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Autore: Josy_98    16/09/2021    1 recensioni
Prima di incontrarsi con la compagnia dei nani alla casa dello hobbit, Gandalf fece visita a una vecchia amica chiedendole di mantenere una promessa fatta tanti anni prima. Quella giovane, che così giovane non è, si troverà così costretta a partecipare a un viaggio corrispondente a un doloroso e continuo tuffo nel passato, in mezzo a ricordi che l'intera Terra di Mezzo ha dimenticato. Per non parlare della verità celata dietro alla sua natura: la sua parte di elfo, razza disprezzata da Thorin e i nani, non è la peggiore. Una realtà molto più oscura, infatti, la segue come un'ombra che non si è ancora rivelata.
Estratto dal primo capitolo:
"Perchè lo fai?"
Lei si voltò verso di lui. "Non è ovvio?" chiese. Al silenzio del nano sospirò. "Conoscevo tuo padre, e conoscevo tuo nonno. Erano entrambi miei amici. Ho fatto loro una promessa e intendo mantenerla." disse.
"C'è qualcos'altro." ribattè lui. "Qualcosa che non mi hai detto."
"Sono tante le cose che non ti ho detto." rispose.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bilbo si voltò ad osservare Lumbar, in cerca di una spiegazione, ma la ragazza era troppo presa a seguire l'avvicinamento di Bard a Dale, dove l'aspettava Thranduil, grazie alla sua vista elfica.

Balin la osservava preoccupato con una mano chiusa a pugno davanti alla bocca. Era preoccupato, si vedeva chiaramente, e come il resto dei suoi compagni non sapeva più cosa fare con Thorin, nè come aiutarlo. Sperava che la ragazza avesse un'idea, anche talmente stupida che avrebbe potuto funzionare. A lui bastava che pensasse a qualcosa, perchè se non fosse riuscita lei ad aiutare Thorin non ci sarebbe riuscito nessun altro. E questo lo sapevano tutti.

Lumbar osservò Bard fermare il cavallo davanti al cervo di Thranduil, che lo aspettava all'ingresso della città, e li vide scambiarsi qualche parola. Non ebbe bisogno di sentire cosa stessero dicendo per comprendere: notava perfettamente la rabbia e la frustrazione di Bard nella sua postura, nonostante fosse sicura si stesse riferendo al re degli elfi con la massima cortesia, e allo stesso tempo vedeva in Thranduil la solita compostezza e la stessa rigidità di sempre nonostante, a un certo punto, qualcosa gli fece cambiare espressione portandolo a cercarla con lo sguardo. Ci mise davvero poco a comprenderne il motivo: Bard doveva avergli detto quello che lei gli aveva fatto capire con quel cenno silenzioso, e lui l'aveva subito cercata per confermarlo. La trovò subito e dovette leggere qualcosa nei suoi occhi che confermò i suoi sospetti, perchè lo vide sospirare prima di rivolgersi nuovamente all'uomo davanti a lui che, nel frattempo, cercava di capire cosa avesse attirato la sua attenzione.

I nani attorno a lei, d'altra parte, erano stati richiamati all'ordine da Thorin che li aveva mandati a far crollare il ponte che collegava il sentiero che portava a Dale con l'ingresso della Montagna protetto da un fossato, isolandoli così da uomini ed elfi. Avevano distrutto una delle statue dei re dei nani per riuscirci e lei pensò che fosse davvero un peccato. Thrain avrebbe disapprovato completamente, e anche il vecchio Thorin.

Lumbar vide Thranduil estrarre la spada prima di voltarsi, e comprese che avrebbero attaccato all'alba. Vide anche Bard osservare nella sua direzione, ma non era certa che l'avesse vista, prima di seguire il re degli elfi per preparare i soldati e gli uomini di Pontelagolungo alla battaglia che sarebbe avvenuta. Lei sapeva che l'arciere non si sarebbe tirato indietro e che avrebbe guidato la sua gente e ne era segretamente felice. Sperava che, grazie a lui, molte vite venissero salvate.

Sospirò prima di rientrare per cercare Kili. Aveva bisogno di parlargli.

Lo trovò dopo un'ora, Dwalin l'aveva indirizzata verso l'armeria spiegandole che stavano andando tutti là per attrezzarsi e lei si diresse subito in quella direzione. Il giovane stava prendendo una cotta di maglia per indossarla quando lei lo chiamò facendolo voltare.

"Voglio controllarti." disse facendolo sbuffare.

"Zia..." tentò di protestare.

"Non ci provare." lo anticipò lei, alzando una mano nella sua direzione. "O ti fai controllare, o ti rinchiudo da qualche parte. A te la scelta, nipote." concluse incrociando le braccia e alzando un sopracciglio in segno di sfida.

Lui sgranò gli occhi, ma cedette senza fare storie. Sapeva, dopotutto, che lo avrebbe fatto davvero.

Si spostarono su un lato dell'armeria e lei controllò attentamente la ferita alla coscia: era completamente guarita, e questo la rincuorò. Poi lo controllò con la magia per essere sicura che non avesse più nemmeno l'ombra di una goccia del veleno degli orchi e, osservando che sembrava essere in perfetta forma, sospirò.

"Che cosa c'è?" le chiese Kili, improvvisamente preoccupato.

"Niente." rispose lei. "Non c'è proprio niente."

"Ed è un bene...?" domandò lui non capendo perchè non lo guardasse.

"Decisamente sì." ammise lei posando, finalmente, gli occhi nei suoi.

Fu in quel momento che il ragazzo si accorse che erano lucidi. "Cosa...?"

Lei scosse la testa, fermandolo. "Non preoccuparti, sto bene. Sono solo felice che tu ti sia ripreso." ammise pur nascondendo, in parte, la verità. "Vedi di non farmi mai più una cosa del genere." lo redarguì.

