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Autore: My Pride    15/11/2021    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot a tema matrimoniale sulla coppia Damian/Jonathan ♥
» 04. From this day Foward ~ Jonathan/Damian + famiglia
A voler essere sincero, non avrebbe mai creduto che quel giorno sarebbe giunto anche per lui. Aveva sempre pensato che, soprattutto a causa del suo passato, avrebbe finito col ferire chiunque avrebbe provato ad avvicinarsi e non avrebbe mai potuto avere una vita felice, e si era portato dietro quel pensiero fin quando non aveva conosciuto Jon.
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bat Family, Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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From this day Foward Titolo: From this day Foward
Autore: My Pride
Fandom: Batman, Super Sons
Tipologia: One-shot [ 3510 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne, Bruce Wayne, Jonathan Samuel Kent + Tutta la famiglia e Justice League

Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Commedia

Avvertimenti: What if?, Slash
Solo i fiori sanno: 29. Orchidea: armonia, celebrazione d’amore
Just stop for a minute and smile: 10. "Poteva andare peggio..."


SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved.

    Tra un'imprecazione e l'altra, Damian cercò di annodare il cravattino con mani tremanti, non riuscendoci. Non aveva alcun motivo per essere nervoso, quel giorno sarebbe dovuto essere completamente dedicato ai sorrisi e alla gioia, eppure non poteva non provare una bizzarra sensazione alla bocca dello stomaco - Grayson le avrebbe scherzosamente chiamate farfalle - mentre si fissava davanti allo specchio.
    A voler essere sincero, non avrebbe mai creduto che quel giorno sarebbe giunto anche per lui. Aveva sempre pensato che, soprattutto a causa del suo passato, avrebbe finito col ferire chiunque avrebbe provato ad avvicinarsi e non avrebbe mai potuto avere una vita felice, e si era portato dietro quel pensiero fin quando non aveva conosciuto Jon. All'inizio non avrebbe mai potuto crederlo possibile, eppure gli alti e bassi che avevano vissuto non avevano fatto altro che avvicinarli più di quanto loro stessi avessero pensato. E forse, adesso, era proprio per quel motivo che non faceva altro che fissare il suo riflesso in quel completo bianco.
    Era così... strano. Non sapeva da quanto tempo stesse fissando le rifiniture eleganti della giacca monopetto che indossava, ma il suo sguardo correva da essa alla camicia bianca, fin verso i pantaloni classici con le bande di raso laterali; non aveva voluto dire di no al gilet, quindi non solo alla fine l'aveva indossato per una questione d'eleganza, ma anche per nascondere le bretelle e la cintura. Si era persino ravvivato i capelli all'indietro, mettendo in risalto i lineamenti decisi del suo volto e il taglio orientale dei suoi occhi verdi. Si sentiva perfetto, però... era normale sentirsi così nervosi?
    «Damian?» La voce incerta di suo padre si fece sentire timidamente da dietro la porta, distogliendolo dai suoi pensieri. «Posso entrare, figliolo?»
    Damian si prese un momento prima di rispondere, traendo un lungo sospiro mentre continuava a lottare con quello stupido cravattino. Perché aveva insistito tanto col volersi preparare da solo? Una mano, ora come ora, non gli sembrava affatto una pessima idea. «Entra pure, padre», disse infine nel vedere, attraverso lo specchio, la porta aprirsi poco a poco e rivelare la figura del genitore. Indossava un completo nero ed elegante che metteva in mostra la sua prestanza fisica, e la cravatta, anch'essa nera, svettava fin troppo bene sulla camicia bianca.
    «Stai benissimo», esordì Bruce, senza nascondere la nota di orgoglio che trasudava dalle sue parole. Solitamente non si lasciava andare in quel modo, ma quello era un giorno speciale in tutto e per tutto. Suo figlio era cresciuto e stava per sposarsi... e gli sembrava fosse passato poco meno di un giorno da quando era arrivato nella sua vita.
    «...grazie», disse Damian con un pizzico di imbarazzo, volgendo il capo verso di lui. «Ma proprio non riesco a fare questo maledetto nodo», ammise, accennando al cravattino che cadeva mollemente intorno al colletto della sua camicia. «E Grayson è più impedito di me».
