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Autore: LadyNorin    05/10/2021    1 recensioni
John Watson si era allontanato quanto più possibile da Baker Street. La decisione che lo aveva spinto a fare le valigie era molto semplice: Sherlock Holmes.
Dopo la morte di sua moglie Mary, John decide di allontanarsi da coloro che lo hanno fatto soffrire e iniziare una nuova vita. Ma forse il destino prende le sue decisioni, e nemmeno un uomo razionale come John può contrastarle.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 37:


***

Ormai erano in viaggio da un po’. Ci voleva del tempo per arrivare dalla residenza in campagna degli Holmes, al centro di Londra.
La notte era calata e le luci saettavano fuori dai finestrini dell’auto in corsa.
All’interno dell’abitacolo c’era assoluto silenzio. Lestrade guidava e Mycroft si era seduto sul posto del passeggero. L’unico rumore che faceva da sottofondo era la voce gracchiante della radio della polizia, tenuta a volume basso, e la pioggia che picchiettava contro i finestrini.
Sherlock e John erano entrambi seduti sui sedili posteriori: Sherlock da un lato e John dall’altro. Sherlock aveva passato l’intero viaggio a guardare fuori dal finestrino, nonostante il buio. John poteva chiaramente distinguere i tratti del volto del suo compagno, che erano contratti e tesi come corde di violino. Alla fine era stato costretto a seguire Mycroft, e dio solo sapeva quello che gli aspettava.
A John era venuto mal di stomaco dall’ansia, causata anche dalla separazione da Rosie. Nonostante sapesse che la bambina comunque stava bene ed era felice a casa dei signori Holmes, che ora erano ufficialmente i suoi nonni, non riusciva a non provare ansia da separazione.
Non poté fare a meno di pensare che sarebbe stato meglio non cenare.
Ora l’unica cosa che voleva era toccare Sherlock. Lasciò scivolare la mano lungo il sedile, quella di Sherlock era lì, poco lontana, lasciata appoggiata, quando John finalmente riuscì a toccarla, Sherlock la ritrasse immediatamente. Per il dottore fu come ricevere un pugno allo stomaco. Ma aveva recepito il messaggio. Così si ritrasse in se stesso, e cercò di tirare su il colletto del giaccone che indossava, all’improvviso sentiva fredo.