"Tranquilla, non ci tengo a ripetere l'esperienza." rispose lui sorridendo. Vedendo che lei rimaneva seria, però, aggiunse gentilmente. "C'è qualcos'altro, vero?"

Non voleva forzarla, ma era evidente che qualcosa la turbasse da giorni e tutti sapevano cosa: Thorin. Quello che non sapevano, però, era cosa le passasse per la testa e i suoi silenzi li stavano facendo preoccupare e impazzire contemporaneamente. Pur involontariamente, infatti, tutti i membri della Compagnia avevano messo nelle sue mani il compito di salvare Thorin da sè stesso, ma non avevano idea di cosa avrebbe fatto, nè di quanto le sarebbe costato farlo.

D'altra parte Lumbar aveva una responsabilità molto più ingombrante di quanto i nani e lo hobbit sapessero: nel tentativo di salvare Thorin, infatti, era compresa anche la speranza di riuscire a impedire un massacro e, di conseguenza, l'annientamento della Terra di Mezzo per mano dei seguaci di Sauron. Se, come speravano tutti, Scudodiquercia fosse tornato in sè avrebbe evitato di muovere guerra contro gli elfi e gli umani, permettendo loro, così, di fare fronte comune contro gli orchi di Dol Guldur che si stavano avvicinando per coglierli di sorpresa.

La ragazza, effettivamente, non ne aveva ancora parlato con nessuno perchè sapeva che, per come stavano le cose in quel momento, Thorin non avrebbe nemmeno voluto sentirla parlare. Motivo per cui pregava i Valar che Gandalf arrivasse prima dell'alba seguente, in modo che parlasse con Thranduil e Bard e li informasse della catastrofe che stava per abbattersi su di loro. Lei, nel frattempo, avrebbe cercato di far riprendere il suo amato, nonostante il piano che avesse in mente era un rischio davvero grosso e l'ultima carta che aveva da giocare. Tuttavia non poteva fare altro, purtroppo, e lo sapeva. Ma questo non lo rendeva più semplice da mettere in atto, anzi. Sapere che, forse, presto si sarebbero trovati sui fronti opposti della battaglia la demoralizzava sempre di più. Per quanto volesse non poteva tirarsi indietro, dato che era l'unica in grado di mettere in atto quel piano, ma dentro di sè sentiva come se lo stesse abbandonando. Come se li stesse abbandonando tutti.

Questo pensiero, sommato a tutto il resto, la stava torturando lentamente e, pur non avendone parlato con gli altri per non farli preoccupare, loro si erano comunque accorti che qualcosa non andava. All'inizio avevano pensato si trattasse dell'assenza di energie causatale dallo scontro con Smaug, motivo per cui era stata mortalmente pallida e debole per giorni, ma quando l'avevano vista riprendersi, seppur lentamente, senza che quell'aura di malessere se ne andasse avevano compreso che qualcosa la turbava profondamente. Avevano pensato a Thorin, ovviamente, e al suo comportamento verso di lei, ma non giustificava la sua postura sempre tesa e l'attenzione perennemente rivolta all'esterno, in qualche modo, come se aspettasse un segno da parte di qualcuno. Tuttavia nessuno aveva mai osato chiederle qualcosa. Almeno fino a quel momento.

Kili la osservava con il volto leggermente piegato di lato e lo sguardo dolce, ma allo stesso tempo preoccupato, che caratterizzava sempre gli occhi di Thorin quando, tanto tempo prima, lei aveva una visione di fronte a lui o sognava le battaglie del suo passato, svegliando entrambi a causa degli incubi. Erano identici, e lei si sentì sprofondare ancora di più nel baratro della paura e della disperazione. Tuttavia non disse niente, preferendo non far preoccupare ulteriormente quel giovane ragazzo.

"Ha ragione." affermò la voce di Dwalin alle sue spalle, facendola voltare. "Sono giorni che stai così." continuò indicandola.

Il resto della Compagnia, tranne ovviamente Thorin, si era avvicinato ai due senza farsi notare. Erano tutti desiderosi di mettere fine a quella storia e sapere una volta per tutte cosa stava succedendo, perchè era più che evidente che lei sapesse qualcosa che non gli stava dicendo.

Lumbar li osservò tutti, uno a uno, prima di aprire bocca senza, però, riuscire a dire niente.

"Cosa ci stai nascondendo?" le chiese Bofur. "È qualcosa di brutto, vero?" aggiunse vedendo la sua espressione.

Balin le appoggiò una mano sulla spalla, stringendo appena, e la guardò con occhi gentili. "Puoi parlarne con noi, bambina. Lo sai."

A quell'appellativo Lumbar sorrise leggermente, anche se fu un sorriso triste. Sapevano entrambi che, dopotutto, il vero bambino tra loro era lui, ma esattamente come negli anni passati lei non se ne lamentò, accettando di buon grado quella dimostrazione di affetto del vecchio nano.

Alla fine, Lumbar sospirò. "Quell'aiuto ci servirà, ma non per ciò che pensate voi." ammise riferendosi alla frase che aveva detto Thorin a Bilbo sulle mura e rivelando, infine, una parte di ciò che la angustiava da troppe ore.

Loro la osservavano perplessi e, ovviamente, confusi non aspettandosi una frase del genere.

"Di cosa diavolo stai parlando?" fu Dwalin a porre la fatidica domanda, quella che avrebbe svelato una parte di quella verità che lei, ormai, non poteva più nascondere.

Distolse lo sguardo dal suo, puntandolo in un punto imprecisato alle sue spalle e disse la notizia tutta d'un fiato, per evitare di ripensarci e scappare. "Un'armata di orchi sta marciando sulla Montagna. Se non ci alleiamo con gli elfi, nonostante l'aiuto, non li sconfiggeremo mai." riportò lo sguardo sui nani, concentrandosi su Dwalin in modo le leggesse la sincerità sul suo volto, gli occhi più lucidi di prima. "Morirete tutti. E io non so se sarò in grado di impedirlo."

