe, le aveva ordinate una cliente, la signorina Banty e voleva confezionarci degli abiti esclusivi.
Sophie poteva occuparsi del lavoro, doveva andare dai Banty, selezionare le stoffe e creare dei vestiti su misura per la ragazza.
Georgie pensava che quella potesse essere per sua figlia una buona occasione per tirar fuori la sua creatività e le sue abili doti.
E così Sophie partì con il calesse portando con sé le stoffe, era contenta di iniziare questo nuovo lavoro e fare nuove esperienze. 
Olivya Banty era la figlia di un rappresentante dell’alta borghesia di Sydney, Sophie la conosceva bene perché la ragazza, da bambina, aveva vissuto con i nonni in campagna ed aveva frequentato per un anno la scuola di Maria.
Poi quando suo padre era tornato dall’Europa, lei si era trasferita in un ricco villino tra il porto e la città con i suoi genitori.
Sua madre si serviva sempre da Georgie per gli abiti, era una sua affezionata cliente perché amava il gusto e la grazia con cui realizzava i vestiti.
Olivya era sempre stata gentile con Sophie, ricordava con affetto l’infanzia passata insieme a scuola e poi, essendo Gerald un importante rappresentante del Governo e conte, teneva la ragazza in alta considerazione.
Sophie invece non amava questi ragionamenti, era stato proprio suo nonno ad insegnarle che le persone hanno stessa dignità e un titolo nobiliare non deve fare la differenza tra gli uomini.
Arrivò a villa Banty convinta di fare un buon lavoro e di farsi apprezzare per le sue capacità.
Olivya la accolse con entusiasmo, per un’ora visionarono le stoffe e parlarono degli abiti da realizzare.
-Fermati qui Sophie – la invitò Olivya gentilmente – tra poco arriveranno degli amici inglesi, passeremo il pomeriggio sorseggiando tè e leggendo versi e poesie, pomeriggi letterari si chiamano.
Sophie era in imbarazzo, non conosceva bene la letteratura ed aveva timore di sentirsi un pesce fuor d’acqua, comunque, per non deludere la sua cliente, decise di fermarsi.
Olivya l’accompagnò nel salottino, dove già vi erano due ragazze e tre ragazzi, tutti di Sydney, gli inglesi invece sarebbero arrivati fra poco. 
-Lei è Sophie – disse Olivya presentandola al gruppo – è la nipote del conte Gerald, il nostro deputato alla Camera.
-Sono Sophie Buttman – affermò con fierezza lei, mal sopportando quel voler sottolineare i titoli e lo stato sociale delle persone.
-Vieni a sederti – le disse Olivya invitandola e porgendole una sedia – ora la cameriera servirà tè e pasticcini.
Sophie era veramente pentita di essere rimasta lì, osservava l’ambiente e gli invitati sorridendo con cordialità e cercando di seguire qualche discorso.
Si parlava di letteratura inglese ma lei si limitava ad annuire senza commentare nulla.
Un ragazzo leggeva dei versi a voce alta, Sophie ascoltava senza troppo entusiasmo.
Era distratta, assaggiò un biscotto e non si accorse che erano entrati due ragazzi accompagnati da Olivya, uno di loro si sedette proprio davanti a lei e fu quando alzò lo sguardo che lo vide per la prima volta.
Era appoggiato al tavolo col braccio destro, nell’altra mano teneva un libro, aveva i capelli castani un po’ lunghi, quasi sulle spalle e due occhi azzurri che la guardavano intensamente.
-Sei qui per ascoltare? – le chiese con interesse.
Sophie non riuscì ad aprire bocca, talmente era presa da quella presenza così affascinante.
-La lettura! – ribadì lui mostrandole il libro.
Lei annuì ma non aveva ben capito, lui si alzò dicendole:
-Tocca a me, vado a declamare. 
Si posizionò al centro della stanza e iniziò a leggere dei versi di Lord Byron.
Sophie era presa dalla sua voce, dai suoi gesti, dai suoi occhi, non le era mai capitato di provare una sensazione così intensa.
Non era importante quello che leggeva ma come lo diceva.
In quegli istanti dimenticò tutto, nella sua mente vi era soltanto quel ragazzo sconosciuto mentre il cuore le batteva forte quasi al ritmo di quei versi poetici.
 Al termine ci fu un lungo applauso dei presenti, uno di loro disse:
-Bravo Percy, sei stato perfetto!
Percy, pensò Sophie, quello era il suo nome, lo osservava mentre parlava con un tizio dall’altra parte della stanza.
Poi vide che tornò indietro e si mise seduto di nuovo accanto a lei.
-Come sono andato? – le domandò con sicurezza.
-Benissimo – rispose tentennando lei – è stato coinvolgente.
-Conoscevi quei versi? – le chiese.
-Veramente no – balbettò Sophie – no.
-Tieni – le disse porgendole il libro – li trovi qua sopra, domani saremo di nuovo qui, ne riparleremo.
-Grazie – sussurrò lei senza guardarlo – ma io …
-Ci vediamo domani – la salutò lui accarezzandole la guancia.
Sophie rimase seduta, osservandolo nuovamente mentre camminava sicuro verso la finestra.
   
 
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