Mano a mano che il viaggio proseguiva, John riusciva a riconoscere sempre più luoghi della città. Ora erano molto più vicini a Baker Street. In quegli anni non era cambiato assolutamente nulla. Un po’ lo tranquillizzava. I cambiamenti non gli piacevano molto, e quella situazione era già abbastanza stressante.
L’ora doveva essere tarda perché non c’era particolarmente traffico, e per Londra era strano il non esserci traffico. Quindi doveva essere un qualche orario dopo le undici di sera.
Greg fermò la macchina proprio davanti al 221B.
Era da così tanto che John non vedeva quella portone. Un po’ si sentì confortato. Ma quando si voltò, scoprì che Sherlock era già sceso e si era richiuso la portiera dell’auto alle spalle.
Il dottore sospirò e scese a sua volta. Piovigginava.
Si diede una stiracchiata. Non ne poteva davvero più dei viaggi in auto.
Greg nel frattempo si era avvicinato al portone e lo aveva aperto, poi si era fatto da parte per far passare gli altri.
Per primo entrò Mycroft, seguito da Sherlock, e da John, per ultimo entrò Lestrade, e si assicurò che la porta fosse ben chiusa.
La signora Hudson è già a letto a quest’ora. Ma prima l’ho chiamata e le ho chiesto di preparare l’appartamento, sembrava sul punto di mettersi a piangere.” Lestrade lo disse parlando a bassa voce.
A piangere?” John si era sconvolto a quell’ultima affermazione.
Si. Per voi due credo. Non si aspettava di rivedervi.”
Ora John si sentiva tremendamente in colpa. In fondo la signora Holmes ci aveva sempre tenuto a loro due, e lo aveva sempre dimostrato, mentre loro, per tutta gratitudine, se ne erano andati, senza lasciare traccia.
Mi dispiace.” disse solo John.
Devi dirlo a lei, non a me.”
Colpito e affondato. John non potè fare a meno di pensare a quanta ragione avesse Lestrade. Si sarebbe dovuto far perdonare dalla signora Hudson.
Salirono su per le scale.
Le luci dell’appartamento erano state lasciate accese, e tutto era perfettamente preparato, e l’ambiente riscaldato.
I sensi di colpa di John aumentarono. La signora Hudson si doveva essere impegnata al massimo per fargli trovare tutto nel migliore dei modi.
Sherlock in tutto ciò era andato verso quella che una volta era la stanza che usava.
John si ricordò dell’ultima volta in cui ci era stato, quando Sherlock era ancora in ospedale in pessime condizioni. Mandò giù un grosso nodo in gola.
Lestrade andò a buttarsi sul divano, solo allora John si accorse che era stato preparato con una coperta e due cuscini.
Stai… Stai scherzando vero?”
Prego?”
Greg si stava togliendo l’impermeabile e la giacca ed aveva lasciato quello che aveva nelle tasche, sul tavolino.
Non hai intenzione di stare qui a dormire.” John era ancora più sconvolto ora.
Certo che c’è l’ho.”
Non hai una casa tua!”
Si.”
E allora perché non ci vai?”
Perché dovrei lasciare voi due qui da soli, e sappiamo com’è finita l’ultima volta.”
John si sentì montare dalla rabbia.
Non ci provare!”
Non ci provare?”
Non ci serve la dannata baby-sitter e non abbiamo intenzione di scappare!”
Scusa ma visto i precedenti non ho intenzione di rischiare.” era stato Mycroft a parlare. John avrebbe voluto tanto mollargli un pugno una volta per tutte.
Tu.- gli puntò contro un dito indice. -La devi smettere di metterti in mezzo e cercare di controllare le nostre vite! Non puoi costringerci a fare un bel niente!”
Basta!- era stato Sherlock a fermare la discussione, non aveva più detto una parola da casa degli Holmes. -Non mi interessa chi rimane o se ne va! Ci vediamo domattina.” entrò nella propria stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Ormai i nervi di John erano saltati, quindi non gli rimase che seguire l’esempio, prese le scale per la propria camera da letto. Trovò la stanza ordinata e il letto pronto. Chiuse la porta e ci si buttò di faccia, a peso morto, urlando nel cuscino tutta la frustrazione. Voleva solo Sherlock in quel momento, ma era Sherlock a non volere lui, ed era proprio quella la botta peggiore.



