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Autore: SherryVernet    02/10/2021    1 recensioni
Che resta... se poi anche questo libro, e tutti i nostri atti di pietà, compiuti con cuori di cenere, non sono già cenere anch’essi... più cenere degli atti sensuali là nel fiume, che trepidano di vita e si propagano come cerchi nell’acqua...
(Italo Calvino, Il cavaliere inesistente)

Bozzetti di studio su Dabi e i Todoroki, con Hawks a carico. Perché si sa che Hawks è un Todoroki onorario.
Un po' di Dabi/Hawks, quasi in sottofondo.
Manga spoiler.
Questa storia è ispirata al Writober 2021 di Fanwriter.it
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Dabi, Endeavor, Hawks, League of Villains
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Prompt:  Mnestic (lista: Words)

Rating: giallo

 

 

Ciò che non  si dimentica e non si perdona

 

 

 

“Nous trouvons de tout dans notre mémoire; elle est une espèce de pharmacie,  de laboratoire de chimie, où on met au hasard la main tantôt sur une drogue calmante, tantôt sur un poison dangereux.”

–– Marcel Proust, La Prisonnière ––

 

 

Tōya non dimentica e neppure perdona: che cosa fosse scoppiettare d’orgoglio, bruciare di gioia; il fuoco, allora rosso, sulle dita, la fiamma amica che non lo scottava; il viso di suo padre, non ancora segnato, né la sua colpa più grande –– quella d’averlo amato, e poi scartato. Tōya non dimentica d’essere stato  un prodigio, poi un fallito; e, infine, lo sfortunato figlio di sua madre, un morto che  nessuno ha seppellito.

E si chiede, Tōya, se l’abbiano scordato o, peggio, se l’abbiano ridotto a una fotografia, a un vuoto dietro a un vetro e ad un riflesso; ma, forse, del resto, lo era già da prima, quando chi era stato, quello che aveva senso, era ormai andato perso, e a Tōya non restava che la rabbia col ricordo ustionante di sé stesso.

Di questi tempi, Tōya srotola i giorni come una vecchia pellicola consunta: a singhiozzi, tracciando con le dita i ricordi degli altri e i propri graffi, lungo un film muto di cenere e di fumo, suture e cicatrici – le ha contate tutte; ricorda il perché, il dove, l’ora, come se avesse importanza,  come  se la  data da non dimenticare non fosse una sola; come se gli anni e i fatti e le circostanze valessero  davvero qualcosa per fare i conti con tutto il suo rancore.

È quel rancore che salda i debiti tra la memoria e la dimenticanza, il prezzo in cose perse che si deve pagare –– questione di  dettagli: gli occhiali da sole, sospesi sul taschino di un giaccone; che cosa abbia mangiato a colazione; la luce grigia negli occhi di sua madre quando, una volta, ancora  sorrideva, o la certezza  infantile che  avesse smesso per colpa di Tōya. Occhio per occhio… è come un’equazione.

E gli occhi di suo padre lo guardano riflessi nello specchio, sfuggenti di passaggio alle finestre; lo scrutano nell’ombra di un bicchiere più spesso che alla televisione, comunque troppo spesso per dimenticare lo sguardo esatto del suo disappunto, della sua delusione. Che altri occhi potrebbe ricordare? Quelli di Hawks  –– Takami, no: Keigo –– quando è sincero sempre per errore; lo ammette solo qualche volta, se si addormenta e non può  fare a meno di sognare. È un segreto che si tiene in tasca, che stringe nel pugno assieme al proprio nome, entrambi una condanna e un anatema –– per chi?; Tōya non ci vuole pensare.

Ma la memoria è subdola ed è stronza. Tōya ci ripensa – non che faccia, d’altronde, alcuna differenza. Ripensa a quella donna che s’è venduta un figlio senza opporre troppa resistenza. Ripensa al peso delle aspettative; immagina, s’illude, che non siano dolorose, quando non sono state disattese. Si chiede che cosa Hawks ricordi; che cosa avesse e che cosa gli sia stato tolto; che cosa abbia dimenticato, ed a che cosa abbia dovuto rinunciare. Per un momento, Tōya lo contempla come se fosse un riflesso capovolto –– lo spettro redivivo di chi Tōya sarebbe dovuto diventare, se avesse potuto ––, finché la realtà, cogli occhi di suo padre, non lo schiaffeggia in faccia dal primo piano lucido di turno. Allora, Tōya scaccia quei pensieri, oziose distrazioni, assieme ai krapfen che Keigo ha servito a colazione; alla contezza di dove diavolo siano finiti gli occhiali da sole; alla luce fuggevole negli occhi sbagliati dei bugiardi.

Il resto, però, Tōya non lo dimentica; né a lui né a sé stesso, lo perdona.

   
 
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