    «Avresti potuto chiamare Alfred».
    «No, io... voglio che Pennyworth si goda la giornata».
    Bruce sbatté le palpebre, ma poi scosse il capo, divertito. «Ad Alfred non dispiacerebbe, credimi. Sogna un momento simile da quando io stesso avevo la tua età», replicò prima di fargli un cenno con la mano destra. «Girati, ti do una mano io».
    «Sicuro di riuscirci?» ironizzò il giovane, rimediandoci una breve occhiataccia dal genitore.
    «Alla veneranda età di cinquantacinque anni, credo di aver imparato anch'io come annodare un cravattino».
    Damian mugugnò qualcosa in tono sarcastico, ma doveva arrendersi all'evidenza: quel cravattino non si sarebbe sistemato da solo e il padre, in quella stanza, ci sarebbe riuscito sicuramente meglio di lui; così si girò, sistemandosi giusto un po' la giacca per lasciare che fosse l'altro ad occuparsi del resto. Le sue mani, grandi e forti, si allungarono verso il suo collo e sollevarono il colletto della camicia, posizionando nel modo corretto il cravattino intorno al suo collo per far sporgere maggiormente un'estremità, prima di incrociarla su quella corta.
    «Ricordi la prima volta che tua madre ci ha fatti incontrare?» esordì d'un tratto l'uomo mentre manteneva con l'altra mano le due estremità che si incrociavano davanti al colletto, e Damian, seppur sorpreso da quella domanda, si lasciò sfuggire un piccolo sbuffo ilare, sollevando lo sguardo al soffitto.
    «Sembra ieri. Ti puntai una spada alla gola e ti dissi: “Padre...»
    «...ti credevo più alto”», rise Bruce, e sulle sue labbra comparve l'ombra di un sorriso. Damian non l'aveva mai visto così... felice. «E avevi soltanto dieci anni. Da allora, ne abbiamo passate tante... ci sono stati momenti in cui abbiamo discusso, litigato, combattuto». Tirò entrambe le estremità del cravattino, stringendole in base alla larghezza del suo collo e continuando a sistemare quel pezzo di stoffa con estrema attenzione, quasi avesse paura di farlo scivolare via dalle proprie dita. «Sei partito per trovare la tua strada e hai guadagnato nuove esperienze, hai imparato ad accettare l'aiuto degli altri e a capire che i sentimenti non sono una debolezza. E adesso eccoti qui... pronto a sposarti», replicò nel tirare infine le anse del cravattino per sistemare il fiocco, raddrizzandolo prima di squadrare il figlio, in modo di assicurarsi di aver fatto un buon lavoro, per poggiargli poi una mano su una spalla. «Non potrei essere più fiero dell'uomo che sei diventato, Damian».
    Damian dovette mordersi il labbro inferiore, ma quelle parole l'avevano commosso. E, con gli occhi un po' lucidi, dovette abbassare lo sguardo per poter incrociare quello del genitore, essendo diventato più alto di lui. «Vuoi farmi piangere il giorno del mio matrimonio, padre?»
    «Se possiamo, cerchiamo di evitarlo. Non vorrei che Jonathan si preoccupasse nel vederti con gli occhi arrossati», replicò l'uomo, facendo ridacchiare l'altro.
    «Non sarebbe il solo. È dalle sei di questa mattina che Todd e Drake cercano di far star buono Richard. È praticamente diventato il mio wedding planner». Roteò gli occhi al pensiero, ma appariva divertito. «Se sapesse che mi hai fatto piangere, stavolta sarebbe lui a prenderti a pugni», ghignò.
    «Mphf», rimbeccò Bruce, dandogli un'ultima pacca sulla spalla prima di afferrare lui stesso i gemelli sul tavolino accanto allo specchio, porgendoli al figlio. «Sarà meglio che tu finisca di prepararti».
    Ringraziando, Damian allungò la mano per prenderli e ripiegò il polsino destro all'indietro, tenendo unite le due estremità per poter allineare i buchi e appuntare uno dei gemelli. Erano dei classici gemelli a catena, che raccordavano i due lati rifiniti in oro e che, nella loro semplicità, apparivano decisamente belli ed eleganti sul completo bianco che indossava. Erano un regalo di Clark. Gli aveva detto, senza nascondere la commozione nella sua voce, che erano appartenuti a suo padre e che sarebbe stato fiero di vederli indossare da lui, e Damian ne era stato contento.