La mattina seguente John si risvegliò quasi di soprassalto. Non aveva idea di che ora fosse, quindi praticamente volò giù dal letto. Indossava ancora i vestiti del giorno precedente, che ormai erano tutti stropicciati. Ma il problema era che non aveva cambi.
Andò a guardarsi allo specchio di una delle ante dell’armadio.
La sera precedente doveva essersi addormentato ad un certo punto, nello stesso modo in cui si era buttato sul letto.
Aveva i capelli sconvolti, e la faccia pallida, solcata da rughe dovute dalle preoccupazioni. Gli occhi erano arrossati, ed aveva un alone scuro sotto le occhiaie. Ci sarebbe voluto un miracolo a sistemare quello sfacelo.
Scese al piano inferiore. Gli altri erano già svegli. Qualcuno stava armeggiando in cucina, e proprio in quel momento uscì Sherlock. Almeno lui aveva un aspetto decisamente migliore. Stava indossando un completo elegante, nero, sotto una camicia bianca. Anche i capelli erano sistemati alla perfezione. Però a John era bastata un occhiata. Anche se il suo compagno di vita all’esterno poteva sembrare perfetto, non lo era. Il suo volto era così pallido che avrebbe potuto fare tranquillamente concorrenza con il bianco di un muro. Le pupille erano terribilmente rosse. Sapeva cosa voleva dire.
Avrebbe dato qualunque cosa per poterlo almeno confortare, ma non poteva fare nulla. Se non starsene lì impalato.
Anche Sherlock guardò John, e il dottore si sentì quasi come un comune mortale che veniva valutato da una divinità.
Prima che potesse aprire bocca e dire alcunché, da dietro le spalle di Sherlock, sbucò Mycroft.
Hai un aspetto orribile. Spero tu non abbia intenzione di venire così al commissariato.”
John chiuse gli occhi e prese un bel respiro. Tirare un pugno a Mycroft di sicuro sarebbe stato un bel modo di sfogarsi, ma non poteva farci niente, quindi si limitò a stringere i pugni fino a sentire ogni singolo tendine che si tirava e contraeva.
Vado in bagno.” lo disse a denti stretti, e diede le spalle ai due, chiudendosi dentro.
Cercò di sistemarsi come meglio poté. Mycroft a quanto pareva aveva portato alcune cose, beni di prima necessità, tra cui spazzolini. Strano che avesse pensato anche a lui visto quanto corresse poco buon sangue.
Quando finalmente uscì, si trovò dei vestiti perfettamente piegati davanti.
Ehi. E questi da dove vengono.” guardò confuso Sherlock, che gli stava porgendo il malloppo di panni.
Mycroft.”
Oh.”
Le scarpe sono accanto al divano.” tagliò corto Sherlock.
Sherlock…”
Il consulente si limitò a consegnare gli indumenti e si allontanò.
Quando John uscì dal bagno, dopo essersi cambiato, trovò anche Lestrade.
Buongiorno.”
Anche il detective di Scotland Yard era vestito in modo un po’ più elegante, ed aveva anche la cravatta, il trench beige che gli copriva la giacca e i pantaloni, fino al sotto il ginocchio.
Allora andiamo.”
Lui e Sherlock andarono con Lestrade, mentre Mycroft partì con la propria auto privata.


La stanza degli interrogatori era asettica e spoglia di qualunque arredamento. Pensare che l’avevano vista così tante volte, e ora ci si ritrovavano lì seduti, su quelle sedie di metallo gelido, e l’altrettanto gelido tavolo.
Dopo qualche minuto di attesa, Lestrade entrò dalla porta. Si era tolto trench e giacca elegante e anche la cravatta, ed aveva arrotolato le maniche della camicia, fino a sopra il gomito.
Va bene, vediamo di tirare fuori qualcosa.” il detective mise delle cartelline gialle sul tavolo e si mise a sedere.
Sherlock, io non voglio forzarti a fare nulla, lo sai, ma ho le mani legate. Sei l’unico che può aiutarmi.”
Sherlock a quelle parole si limitò ad annuire.
Raccontami solo com’è andata in quel parcheggio. Dammi un nome.”
John da sotto il tavolo prese le mani che Sherlock si stava tormentando. Per fortuna questa volta l’altro non rifiutò il contatto.
Quasi rassegnato al suo destino, Sherlock iniziò a raccontare tutto dall’inizio. Per poi passare alle parti che aveva raccontato anche a John. Al dottore si strinse la gola. Come una diga che impediva all’acqua di andare dall’altra parte.
Era tutto diverso da quando erano state raccontate a lui. Non il racconto, ma essere testimoni di quelle parole in modo indiretto.
Pensava, da quel giorno sulla spiaggia, di essere riuscito a razionalizzare tutto, invece non aveva razionalizzato un bel niente.