Poi, senza aggiungere altro o aspettare una loro reazione, se ne andò dall'armeria nel silenzio che era calato dopo la sua rivelazione, cominciando a camminare senza meta nei corridoi del palazzo e lasciando, finalmente, scivolare le lacrime giù dai suoi occhi, libere dal controllo con cui le aveva impedito di cadere fino a quel momento. Si impose, comunque, di non singhiozzare, per evitare che qualcuno potesse sentirla, e si mise una mano sulla bocca mentre avanzava a passo spedito nelle profondità della Montagna ammettendo con se stessa, infine, che probabilmente non sarebbe riuscita a salvare Thorin e che l'avrebbe perso di nuovo.

Prima di svoltare l'ennesimo angolo sentì il suo cuore frantumarsi per l'ennesima volta.

 

****

 

Non seppe dopo quanto tempo smise di camminare, ma si stupì quando si accorse dov'era arrivata: le sue vecchie stanze, quelle che usava quando Thror le aveva offerto di restare, rendendola ufficialmente parte della famiglia.

Appoggiò, titubante, la mano sulla maniglia impolverata mentre, con un certo sforzo, impediva a una visione di sopraffarla e, dopo un momento di esitazione, la aprì rivelando l'anticamera nelle stesse condizioni del resto della Fortezza, seppur perfettamente e inaspettatamente conservata: non c'era niente di rotto o devastato dal passaggio del drago o del suo fuoco. Era, semplicemente, ricoperta di polvere e ragnatele che collegavano i vari mobili e suppellettili.

Ricordava perfettamente quanto, al tempo, avesse dovuto pregare Thror perchè le desse una camera il più semplice possibile, ma lui era stato talmente irremovibile nel sostenere che lei fosse una sua ospite speciale e che le spettasse la camera degna di un re come lui che, alla fine, aveva dovuto minacciarlo che se ne sarebbe andata in quell'istante se non avessero trovato un compromesso. E così avevano fatto: lei aveva accettato di avere le sue stanze nell'ala riservata ai reali, come voleva Thror, e lui accettò di renderle il meno sfarzose possibili.

Alla fine aveva fatto creare per lei un'anticamera, un bagno, e una camera da letto che rispettavano quasi perfettamente le semplici esigenze della ragazza riuscendo a soddisfare allo stesso tempo i suoi desideri di farle avere le stanze degne di un re: nell'anticamera, che lei aveva chiesto fosse il più piccola possibile, aveva dato ordine che venissero costruite una scrivania e una libreria in legno pregiato, che poi lui stesso si premurò di colmare di libri e manoscritti su tutta la Terra di Mezzo, facendo decorare le pareti con decorazioni, bassorilievi e dipinti che creavano uno spettacolo davvero sorprendente: davano l'idea di essere all'interno di una radura nel bel mezzo della foresta. Inoltre quella libreria era talmente ben fornita che, nel corso degli anni, lei aveva aggiunto davvero poche cose.

Nel bagno Thror si era lasciato più andare, lo aveva ammesso lui stesso, rendendone una parte decisamente più sfarzosa: una bellissima vasca scavata nel pavimento, infatti, faceva mostra di sè appena si entrava, catturando completamente l'attenzione; ma la cosa più sorprendente era il pavimento della stessa: in fondo alla vasca, infatti, erano state perfettamente incastonate centinaia di pietre preziose dei colori più svariati. Era un lavoro fatto con talmente tanta cura nei dettagli che le pietre erano state tutte levigate in modo da evitare che lei si ferisse accidentalmente; quel lavoro era stato fatto con una maestria tale che aveva reso il pavimento, terribilmente prezioso, della vasca perfettamente liscio e compatto. L'effetto che faceva, poi, con l'acqua e le candele accese era magico. Non c'erano altre parole per descrivere la moltitudine di riflessi colorati che ricoprivano ogni cosa in quei momenti. All'inizio era scettica, pensando che Thror avesse davvero esagerato, ma dopo averla usata per la prima volta si era straordinariamente complimentata con lui: il nano aveva dato sfogo al suo sfarzo, come aveva sempre voluto fare con lei, con una raffinatezza che non si era aspettata, e questo l'aveva stupita non poco.

La camera da letto, alla fine, era stata la stanza più sobria delle tre; se nell'anticamera si poteva notare il perfetto equilibrio fra le preferenze di entrambi, mentre nel bagno la supremazia dei gusti del re, nella camera da letto Thror aveva voluto rispettare il più possibile le richieste semplici della sua amica, seppur a modo suo: l'armadio finemente intagliato nel legno chiaro faceva da contrasto al camino in pietra scura incassato nella parete della Montagna stessa, così come le morbide poltrone rivestite che aveva fatto posizionare lì di fronte. Anche la testiera del letto era stata scolpita nella pietra, ed era un vero capolavoro: avevano creato, nella sua semplicità, la riproduzione delle radici e del tronco di un albero secolare, arrivando fino ai rami e alle fronde da cui partivano delle leggerissime tende di stoffa pregiata che si andavano a intrecciare alle colonnine di legno scuro del baldacchino posizionate ai piedi del letto. Il pavimento, ovviamente in pietra, era stato ricoperto da un morbido tappeto dai colori caldi finemente ricamato e sul soffitto Thror aveva fatto riprodurre il cielo stellato per renderle più facile il sonno, consapevole che, per le persone con il sangue elfico, era più difficile stare sotto terra.

Lumbar aveva ripercorso ogni angolo di quelle stanze, incurante della polvere e delle ragnatele, rimembrando i tempi passati tra quelle mura. Quando era arrivata in camera aveva notato subito il baule chiuso ai piedi del letto e, dopo un attimo di esitazione, si era avvicinata e l'aveva aperto riportando alla luce il suo contenuto. Rimase a osservarlo in silenzio per quelle che le sembrarono ore, fino a quando un movimento accanto a lei attirò la sua attenzione. Tuttavia non si voltò. Rimase con lo sguardo fisso sul contenuto del baule.

