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Autore: Hattress    21/11/2021    0 recensioni
Sono passati secoli da quando le Sentinelle della Luce sconfissero il Re in Rovina, imprigionandolo a Camavor e rendendolo una statua. Era il 990 D.N. e da allora Runeterra dovette affrontare i residui della Rovina. La Nebbia mise in croce la vita di molti innocenti, obbligando la popolazione a temere i frutti del fallimento di Viego. Con il tempo quella storia si elevò a leggenda, solo alcune Sentinelle ricordavano ancora il nome dell'uomo colpevole dei residui del male. Il Fato, padre ed artefice di tutte le grandi avventure, volle donare a quel lontano ricordo l'opportunità di redimersi, riscattarsi, guadagnarsi l'Assoluzione.
Siccome a nessuno è piaciuto il finale della storia di Viego (vero ?), ho pensato di dare una mano nel mio piccolo a mamma Riot, così che il piccolo Re in Rovina potesse ottenere una VERA Absolution, specialmente perchè di "ASSOLUZIONE" ne ho vista veramente poca in questa storia. Ho voluto prendere come finale canonico quello presentatoci nella cinematic "absolution" perchè tra tutti mi è sembrato quello migliore sinceramente.
Detto questo, spero la gradirete e che possa piacervi almeno quanto sta piacendo a me scriverla.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Thresh
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Notte. Notte nera e senza luna. Tutto tace; è giunto il momento di riposare.

Possiamo dire molte cose sulla notte, specialmente quanto sia singolare come signora. Osserva tutti dall'alto, conosce ogni sfumatura dell'animo sia di innocenti, sia di malfattori, eppure non giudica né gli uni né gli altri. Si pone al di sopra di ciascuno di noi, pronta ad offrire supporto e sostegno indistintamente. Non esiste dolore non lenito da questa donna paziente e giusta; è giunto il momento di riposare.

Viego come molti era lì, nel proprio letto, però tra tutti era l'unico a dare la caccia alla pace. Dalla cena erano passate ore ed il suo stomaco non stava risentendo del pasto mancato. Poco male; pensò lui, tra i mille rigiri fatti sulla morbida branda. Giri che ti rigiri, la sua testa andava sempre lì. Sapeva di aver sentito parole il cui fato non prevedeva un terzo ascoltatore, lo vide negli occhi di Millie. Lei aveva lo sguardo di un ladro colto in flagrante, consapevole di aver ceduto informazioni non opportune al protagonista delle informazioni stesse. Fu come sparlare di una persona con lei dietro ad ascoltarti sibilo per sibilo. La testa del re era bombardata dalla stessa frase, dalla stessa immagine, dalla stessa sequenza cinematografica. La notte stava dando il meglio di sé per riuscire a farlo dormire, dopotutto il dormire è il miglior meccanismo di autodifesa dell'umanità, quando il nemico si è proprio noi stessi. Una volta nel mondo dei sogni, astieni il tuo corpo per sei/sette/otto ore da tutto ciò di cui ti pentiresti dopo, a volte la finestra temporale può persino essere maggiore. Viego, nonostante le occhiaie e le palpebre supplicanti per un po' di meritato riposo, non trovava il sonno perché tutto fa più rumore di notte, persino i propri pensieri. Cercò rifugio nelle preghiere fatte con il cuore. Prese il carillon, sempre posto sul comodino al suo fianco, e lo posò sul cuscino.

- Ti prego, se riesci a sentirmi Isolde, ti prego, aiutami. Aiuta questo tuo stupido marito, portami la pace. Non voglio che anche quella ragazzina mi abbandoni, non dopo averci aiutato così tanto. Ti prego Isolde... aiutaci, ho bisogno di voi due. –

La luce blu-Isolde del ricettacolo volle dargli un segno. Come se lo avesse sentito, aumentò vagamente la propria luminosità ed il cuore di Viego crollò. Il numero di lacrime versate su quell'oggetto tanto caro al re divenne uno dei tanti segreti della notte.

Non c'erano solo un paio di mozzi a fare la veglia insieme a Viego. Vyll stava ancora concedendo risposte alle domande di Acela, la quale aveva anche troppa fretta di concludere il primo di una serie finita ed infinita di rapporti. I quesiti posti furono dei più disparati. Si partiva con cose banali come la composizione delle componenti estetiche di Millie, arrivando fino a scomodare eventi spiacevoli pari a quello di giorni prima. No, Vylldem non l'aveva mai vista nella sua vera forma da Ruiner, e non si stancherà mai di ripetere il quanto si senta fortunato a non aver preso parte all'azione. Probabilmente non avrebbe mai provato a lanciarsi verso il pericolo come fece Viego. Millie sarà anche una preziosa amica, ma la propria vita contava decisamente di più. Volle precisarle che nonostante questo pensiero, nessuno doveva azzardarsi a torcerle un capello davanti a lui, quella ragazzina era la sua famiglia da anni insieme a Yuria e Shyra. Toccarla e farle del male era un legittimo consenso a farti morire.

Acela rabbrividì, non ricordava il figlio della sua paladina come un uomo pronto ad uccidere al minimo pretesto. Scrollò il cervello, il rapporto aveva la priorità.

- Poi Yuria vorrebbe sapere in che rapporti sono la femmina di Ruiner ed il Re in Rovina. –

Acela risollevò lo sguardo dal taccuino dopo aver finito di leggere la domanda successiva. Impugnava quella penna come fosse stata una spada, si stava preparando a sentirsi tirare insulti e maldicenze a tutto spiano. Vyll tacque per rispetto nei confronti di Millie. Lui la sapeva la storia, lo sapeva e come il genere della relazione tra i due, ma non l'avrebbe tradita solo perché sua madre si voleva immischiare in cose non di sua pertinenza. Anche per questo motivo smise di fare e darle i rapporti. Acela ripropose la domanda, ed il silenzio si ripropose come risposta.

- Lo chiederò alla femmina di Ruiner allora. Lei saprà certamente rispondermi. –

- Ti consiglierei di startene al tuo posto, invece. –

- Lady Yuria ha richiesto questo rapporto, non posso venire meno alla mia fedeltà nei suoi confronti per certe scaramucce adolescenziali. –

- Acela, non te lo sto chiedendo gentilmente. Impara a conoscere i tuoi spazi se non vuoi essere crocifissa a testa in giù all'albero di mezzana. –

Al minimo sentore di ribattimento, la lama della sciabola si andò a piantare sul legno della porta con la stessa velocità di un proiettile. Quella Acela doveva mettersi bene in testa che il suo capitano era il figlio di Yuria, una Sentinella Nera, un Pirata, non la sua paladina. Gli ordini non si discutono, chiunque su quella nave doveva obbedire alle leggi di Vylldem, nessuno escluso. Si alzò, dirigendosi verso la porta. Non gli importò nemmeno ci fosse Acela nel mezzo, non sprecò neppure del tempo per spostarla da davanti la sua strada. Recuperò la lama ed aprì la porta.

- Prendi il libro di mia madre e riportaci a casa. Ti do una notte di tempo per riuscirci. Confido nel tuo buon senso, spererei di non dover ripulire il ponte dai tuoi resti domani mattina. Vedila come una ghiotta occasione per legare meglio con la mia ciurma. –

La ragazza strinse i denti e si morse la lingua, avrebbe voluto restituirgli pan per focaccia, far sentire la sua voce. Lei non era un membro della Jacquelyn qualunque, era il pupillo di Lady Yuria, la più fidata delle Sentinelle Nere ! Ottemperare a simili regole antiche e barbariche, attenersi alle leggi di un piratuncolo diventato qualcuno solo grazie alla Demone Nero... se la immaginava diversa la sua permanenza, molto diversa. Recuperò il libro ed uscì dalla porta già statale aperta; in circostanze diverse lo avrebbe definito un vero galantuomo d'altri tempo.

Ricolma di risentimento, solcava la via che conduceva al timone. Il legno vibrava sotto la forza dei piccoli passetti veloci e rancorosi. I marinai, occupati a giocare a carte sul ponte, la fissavano con occhi strabuzzati e confusi, convinti stesse recitando dei malocchi o delle fatture contro il capitano. Mormorava e mormorava peggio del mare sotto il cielo stellato, intenta a sfogliare le auree pagine pregne di magia antica. Il timone ? Ma chi l'aveva mai visto un timone ? Ai suoi occhi parve come una ruota per biciclette, con degli strani pomelli tutti intorno ben associabili a quelli di un armadio in teak. Sbuffò e lanciò via l'artefatto runico, non era una ragazzina paziente. Non aveva idee su come far funzionare quel gingillo arcaico e datato. Non potendo fare molt'altro si fece una passeggiatina con gli occhi per la foresta della nave. Le vele gonfie di vento avevano un certo fascino, probabilmente era per quello strano ed assurdo motivo che a Runeterra si faticava a partorire l'idea di navi più tecnologiche. Dopo la Seconda Ruination, ci furono grandi decenni di stallo e regressione, solo negli ultimi tre quarti di secolo il progresso scientifico tornò a fare da padrone sul palcoscenico della vita. Dopo che il mondo venne distrutto e devastato dalla Rovina del 990 D.N. ci fu un vero e proprio reset globale. Nessuna ricchezza, nessuna povertà, era una corsa alla sopravvivenza dove i più forti si aggrappavano alle loro vite solo grazie alla forza di volontà e alla conoscenza della propria terra natia. Per chiunque sia nato fuori dall'Era della Rovina, tutti questi racconti suonano come delle leggende. Le storie dei bisnonni, i quali avevano vissuto a pieno quella tragedia, parevano delle fotografie ritoccate, una realtà esistente solo in libri di genere distopico. Molti giovani abitanti di Runeterra si sentivano fortunati, il non aver passato una parte significativa delle loro vite il quel caos, li faceva sorridere; la Rovina finalmente stava iniziando a diventare solo un orribile ricordo del passato. Come sappiamo, tuttavia, i postumi di quel secolo sono tutt'ora presenti, ed Acela, come Millie, li aveva assaggiati sulla propria pelle. 