    Aveva conosciuto Jonathan Senior, era stato un brav'uomo, vecchia scuola, genuino proprio come sembrava esserlo. Persino lui, di solito così composto, aveva pianto al suo funerale. Quindi, quando quello stesso mattino gli erano stati consegnati da Clark in persona, Damian aveva sorriso, veramente grato. Sapeva che, come da tradizione, suo padre aveva fatto lo stesso con Jon, ed era certo che Jon si fosse commosso all'inverosimile alla vista dei gemelli che erano appartenuti addirittura a Thomas Wayne. E ciò voleva significare molto. Così finì di sistemarsi quei gemelli e si rimirò allo specchio, e Bruce osservò ogni suo movimento, dal modo in cui si stava raddrizzando ancora un po' il cravattino al lieve tremolio delle sue dita. Damian non tremava. Mai.
    «Nervoso?» gli chiese comprensivo, e Damian gli gettò un'occhiata tramite lo specchio.
    «Non vedo perché dovrei», affermò il giovane nell'ostentare la sua solita sicurezza, ma vacillò un po'. Raschiò difatti i denti sul labbro inferiore, traendo un lungo sospiro. «Dannazione, », ammise, abbandonando le braccia lungo i fianchi. Se avesse continuato a tormentarsi quel cravattino, suo padre avrebbe dovuto aggiustarglielo da capo. «Ma è stupido, giusto? Insomma... io e Jon ci conosciamo da quasi tredici anni, abbiamo vissuto mille avventure, abbiamo lottato fianco a fianco, abbiamo affrontato minacce intergalattiche... non dovrei essere nervoso per una semplice cerimonia».
    «È del tutto normale, Damian», provò a tranquillizzarlo Bruce. «È un passo importante nella tua vita, un cambiamento, ed essere nervosi ed emotivi fa parte dell'essere umano. Ma oltre le responsabilità e gli impegni che un matrimonio comporta, ricorda che affronterai tutto insieme alla persona che ami. E le vostre famiglie vi supporteranno sempre», soggiunse nel poggiargli nuovamente una mano sulla spalla destra. «Jonathan è un bravo ragazzo. Vedere il modo in cui ha sempre creduto in te, standoti accanto nei momenti belli e in quelli brutti, mi ha fatto capire che le mie paure erano infondate. So che vi prenderete sempre cura l'uno dell'altro».
    Damian scosse la testa, ma stava sorridendo come non mai. «Attento a quello che dici quando ci sono kryptoniani a portata d'orecchio. Se Jon fosse qui, ti guadagneresti un abbraccio alla Kent, padre».
    «Dio voglia di no», replicò immediatamente Bruce, ed entrambi si guardarono per un lungo momento, silenziosi, prima di ridacchiare nello stesso istante. Era confortante vedere il padre sotto una luce diversa, una luce che lo aveva fatto uscire poco a poco da quell'oscurità che aveva sempre avvolto entrambi, in un modo o nell'altro. «Sono tutti in posizione, ci stanno aspettando», soggiunse poi nel portarsi due dita all'orecchio destro, simbolo che gli era appena stato detto qualcosa tramite il comunicatore da cui non si separava mai, prima di lanciare una nuova occhiata a Damian. «Sei pronto?»
    «No», esordì lui di rimando, per quanto non avesse smesso per un momento di sorridere. «Ma non vedo l'ora».
    Bruce rise divertito e gli diede una pacca su una spalla, notando Damian sistemarsi la katana alla cintola prima di attraversare con lui la soglia per richiudersi la porta alle spalle; furono piuttosto silenziosi per tutto il tragitto lungo il corridoio e fino alle grandi scalinate dell'atrio, finché non fu Bruce stesso, una volta scesi gli ultimi gradini, a lanciare un rapido sguardo al figlio mentre si incamminavano verso la cucina.