"Ti cerchiamo da ore." disse lo hobbit entrando nella stanza e guardandosi intorno. "Di chi era questa camera?" chiese osservando ogni dettaglio.

"Mia." rispose lei senza cambiare posizione.

"Davvero?" domandò lui, sorpreso. Lei annuì. "È molto bella." continuò il mezzuomo fermandosi accanto a lei e studiando il contenuto del baule. Il suo sguardo divenne stupito. "Quella è..."

"Sì." lo anticipò lei sollevando una fine cotta di maglia come quella che stava indossando lui e portandola all'altezza del suo viso. "Mithril. Thorin l'aveva fatta commissionare per me quando si è reso conto di amarmi. Un'intera armatura. Non ho avuto il tempo di metterla, quel giorno, ed è rimasta qui a prendere polvere." distese la cotta di maglia sul letto, facendo poi lo stesso con la corazza, i gambali, gli schinieri e il resto dell'armatura.

Bilbo la rimirò nella sua interezza, constatando che rimanendo chiusa nel baule per tutti quegli anni di polvere non ne aveva preso neanche in po' ed era splendente come doveva essere un tempo. Era magnifica, non c'erano altre parole per descriverla.

"Ha... ha un nome?" le chiese continuando a osservare quell'opera d'arte.

"Belthil."

Bilbo si voltò verso di lei, gli occhi che esprimevano tutta la sua confusione. "Ma è un nome elfico."

Lumbar annuì. "Fu Thorin a sceglierlo. Disse che la mia natura doveva essere rispettata e che sapeva cosa significa quel nome. Era il motivo per cui l'aveva scelto."

"E cosa significa?" chiese lo hobbit, curioso.

"Radianza Divina."

Il mezzuomo annuì pensieroso. "Ha ragione, è appropriato." tornò a osservare l'armatura. "Scommetto che quando la indossi sembri proprio così."

Lei sorrise debolmente. "Thorin sosteneva di sì." sospirò. "Penso sia arrivato il momento di indossarla di nuovo. So già che mi servirà. Non per gli elfi, ma per quello che verrà."

"Ti serve una mano?"

Lei scosse la testa, cominciando con la cotta di maglia. "Vorrei che mi dicessi cosa ti turba, in realtà."

"Cosa?" chiese lo hobbit.

"Non avrai pensato di riuscire a nascondermi il tuo stato d'animo quando sei arrivato? Ho visto subito l'ombra nei tuoi occhi. Su, dunque, raccontami cos'è successo."

Dopo un lungo sospiro lo hobbit le raccontò cos'era successo qualche ora prima nell'armeria, quando Thorin gli aveva donato la cotta di Mithril, spiegandole nel dettaglio come lui avesse dubitato degli altri nani e di come aveva parlato, poi, del tesoro e degli uomini di Pontelagolungo.

"Sembrava Smaug." concluse con il tormento ben evidente negli occhi.

Lumbar sospirò, consapevole che le cose stessero peggiorando piuttosto in fretta, ma cercò di rassicurarlo. "Ho un piano per farlo ritornare in sè. Sto per metterlo in atto." disse, guardandolo, dopo aver allacciato l'ultimo pezzo dell'armatura. "Spero solo che funzioni." sussurrò mentre rimetteva arco e faretra sulla schiena, i pugnali negli stivali e la spada appesa al fianco.

Poi uscì seguita dallo hobbit, diretti entrambi alle mura che davano su Dale dove, sicuramente, li aspettavano i loro compagni.

 

****

 

Una visione la colse all'improvviso mentre camminavano attraverso i corridoi della fortezza, e questa volta non ebbe modo di ignorarla. Venne risucchiata al suo interno con estrema velocità.

 

Gli uomini di Pontelagolungo si stavano preparando alla guerra quando la voce di Gandalf che gridava loro di farlo passare li fece spostare, permettendo al suo cavallo di proseguire la corsa attraverso Dale. Si fermò ai piedi della piazza e scese dal cavallo, guardandosi intorno alla ricerca di Bard e Thranduil.

"Ehi!" lo richiamò Alfrid uscendo da un palazzo. "Tu! Cappello a punta?!" continuò riuscendo, infine, ad attirare la sua attenzione. "Sì, tu." riprese scendendo i gradini della piazza e avvicinandoglisi. "Non vogliamo mendicanti, barboni, nè vagabondi da queste parti." Gandalf gli andò incontro, uno sguardo infuriato sul volto. Non aveva tempo per queste sciocchezze. "Abbiamo già problemi senza quelli come te." concluse Alfrid. "Fuori, sciò." gli fece cenno con una mano di andarsene. "Sul tuo cavallo."

"Chi comanda qui?" chiese Gandalf con voce grave quando l'altro si fermò davanti a lui.

"Chi lo chiede?" domandò Bard sopraggiungendo.

Dopo essersi velocemente presentati, Bard lo condusse a una tenda in cui si era stabilito Thranduil.

"Accantonate i vostri irrisori rancori contro i nani." esordì lo stregone. "La guerra è in arrivo! Le fogne di Dol Guldur sono state svuotate!" Bard spostò lo sguardo preoccupato sul re degli elfi che, dal canto suo, aveva un'espressione esasperata e rilassata allo stesso tempo. "Correte tutti un pericolo mortale!" continuò lo stregone riottenendo la loro attenzione.

Bard avanzò di qualche passo. "Ma di che stai parlando?"

"Vedo che non sai nulla degli stregoni." disse Thranduil, alzandosi dal suo scranno e anticipando Mithrandir. "Sono come i tuoni d'inverno con un vento tempestoso." continuò versandosi una coppa di vino. "Rimbombano da distante, ingigantendo l'allarme. Ma talvolta una tempesta è solo una tempesta."

