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Autore: Iam_Cactus    23/08/2021    2 recensioni
Ci si può innamorare in 7 giorni?
(......)
E poco importava quanto poco maschile potesse essere lasciarsi trasportare in quel modo, o quanto irritante fosse trovare piacevole il contatto col suo petto contro la propria schiena, in quel momento nella mente di entrambi c’era un unico pensiero a farsi spazio nella mente.
Non era stata affatto male quella giornata insieme.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 0



 

 

Katsuki Bakugo odiava il puzzo di disinfettate che permeava ogni millimetro di quell’ospedale.

Ogni volta che si lasciava quel luogo alle spalle, poi gli rimaneva appiccicato alla divisa scolastica per giorni, costringendosi ad usare quella di ricambio e, se la puzza persisteva, si trovava addirittura costretto ad indossare quella invernale.

No, tra le tante cose che non riusciva a tollerare, quell’odore era in cima alla lista, ed Izuku Midoriya ne era perfettamente a conoscenza, per questo si limitava a sorridere ed ad apprezzare quei pochi minuti di visita che gli concedeva nel fine settimana.

 

26 Luglio


«Mi dimetteranno domani.»

La voce squillante del ragazzo sovrastò addirittura il canto delle cicale che proveniva dalla finestra, sapientemente aperta per cacciare via l’odore stantio che aveva preso di mira le narici del biondo, seduto scompostamente a braccia incrociate accanto al letto di Izuku.

Shoto Todoroki era in piedi al lato opposto, impeccabile nella sua divisa nonostante il caldo torrido, con l’orecchio proteso a catturare ogni singola parola del compagno di classe come se non esistesse suono più soave.                                                              Gli occhi bicolore gli accarezzavano la pelle lentigginosa, mentre lui continuava a parlare di quanto fortunata fosse quella coincidenza, dato che domani la sua fumetteria di fiducia avrebbe scaricato il primo volume di un fumetto che stava aspettando da mesi.

Poco importava quanto crescesse, Izuku rimaneva un completo idiota.

Non che Shoto fosse da meno: perché limitarsi a guardarlo con la bava alla bocca, anziché fare qualcosa?

Katsuki arricciò il naso, stanco di essere l’unico a notare tanta ovvietà ed a dover anche stare zitto, o sarebbe apparso come il solito stronzo che si sentiva al di sopra di chiunque solo perché leggermente più sveglio.

O così gli avrebbe detto quella “faccia tonda” di Uraraka.

E sapeva che glielo avrebbe detto, considerato il rapporto che aveva con Midoriya.

Lo sguardo cadde istintivamente sull’orologio che aveva al polso.

Mancava poco al termine dell’orario delle visite, ed erano ben cinque minuti che se ne stava seduto ad ascoltare i loro discorsi inutili e superflui.

Inoltre, non voleva correre il rischio di dover fare la strada del ritorno con quell’idiota metà e metà –sapeva che lo avrebbe messo in difficoltà coi suoi discorsi asettici, e non ne aveva la minima voglia.

Si alzò in piedi ed afferrò la borsa, sistemandosela su una spalla, catturando l’attenzione dei due.

«Torni a casa, Kacchan?»

«Si, ci si vede.»

«Grazie ancora per oggi, mi fanno sempre piacere le tue visite.»

Gli sorrise Izuku, guadagnandosi un grugnito come saluto, per poi varcare la soglia della porta ignorando totalmente qualsiasi cosa avesse detto Todoroki subito dopo.

Percorse in fretta il corridoio e, arrivato all’ascensore, il cui piccolo schermo sovrastante ne avvisava la discesa al proprio piano, iniziò a premere forsennatamente il pulsante –come se questo avrebbe potuto velocizzare le cose.

Nemmeno si accorse delle occhiatacce lanciate dagli infermieri alle proprie spalle.

Un suono metallico lo avvisò dell’arrivo e, non appena le porte gli si aprirono davanti, entrò in fretta, ignorando la persona che vi era già al suo interno, ed allungò una mano per…

«Bakugo!»

La voce di Shoto lo raggiunse con snervante tempismo, facendogli ringhiare un “merda” decisamente annoiato.

«Potremmo tornare…»

Tuttavia non ebbe modo di terminare la frase perché le porte si chiusero prima di permetterglielo.

Rimase intontito per qualche secondo, prima di spostare lo sguardo sulla mano che aveva premuto sul tasto per anticipare la chiusura della porte.

«Ora mi devi un favore.»

Lo sorprese la voce, appartenente ad un ragazzo che indossava la sua stessa divisa scolastica.

Aveva un’aria familiare, ma non aveva la più pallida idea di chi diamine fosse, ma di una cosa era certo: aveva dei capelli di merda.