All'epoca Acela aveva poco più di sette anni. Era figlia unica e per tale ragione si sentiva molto spesso sola. Giocare con gli altri bambini era fuori discussione, la città di Zaun era un luogo troppo pericoloso ed i genitori erano i primi a pensarlo. In quegli anni aveva decisamente i capelli molto più corti, al punto da assomigliare ad un cespuglietto dal fogliame aranciato dall'autunno. I suoi occhi spenti erano di una tonalità verde e fangosa che ben si sposava con la carnagione rosata e lentigginosa. Odiava da sempre quell'ultimo dettaglio della sua pelle, specialmente quella che rivestiva il dorso delle sue mani. Il coprirle divenne la priorità assoluta una volta sotto Yuria. Acela poté conoscere il dono della vita solo perché i genitori vennero aiutati da Shyra. La madre, resa un ramo secco dalla Nebbia, desiderava più di ogni altra cosa al mondo avere una bambina, ed il marito condivideva con lei questa brama. Così, pregarono la Dea Gentile, affinché potessero essere aiutati e così fu. La donna pallida, dopo la sua visita, li omaggiò del suo fiore, ricordando loro, prima di andarsene, che un giorno sarebbe giunta la sorella a riscuotere quel debito. Passarono sette anni e Yuria, come una vecchia amica, si presentò a quella porta. I genitori, riconoscendola immediatamente, temendo fosse lì per riscuotere la vita di uno dei due coniugi, sacrificarono la loro bambina con l'aberrante idea di poterne sempre partorire una "nuova". Yuria s'annerì in volto disgustata. Immobile, faceva da spettatore alla pietosa scena inumana. La bambina si legava con le braccia alle gambe del padre mentre la madre cercava di strapparla via. Piangeva spaventata, voleva stare con la mamma ed il papà, ma loro avevano già scelto cosa per loro era più giusto e vantaggioso. Riuscirono a buttarla fuori e a chiuderle l'uscio davanti gli occhietti lucidi e arrossati. Urlava, gridava. Grattava il legno con le unghiette non ancora pronte a cacciare. Calci, pugni; voleva la mamma ed il papà. Yuria, nata con un cuore abbastanza grande anche per la sorella, si sedette a terra per azzerare la differenza di altezza. La chiamò per nome, Acela, e le porse un fazzoletto appena sottratto da una delle tasche del soprabito nero, questo accompagnato a delle caramelle preparate previo la decisione di far visita alla famiglia. La bambina guardò i doni. Li rifiutò dicendole che la mamma ed il papà le ricordavano sempre di non accettare nulla dagli sconosciuti. Yuria sorrise caldamente accarezzandole la testa, era proprio una brava bambina. Si misero a parlare, la donna voleva vederla stare meglio, così le chiese cosa le piacesse fare, quale fosse il suo cibo preferito, se avesse degli amichetti, le solite cose che si chiederebbero ad un bambino di sette anni. Inizialmente restia, alla fine Acela strinse la mano di Yuria ed insieme svanirono nel nulla, ritrovandosi da Shyra. La Signora Cinerea rimproverò la sorella, sempre troppo buona e caritatevole. Quella non fu né la prima, né la seconda o la terza volta che si presentò con un marmocchio sull'isola. Fu in quel momento che la piccola Acela ottenne tutta la stima di Shyra. Ancora aggrappata alla giacca di Yuria, chiese a Shyra se potesse esaudire un suo desiderio, come fece con la sua mamma ed il suo papà, tale desiderio condusse alla morte i genitori. La Dea sorrise divertita, poi, tornò seria ed infine rivolse lo sguardo alla sorella : "Sai cosa fare.". Alla bambina servirono dieci anni per ritrovarsi sulla Jacquelyn. In quel lasso temporale si guadagnò il titolo di Sentinella Nera più fidata di Lady Yuria, ruolo una volta associato solo a Vylldem. Quando il figlio di Yuria decise di andare per mare, di spiccare il volo verso la propria vita pur senza mai dimenticare le proprie origini, fu Acela a prendere il posto divenuto vacante. Lo percepì come un onore, per non parlare dell'essersi sentita un po' come una "figlia" di Yuria, qualcosa di molto vicino ad una ipotetica "sorella minore" del suo modello di riferimento: Vyll. Per questo si sentiva il segno di una padellata rovente in faccia. Lei aveva sempre ammirato moltissimo Vylldem, lo aveva sempre idealizzato troppo nella sua mente come un ragazzo forte, generoso. Un giovane dal cuore puro, eroico ! Per lei quella figura maschile, al pari di un fratello maggiore, doveva essere perfetta almeno quanto lo era ai suoi occhi Lady Yuria. La verità, purtroppo, era tutt'altra, e la lasciò ustionata. Poco dopo che il capitano iniziò la vita da pirata genocida dei riccastri, Acela accettò molto volentieri la proposta della "madre" di entrare nei ranghi delle Sentinelle della Luce. A Yuria servivano degli occhi dove i suoi non potevano spingersi oltre. Il patto fatto con loro le garantiva certamente delle informazioni emarginali normalmente non reperibili da fonti esterne, però, dopo tutto quel tempo, si era stancata delle briciole cedute e spacciate anche come enormi favori. Acela passò senza alcun problema tutte le prove e le selezioni per entrare a far parte dell'Esercito della Luce; gli allenamenti con Yuria furono mirati a quello scopo, non vi era possibilità d'errore. Una volta dentro, settimanalmente forniva alla sua paladina ogni singola informazione appresa nel corso dei sette giorni, senza mai mancare un solo dettaglio. La Demone Nero provava un orgoglio tale per quella bambina da farla apparire come sua legittima, quel sentimento era lo stesso che la donna nutriva per il suo, per sempre, piccolo Vyll. Yuria avrebbe sempre voluto farli conoscere in modo più approfondito, ma la differenza d'età era una voragine irrecuperabile. Quando Acela raggiunse un'età giusta per diventare, ipoteticamente parlando, l' apprendista di Vyll, questi era già partito per soddisfare il folle piano di Millie di rintracciare una moglie fatta a pezzi.

E venne il giorno. Il frastuono cacofonico dei gabbiani era la vera sveglia di ogni lupo di mare degno di quel nome. Millie non era da meno, la vita da pirata ce l'aveva nelle ossa come umidità in un giorno di pioggia invernale. Quella notte, per evitare di essere provocata in triviali battibecchi, sgattaiolò nella stiva senza farsi notare. C'era un luogo su quella nave sconosciuto persino al capitano. La furbastra si era ricavata una stanzetta tutta sua dietro i pancali di botti una volta piene di buon rum invecchiato. Erano stati disposti in modo tale da non dare ad intendere la presenza di brande e mobilia di scarto. Per facilitare la buona riuscita dell'artifizio, esistevano ancora diverse botti ricolme della sacra acqua pirata. Due cose non dovevi far mancare ad una ciurma: cibo e buon bere. Il resto ? Bazzecole, insensatezze. Della stanza segreta della capomastro quasi nessuno ne era al corrente, giusto il suo gruppetto di simp fedelissimi, capitanati dal pesce lesso, nanetto e mingherlino chiamato da tutti col nomignolo Provolo. Il regno delle botti era un luogo sacro, una fortezza dedita alla protezione dello stanco animo della donna. Quando aveva necessità di dormire senza essere trovata e disturbata, si rifugiava lì, così sarebbe stata certa di nascondersi da qualsiasi battaglia in cerca del suo cervello.

Erano da poco arrivate le sette del mattino e per la capomastro era arrivato il momento di sfoderare la grinta ed afferrare la giornata a piene mani. La lista delle cose da fare nella testa era lunga e tediosa, tutto quel tempo passato a dormire l'aveva lasciata indietro, non c'era più tempo per temporeggiare sull'aria fritta. Lavata e vestita con gli abiti del mestiere, si diresse verso coperta. Appena il sole le baciò il viso per darle il buongiorno, gonfiò i polmoni con salmastro e brezza marina; a quella vita mai avrebbe rinunciato. Ed eccoli, gli ammiratori della capomastro, tutti accorsi da lei per regalarle il primo sorriso della giornata, perchè qualcosa preannunciava maelstrom, e tempesta ruggì.

- Battigia ?! –

Alla fine Acela ce l'aveva fatta. I marinai si coprirono istantaneamente le orecchie, perdere l'udito non era tra i loro desideri più reconditi.

- In che senso siamo a Battigia ?! – gli uomini di Millie s'apprestarono in tutta fretta a dirle nel caos quante più informazioni potevano darle scavalcando discorsi di compagni già nel bel mezzo della narrazione. Salti carpiati per architetture di pensieri tutto tranne che stabili, traballanti ed incoerenti, con almeno un centinaio di regole grammaticali ristrutturate ad hoc, esenti dal semplice e fruibile linguaggio umano con voli pindarici tra nemmeno loro sapevano quali logiche. Un minestrone di voci e riassunti rabberciati, giusto una parola su trilioni, una tantum di suoni umanamente comprensibili. Che nessuno renda mai quegli uomini degli artificieri. Per disgrazia ricevuta, una delle parole che pensarono di rendere comprensibile fu il nome del re, bastò questo per il grande botto.