"Non questa volta." lo rimbeccò Gandalf, infastidito dal commento dell'elfo. "Armate di orchi sono in movimento. Questi sono combattenti, sono preparati alla guerra. Il nostro nemico ha raccolto tutta la sua forza."

"Perchè mostra le sue carte ora?" domandò, scettico e poco incline a credergli, Thranduil.

"Perchè lo abbiamo obbligato. Quando la Compagnia di Thorin Scudodiquercia è partita per reclamare la loro terra natia, i nani non sarebbero mai dovuti arrivare a Erebor." spiegò loro uscendo dalla tenda. "Azog, Il Profanatore, fu mandato a ucciderli. Il suo padrone vuole il controllo della Montagna. Non solo per il tesoro all'interno, ma per dove è situata, per la sua posizione strategica." continuò fermandosi rivolto verso l'ingresso della Montagna con gli altri due dietro di lui. "Quella è la porta per reclamare le terre di Angmar, al Nord. Se quel regno malvagio dovesse risorgere..." scosse la testa prima di voltarsi verso Thranduil. "Gran Burrone, Lorien, la Contea, perfino Gondor stessa cadrebbero."

"Queste armate di cui parli, Mithrandir, dove sono?" chiese Thranduil, ancora restio a credere alle sue parole.

Questa era una domanda a cui lo stregone non sapeva dare una risposta.

 

La visione sfumò e ridivenne chiara in un secondo, mostrando a Lumbar un panorama completamente diverso.

 

Legolas e Tauriel erano nascosti vicino a un gigantesco cancello semiaperto incassato in una montagna che lei riconobbe subito: Gundabad, un antico regno appartenuto prima ai nani e poi agli orchi. Erano l'accesso al regno di Angmar.

"Se dobbiamo entrare..." stava dicendo Tauriel in elfico. "... dobbiamo muoverci ora."

Un gran numero di pipistrelli la fece zittire e i due elfi li osservarono volare in cielo diventando sempre più numerosi.

"Stanno sciamando." osservò lei, sorpresa.

Lo sguardo di Legolas era preoccupato, così come lo era Lumbar.

"Quei pipistrelli sono allevati per un solo scopo." disse Legolas attirando l'attenzione della compagna.

"Per quale scopo?"

"La guerra." rispose mentre nella sua mente si faceva, pian piano, chiarezza.

Un orco a cavallo di un mannaro spuntò in cima a una rupe non troppo distante da loro. Era Bolg, il figlio di Azog, lo stesso orco che non erano riusciti a uccidere a Pontelagolungo. E forse li aveva visti. Bolg emise un ordine di avanzata nella sua lingua e i corni degli orchi risuonarono dall'interno di Gundabad.

Dalla loro posizione sopraelevata, Legolas e Tauriel videro benissimo le legioni di orchi lasciare la Fortezza e marciare verso la Montagna lasciando completamente sguarnita Gundabad. I pipistrelli li sorvolavano come un manto nero mosso dal vento.

Lumbar sgranò gli occhi. Quello era un incubo.

"Dobbiamo avvertire gli altri." disse Tauriel preparandosi a muoversi.

"Forse è troppo tardi." rispose Legolas prima di alzarsi e cominciare a scendere dalla rupe su cui erano nascosti. "Andiamo."

La visione si interruppe riportando Lumbar alla realtà.

 

Bilbo la stava osservando preoccupato mentre lei cercava di riprendere a respirare normalmente. Non si era minimamente accorta di essere rimasta in apnea per quasi tutto il tempo. L'oscurità si faceva sempre più pressante, lo sentiva, ma quello che aveva appena visto rendeva il tutto molto più grave di quanto avesse percepito fino a quel momento. Sentiva la luce scemare troppo in fretta e si rese conto che, forse, non sarebbe riuscita a farla tornare.

Nonostante lo sguardo insistente del mezzuomo, Lumbar non disse una parola su ciò che aveva visto, ma si rimise dritta riprendendo il controllo.

"Credo di avere un compito per te." gli disse riprendendo a camminare attraverso i corridoi. "Ma prima devo verificare una cosa."

Non ci volle molto a raggiungere il resto della Compagnia, disperso un po' ovunque nelle vicinanze delle mura, e a controllare quello a cui pensava la ragazza. Una volta appurato che avesse ragione, salì in cima alle mura seguita dallo hobbit mentre gli spiegava cosa voleva che facesse. Lui annuiva, concorde con lei, ammettendo che ci aveva già pensato. Era calata la notte, ma se ne resero conto solo in quel momento, quando arrivarono in cima alle mura.

"Quanto tempo sono stata preda della visione?" chiese a Bilbo mentre lo aiutava a fissare una corda.

"Parecchio, ma non credevo fosse così tardi." rispose lui mentre lei gli faceva cenno di tacere con una mano.

Bofur stava facendo la guardia e li aveva visti, così lo hobbit si mise davanti alla corda per tentare di nasconderla. Lumbar sapeva che non sarebbe servito: il nano l'aveva già notata.

"Dovreste stare dentro." disse loro osservando l'esterno. "Lontano dal vento."

Bilbo fece una paio di passi avanti, lanciando un'occhiata alla ragazza ferma alle sue spalle. "A-avevo... bisogno di un po' d'aria. C'è ancora puzza di drago. E Lumbar ha pensato di farmi compagnia, sai... non tira una bella aria, dentro, per lei." concluse riferendosi al trattamento che le riservava Thorin in quel periodo.

Bofur si voltò verso di loro facendo una strana espressione. Lumbar comprese subito cos'aveva pensato: credeva che Bilbo se ne volesse andare e che lei lo stesse aiutando.

"Gli elfi hanno piazzato i loro arcieri in posizione." disse il nano, camminando lentamente verso di loro prima di fermarsi a qualche metro di distanza.