    «Sei ancora sicuro di voler tagliare la torta con la spada di tuo nonno?» chiese incerto, giacché non gli era sfuggito il modo in cui Damian aveva poggiato una mano sull'elsa di quell'arma, stringendola in parte. Per quanto Ra's facesse parte del suo passato, un passato che preferiva dimenticare, quello che aveva con sé era pur sempre un cimelio di famiglia. Difatti Damian sospirò pesantemente, ricambiando il suo sguardo prima di attraversare l'enorme vetrata che dava in giardino.
    «Padre... è tradizione. E a mia madre piacerebbe vedere che rispetterò almeno quella», gli disse di rimando, gettandogli un'occhiata piuttosto eloquente. Era già stato fin troppo faticoso riuscire a farle promettere di comportarsi bene, giacché non aveva voluto sentir ragioni e si era praticamente invitata da sola. «Poteva andare peggio».
    «Tipo?»
    «Avrebbe potuto portare l'intera Lega», affermò Damian in tono lugubre, e per un lungo istate entrambi tacquero, limitandosi a fissarli. Fu Bruce a spezzare la tensione, ridendo fragorosamente come non aveva mai fatto. Una risata contagiosa che fece scoppiare a ridere Damian stesso.
    «Sarebbe stato proprio da lei».
    Dopo essersi scambiati un'ultima occhiata e un altro rapido sorriso, attraversarono quegli addobbi floreali che si estendevano davanti a loro e che creavano diverse fantasie nell'intrecciarsi gli uni con gli altri, galleggiando nell'aria come se fossero stati incantati; probabilmente c'era lo zampino di Zatanna e Damian sorrise un po' al pensiero che tutta la Justice League si fosse adoperata per il suo matrimonio, cosa che gli fece anche scaldare il cuore. Sapeva che Arthur si era occupato del rinfresco e che Diana aveva pensato alle fedi, che Clark aveva steso il tappeto bianco e che J'onn aveva creato una cupola mentale per rendere la zona sicura per qualunque evenienza, e tutte le decorazioni erano state appese a tempo di record da Wally e Barry, i quali avevano corso da una parte all'altra come delle schegge impazzite. E Damian era grato a tutti loro per averci messo così tanta passione. Non sentiva davvero di meritarselo. 
    Arrivò nell'enorme spiazzale del giardino addobbato a festa insieme a suo padre, trattenendo un po' il respiro quando lo sguardo si posò sulla figura di Jon. Nervoso quanto lui e in piedi sotto l'arco di rose rigorosamente blu - Damian non aveva voluto saperne di avere niente di diverso, essendo le rose coltivate da Pennyworth -, si stava torcendo le mani e gettava sguardi veloci agli invitati accomodati sulle poltroncine riposte ordinatamente in fila sotto le fronde degli alberi, vedendoli chiacchierare tra loro in attesa dell'inizio della cerimonia.
    Seduti in prima fila, Drake e Todd davano qualche pacca sulla spalla a Grayson, che piagnucolava borbottando chissà cosa con uno dei suoi soliti sorrisetti dipinti in volto mentre si soffiava il naso; al suo fianco c'era anche Barbara che ridacchiava e gli carezzava la testa, ma persino Stephanie stava tirando su col naso nell'asciugarsi le lacrime. Cassandra era quella più composta, per quanto stesse sorridendo come Damian non l'aveva mai vista sorridere. E poi c'erano Lois, Clark, Conner e Kara, l'uno più felice e commosso dell'altro; Iris era impeccabile nel suo vestito mentre se ne stava seduta proprio tra Barry e Wally, a braccetto con Linda e con i gemelli che chiacchieravano allegramente con Colin e Kathy, la quale si era trascinata dietro anche Maya; quest'ultima, cercando di non piangere, teneva lo sguardo basso e borbottava chissà cosa, nonostante l'aria felice che aveva dipinta sul suo volto.
    Seppur in un angolo, quasi nascosta alla vista, c'era persino Talia, dietro la quale svettava anche la possente figura di Goliath con le grosse ali spiegate e il muso affondato nelle piante. Sua madre aveva indossato un caffettano marocchino verde tiffany che modellava le forme sinuose del suo corpo, e sembrava brillare sotto i tiepidi raggi del sole grazie alle rifiniture e il modo pregiato in cui le lunghe maniche nascondevano in parte la cintura dorata.