- Viego... ?! Io lo ammazzo. Ma certo! Non poteva che esserci il suo zampino ! Ah ma questa non gliela faccio passare, lo scuoio vivo e con la sua pelle mi ci faccio un cappello nuovo ! –

Una furia a passo svelto e spedito si apprestava a raggiungere la barriera legnosa messa a protezione del re. La ciurma di simp si lanciò alle caviglie della propria Millie. Imperterriti, le gridavano frasi sconnesse per deconcentrarla dalla vittima, ma la capomastro era un cavallo a cui erano stati messi paraocchi e paraorecchie. Gridò il nome dell'uomo seguito da nomignoli poco gentili, uno di questi andava ad inveire persino contro la povera madre del malcapitato. Con ancora la bocca imbrattata d'ignominie, spalancò le fauci dei battenti che si richiusero sui propri cardini piangenti. Il rinculo dato dal rimbalzo dell'asse verticale contro la parete interna, le giocò contro, e la capomastro dovette massaggiarsi la porzione di viso colpita dal contraccolpo. Gonfia come un pallone pompato d'aria rabbiosa, tentò un secondo approccio più cordiale con la porta; si convinse che divellerla sarebbe stato futile a conti fatti. Il problema arrivò quando, entrata nella stanza, notò l'assenza del suo ricercato e la presenza del ricettacolo. Rimase ferma qualche secondo perché spiazzata e stranita, poi l'idea le si piantò in mezzo ai due emisferi del cervello. Era scappato, e per Millie c'era solo una ragione per cui mai si sarebbe preso la briga di sparire lasciando lì quel pezzo di metallo: non voleva più trovare Isolde. Per lei fu scontata la veridicità di quella presupposizione. Ora erano di nuovo a casa, lui probabilmente aveva aperto ed oltrepassato un portale per una terra qualsiasi nella notte, infine decise di sua sponte di lasciare a loro quel carillon con l'unico scopo di essere inutilizzabile senza di lui. Per lei era tutto un malatissimo piano progettato per farla impazzire e portarla a compiere gesti avventati e folli, come il setacciare il globo in cerca di quello scellerato idiota. ... Vylldem... sì, doveva essere Vylldem la chiave di volta per chiudere quel contorto e macchinoso arco narrativo. Doveva aver detto qualche parolina di troppo riguardo la chiacchierata della sera precedente per poi averlo aiutato, divenendo complice di quella stronzata. Al capitano sarebbe convenuto un simile passo falso. Due piccioni con una fava ! Via lo scocciatore e tanti saluti al puzzle di nome Isolde ! Questa volta la nostra Millie gli avrebbe messo le mani addosso, di lui si fidava... erroneamente, pensò.

Partì di nuovo, partì di nuovo ma con una collera nettamente superiore a qualche frazione di tempo prima. Direzione: stanza di Vylldem. Obbiettivo: toglierlo dal mondo. I simponi si ritrovarono travolti e calpestati, per alcuni fu un sogno ad occhi aperti finalmente divenuto realtà, altri non cedettero, si rialzarono e tornarono alla carica per arrestare il cammino della loro dea in uno stato di assoluta belligeranza. Il tamburo girò, ciack ciack ciack, proiettili pronti in canna ad un grilletto di distanza dalla bocca del moschetto prodigioso. Questa volta non ci andò giù con leggerezza contro l'innocente porta. Un calcio, e venne giù tutto.

- Volevi morire per caso, eh, Vylldem ?! – Nel ritrovarsi Acela alla scrivania, lo sguardo le cambiò in un lampo . La poveretta non lo volle dare troppo a vedere, tuttavia tremava come una fogliolina fragile e solitaria durante la tempesta. Non se lo aspettava per niente. Lei se ne stava tutta tranquilla a leggere uno dei tanti libri che Vyll si era sgraffignato in giro per Runeterra e poi tutto d'un tratto la porta le venne tirata giù con un boato troppo improvviso per essere anticipato. Si generò in quel momento una situazione carica d'imbarazzo, complice l'essersi quasi mangiate vive il giorno prima dopo nemmeno un minuto di presentazione.

- Ah, ci sei solo tu. – sospirò The Milliner con uno scazzo indicibile il quale la portò a rinfoderare la bambina.

- Tu sei la femmina di Ruiner, se ben ricordo. –

- Senti bella, ho un nome. Questi proiettili sono stati prenotati dal capitano, ma posso sempre riservarne uno per te, se ti risento appellarti a me con: "femmina di Ruiner". –

- Quanto sai essere prolissa con le minacce ? A differenza di Vylldem, adori perderti in chiacchiere, noto. –

- Allora nota anche quanto sono incazzata, grazie, prego, non c'è di che. Dimmi solo se sai dove sta quel farabutto. –

- Se cerchi Vyll, è uscito da qui con il Re in Rovina mezz'ora fa. Dovevano fare "quattro chiacchiere tra uomini", così ha detto. –

Quell'ultima parte, detta come se quel ricordo le fosse pervenuto solo all'ultimo secondo, riaccese nella Ruiner il tetro lume spettrale dello sgomento. Viego e Vylldem erano tante cose, tranne che amici. Possedevano ideali ed interessi troppo diversi, non era raro vederli cozzare e stridere tra loro. L'unica cosa, letteralmente, capace di metterli d'accordo, era Millie, o meglio, il suo benessere, quello aveva la priorità su tutto. Avevano indubbiamente due approcci molto distanti e diversi per esprimerle affetto, però se ancora non si erano ammazzati era tutto merito del collante al gusto The Milliner. Come conseguenza, si poteva scommettere senza problemi che le "quattro chiacchiere" di cui parlarono, vertevano tutte su di lei. Lo sguardo torvo e prossimo ad essere serrato le si spalancò di netto, proprio come la porta precedentemente buttata giù. I muscoli nel corpo si mossero da soli, prima ancora che potesse rendersene conto, stava già correndo e gridando il nome di Vyll per tutta Battigia; non poteva tradirla così, non su quello, tutto, ma non su quello.

Alla fine fu una decisione unanime chiamare quel prototipo di civiltà: "Battigia". Suonava bene, era orecchiabile, secondariamente ricordava le loro origini. Parve loro giusto scegliere un nome capace di raccontare alle generazioni successive da cosa tutto nacque. In quei tumultuosi anni passati in cerca dei Frammenti, il villaggetto di poco più di un centinaio di persone, si trasformò in un rudimentale centro urbano. Non appena la esigua popolazione locale seppe l'identità di Viego ed appresa la vera identità dell'isola disabitata, il ritmo dei lavori cambiò drasticamente. Battigia doveva diventare la prima città della nuova Camavor, ed anche se Viego venne inizialmente detestato da molti per colpa del suo orribile caratteraccio da principino viziato, grazie alle sfide procurate dal viaggio ed anche grazie all'egregia guida a suon di stracci passati sul ponte di Millie, cambiò atteggiamento nei confronti della vita stessa. Ora, la definibile città, era divisa in due parti: Alta e Bassa Battigia. Bassa Battigia era la zona primordiale, quella da cui tutto ebbe inizio. Lì si stanziavano il piccolo porto, rimpolpato con una manciata di per lo più piccole e medie imbarcazioni, ed i primissimi edifici rinnovati man mano che la città si formava. Essendo la zona portuale, Millie decise di investirla sul settore marittimo, quindi, volendo tralasciare la zona urbana di Bassa Battigia, gli edifici erano prettamente collegati all'ambito della pesca. Potevi trovare il rudimentale ma funzionale cantiere navale, il mercato del pesce provvisto sempre di materie freschissime e della qualità migliore, per non parlare dell'unico ristorante di pesce attualmente costruito. Alta Battigia, invece, era un qualcosa di totalmente nuovo, un gioiello dell'ingegno umano. Ancora nel pieno della sua costruzione, poteva già vantare strutture per l'educazione dei propri pargoletti e una graziosa biblioteca immersa nella vegetazione, per non parlare poi della zona residenziale con case aventi giardini pensili per fondere l'utile al dilettevole. Spingendosi verso l'interno, si andava incontro alle sue discrete fattorie, raggiungibili tramite strade in pietrame, convergenti nelle alture ricche di terrazzamenti. Il percorso lastricato e facilmente percorribile con carri, saliva lungo i fianchi incisi dell'isola, era proprio alla fine di quel percorso che si stagliava la piazzetta protagonista delle sagre e delle feste cittadine. Era un grande palcoscenico che dava sul mare, fornito di parapetto in neroacciaio e binocoli per scrutare l'orizzonte. Nella notte i lampioni slanciati e sinuosi la illuminavano tutta ed era proprio lì che si trovava il loro grande generatore d'energia, il primo simbolo di civiltà moderna di Battigia, il grande e possente Faro-Mulino. Se si cerca la vita sin dalle prime luci dell'alba, allora bisogna trasferirsi nel cuore pulsante della città, la Piazza della Fontana, lo snodo tra Alta e Bassa Battigia. Il tripudio del settore terziario era tutto lì. Municipio, banca, poste, bar. Il centro d'edilizia con affianco un abbastanza rifornito negozio di mobilia. I negozietti di manifattura artigianale, quelli di moda, di musica, di cancelleria. Tutto questo, e molto altro, venne tirato su con la ben precisa idea di realizzare una serie di cerchi concentrici aperti dalle strade rassomiglianti ai raggi di una ruota. Sapendo che, Viego, un giorno, più o meno giustamente, sarebbe tornato al suo trono con l'amata Isolde, era necessario reintrodurre il concetto di denaro, rimosso agli inizi in maniera provvisoria. Per tale motivo, si fece leva sul velocizzare i tempi di modernizzazione. L'aiuto di Yuria fu una manna dal cielo. Oltre ad aiutare Vylldem con le attività gestionali, si fece carico di istruire al meglio il Re in Rovina in fatto di finanza e tutte le altre tediose scartoffie destinate ai sovrani. Viego si rifiutò per mesi e mesi di prestare ascolto alla Demone. Era un re, figuriamoci se già non le sapeva certe banalità. Cambiò idea solo perché un giorno, Millie, prima di andare a seguire la lezione al posto suo, gli volle ricordare che se Camavor era caduta in rovina c'era un motivo. Si fece un esame di coscienza, in effetti non aveva tutti i torti, e poi una rinfrescata non poteva fargli male. Yuria per motivarlo a continuare quelle pesanti e noiose lezioni, accettò di buon grado la presenza di una compagna di banco per quell'alunno indisciplinato.

La campana del municipio rintoccò una volta sola dopo che lo fece per nove volte svariati minuti prima. La capomastro boccheggiava fradicia di fatica e la fontana ottagonale ben decorata funse da oasi nel deserto. Come poté, si trascinò per quei rimanenti metri, finendo per lanciarsi a peso morto nelle due spanne d'acqua non appena fu in range. I passanti, preoccupati, mollarono qualsiasi cosa stessero facendo in quel momento per accorrere in suo soccorso. Non aspettandosi una reazione talmente tanto eclatante da parte dei civili, la donna divenne ancor più paonazza. Era passato troppo poco tempo perché l'acqua della fontana avesse già avuto effetto sul suo colorito acceso. La primaria preoccupazione di Millie fu quella di rasserenarli, non ci teneva affatto a scoperchiare un vaso di pandora senza motivo. Per tale ragione, si limitò a fornire una spiegazione prossimale a giustificazione del suo lancio in acqua.