"Ah." assentì lo hobbit voltandosi, a sua volta, verso Dale.

"Entro domani sera ci sarà la fine della battaglia." continuò Bofur. "Dubito che vivremo per vederla." mormorò facendosi comunque sentire dai due.

Lumbar sospirò avvicinandosi al bordo delle mura e appoggiandoci le braccia sopra, lo sguardo perso su Dale. "Non se continua in questo modo." ammise sorprendendoli.

"Questi sono... giorni oscuri." disse Bilbo.

"Giorni oscuri davvero." osservò Bofur.

"Oh, voi non avete idea di quanto." disse Lumbar.

Sapendo che probabilmente aveva ragione, gli altri due non commentarono.

Bofur si voltò verso di loro e riprese ad avvicinarsi. "Nessuno potrebbe biasimare chi volesse trovarsi altrove." Bilbo si volse verso di lui, sorpreso, mentre il nano guardava la luna per un momento prima di riconcentrarsi su di lui. "Sarà quasi mezzanotte. Bombur ha il prossimo turno di guardia. Ci vorrà un po' per svegliarlo." continuò avvicinandosi alle scale.

"Lascialo dormire." disse Lumbar facendolo voltare. "E dormi anche tu. Avrete bisogno di tutte le energie di cui disponete, domani. Resto io a fare la guardia."

"Sei sicura?" le chiese il nano. "Anche tu hai bisogno di riposare. Non ti sei ancora ripresa del tutto dallo scontro con Smaug." osservò.

Lei annuì. "Non riuscirei comunque a chiudere occhio, non preoccuparti. Dillo anche agli altri."

Il nano annuì poi cominciò a scendere le scale. "Sai, ti sta bene quell'armatura." le disse senza voltarsi e facendola sorridere.

"Ah, Bofur?" lo richiamò lo hobbit. "Ci vediamo domattina." gli disse dopo che si fu voltato una seconda volta.

"Addio Bilbo." rispose, l'altro, sorridendo prima di sparire giù per le scale.

Lumbar e Bilbo attesero qualche secondo prima di tornare alla corda per assicurarsi che fosse legata bene. Poi la lanciarono dall'altra parte delle mura e il mezzuomo si preparò a scendere.

Lumbar gli mise entrambe le mani sulle spalle. "Fai attenzione. E ricorda cosa ti ho detto. Io ti aspetto qui."

Lui annuì poi cominciò la discesa sotto lo sguardo attento della ragazza. Quando lo vide correre verso Dale si indusse una visione per osservare come sarebbe andato il colloquio. Aveva informato il mezzuomo su questo punto, rassicurandolo quando aveva protestato. Fortunatamente funzionò e lei venne risucchiata come al solito.

 

Quando fu arrivato a Dale, Bilbo si intrufolò tra gli uomini senza farsi notare, grazie alla silenziosità della sua razza, e si incamminò verso la tenda di Thranduil sempre attento a non farsi scoprire.

 

La visione la portò, poi, all'interno della tenda.

 

"Da quando il mio consiglio conta così poco?" stava chiedendo Gandalf, arrabbiato, a un re degli elfi comodamente seduto sul suo trono. "Cosa credi che io cerchi di fare?"

"Credo che tu cerchi di salvare i tuoi amici nani." rispose tranquillamente Thranduil. "E io ammiro la tua lealtà verso di loro, ma questo non mi dissuade dal mio percorso." Gandalf fumava la pipa dandogli le spalle e lui si alzò. "Tu hai dato inizio alla cosa, Mithrandir. Mi perdonerai se la finisco io." concluse uscendo dalla tenda mentre il Grigio lo osservava. "Gli arcieri sono in posizione?" domandò a Galion.

"Sì, mio signore."

"Dà l'ordine. Se qualcosa si muove su quella Montagna uccidetela."

"Anche se si tratta di lei?" domandò Gandalf, incredulo, fermando Galion prima che se ne andasse e in attesa di una risposta da parte del suo re.

Non serviva specificare di chi parlasse, lo sapevano tutti. Dopotutto, l'unica lei presente nella Montagna e che aveva un rapporto particolare con Thranduil era Lumbar.

Il re sospirò prima di rispondere. "No. Dubito che sia d'accordo con Thorin su quello che sta facendo, inoltre ucciderla sarebbe controproducente. Conoscendola, sono sicuro che abbia in mente qualcosa."

Galion annuì e si allontanò per dare l'ordine agli arcieri.

"I nani hanno esaurito il tempo." disse Thranduil.

Gandalf, non accettando la cosa, uscì dalla tenda e si diresse verso Bard.

"Tu." lo chiamò sbrigativo. "Arciere." Bard si voltò verso di lui. "Sei d'accordo su questa cosa?" gli domandò. "L'oro è così importante, per te?" Lumbar ascoltava le parole di Gandalf, ma vide con la coda dell'occhio Bilbo avvicinarsi di soppiatto e sospirò sollevata.

"Non si arriverà a questo." disse in risposta Bard, che non aveva mai voluto la guerra. "È una battaglia che non possono vincere." gli fece notare.

"Ma questo non li fermerà." affermò Bilbo uscendo allo scoperto e facendo girare entrambi verso di lui. "Pensate che i nani si arrenderanno? No, combatteranno fino alla morte per difendere ciò che è loro."

"Bilbo Baggins." disse Gandalf non celando la sua sorpresa. Lo hobbit sorrise, poi tutti e tre si diressero da Thranduil, in modo che Bilbo potesse raccontare loro le novità.

"Se non vado errato, costui è il mezzuomo che ha rubato le chiavi delle mie segrete sotto il naso delle mie guardie." disse il re degli elfi, sedendosi sul suo trono, dopo che Bilbo gli venne presentato.