    Damian era contento che alla fine fosse davvero venuta, ma il suo sguardo si soffermò soprattutto su Jon, poiché non l'aveva mai visto così: essendo una cosa praticamente in famiglia, aveva deciso di non indossare gli occhiali e si era ravvivato i capelli all'indietro, con indosso un completo bianco vagamente simile al suo; al collo portava una cravatta azzurra che metteva ancora più in risalto i suoi occhi, luminosi come non li aveva mai visti. E quando Jon ricambiò il suo sguardo, il sorriso che gli rivolse fu così radioso da far impallidire il sole.
    «Va' a prenderlo, ragazzo».
    La pacca sulla spalla e il sussurro di suo padre all'orecchio lo riscossero dalla sua visione e quasi arrossì, sbottandogli contro qualcosa nel tentativo di ritrovare la sua compostezza mentre seguiva con lo sguardo il genitore che si allontanava, vedendolo sedersi accanto a Pennyworth e Selina; vide quest'ultima trattenere una risata quando Bruce si accasciò col capo contro la sua spalla, e fu nel tenere quell'omone grande e grosso a sé che la donna ricambiò lo sguardo di Damian, sorridendogli raggiante.
    Deglutendo, Damian si fece coraggio e si incamminò su quel lungo tappeto bianco nell'esatto momento in cui le note della marcia nuziale riempirono l'aria intorno a loro, sentendo il nervosismo tornare ad ogni passo che faceva per avvicinarsi a Jon. La tradizione avrebbe richiesto dei testimoni o l'essere accompagnati all'altare,  ma avevano voluto fare entrambi di testa loro e lasicare che tutti si godessero la cerimonia in prima fila; Diana aveva invece insistito col pensarci lei ad unirli in matrimonio, e vederla fiera sotto l'arco floreale, nel suo bell'abito e con la sua espressione austera ma felice, metteva a Damian un po' di soggezione.
    Quando finalmente raggiunse Jon, quest'ultimo gli rivolse un sorriso ancor più luminoso di prima, sollevando una mano per sfiorargli uno zigomo e carezzargli poi un angolo dell'occhio sinistro. Damian aveva contornato i suoi occhi con una sottile linea di kajal, così fine che chiunque non possedesse una vista microscopica non avrebbe potuto vederlo se non a minima distanza, e nel vedere le labbra di Jon aprirsi per dire qulcosa, Damian lo fulminò subito. 
    «...non dire niente», lo mise in guardia, ma Jon rise e abbassò un po' il viso verso di lui, dovendolo raddrizzare imbarazzato quando qualcuno - Jason - gli fece notare che non era ancora il momento di baciare lo sposo, rimediandoci un sibilo scocciato da parte di Damian al quale non diede comunque peso.
    Riprendendosi, Jon sollevò un angolo della bocca in un nuovo sorriso. «Mi piace... mette in risalto i tuoi occhi», sussurrò, e a quel punto Damian distolse lo sguardo con un borbottio, come a voler nascondere il rossore che sembrava essersi dipinto sulle sue guance già scure.
    «Non ti ci abituare», tagliò corto, ed entrambi vennero poi richiamati all'attenzione da un piccolo colpo di tosse di Diana, la quale sorrise prima di fare un breve cenno col capo; in quello stesso istante arrivò Tito con gli anelli, e la scena quasi fece ridere Damian visto il modo in cui camminava fiero con quegli anelli legati al grosso collare che indossava.
    Fu Jon ad allungarsi verso di lui per prendere quelle fedi con mani tremanti,  fluttuando ad un pelo da terra per quant'era eccitato; cercò di riprendere un certo contegno nonostante avesse un sorriso da una parte all'altra del viso, e quando anche Damian prese il suo anello e lo guardò dritto negli occhi, quasi tornò a galleggiare in aria. Deglutendo nervoso, cercò di stabilizzare il battito del suo cuore, lo sguardo chino sul volto di Damian prima di cominciare a pronunciare i voti.