Era dalle sette e mezza circa che li stava cercando. Passare al setaccio tutta Bassa Battigia a quell'ora fu un gioco da ragazzi, visto che non c'era anima viva in giro, questo però comportò anche l'assenza di persone a cui chiedere informazioni riguardanti la fuga "amorosa" di quei ragazzacci. Una volta raggiunta la Piazza della Fontana, il suono sordo della campana le comunicò il nuovo orario: erano appena arrivate le otto. Si fiondò nel primo negozio aperto a sua disposizione per porre la fatidica domanda. Il commesso rispose "no". Questa scena si ripeté ancora ed ancora fino a quando un nuovo rintocco le ricordò l'esistenza dello scorrere del tempo. Dopo essere uscita dall'ennesimo negozio, volle fermarsi un attimo e riflettere. Avrebbe voluto farsi del male da sola, perché non ci aveva pensato prima ? Viego e Vyll, a quell'ora, stavano probabilmente consumando la colazione, quella che lei decise di non fare, ed allora via, corsetta agitata verso il bar della piazza. Entrò dentro cercando di mantenere una parvenza di tranquillità e chiese al barista se eventualmente gli fosse capitato di incrociarli. Il barista, il quale aveva anche il ruolo di cassiere, le diede una risposta affermativa. Sì, i due avevano mangiato qualcosa al volo da lui ed in più, Millie, li aveva mancati per un soffio. Viego, dopo aver pagato, se n'era andato via, senza perdersi in chiacchiere. La donna volle saperne di più, ma l'unico trivia extra ottenuto riguardava l'aspetto di Viego. A detta del barista il re non sembrava stare troppo bene. Millie ringraziò ed uscì. Questa volta volle ponderare per bene la scelta della tappa successiva. Se i due volevano fare quelle famose "quattro chiacchere", e ci tenevano in particolar modo a non farle sentire ad orecchie indiscrete, dovevano recuperare una postazione parecchio appartata. L'unico luogo in grado di soddisfare quel requisito, era la piazzetta del Faro-Mulino. The Milliner corse. Sfrecciava velocissima tra le strade di Alta Battigia come fece anni ed anni prima, quando volle vedere il castello caduto della vecchia Camavor. Al suo arrivo non vide nessuno, alchè pensò di averli sorpassati senza rendersene conto, perché troppo concentrata sul raggiungere la meta in fretta e furia. Attese i nuovi rintocchi, questa volta nove. Non vedendoli arrivare, decise di scendere a valle, tornando alla piazza e agendo nella maniera che già sappiamo.

Gli abitanti presenti si guardarono vicendevolmente, nemmeno loro avevano visto i fuggiaschi. Torza dalla testa ai piedi, Millie non ebbe altra scelta se non quella di tornare a cercarli, ma prima doveva vaporizzare l'H2O in eccesso. Si mise seduta a bordo fontana, lo scopo era di lasciare al sole il compito di asciugarla. Millie salutava tutte le nuove comparse rispondendo a ciascuno di loro sempre allo stesso modo e sempre alla stessa identica domanda. La tiritera andò avanti fino a poco prima dei dieci rintocchi, ad interrompere quel circolo vizioso fu una vecchietta dalla popolarità indiscussa da tutta la popolazione di Battigia. La signora Qixian Ping era un'anziana magnate della cultura, il suo ruolo verteva sul costruire una lingua per la Nuova Camavor. Appassionata da sempre di lingue e dei costumi di ogni singola nazione presente a Runeterra, non c'era soggetto migliore per quel compito. Nei suoi anni migliori, fu una delle poche a sopravvivere ad una delle peggiori mietiture della Nebbia a Ionia. Dopo aver visto parte della sua terra frustata e piegata dalla calamità, trovò la sua vocazione. Il pensiero che una futura mietitura avrebbe potuto spazzare via le sue radici, e come le sue, anche quelle di altre nazioni, la spinse ad intraprendere i suoi studi da cosmopolita. Viaggiò e studiò molto, alla soglia dei suoi trentaquattro anni aveva già sviluppato un prototipo per la lingua universale, qualcosa di facilmente assimilabile, capace di racchiudere ogni lato della propria formazione. Qualche anno dopo, pubblicò un trattato : "Sulle lingue ed il linguaggio"; un'opera molto apprezzata dai più eruditi ma che non riscosse troppo successo al di fuori delle piccole nicchie d'appassionati. Quel trattato di saggistica capitò anche tra le mani di Yuria molti anni dopo, la quale riconobbe il grande genio e prodigio della donna, al punto tale da farle visita e diventare la sua Mecenate, garantendole un porto sicuro in cui riprendere le sue ricerche e completarle. Ad oggi quel "porto sicuro" altro non è che Battigia.

- Mi chiedevo quando avrei rivisto la mia inventrice preferita. –

- Signora Ping ! Buongiorno anche a lei . –

Il sorriso dell'anziana si fece largo tra le pieghe delle rughe, donando poi alla ragazza una calda e famigliare risata. A Millie brillavano gli occhi di contentezza, aveva un'immensa stima di lei e del suo lavoro. Non importava quanto spazio libero possedesse ancora il bordo della fontana, la capomastro saltò sulle sue gambe come un grillo, facendo segno alla donna di prendere posto.

- No, no, lascia stare, siediti pure ragazzona. Sto andando a casa. –

Posò le buste delle compere a terra per essere in grado di regalarle qualche pacca sulla spalla. A giudicare dal ricco e vario contenuto delle stesse, la signora Ping doveva aver passato l'intera mattinata per le strade della città.

- Mi permetta di aiutarla allora, quelle buste sembrano essere molto pesanti –

-Ma non starti a penare, sarò anche vecchia, ma queste braccia e queste gambe sanno ancora il fatto loro. Piuttosto, come mai sei tutta bagnata ? Ti prenderai un malanno così. –

- Guardi, lasciamo proprio perdere. Sto cercando Vylldem e Viego da questa mattina. Ho fatto a piedi tutta Battigia per trovarli! Ad una certa, per mezza disperazione e perché stavo morendo di caldo, mi son buttata nella fontana, se no ci morivo seriamente. E doveva vedermi mezz'ora fa com'ero concia, mi si poteva prendere ed appendere ad un filo ad asciugare, praticamente. –

- Beh, questa mattina mentre ero a fare colazione al bar qui in piazza, mi era parso di averli visti bisticciare ad uno dei tavoli. –

- Sì lo so, ci sono passata anche io, però erano da poco andati via quando arrivai. –

- Se vuoi, puoi provare a vedere se per caso sono tornati lì. Una ventina di minuti fa, io e Vyll ci siamo visti al mercato del pesce giù a Bassa Battigia. Aveva una faccia... gli ho consigliato di andare a prendersi qualcosa al bar, non so se lo abbia fatto però. Mi dispiace di non poterti essere utile.–

- Non dica così, signora Ping, è stata davvero gentilissima, anzi, grazie mille per avermelo detto, almeno adesso ho una speranza! Corro subito da loro, speriamo in un miracolo. Grazie mille di nuovo, grazie davvero ! –

- Non correre troppo o scivolerai ! Che ragazzina per bene... -

Inversamente proporzionale alla velocità dello scatto felino di Millie, l'anziana recuperò le sue buste ed al pari di una formichina, pian pianino si avviò verso la propria casa situata in una delle vie che componevano la raggiera della zona di snodo. La nostra capomastro non ce la faceva proprio a mascherare il suo nervosismo, il quale si rifletteva senza sbavature sui suoi gesti ed azioni. In fretta e furia, senza badare al fatto che stava letteralmente irrompendo in un luogo pubblico calmo e placido, aprì la porta. Corse dentro sbraitando il nome dei compagni, compiendo twist di testa ad altissimo livello per, a quanto pare, forse, svitarla e lanciarla persino sotto i tavoli con l'unico scopo di scovarli. Chi stava consumando la colazione s'arrestò immediatamente, con un simile caos e a vederle il panico negli occhi, pensarono fosse capitato qualcosa di gravissimo. Lei continuava a fare la trottola impazzita, girando e girando su se stessa, incapace di prendere una direzione con gambe e piedi. Saltò sul posto quando arrivò Vyll a darle pace. Con fermezza e vigore le prese le spalle, imprimendole l'input di voltarsi in direzione dei suoi occhi. Millie stava processando, la rotellina nel suo cervello s'era inceppata nel suo stesso ingranaggio, dilatatosi a causa del troppo lavoro mentale.

- Eccoti finalmente! Sto cercando te e Viego da questa mattina, ma dove eravate finiti ?!-

- Eh ?! – Alle orecchie del capitano, quel suono ebbe tutt'altro significato.

- Ma come, ma non te lo ha detto ? Ed io che pensavo sarebbe venuto a piagnucolare da te come al suo solito. In pratica abbiamo litigato più pesantemente del solito e siamo finito con il dirci qualche parola di troppo... -

- Vyll ...?! – Ed il capitano fraintese ancora.

- Sì, lo so, sono un imbecille, però mi sono trattenuto. Siccome non ci tenevo a levarlo dal mondo, sono andato al bagno per sbollentarmi e quando sono uscito per andare a pagare, il barista mi ha detto che eri andata da lui, forse per fare un giro. A proposito, dov'è ? È già entrato ? – E Millie, per evitare di non farsi capire di nuovo, tacque mostrando gli occhi più spalancati del dovuto ed un colorito prossimo alla morte.

