Era una serata splendida. La luna
piena brillava nel cielo
terso, l’aria era tiepida e Mihael stava felicemente
camminando al fianco di
Kaito, mano nella mano. Cosa avrebbe potuto andare storto?
-Mihael, posso farti una domanda?
È un pochettino… strana
come domanda, ti avverto.
-Fa’ pure.
Kaito esitò, inspirando
profondamente:-Mihael… tu davvero
sai ballare il valzer?
Il cielo si rannuvolò di
colpo.
-E che cavolo, basta! Non
so ballare solo il valzer,
ok? Conosco anche la danza irlandese, per la cronaca!- esplose Mihael,
dando
una rapida per quanto violenta dimostrazione del fatto, sotto lo
sguardo
allibito del fidanzato. Il rosa continuò a inveire,
furibondo:-Ma ovviamente
questo non interessa a nessuno, vero? Siete tutti curiosi per il
valzer, solo
per poi fare le vostre battute idiote! Kaito, francamente da te non me
lo sarei
mai aspettato.
Fin troppe amicizie erano state
rovinate da quel maledetto
ballo. Potendo scegliere, Mihael avrebbe cancellato molto volentieri
tutte le
lezioni che aveva preso da piccolo solo per fare un piacere a suo
padre, pur di
evitare di essere messo alla gogna ogniqualvolta quello spettro veniva
rievocato.
Era troppo bello per essere
vero.
-Mihael… calmati un
secondo e lasciami finire.
La calma nella voce di Kaito fu
più efficace di una doccia
fredda, e riuscì a placare in un attimo la frustrazione
bruciante del rosa.
-Sbrigati, allora. Non è
un argomento che mi piace
affrontare.
-Mi… insegneresti a
ballare?
Il più giovane
inarcò un sopracciglio:-Tu? Tu
vorresti avermi come istruttore di
ballo? E imparare a ballare il valzer, sapendo che
poi resterai
marchiato a vita se la voce dovesse diffondersi? Ne sei davvero
sicuro,
Kaito?
Il biondo annuì
energicamente, poi si strofinò la nuca:-La
danza irlandese mi sembra un po’ troppo complicata,
considerando che sono
praticamente a livello zero riguardo al ballo.
Mihael incrociò le
braccia, ancora poco convinto. Non
riusciva proprio a capire perché Kaito volesse imparare il
valzer. Dopo un
lungo tira e molla, finì col cedere: prese il cellulare,
aprì la musica e cercò
la playlist Valzer.
-Tieni. Conduco io- quasi
ordinò, porgendo l’auricolare al
fidanzato, poi gli si avvicinò, prendendogli la mano
destra:-Metti la sinistra sulla
mia spalla e tieni i piedi uniti- spiegò, appoggiando la
mano destra sulla sua
scapola. Kaito obbedì.
-Ora fai un passo indietro con il
piede destro- aggiunse,
portando avanti il piede sinistro- e ora uno in diagonale con il
sinistro,
sempre all’indietro. Ecco, così. Unisci di nuovo i
piedi, poi fai un passo
avanti con il sinistro… Diagonale con il destro…
unisci di nuovo… e ricomincia.
Un, due, tre.
Non poté fare a meno di
ridacchiare, sentendo Kaito rigido
come un pezzo di legno. Il biondo aveva un’espressione
concentratissima, mentre
si fissava i piedi con la lingua tra i denti.
Anch’io ero
così teso all’inizio?
-Kaito, va tutto bene. Non ti
pesterò i piedi, te lo
prometto.
-E se fossi io a pestarli a te?
-… In tal caso, mi
metterò a ballare la danza irlandese sui
tuoi alluci, per punizione. Sei d’accordo, amore?
Nonostante la partenza impacciata,
Kaito si sciolse in poco
tempo. Non faceva fatica a seguire il ritmo. Andarono avanti a ballare
sul
selciato della piazza, senza fermarsi, nemmeno quando
cominciò a piovigginare, una
pioggia fitta e sottile. Non aveva alcuna importanza. In quel momento
c’erano
solo loro due, e la musica. Nient’altro.
Almeno fino a quando la suoneria rock
del cellulare non gli
esplose nelle orecchie.
-Mihael, si può sapere
dove diavolo sei finito? Hai presente
che ore sono?
-Scusa, papà. Arriviamo
subito, siamo in piazza. Cinque minuti
e sono a casa, promesso.
La sola idea di dover subire una
ramanzina interminabile da
parte di suo padre, per di più sotto gli occhi di Kaito, era
devastante per
Mihael, tuttavia non poteva farci niente.
-Sbrighiamoci… prima
arrivo, meno tempo ha per pensare a
cosa urlarmi contro.
-Tuo padre ha la sindrome di
Cenerentola o sbaglio? Sono
solo le undici e quaranta.
-Sono in ritardo di diciannove
minuti, allora.
Detto questo, il rosa
cominciò a correre sotto la pioggia.
-Papà, sul serio, ero a
ballare con Kaito.
Definire l’espressione
dell’uomo semplicemente sospettosa
avrebbe significato mentire spudoratamente, ma al ragazzo non venivano
in mente
altri aggettivi. L’uomo incrociò le braccia sul
petto, squadrandolo:-Tu odi le
discoteche, Mihael.
-Dai, papà, davvero non ci
arrivi?
Temendo il peggio, Mihael si
voltò verso Thomas, beatamente
svaccato sul divano. Il coprifuoco non valeva per i due fratelli
maggiori, a
quanto pareva. Il rosso sogghignò, accavallando le
gambe:-Sono andati in hotel
a ballare il tango del diavolo, ovviamente.
-Veramente… mi ha
insegnato a ballare il valzer. Al tango
non ci siamo ancora arrivati.
Mihael scosse il capo, sconvolto
dall’innocenza e dallo
spirito di sacrificio di Kaito.
Tu ed io al tango del
diavolo ci siamo arrivati da un bel
po’, in realtà… ma non mi sembra il
momento adatto per una rivelazione del
genere.
No, suo padre non doveva sapere
troppo. Che lo considerasse
ancora puro e intonso, almeno per qualche tempo. Desideroso di
terminare al più
presto quella scomoda conversazione, Mihael simulò uno
sbadiglio:-Abbiamo
ballato tutta la sera, e senza offesa mi sento un po’ stanco.
Io… vado a letto,
buonanotte.
Si avvicinò a Kaito,
prendendolo da parte.
-Hai intenzione di fermarti a dormire
o torni a casa?- gli
sussurrò baciandolo.
-Torno a casa- rispose il biondo,
passando gli un braccio
intorno alla vita. Mihael sorrise:-Meglio. Non vorrei coinvolgerti
nella mia
personalissima rappresaglia contro Thomas… deve imparare a
tenere la bocca
chiusa.
Negli occhi grigi di Kaito
passò un lampo di sorpresa:-Cosa
vuoi fare?
-Te lo racconto domani…
ah, ricordami di spiegarti cos’è il
tango del diavolo, mi raccomando.
Kaito annuì:-Tango del
diavolo. Ok. A domani, allora.
Si baciarono di nuovo, poi si
separarono: Kaito imboccò la porta,
mentre Mihael si precipitò nella sua camera da letto, al
primo piano. Con un
ghigno, aprì l’armadio ed estrasse le scarpe per
la danza irlandese. Avrebbe
continuato a ballare come un dannato fino a quando Thomas non si fosse
scusato
in ginocchio.