Bilbo non fece una piega, pur sentendosi leggermente colpevole. "... Sì." quasi bisbigliò alla fine. "Mi dispiace." ammise a voce più alta sotto lo sguardo attento di Thranduil e di Bard, che invece lo osservava con un sorrisetto. "Sono venuto a darvi questo." aggiunse, poi, appoggiando su un tavolino al centro della tenda un piccolo involto che aprì rivelando l'Archengemma. Era indiscutibile che fosse lei; persino Bard, che non l'aveva mai vista, la riconobbe: era piccola, lavorata in modo da renderla perfettamente liscia e dalla forma ovale, ma risplendeva di una luce inconfondibile. Era la prima volta che Lumbar la vedeva dall'attacco di Smaug di quasi duecento anni prima, ed era esattamente come allora: meravigliosa.

Thranduil si alzò dal suo scranno, evidentemente sorpreso, e si avvicinò alla Gemma. "Il Cuore della Montagna." disse mentre Gandalf muoveva qualche passo, entrambi senza distogliere l'attenzione dalla Pietra.

"E vale il riscatto di un re." concluse Bard avvicinandosi.

Bilbo annuì.

"Come mai è tuo diritto donarlo?" gli chiese l'arciere.

"È la mia quattordicesima parte del tesoro." rispose lo hobbit.

"Ma voi siete quindici." osservò Bard.

"Sì, ma Lumbar non ha voluto niente. L'ha detto subito, quando sono venuti a casa mia."

"Mhm." disse semplicemente Gandalf, senza dare una vera opinione.

"Perchè questo gesto?" chiese di nuovo l'arciere. "Non ci devi alcuna lealtà."

"Non lo sto facendo per voi." lo anticipò prima che potesse finire. Bard lo guardò con ammirazione e lui continuò. "So che i nani possono essere ostinati. E capoccioni. E difficili. Sono sospettosi e riservati. Hanno le maniere peggiori che si possano immaginare." continuò facendo sorridere Gandalf. "Ma sono anche coraggiosi. E gentili. E leali fin troppo. Mi sono affezionato a loro e vorrei salvarli, se posso. Inoltre vorrei aiutare un'amica che sta soffrendo davvero molto questa situazione, anche se lo nasconde." concluse passando la sguardo su tutti e tre. Bard abbassò il suo. "Thorin tiene a questa pietra più che a ogni altra." riprese indicando la Gemma. "In cambio della sua restituzione io credo che vi darà quello che vi spetta. Non ci sarà alcun bisogno di guerra."

Gandalf spostò lo sguardo su Thranduil, così come Bard. Sapevano entrambi, infatti, che la decisione finale sarebbe dipesa da lui. L'espressione del re degli elfi era impassibile e i tre temettero il peggio.

"Cosa ne pensa lei?" chiese, infine, stupendo Gandalf.

Lo stregone, infatti, non si aspettava che fosse lo stesso Thranduil a chiedere di lei, nonostante il riferimento di Bilbo. Si chiese cosa fosse successo tra i due quando la Compagnia aveva attraversato Bosco Atro.

Bilbo sorrise triste e lui lo notò subito.

"Dimmi, mezzuomo, cos'è successo." la richiesta sembrava più un ordine, ma lo hobbit non se ne preoccupò.

"È stata lei a dirmi di portarvi la Gemma." rivelò sotto lo sguardo particolarmente attento dell'elfo, che non si perdeva una sua espressione. "Ha detto che aveva un piano per far tornare in sè Thorin, ma..."

"Cosa? Cos'ha Thorin?" lo fermò Bard, non capendo.

"L'hai visto." rispose Bilbo. "È cambiato. Non è più lui."

"La malattia del Drago." disse Thranduil.

Bilbo annuì e riprese. "Non è più lui. Dovreste vederlo, non degna Lumbar nemmeno di uno sguardo, è come se per lui non ci fosse nemmeno." Gandalf sospirò, lo sguardo che si adombrava, ma Bilbo continuò. "Lei ha detto che sta peggiorando in fretta, e io le credo. Ha detto di avere un piano, sì, ma non ha spiegato a nessuno in cosa consiste e temo sia qualcosa di pericoloso." ammise pur sapendo che probabilmente lei lo stava guardando. "Sono preoccupato per lei. Dopo lo scontro con Smaug non ha ancora ripreso del tutto le forze, e adesso si è assunta l'incarico di fare la guardia per il resto della notte in modo che gli altri potessero riposare e, allo stesso tempo, aspettare me. Ha anche detto che avrebbe cercato di indursi una visione per osservare questo colloquio, quindi forse ci sta guardando." aggiunse.

"Da quando può indurre volontariamente una visione?" gli chiese Gandalf, sorpreso e preoccupato.

Bilbo lo osservò, confuso.

"Dalla notte dello scontro con Smaug." rispose Bard al suo posto, ritrovandosi l'attenzione su di sè. "Quando erano a casa mia che cercavano di salvare Kili ha respinto una visione, e prima ne aveva indotta un'altra. Non so cosa riguardasse quella che ha scacciato, ma l'altra credo fosse su di te. Quando è riemersa era pallida, visibilmente sconvolta e stava piangendo. Penso ti riguardasse, Gandalf, in qualche modo."
Lo stregone sospirò, comprendendo subito cos'avesse visto la ragazza in quella visione. "Thrain." mormorò.

"Cosa?" chiese Thranduil sperando, in cuor suo, di aver sentito male.

"Ha visto Thrain."

"Il padre di Thorin?" domandò Bilbo. "Ma non era morto?"

"Non fino a qualche giorno fa." ammise lo stregone. "La nostra amica è stata ingannata, così come noi tutti, sulla morte di Thrain. Ha creduto di vederlo morire e, a causa delle sue condizioni in quel momento, non ha potuto spezzare l'illusione. Quando sono andato a Dol Guldur l'ho trovato e ho cercato di portarlo via. Ma Lui è stato più veloce." sospirò di nuovo, ripensando a quel momento. "Thrain è stato ucciso davanti ai miei occhi prima che venissi catturato, e penso che lei abbia visto proprio quel momento."