    «La prima volta che ci siamo incontrati, eri un piccoletto irascibile e testardo che voleva sempre averla vinta. E le cose non sono cambiate molto». La frase di Jon provocò un gran numero di risate nei presenti, e lui nascose un sorriso al modo in cui Damian stava cercando di non prenderlo a calci proprio davanti a tutti. «Ma ho capito che sotto quella scorza dura c'era più di quanto volessi dare a vedere... e non avrei potuto sperare in un amico, un partner e un compagno migliore».
    Un coro di «Ohh» parve innalzarsi dalla fila di sedie, e Damian si sforzò davvero molto per non voltarsi a guardarli, forse un po' imbarazzato dalle parole di Jon. «Sei il solito sdolcinato», sussurrò ad una frequenza così bassa che solo lui - e gli altri kryptoniani presenti - avrebbe potuto sentirlo, prima che Jon gli afferrasse la mano e lui ricambiasse la stretta. «Io ti avevo considerato una minaccia... adesso l'unica minaccia che rappresenti è quella di farmi morire di diabete».
    «Ehi».
    «Sta' zitto», lo ammonì Damian, sentendo le risatine dei loro invitati. «Quello che sto cercando di dire... è che sei la cosa migliore che mi sia capitata, Jonathan», soggiunse nel fissarlo dritto negli occhi, sentendo distintamente Dick tirare su col naso e, al tempo stesso, Jon sorrise come non mai.
    «Chi è quello sdolcinato, adesso?»
    «Sta' zitto».
    I cuori di entrambi battevano all'impazzata per l'agitazione e il nervosismo, e quando fu il momento dello scambio degli anelli sentirono le labbra secche e furono costretti a deglutire più e più volte; nonostante tutti i tipi di vista che possedeva, il modo in cui le mani di Jon tremarono per l'emozione non gli consentirono di infilare subito la fede al dito di Damian, e lui stesso, per quanto addestrato fosse e potesse essere capace di bucare un occhio con uno spillo da chissà quale distanza, ebbe il medesimo problema.
    Si guardarono entrambi per un lungo istante, e quando Diana pronunciò il fatidico «Puoi baciare lo sposo» fu Jon stesso ad attirare a sé Damian prima ancora che lui potesse muoversi, unendo le loro labbra in un caldo bacio; Damian insinuò le dita nei suoi capelli e glieli scompigliò mentre si alzava sulle punte, e Jon gli cinse i fianchi con un braccio, sollevandosi a qualche centimetro da terra insieme a lui.
    «Risparmia qualcosa per la camera da letto, spruzzetto di sole!» esclamò Jason con fare divertito, unendosi agli applausi che si innalzarono come una marea che li investì appieno.
    Damian e Jon, nonostante l'imbarazzo, sembravano così felici che Tim sorrise radioso per loro, alzandosi in piedi per applaudire insieme agli altri nel sentire Conner accostarsi a lui e cingergli le spalle con un braccio, commosso quanto lui; Tim sbuffò ilare, sorridendo qualche momento dopo.
    «Non credevo che avrei mai visto quel moccioso sposarsi».
    «Quei due se lo meritano». Conner abbassò lo sguardo verso di lui, sfiorandogli la fronte con la sua. «Magari i prossimi saremo noi», scherzò, e Tim rise prima di sollevare il capo verso di lui e unire le loro labbra in un bacio nello stesso istante in cui, mentre Damian sguainava la spada per poter tagliare la torta, Jon gli spalmava un po' di panna in faccia, ridendo
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Siamo giunti alla conclusione di questa piccola raccolta che ha seguito i passi verso il matrimonio di Jon e Damian
Non è stato esattamente un percorso facile (sia per quanto riguarda l'organizzazione, sia per le avventure che hanno vissuto prima ancora di arrivare a questo punto), ma alla fine sono riusciti a coronare il loro sogno e, anche se a modo loro, sono comunque riusciti a sposarsi (e la storia è ciclica. Si apre con Jon e Clark e si chiude con Damian e Bruce. Padri e figli) .
Ovviamente non poteva mancare la nota finale in cui rendo palese la TimKon e, chissà, magari un giorno uscirà fuori una raccolta anche su quei due scemotti. Mai dire mai.
Nel frattempo, le avventure di Jon e Damian continuano sulle pagine della raccolta Smile in a cornfield ~ a flower that has the breath of a thousand sunsets e sulla long fiction Swap (bodies)
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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