Sherlock si era come chiuso in se stesso. Anche fisicamente oltre che mentalmente.
Più proseguiva con il racconto, più si accartocciava su se stesso. Le spalle in avanti, la schiena curvata.
John pensò che probabilmente era il modo in cui Sherlock si stava sentendo in quel momento. Come una carta usata, da buttare.
Il dottore avrebbe dato qualunque cosa per poter cancellare quello che era successo al suo compagno.
La testa bassa. Si vedevano solo una cascata di ricci neri.
Dopo la fine del terribile racconto un gelo assoluto era calato all’interno della stanza degli interrogatori.
Nessuno osava parlare per primo. Lestrade se ne stava immobile, seduto al proprio posto, fissando il vuoto già da un po’.
Sherlock?” Lestrade cercava l’attenzione del consulente, senza ottenere nulla.
Dai Sherlock, mi serve il tuo aiuto.”
A che serve?” Sherlock finalmente aveva trovato le parole per rispondere, anche se lo aveva detto con un filo di voce.
A che serve? A che serve cosa?”
Ora che ti ho raccontato tutta la storia, a cosa ti è servita?”
Scherzi? Mi serve a mettere un bastardo criminale dietro le sbarre e buttare la chiave!”
Sherlock finalmente alzò la testa, e guardò Lestrade negli occhi. Sul volto il sorriso più amaro che il vecchio detective gli avesse mai visto.
Non è così che funziona.”
E come funziona?”
Andiamo Lestrade, non fare l’ingenuo. Tutti credono quasi raramente alle vittime. Figurarsi ad uno come me.”
Ma tu lavori per la polizia. Chi è più attendibile di qualcuno che lavora per la polizia?”
Oh Lestrade sembri nato ieri. Sono praticamente considerato un pazzo da chiunque. C’è chi dice che ho problemi di personalità, vogliamo parlare dei miei precedenti con le droghe? Un carcerato che accusa il suo compagno di cella, viene preso più in considerazione.
L’avvocato di quel tizio ci andrà a nozze. Non che ci voglia poi molto. Si inventeranno che ho aggredito il suo cliente per un qualche motivo, e lui si è semplicemente difeso.”
Lestrade aggrottò la fronte.
Sherlock, quell’uomo ti ha…” prima che potesse terminare la frase, Sherlock lo interruppe.
No. E’ la sua parola contro la mia. E fino a prova contraria l’ho agganciato io in quel bar. Oltre al fatto che non ci sono prove di alcun tipo che abbia… E comunque sono sicuro che negherà. Non vuole che si sappia in giro che ha certi vizi.”
E i ragazzi che ha pagato? Ha aggredito anche alcuni di loro, si potrebbe dimostrare che ha un indole violenta e prevaricatrice.”
Intendi dei disagiati, spesso e volentieri coinvolti con il traffico e consumo di droga. O certo, parleranno sicuramente.
Magari se fossi morto, forse prima o poi con il dna lo avresti beccato e fatto condannare per omicidio involontario.”
Sherlock!” John aveva dato una gomitata al fianco del compagno, che però lo aveva ignorato.
Sherlock sapeva quanto John odiasse sentirgli dire certe cose, ma non poteva farci nulla, erano i fatti.
Io non posso lasciarlo a piede libero lo capisci? Certo che lo capisci, lavori per noi per la miseria.”
Lavoravo.- ci tenne a puntualizzare Sherlock. -Hai insistito per avere la mia storia. Una inutile storia da portare ad un processo che sarà una farsa, e dove l’unico che ci rimetterà sarò io, perché di certo il colpevole non subirà alcuna conseguenza.”
Lestrade si passò stancamente una mano sul viso.
Verrà fuori qualcosa, qualche altra vittima.”
Non ci sperare troppo.”
Ma io devo. Non ho scelta.”
Lo so.”
Mi dispiace.”
Non è colpa tua.”
Lestrade guardò John, che sembrava in piena apprensione e sofferenza.
Quei due si comportavano in modo decisamente strano. Insomma, più strano del solito, da quando gli conosceva, e già si comportavano in modo strano all’epoca, ma così era peggiorata la situazione.
Per qualche assurda associazione mentale, John gli dava l’idea di essere mamma orsa con il suo cucciolo, pronta a staccare la testa a chiunque si fosse azzardato ad avvicinarglisi troppo. In realtà provava pena per il povero stolto che avesse provato a farlo. Anzi, nel momento in cui avesse arrestato l’uomo che aveva fatto del male a Sherlock, si sarebbe dovuto assicurare di tenere a distanza John, o rischiava di finire male, e sinceramente non ci teneva a dover mettere in prigione per omicidio, un suo amico.
Però io comunque ho bisogno di quel nome.- Lestrade prese un respiro. -Ti prometto, che farò tutto quello che posso, e che è in mio potere, per non coinvolgerti più del dovuto, anche a costo di dover mettere questa confessione, secretata.”
Sherlock parve pensarci su per un lungo attimo, poi annuì.
D’accordo. Ti darò quel nome.”


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