"Ha avuto molte altre visioni, dopo." disse Bilbo ripensando al periodo che avevano passato insieme nella Montagna. "Una particolarmente intensa."

"Quanto intensa?" domandò lo stregone.

"Beh, all'inizio è andata in trance come succede quando ha una visione, ma più passava il tempo più diventava pallida. A un certo punto è crollata a terra e ha cominciato a brillare, facendomi preoccupare. Ho chiamato gli altri nani, ma Thorin non ha permesso loro di smettere di cercare la Gemma, così ho descritto a Oin cosa stava succedendo e lui ha detto che le era già successo mentre erano a Pontelagolungo." concluse spostando l'attenzione su Bard, in cerca di una conferma.

Lui annuì. "Mentre affrontavamo Smaug a un certo punto ha cominciato a brillare, ma non so dopo quanto ha smesso. Quando è partita per raggiungere la Montagna brillava ancora. Ha detto che aveva osato troppo, ma di non preoccuparmi perchè sarebbe passato."

"Non so cos'abbia visto in quella visione, ma credo fosse qualcosa di grosso." aggiunse lo hobbit. "Le sue energie diminuivano come se stesse cercando di aiutare qualcuno."

Gandalf annuì, grave. "E lo ha fatto. Ci ha salvati tutti." disse solamente. "Cosa ti ha detto prima che venissi qui?"

"Che forse il suo piano non avrebbe funzionato." ammise. "E che ha visto quello che hai visto tu. Tutto quanto, ha aggiunto." lo stregone annuì e lo hobbit continuò. "Ha detto di aver visto Legolas." Thranduil puntò lo sguardo su di lui, preoccupato per il figlio. "Lumbar ha detto che sta bene, ma che sta tornando con delle pessime notizie. Non mi ha detto cosa riguardassero, ma non l'ho mai vista così preoccupata. Quando Bard è andato via, dopo aver parlato con Thorin ci ha detto una cosa..." riflettè ricordando. "Una cosa che mi ha spaventato." ammise mentre gli occhi si rabbuiavano.

"Che cosa?" domandò Bard.

Bilbo aprì la bocca ma non ne uscì alcun suono, così la richiuse, prese un respiro profondo e cominciò il discorso dal largo. "Ieri eravamo tutti nell'armeria tranne Thorin, i nani si stavano preparando ma lei voleva controllare Kili. Dopo aver detto che era completamente guarito dal veleno degli orchi ci ha raccontato di aver visto l'armata di orchi di Dol Guldur diretta qui." sospirò pesantemente, arrivando al nocciolo del discorso. "Ha detto che, se i nani non si alleano con gli elfi moriremo tutti. Sono state proprio queste le sue parole: 'Morirete tutti. E io non so se sarò in grado di impedirlo.'" spostò gli occhi su Thranduil, che si era leggermente irrigidito sentendo quelle parole. "Aveva uno sguardo, in quel momento." scosse la testa. "Mi ha fatto paura. Era terrorizzata. Deve aver visto o percepito qualcosa che le ha ridotto drasticamente le speranze. E più il tempo passa più quelle speranze si assottigliano. E se le sue svanissero, svanirebbero anche quelle dell'intera Compagnia. Tutti i nani sperano che lei riesca a riportare indietro Thorin, ma lei non sembra convinta di poterci riuscire. Credo che, se non ci riuscirà, moriremo tutti davvero. E lei resterà sola a guardare il mondo bruciare."

Lumbar si sorprese di quanto avesse capito il piccolo hobbit di ciò che stava accadendo e di come si sentisse lei a riguardo. Si ripromise di stringerlo in un forte abbraccio e di ringraziarlo una volta che fosse tornato.

Dopo quella conversazione, comunque, Thranduil acconsentì al piano di usare l'Archengemma come merce di scambio e Bilbo e Gandalf uscirono.

"Riposa stanotte." disse lo stregone al mezzuomo. "Devi partire domani."

Bilbo lo guardò. "Come?"

"Allontanati da qui il più possibile." disse il Grigio.

"Io-Io non me ne vado." protestò lo hobbit.

"Mhm?"

"Mi hai scelto come quattordicesimo uomo, non voglio lasciare la compagnia ora." continuò Bilbo.

"Non c'è alcuna compagnia." rispose lo stregone facendo fermare il mezzuomo. "Almeno non più. E chissà cosa farà Thorin quando saprà del tuo operato."

"Io-io non ho paura di Thorin." affermò lo hobbit, facendolo voltare.

"Beh, dovresti averne." lo mise in guardia. "Non sottovalutare la malvagità dell'oro. Oro su cui un serpente ha ruminato a lungo. La malattia del drago si infiltra nel cuore di chiunque si avvicina alla Montagna. Quasi chiunque." si corresse osservandolo e pensando a Lumbar. Poi spostò l'attenzione su Alfrid. "Ehi tu." lo chiamò, facendolo voltare. "Trova un letto a questo hobbit. E riempigli la pancia con del cibo caldo." aggiunse spostando lo sguardo sul mezzuomo. "Se l'è guadagnato." quando Alfrid gli passò accanto, per seguire Bilbo che si era incamminato, Gandalf lo fermò. "Ehi, tienilo d'occhio. E se cercasse di andarsene, avvertimi."

Alfrid si limitò a raggiungere lo hobbit, senza rispondergli, e la visione sfumò.

 

Lumbar rimase sulle mura per tutta la notte, ignorando la stanchezza e ripensando più e più volte a ciò che avrebbe fatto di lì a poco. Quando arrivò l'alba, e il sole fece capolino illuminando la montagna, sospirò. Il momento si avvicinava sempre di più e lei sentiva un forte peso schiacciarla. Se fosse la preoccupazione, l'ansia, o la paura non sapeva dirlo. Probabilmente erano tutte e tre.

   
 
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