- ... Perché... siete venuti qui insieme, giusto ? ... Ti prego dimmi che lo hai visto e che lui è al bagno, perché se no ho paura si sia andato ad ammazzare dopo quella chiacchierata. – E Millie passò a miglior vita. Boom, giù, peso morto, cadavere a terra. Nemmeno con un cucchiaino si riusciva a tirarla su, quindi venne lasciata dov'era. Se era viva lo si poteva solo capire dal sali e scendi del diaframma, per il resto era andata. Vyll era inginocchiato affianco a lei, intento a tentare e ritentare di recuperarla da qualsiasi mondo la stesse in quel momento ospitando. "Coraggio Millie ! Svegliati per l'amor del cielo " le diceva nel mentre che le picchiettava le guance. Il pollice veniva tenuto rigorosamente al polso, appena sotto la curva della mano della donna. Il battito era debole, a differenza di quello del capitano. Alcuni dei presenti erano già corsi a chiamare i pochi dottori residenti a Battigia. Non sapendo la gravità della situazione, era meglio non perdere tempo e lasciare la situazione ai professionisti. I medici arrivarono e Vylldem diede loro spazio e fiducia. Con l'animo lograto, rispondeva alle loro domande. Tra una pausa e l'altra, rifletteva su cosa dire a Viego una volta avuto tra le mani. Lui sapeva che buona percentuale della colpa era anche sua, però si sentiva meglio con la coscienza a pensare diversamente. La diagnosi fece sentire tutti più sollevati. Si trattava di una perdita dei sensi causata dal forte shock in aggiunta a disidratazione, calo di zuccheri, e sbalzo della pressione; non c'era da stupirsi che fosse diventata un lenzuolo. Prestando massima attenzione a cautela, la spostarono dal pavimento su uno dei divanetti presenti nel bar, poi, per sicurezza, il tavolo di quel coperto venne momentaneamente spostato. Ci volle un'oretta buona prima che Millie si riprendesse, al suo risveglio, Vylldem era lì, già pronto con tutto il necessario elencato dai medici prima di andarsene.

Lei si sentì spaesata. Aveva riconosciuto con abbastanza velocità il bar della piazza, tuttavia, percepiva i suoi ricordi come offuscati, mezzi cancellati e ricoperti da uno spesso velo di nebbia. Chiese informazioni a Vyll, e Vyll, non prima di averle fatto giurare di mantenere la calma, le fornì le tanto desiderate informazioni. Millie, finita la storia, si sentì di nuovo lì lì per svenire, però l'onomatopea degli schiocchi delle dita furono sufficienti per farla rimanere tra i vivi.

- Adesso, appena ti vedo capace di stare in piedi da sola, se vuoi, lo andiamo a cercare insieme. D'accordo ? –

- Non gli hai detto quella cosa... vero ...? –

Vyll in un primo momento, preso da una rabbia istintiva, la fulminò in un lampo. Solo dopo essersi reso conto del gesto chiese scusa. Per lui fu incredibile. Nonostante tutto, nonostante non avesse ancora il cervello operativo per fare una qualsiasi cosa, lei si era preoccupata di quello, del piccolo segreto che, se fosse stato per lui, avrebbe già detto a tutta Runeterra. Quella ragazza era incredibile anche nella sua connotazione più marcia e negativa.

- No. Non gliel'ho detto. –

- Grazie... - sospirò puntando gli occhioni neri verso il basso. Le mani torturavano le dita della gemella nel disperato tentativo di arrestare sul nascere i lacrimoni. Era contenta che il suo capitano non avesse rivelato niente della loro chiacchierata serale. Sentiva di potersi di nuovo fidare di lui, e poi, in effetti, non aveva motivo di essere così tanto arrabbiata per la questione dei rapporti. Era sicura che agli inizi le sue intenzioni fossero delle più nobili, probabilmente voleva solo aiutarla a "guarire". Poi, quando prese atto del suo errare nel ritenere la condizione di Millie una malattia, interruppe il compito affidatogli dalla madre. Vyll apprese un'importantissima lezione con la capomastro sulla sua nave: come Viego, come la Rovina e la Nebbia, i Ruiner avevano solo bisogno di qualcuno capace di guidarli, istruirli, renderli migliori prima che fosse troppo tardi, proprio come avvenne nel caso di Millie. Senza l'appoggio, il sostegno e l'amore donatole ogni giorno dal padre adottivo, anche lei sarebbe diventata una delle tante creature figlie della Rovina.

- Non ti azzardare a ringraziarmi. Non l'ho ancora fatto solo perché voglio che sia tu a dirglielo, perché ti garantisco che se lo viene a scoprire da solo, t'ammazza proprio perché non glielo hai mai detto. Sappilo. –

- Vyll... -

- Vyll, niente, Millie. – Questa volta gli occhi grandi e neri da cucciolo poterono ben poco contro la determinazione del capitano della Jacquelyn. Era molto serio, più di molte altre volte, in maniera forse eccessiva rispetto all'argomento, ma per lui aveva senso tenere alto quel temperamento, perché per lui era un qualcosa di molto serio. - Come porca puttana la prenderà secondo te, mh ?! Quanto ancora glielo vuoi tenere nascosto, esattamente ? –

- Senti, io non glielo voglio dire. Tu sei l'unico che lo sa oltre a me, e già questo non mi piace. Ho scoperto questa cosa relativamente da poco –

- Wow, e "un anno, forse due" sarebbe poco? I miei complimenti per la distorsione che hai sul concetto di poco. –

- E se fosse tutto falso ? Se non fosse Vero ? Eh ?! Che poi, ci pensi a come inizierebbe a guardarmi ? Con quale sguardo, con quale rabbia ? Mi abbandonerà in un battito di ciglia, ed il peggio è che... non riuscirebbe più a vedermi come Millie... -

- E tu, veramente, credi che se lo viene a sapere, ti abbandonerà o inizierà a trattarti in maniera diversa ? Per gli dei, ti ha vista nella tua forma da Ruiner ed ancora ti parla ! –

- Magari lo fa solo perché ha paura di venir mangiato anche lui e -

- Millie ! Quello ieri notte mi ha quasi spaccato la scrivania con un pugno perché ti ha sentito dire che te ne vai ! E adesso, mi vieni a dire queste stronzate ?! Io ti vado a prendere un panino, così te lo mangi e stai zitta. Poi ti porto a cercarlo, e parlate ! E sì, anche, di quella cosa. E per favore, sono tuo amico, non un santo, quindi evita di farmi incazzare. –

- Non posso Vyll, ti prego –

- Allora dimmi quando avresti intenzione di dirglielo, sentiamo, sono curioso. –

- Prima o poi, ecco ... -

- Oh certo, magari quando abbiamo raccolto tutti i pezzi, giusto ? E cosa gli dirai ? Ah Viego, ecco, vedi, so che avrei dovuto dirtelo anni fa, però sì, insomma, ci sarebbe un enorme problema con il riportare in vita tua moglie, perché io sono -

Con un balzo, si lanciò a tappargli la bocca nella maniera più efficace possibile. Applicate le mani come cerotti sulle sue labbra, lo guardava languidamente, supplicandolo di non andare oltre. Non voleva si sapesse in giro, non quando era lei la prima a dubitare delle sue certezze in bilico. Il figlio di Yuria raccolse un gran bel lungo respiro, non servivano ulteriori parole, aveva capito. Lenta, tolse il suo sigillo ma non i suoi occhi da quelli blu. La rabbia in lui stava scemando, la sua scintilla persisteva per gli ultimi bagliori nello specchio dell'anima. Li chiuse, gli serviva respirare a pieni polmoni senza distrazioni. Li riaprì, vederla lo rabbonì. Con la mano tra i fili caffè, l'accarezzava al fine di infonderle forza e coraggio. The Milliner si abbandonò alle cure del fratello acquisito negli anni, sedendosi sulle sue gambe ed appoggiando la fronte contro l'alto schienale del divanetto. Quella montagna russa d'emozioni generò il suo pianto. Vyll non poteva far altro che continuare a cullarla tra coccole e carezze. Si sentì morire dentro non appena la prima lacrima gli precipitò sulla spalla, ed in quella posizione niente era censurabile. Il cuore convulso veniva tenuto a bada nel peggiore dei modi e delle maniere, ciò ebbe ripercussioni sul ritmo del ciclo respiratorio. L'uomo chiuse l'abbraccio del tanto necessario per posarle la mano tra le scapole, nella speranza che il calore umano potesse lenire il suo dolore. Chissà da quanto si teneva dentro quel pianto, si chiese tra sé e sé il capitano. Probabilmente da troppo tempo, si rispose tra sé e sé il capitano.

- Ora va meglio ...? -

Millie mosse appena il capo. La cadenza dei leggerissimi picchiettii del mento contro la spalla sussurrava "sì". Vyll recuperò l'ennesimo fazzoletto dal pacchetto estratto sin dagli albori del pianto. Piccolo colpo di frusta con la mano et voilà, il rettangolo di carta morbidissima si era esteso al massimo della sua superfice. Quasi a voler dare filo da torcere ai contorsionisti più esperti, sfruttando il braccio libero imparentato con quello ancora avviluppato tutto attorno alla ragazza, si flesse verso l'interno per cedere la prossima vittima e recuperare quella precedente.

- Allora dai, mettiti seduta a modo che ti vado a prendere qualcosa da mangiare. Non voglio raccattarti in giro perché hai la pressione sotto terra. –

Detto fatto, Millie eseguì e Vyll rimise il tavolo al suo posto, fino a prova contraria far levitare gli oggetti era un potere non in loro possesso.

Terminata la sua colazione, arrivò il momento di mettersi in marcia per ritrovare Viego, sperando che nel frattempo non avesse compiuto il passo più lungo della gamba. Precipitare nel panico, di nuovo, era controproducente, di conseguenza, anche se con non poche difficoltà, i due cercarono di non pensare già al peggio. Se in due, in una mattinata, non avevano visto nemmeno la sua ombra, ed idem gli abitanti di Battigia, poteva significare solo una cosa: Viego con molta probabilità era tornato alla nave. In caso contrario, allora c'era veramente da spaventarsi. Arrivati alla nave, vennero accolti dalla ciurma come l'abitudine ordinaria li aveva istruiti. Lo sguardo morto della capomastro fu il pretesto per sporgere domande. I marinai portarono lieta novella. Viego era tornato alla nave ore prima, un po' come si era immaginato il capitano quando collegò tutti i punti. Non dissero molto altro, anche perché il Re in Rovina non disse molto a sua volta. Dopo essere salito a bordo, si congedò senza se e senza ma, si dimenticò persino di chiudere la porta di camera sua. Fu parecchio insolito, tuttavia la ciurma non volle porsi troppe domande ed uno dei tanti si limitò a chiudergliela. Siffatta pace placida permeò il vascello da poco prima dei nove rintocchi lontani, sino al raggiungimento del singolo dopo gli undici sfumati. Il capitano le accarezzò la testa, fu il suo modo per darle il permesso di andare da lui. Li lasciò tutti sulla pista da ballo, liberi di ballare oppure no, il suo lo aveva già fatto difronte alla tiranna coscienza. Secondariamente, una volta a bordo, lui era il capitano e lei la capomastro, se poteva evitare di venire meno al suo ruolo, se riusciva a fare a meno di frantumare la propria posizione davanti all'equipaggio, sarebbe stato ottimale. Le possibilità aventi il potenziale d'incenerire la sua autorità furono moltissime in tutti gli anni di servizi. Gli episodi in cui ostentò una morbidezza d'animo eccessiva nei confronti della donna furono innumerevoli e ciò non gli poteva essere concesso, non se voleva fare il pirata ricercato in tutta Runeterra. Non era la ciurma il problema, ma la sua persona, la sua mentalità nata e cresciuta da ideologie utopistiche. Ogni testa della Jacquelyn riconosceva l'ineccepibile leadership di Vylldem , pertanto la stima ed il rispetto non gli venne mai fatto mancare. Un uomo tutto d'un pezzo, aveva "le palle" per fare sempre la cosa più difficile nei momenti più disperati. Aveva una trentina d'anni, ma mai nessuno che si permise di reputarlo infantile od inadatto al ruolo gravoso come un carico da novanta. Si diresse verso la cabina dove a regola doveva ancora esserci Acela, speranzoso di non dover lanciare fuoribordo la ragazzina per la sua voglia di arrivare alle mani. A quel punto fu chiaro il da farsi. I marinai tornarono alle loro mansioni. Ora che erano a casa potevano dedicarsi alla cura della nave, la poverina necessitava di cure, d'amore e d'affetto.