Lo vide inarcare un sopracciglio, ed il sorriso ingenuo vacillò.

«Stavo.. Stavo scherzando, non immaginavo che la cosa ti avrebbe dato tanto fastidio.»

Poco importava, non era importante capire chi era.

Le porta dell’ascensore si aprirono, ed il biondo uscì in fretta, sperando che Todoroki non avesse la straordinaria capacità di farsi quattro piani a piedi in meno di tre minuti.

Ovviamente le disgrazie non capitano mai da sole, e se era fortunatamente riuscito a cavarsela col “bastardo metà e metà”,  mister “capelli di merda” aveva deciso di appiccicarglisi al culo e non dargli pace.

«Hey, Bakugo! Aspetta!»

Magnifico, conosceva anche il suo nome.

In una manciata di secondi fu al suo fianco.

«Potresti almeno ringraziarmi.»

«Hai premuto un bottone, avrei potuto farlo anche io.»

Sbuffò irritato.

«Ma non lo hai fatto.»

«Si può sapere che diamine vuoi? Sei una specie di stalker?»

«Uno stal..? Cosa?! No! Faccio sempre questa strada per tornare a casa, lo sai.»

Katsuki corrugò la fronte, dubbioso. Lo sapeva?

«Non sai chi sono, vero?»

Ridacchiò, passandosi una mano sulla nuca ed arrossendo appena per l’imbarazzo.

«Andiamo entrambi alla U.A., mi chiamo Eijiro Kirishima. Sono letteralmente ad un paio di banchi da te.»

«E perché proprio oggi hai deciso di rompermi le palle?»

Eijiro sobbalzò a quelle parole e si ritrovò a distogliere lo sguardo dal biondo, nel tentativo di scegliere accuratamente le parole da utilizzare per non farlo innervosire.

«Bhe, eri in ospedale.»

«Si, anche tu.»

Il silenzio che ne seguì gli fece intuire che dare spiegazioni, in quel caso, non sarebbe stata una cattiva idea.

Almeno avrebbe evitato probabili pettegolezzi fondati sul nulla.

«Un mio compagno di classe si è fatto male, sono venuto a trovarlo.»

«Oh, mi dispiace, spero non sia nulla di grave.»

«Si è solo rotto una gamba.»

Eijiro sbatté le palpebre, confuso: solo?

Il sorriso tornò ad illuminargli il viso, ricordando il modo in cui Bakugo affrontasse ogni singola situazione, e dubitava che il suo approccio scolastico fosse tanto diverso da quello di tutti i giorni.

Lo ammirava, senza dubbio, forse un po’ influenzato da come ne parlava Izuku.

Probabilmente  per questo non era sorpreso dal fatto che non si ricordasse di lui, nonostante fino a poco fa fossero nella stessa classe, ad affrontare il medesimo compito di aritmetica di fine anno.

Forse era la persona giusta a cui dirglielo.

«Non mi chiedi per quale motivo fossi lì?»

«Non mi interessa.»

«Già, lo immaginavo. Ma ciò non toglie che ti ho salvato e che mi devi un favore.»

Per la prima volta da quando erano usciti dall’ospedale i loro sguardi si incrociarono, e gli occhi di Katsuki esprimevano tutta l’irritazione che, probabilmente, aveva trattenuto da quando gli aveva rivolto la parola.

«Hai detto che stavi scherzando.»

«Ho cambiato idea.»

Il biondo si fermò, indicando un viale che portava ad una piccola casa.

«Io sono arrivato, stammi bene…»

«Eijiro Kirishima.»

Lo aiutò l’altro, venendo in aiuto del suo annoiato tentativo, privo di motivazione, di ricordare il suo nome.

«Quindi abiti qui. Bene, domani passo a prenderti, andiamo al mare.»

«Assolutamente no.»

Asserì secco, dirigendosi verso la porta.

«Mi devi un favore, e sarebbe un peccato se tu mi deludessi. Potrebbe pesarti sulla coscienza per tutta la vita.»

«Devi essere parecchio sicuro di te se lo credi sul serio.»

La mano del rosso si poggiò sulla spalla di Katsuki, costringendolo a voltarsi quel minimo che bastava a guardarlo sul viso. Il sorriso era sempre lì, ma c’era qualcosa di incomprensibile che brillava negli occhi scarlatti, rendendoli paradossalmente spenti.

«Potrei morire presto.»

Bakugo rimase immobile, congelato dalle parole del ragazzo.

«Se è uno scherzo…»

«Non lo è. Passo a prenderti domani, allora.»

Il contatto tra loro terminò all’improvviso, esattamente come era iniziato, e quando il rosso non fu più nello sguardo di Katsuki, questi si chiese se avesse realmente vissuto i momenti di poco prima.

   
 
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