Millie era l'unica a non essersi mossa, nonostante il permesso le fosse stato dato senza alcun problema. Non le piacevano affatto quei pensieri ronzanti per tutta la testa. Le parve strano fin da subito sapere dell'inattività del Re. Le sembrava di essersi persa dei pezzi di storia per la strada, pezzi che probabilmente si stava tenendo Vyll da quando perse i sensi. Ciò le suonò sensato. Aveva messo un piede nella fossa della morte e le avevano impedito di caderci dentro con tutto il corpo solo grazie al fatto di essersi ritrovati davanti ad una diagnosi patetica. Se avesse mangiato invece di correre a destra e a manca senza pensare alle conseguenze, non avrebbe sprecato un'ora sul divano del bar, ed avrebbe anche risparmiato i sorci verdi a Vyll. Erano passate ore, com'era possibile che l'amico non avesse emesso un suono che fosse uno per tutto quel tempo ? Non la voleva sapere la risposta, temeva di averla già sentita dalla bocca del suo capitano. Millie fissava la porta della stanza lontana, la quale rimase la stessa da quando Viego mise piedi sulla nave. La stanzetta a prua era tutta sua, per lui era diventata un po' come casa. Furono molteplici le volte in cui Millie tentò di dissuaderlo e convincerlo a farsene una tutta sua a Battigia, ma Viego non volle mai; lui già l'aveva.

S'incamminò, un sasso aveva più gradi di libertà dei suoi muscoli. I pensieri si affollavano numerosi, assunsero l'aspetto di un suono di statico. Tachicardia, pallore, sudore freddo; quella porta non s'era d'aprì. La mano molle circondò la manopola a forma di maniglia ma il braccio non ce la faceva proprio ad obbedire agli input elettrici. A mali estremi, estremi rimedi. Se i suoi muscoli stavano fingendo l'atrofia, allora quella leva l'avrebbe abbassata col peso del corpo. In un attimo, il sipario si alzò, e lui era lì, immobile.

Vyll non corse mai così tanto velocemente in tutta la sua vita. Le falcate erano ad ampiezza salto in lungo, si fece una nave intera in pochi attimi di secondo. Acela non fu da meno, pur non facendo acrobazie per raggiungere l'uomo. La ciurma tremò, persino chi era sulla terra ferma a lavorare si sentì toccare la colonna vertebrale dai brividi. Vyll si fiondò dentro, la porta non era stata richiusa. Per frenare, azzannò con le dita gli stipiti della porta. Gridare il suo nome fu un modo per dirle : " non preoccuparti, sono qui con te ". Era in lacrime. Strillavano isterici i suoi singhiozzi. L'abbraccio stretto e forte era l'unica cosa forte di sua appartenenza.

-Vyll, staccamela, Mi sta soffocando... ! –

-No ! – quello fu l'ennesimo tentativo di assordare il Re.

Le mani del capitano scivolarono giù, fiancheggiando di nuovo il busto. Acela arrivò quando la tensione era già stata smorzata di netto, il che le impedì di provare anche solo un briciolo d'empatia tipica degli esseri umani. Provvide il figlio di Yuria a mutarla prima ancora potesse aprire il repertorio, non era decisamente il momento per manifestare la sua artefatta maturità. Lei si permise di farsi sfuggire un paio di dolci offese prima di tornarsene al suo libro, lasciando la gestione della situazione tutta sulle spalle del terzo moccioso, Vyll era questo ai suoi occhi, ormai. Gli fu impossibile ignorare e far finta di non aver sentito. Con gli occhi chiusi in una smorfia di disprezzo, si lanciò all'indietro la mano al seguito di un rantolo infastidito, tutto questo per evitare di scendere al suo stesso livello di volgarità.

- Vyll, sul serio. Vienimi a dare una mano –

- Millie, lascialo dai . – sorrise sollevato. Se la vide nerissima con quel grido straziato. Se lo stava già immaginando morto in settotto morti diverse. In fondo, non lo odiava così tanto quel tipetto per niente sveglio. Non lo avrebbe mai definito come un "amico", anche perché Vyll aveva un'idea tutta sua sul senso ed il valore della parola amicizia, però, anche quel Viego ormai era di famiglia. Ci si era affezionato, probabilmente il loro scannarsi di continuo era solo un modo tutto loro per dirsi "ti voglio bene".

- No ! – Millie usa ultrasuono, è super efficace. Brutto colpo. Viego non è più in grado di combattere.

-Almeno piantala di urlarmi nei timpani, grazie ! –

- No ... -

- Oh... molto meglio... e che diamine... -

Si sentono di rado sospironi così pesanti, per Viego fu una vera manna dal cielo non sentirla più strillare. Ora doveva solo convincerla ad allentare la morsa, così da farlo tornare a respirare con due polmoni. Ci volle un po', Millie non fu del tutto consenziente e Viego, da solo, se lo poteva sognare di persuaderla. Praticamente il povero antifurto umano quando aprì la porta, si ritrovò il bello addormentato disteso sul letto. Normalmente la cosa non l'avrebbe turbata, ma la stramaledetta frasetta alla death flag di Vyll non le fece percepire la scena come un qualcosa di "normale". Quando si avvicinò, e lui non rispose al richiamo, stop. Cortocircuito e l'urlo partì, investendo chiunque nel raggio di circa mezzo chilometro. Il Re se la stava dormendo come un sasso dopo che passò la notte a non chiudere occhio. Quando alle otto e mezza passate si lanciò nel letto, tempo di abbassare le tapparelle di carne e addio mondo crudele. Aveva voglia Millie di chiamarlo coi sussurri, con tutta quella stanchezza giusto così riuscì a svegliarlo, il problema fu farle capire che non era morto.

- Posso almeno sapere cosa mi sono perso ? –

- Guarda che è solo colpa tua. Bastava dire ad una sola persona dove stavi andando e noi non avremmo pensato al peggio. –

- No, no, no... fermati un secondo, aspetta... no perché non ci sto credendo. – si tirò su ridendosela tra i denti. Voleva sistemarsi meglio e fare del posto anche a Millie. Non gli andava bene il vederla inginocchiata a terra come se stesse pregando vicina al letto di un malato terminale - Fammi capire, tu mi stai dicendo, che hai sul serio pensato mi sarei andato a suicidare per le quattro cazzate che mi hai urlato addosso questa mattina ? –

- Sarò sincero, sì. Permaloso come sei ero certo lo avresti fatto. – Viego rise di nuovo alla stessa maniera di prima. Era incredulo e sorpreso, in parte anche deluso. – O quello, oppure ipotizzavo fossi scappato a piagnucolare da Millie come al tuo solito, ma quando ho saputo che nemmeno lei ti aveva visto, oh beh, la testa è andata in automatico su quello. –

- Che gran figlio di puttana che sei... E tu le vai a dire che mi sono andato ad ammazzare... solo perché mi hai minacciato che se avessi continuato a fare di testa mia, non mi avreste più aiutato a riavere mia moglie ? –

- Sì... per quello... e per averti detto che meritavi di morire, perché casualmente tutti quelli che ti aiutano fanno una pessima fine ed io non ci tenevo a far finire me e Millie nel prossimo necrologio . –

Millie non sprecò centesimi per assalirlo a parole. Era stato meschino, orribile e crudele. La voce le era finita, c'era da aspettarselo dopo tutto quell'urlare e strepitare, quindi risultava più docile e mansueta del dovuto quella strigliata, eppure il capitano recepì bene il messaggio, alla fin fine la mano sulla coscienza se l'era già posta ed un mea culpa pure.

- Sta buona che non ce l'hai la voce. Rischi solo di farti del male per il niente, cretina. –

- No ! – rantolò roca – Per colpa sua forse saresti potuto morire ! Io non voglio che muori ! –

- È inutile che ci provi Viego. Lei farà di testa sua. –

- Eh... lo so. –

Le accarezzò la testa esasperato, beccandosi di rimando solo una linguaccia ed un occhiataccia seria ed arrabbiata. Vyll pensò bene di lasciare un attimo di mezza serenità sia a loro che a sé medesimo, necessitava di ricaricare le batterie. Non aveva fatto molto, ma esaurito, lo era lo stesso. Si chiuse la porta dietro e pensò lui a rasserenare l'equipaggio in tumulto, era il minimo visto lo spavento collettivo.

Nella stanza c'era il completo silenzio, Viego si limitava a passare fazzoletti su fazzoletti all'amica e lei a darsi un contegno. Il letto era finito con l'essere un campo minato di palline bianche tutte accartocciate e l'uomo con gli occhi a panda disse addio alle rimanenti ore di sonno tanto sognate. In quelle circostanze erano poche le cose che una persona potesse fare. Volendo escludere tutte le opzioni sgarbate e prive di tatto, gli rimanevano giusto un paio di spiccioli in tasca.

- Dai, alzati e vatti a preparare. –

Millie alzò gli occhietti lucidi ed arrossati verso di lui. Si sentì in colpa una volta notate le occhiaie e le pesanti borse nere in pelle sotto gli occhi. Scusarsi le venne con naturalezza ma il re sminuì la gravità della sua condizione, non voleva aggravare ulteriormente lo stato emotivo di Millie. Quale sarebbe stata l'alternativa ? Rinfacciarle persino la finta discussione della sera prima e magari non farla smettere più di piangere da lì fino alla sera ? Non era proprio la migliore delle idee, quindi, anche se misere, si fece andare bene quelle quasi tre ore di sonno. Lei continuava a guardarlo, indecisa se parlare o meno, indecisa se poggiargli sulla guancia la mano tremante per l'adrenalina. Riuscì a dirgli solo un " scusami ", ma al re non poteva fregar di meno. Non aveva bisogno delle sue scuse, perchè tutto sommato non aveva niente di cui scusarsi. Siccome The Milliner non aveva ancora preso una decisione ed il tempo inutilizzato è solo uno spreco, Viego agì per lei. Le prese le mani tra le proprie, stava tremando davvero tanto, doveva aver avuto una paura assurda. Fu rapido ed indolore. Si avvicinò verso i suoi occhi e le sorrise. " Ti starei invitando a cena... " disse senza tagliare il contatto visivo. Capì che accettò dopo averla vista fare il suo solito trucco di magia. Rimasto l'unico in camera, anche per lui arrivò il momento di darsi una rassettata, non poteva andare nel ristorante che aveva in mente concio in quel modo. Serviva qualcosa di fresco, elegante, senza rinunciare però alla comodità e a quel pizzico di casual sempre gradito e mai fuori luogo per le uscite tra amici. Il carillon era meglio non portarlo con sè, un Re in Rovina in borghese non ne aveva il bisogno, voleva prendersi una mezza giornata di pausa, fingere che nessuno dei mezzi disastri avesse mai preso luogo. A Noxus, in quel periodo, non faceva esattamente caldo, una giacca lunga avrebbe fatto al caso suo. Poi avrebbe detto a Millie di prendersene una, non ci teneva a vederla con dei ghiaccioli dal naso, per quanto divertente sarebbe stata come scena. Continuava ad aggiustarsi le ciocche di capelli nella frangia, aveva la sensazione di averle più ribelli del solito. Stavano iniziando ad essere troppo lunghi, specialmente quelli dietro. Se riuscivano a rincasare prima di sera, le avrebbe chiesto di spuntarglieli di qualche centimetro. Non gli dispiaceva portarli poco più sotto le spalle, ora però era giunto il momento di metterci mano, altrimenti sarebbe andato avanti per qualche altro mese e avrebbe fatto la fine di raperonzolo. In effetti se avessero aspettato qualche anno, poteva usare l'ipotetica fluente zazzera come corda, il mal di testa sarebbe stato un problema secondario. Si sedette sul letto una volta pronto. Sapeva di non doverlo fare, ma alla vista del carillon volle ringraziare Isolde. Non sapeva se ci fosse stata lei dietro a tutto il casino di quella mattina, ma vista la situazione, visto il come si era risolta, pensò fosse corretto farle sapere quanto fosse felice. Il carillon emise di nuovo un piccolo bagliore e Viego sorrise.

Bussarono alla porta, lui si rialzò, lasciandole un ultimo " grazie ".

- Allora, come sto ? Vado bene ? –

Era certo di non averglielo mai visto quell'abito. Ci stava lo avesse a casa di suo padre. Essendo lei una capomastro, abiti eleganti, o comunque abiti da cocktail, erano banditi e dati al rogo. Era un lavoro solitamente maschile, servivano forza, resistenza, una certa destrezza. Gli abiti da mestiere di un capomastro devono essere dei più semplici, di buona fattura ma elastici. Non c'è spazio per fronzoli e decorazioni. Passare ore davanti ad una fornace, e nel suo caso, tra esplosioni e polvere da sparo, non le dava l'occasione di vestirsi da "donna". Fu un mezzo shock vederla per la prima volta senza pantaloni e con i capelli totalmente sciolti.

- Se ce l'hai, va a prenderti una giacca, dove voglio portarti fa freddino in questo periodo dell'anno. –

Millie fuggì via di nuovo, voleva essere impeccabile. Viego fece caso agli sguardi allupati dei mozzi piombando in uno stato di forte disagio. Anche lui era rimasto sorpreso dal fatto che, anche Millie, sotto sotto, fosse una donna in tutto e per tutto, ma vederli con la bava alla bocca fu disturbante.

- Se anche solo una goccia di quella bava cade a terra, il ponte lo pulite sette volte oggi. –

Spaventati dalla minaccia bonaria di Vyll, la ciurma si dileguò per tornare alle proprie faccende. I due uomini chiacchierarono tra loro, e nella discussione entrò anche il favore di utilizzare il Libro per andare a Drakkengate. Il re ricordava benissimo di quella volta in cui Millie gli raccontò quanto le sarebbe piaciuto assaggiare il famoso caffè unico di Noxus, tuttavia non voleva berne in un posto qualunque. Da quando ne sentì parlare da alcuni suoi clienti Noxiani, uno dei suoi tanti sogni fu sempre quello di andare al Bistrot Tikkary, a Drakkengate, visto che fu il primo bar-ristorante ad introdurlo nel menù. Durante la Seconda Ruination, alcuni popoli noxiani vennero spinti nell'entroterra, i cui terreni, spesso, non erano affini alla coltivazione. Per questione di vita o di morte, decisero di iniziare a mangiare dei frutti ricoperti di spine non sapendo a priori se fossero nocivi. Fu un: bere o affogare. Questi frutti, privati della spessa pelle spinosa, si rivelarono ricchi d'acqua e i loro semi avevano valori nutrizionali molto alti. Impararono ad usare quei semi in molti modi, uno tra questi fu il caffè. Essendo la "thick berry", il termine inizialmente associato al seme del frutto, una pallina composta per una buona percentuale da caffeina, ci volle poco a prenderla, tostarla e a macinarla per renderla polvere. Ad oggi il caffè "Tikkary"( storpiatura avvenuta nei secoli del nome originario del seme ) è uno dei caffè più commercializzati in Runeterra. Per qualche strana ragione, la piante di Tikkary non riescono a crescere altrove, questo rese Noxus primo ed unico produttore della polvere, rendendo il suo caffè qualcosa di pregiato e per pochi.

La capomastro tornò dal re con tanto di borsetta rosso borgogna in pendant con l'abitino in Linea A e scollo all'americana. Con sé aveva poi un giacchetto morbidissimo e bianco, acquistato nelle terre del Freljord tempo addietro. Recuperato il libro, Vyll fece loro le raccomandazioni del caso, concludendo la lista con un "fatevi trovare fuori il ristorante per mezzanotte". Aperto il varco, prima che Viego potesse seguire Millie, il capitano lo prese per il polso, poggiando sulla mano aperta un sacchettino tintinnante.

- Offro io, ed assicurati di comprarle qualcosa di carino. Ora muoviti, panda. –

Viego non se lo fece ridire due volte, non fosse mai che magari cambiasse idea. A quel punto i due erano da soli per una mezza giornata ed il re finalmente poteva fare la chiacchierata che già voleva fare la notte prima. Data la distanza, non solo a Noxus si era in pieno inverno, ma era già notte. Pur essendo solo le sei e qualcosa di sera, in quel periodo dell'anno non sussisteva motivo per meravigliarsi se c'era già buio pesto. Facendo un primo giretto per vedere cosa offrisse in zona la città di Drakkengate, Viego chiedeva informazioni su dove andare per trovare il così tanto famoso Bistrot Tikkary, nel mentre Millie si lustrava gli occhi con le meraviglie di bancherelle e vetrine dei negozi. Quando si ritrovarono davanti alla grande insegna luminosa, si commosse in un battito di ciglia. Incredula, lo abbracciò quasi al pari di quella stessa mattina. Glielo disse una sola e singola volta, gliene parlò giusto perché erano in tema : "cibo che mi piacerebbe assaggiare". Nella testa di Millie era capibile come mai Isolde lo amasse così tanto.

Un tavolo per due, il cameriere responsabile del loro coperto li scortò allo stesso e con eccelso tempismo, tornò da loro non appena si furono seduti e tolti gli indumenti di troppo. Ordinarono da bere ed il garzone rilasciò il menù elencandone i piatti forti insieme a quelli più adatti al vino rosso scelto dal re. Viste le rigide temperature, optarono per un antipasto di terra per iniziare, lasciando carta bianca allo chef per quanto riguardasse il primo. Arrivati i vassoietti ricolmi di leccornie calde appena tolte da forni e fornelli, la cena per Noxus, ed il pranzo per i due, poteva cominciare, come il piano di Viego.

- Mamma mia, sembra tutto così delizioso. –

- Me lo auguro viste le cifre sulla carta . –

- Buon appetito ! –

Tempo di dare il primo morso alla strisciolina di polenta fritta con funghi e Viego sganciò la bomba.

- Allora... che problemi avresti esattamente con Isolde ? – Nessun boccone fu così difficile da buttare giù.

- Io ? Nessuno. Perché questa domanda ? – Si prospettava una lunga chiacchierata, una delle peggiori. Prima di rischiare di strozzarsi di nuovo, mise nel piatto quello che stava mangiando.

- Non sono stupido, Millie. Casualmente ogni volta che ti parlo di lei o in generale, quando si tratta di lei, diventi un'altra persona. Quindi, potresti dirmi cortesemente cosa non va ? –

- Non c'è nulla che non va. – tutta la sua allegria sembrava essere volata via ed i suoi occhi puntavano il vuoto.

- Davvero ? Eppure lo stai facendo di nuovo. Mi basta farti ricordare per un secondo della sua esistenza e mi diventi così. Hai paura che una volta tornato re, io mi possa dimenticare di tutti i tuoi sacrifici e della nostra amicizia ? –

- No. Sono sicura che non lo farai. Altrimenti perché dovrei aiutarti ? Se avessi qualcosa in contrario, non sarei la prima a far frullare per i flutti la signora Jacquelyn. Se non volessi tua moglie tra i piedi, allora perché avrei insistito per entrare nell' HQ delle Sentinelle ? Mangia, la fame ed il sonno ti stanno dando alla testa. –

- Millie, sono serio. –

- Anch'io lo sono. Cielo, è tua moglie, non posso essere desiderosa di rivedervi stare insieme ? Di vederti finalmente felice ? –

- Ma, io già sono felice, Millie. Certo, con Isolde lo sarei ancora di più... ma già adesso lo sono, grazie a tutti voi, dico sul serio.-

- Non abbastanza. –

- Senti, io e Isolde, con il tempo torneremo l'uno all'altra, quindi non ho fretta. Fino ad allora, vorrei godermi questa vita che ho con voi. –

- Se tua moglie ti potesse sentire le si spezzerebbe il cuore. –

- Perché tutto questo interesse ? Fino a prova contraria dovrei avercelo io, non tu. –

- Non posso semplicemente desiderare di vederti felice ?! Tu e lei siete la mia definizione del Vero amore. Siete lo stereotipo della coppia perfetta ! Voglio vedervi regnare insieme, te lo meriti di stare con lei. –

- Ti sbagli... ma è colpa mia, ho sempre evitato di raccontarti le parti che odiavo. Forse dovrei, in effetti... -

Viego ha sempre voluto sopprimere i ricordi più antichi della sua storia d'amore. Gli faceva male rievocarli, però se così facendo avrebbe sistemato le cose con Millie, tanto valeva provarci. Chiese perdono se probabilmente avrebbe risentito cose già trite e ritrite, ma se voleva raccontarle tutti i retroscena, allora doveva partire dal principio del tutto e mettere a nudo ogni lato della sua vita prima di Isolde e del suo matrimonio con lei.

Viego non era figlio unico né il primo genito. Aveva un fratello maggiore molto più grande di lui dato il fatto che, Kalista, la figlia del fratello, era amica e coetanea dello zio. Visse per anni come ombra del fratello da sempre predestinato  a divenire il re di Camavor. I genitori gli lasciarono sempre carta bianca, non tanto per incoraggiarlo a seguire la strada migliore per lui, bensì perché a nessuno interessava del suo destino. Lasciato all'abbandono, cullato dai lussi e dagli sfarzi della vita da giovane principe, non imparò mai l'asprezza della vita, non poté mai comprendere il significato del sudore versato per conquistarsi il frutto delle fatiche umane. Non avendo mai imparato a fare il re e nemmeno il principe, quando suo fratello venne a mancare in guerra, fu Viego a dover raccattare da terra le redini della sua nazione. Lui non mostrò mai interesse in quelle tediose lezioni sul reggimento di stati e governi. Quel ragazzo passò vent'anni della sua esistenza nella bambagia, a fare il niente, a vivere alla giornata chiedendo ed ottenendo tutto quello che gli frullasse per la testa. Consiglieri e maestri provarono a reindirizzarlo sulla retta via del sovrano saggio e ponderato, fallendo miseramente ancora ed ancora. Pretenzioso da parte loro svegliarsi all'ultimo minuto perché la prima scelta non era più disponibile, anche per questo, Viego non volle mai collaborare. Detestava aver ottenuto tutte quelle attenzioni fallaci solo perché il loro vecchio re, tanto buono e capace, ora era sotto a tre metri di terra. Viego non si sentiva un sovrano, a dirla tutta, non si sentiva nemmeno una persona. Fu sempre considerato come l'ultima ruota del carro, ignorato e messo da parte per qualcosa di "migliore". Messo alle dirigenze di un'intera nazione con la forza, divenne il re di cui Camavor non aveva bisogno. Dopo anni passati nel lassismo, dopo anni in cui nemmeno lui era a conoscenza delle decisioni prese per suo conto da parte degli uomini al suo seguito, ebbe l'occasione di conoscere lei, Isolde. La ragazza era una miserabile popolana di una nazione recentemente conquistata. Nella sua città natale era considerata una sarta dalle mirabili capacità, ma al cospetto di quel falso re, non era altro che una schiava. Viego, quando le venne lanciata davanti ai piedi, nemmeno sapeva il suo nome. La reputò solo una bella donna, la più bella mai vista. Questo bastò per decidere di possederla. Doveva averla. Non gli era mai stato negato niente in vita sua, quindi, quella donna sarebbe stata sua, altrimenti nessun'altro l'avrebbe avuta; se avesse rifiutato, allora l'avrebbe mandata alla gogna. Con le spalle al muro, Isolde non poté far altro che accettare. Viego passò i primi periodi a deflorare il capitale della nazione per fare doni alla futura regina di Camavor, ma Isolde odiava quel ragazzino viziato, e se non ci fosse stata la sua vita in ballo, non avrebbe mai accettato di divenire un suo oggetto. Il suo tiranno le impediva di uscire da palazzo, di incontrare altri uomini, di far visita alla sua famiglia, di passeggiare tra le strade di Camavor. Isolde era sua, solo e soltanto sua. Provando schifo per il sé che fu, Viego prese a raccontarle anche dettagli non molto piacevoli nella maniera più leggera ed educata possibile e Millie non smise mai di ascoltarlo. Aveva fatto del male a quella ragazza, alla sua Isolde, per tanto, tanto tempo. La privò di tutto, perché doveva essere lui il suo tutto. Durante una delle tante cene, Isolde senza farsi notare, prese con sé il coltello come arma. L'avrebbe usato contro quel mostro non appena il sonno l'avrebbe rapito, dopo essere stata violata come ogni notte. Il piano funzionò solo in parte. Lei si lanciò su di lui, per piantargli nel cuore la lama. Si pietrificò a vederlo con gli occhi aperti, come se stesse attendendo quell'affondo più di ogni altra cosa. Le afferrò il polso, e si portò il coltello alla gola, calde lacrime sgorgarono fuori dagli occhi vuoti e spiritati.

- Avanti, sgozzami come un maiale, è questo quello che vuoi, vero ? È questa la fine che mi meriterei... – la lama era abbastanza tagliente da fare il suo lavoro, bastò spingerla di un minimo per iniziare ad incidergli lievemente il punto d'appoggio. – Su, poni fine alla mia miserabile ed insignificante vita. Non mancherei nemmeno a me stesso, sono solo un tumore che vive sulle ossa altrui. Non merito amore, non merito odio, merito solo di sprofondare nel limbo di questo mondo. –

In quello sguardo, Isolde vide dell'umanità. Il suo mostro aveva assunto per quei momenti le sembianze di un uomo svuotato, solo e disperato. Era pronto ad abbracciare la morte nella speranza che almeno lei non lo disprezzasse. Fu solo dopo quella notte che i due cominciarono a guardarsi con occhi diversi. La loro conoscenza partì così, concedendosi a vicenda la chance di dimostrarsi migliori. Prima che Viego potesse rendersene conto, già l'amava alla follia. Isolde lo aiutò molto a superare tutte le magagne generate negli anni. In due riuscirono a risollevare per come fosse possibile le tristi sorti del regno di Camavor, sembravano aver raggiunto un buon equilibrio di coppia. Decisero di sposarsi, ed i sudditi ne furono entusiasti. Tutta quella felicità, tuttavia, sappiamo già che era destinata a sbriciolarsi.

- Penso che... prenderò solo il caffè, ora. L'idea di mangiare un secondo non mi alletta al momento. –

- Ed ora sai perché non ti ho mai raccontato questa roba. –

- Già, ma non mi pento di averla sentita "questa roba" . –

Si sforzò di sorridere. Non aveva gradito circa il 90% di tutta la storia segreta della VieSolde, però ora aveva il quadro della situazione completo e con quello, si rese conto quanto sia lei che Vyll che l'intera Battigia, fossero stati d'aiuto a Viego. Dentro di sé, Millie ringraziò chiunque ci fosse sopra di lei per averle dato la possibilità di rendere il Re in Rovina, Viego.

- Ci vedi ancora come la coppia perfetta ? –

- Beh... siete comunque una coppia, lei ti ama e tu ami lei. Non mi metterei in mezzo al vostro amore nemmeno foste dei masochisti che si ammazzano a vicenda. Quindi anzi, sinceramente sono ancora più convinta di riportartela indietro il prima possibile. –

- Sai... è da questa mattina che ci penso, da quando me ne ha parlato Vyll... dell'Amore, intendo. Non so... anche adesso, dopo che ti ho raccontato tutto... a questo punto non sono sicuro che mi abbia realmente amato. Forse stava con me solo perché le facevo molta pena e per la corona. –

- Nah, tranquillo. Ma ti pare ? Non preoccuparti, ci penso io a voi. Te l'ho promesso o no che ti avrei ridato tua moglie ? Non farti paranoie inutili e godiamoci questa pausa. –

- Mh... sì, forse hai ragione. –

- Ovvio che ho ragione. Dai dai, sgranchisciti un po' quelle gambette e vammi ad ordinare del caffè, uomo. Non lascerò questo posto senza prima aver bevuto una tazza di Tikkary. –

Viego le sorrise e sospirò, il suo animo s'era alleggerito tutto d'un tratto. Nonostante credesse sarebbe stato solo doloroso ricordare quella fetta di passato, in verità fu molto più che liberatorio. Durante il loro battibeccare per gioco riguardo alla questione di portarle del caffè, Viego si alzò e prese la giacca dalla quale estrasse il portafoglio. Prese il libretto rigido in pelle e stoffa per analizzare la cifra del conto, il quale fu giustificabile rispetto alla qualità delle pietanze, ma la mancia potevano scordarsela. Continuarono a ridere e scherzare finché Viego non sentì la voce di Isolde chiamarlo. Mollò tutto e corse fuori dal locale. Si guardava a destra e a sinistra per capire la direzione da cui provenisse la voce dell'amata. Corse, corse facendosi strada tra i passanti ed i turisti che occupavano le strade in festa. Dopo tanto cercare e spintonare, riuscendo a far capolino tra le teste della folla contromano, capì da cosa provenisse la voce dell'amata. La mano guantata di nero lasciò scivolare nel piccolo cappello reso un catino votivo una moneta d'oro. Il mendicante ringraziò miriadi di volte la santa figura così tanto gentile e misericordiosa, la quale sforzò i muscoli della bocca in un tiratissimo sorriso. Mentre quel sorriso fu completamente falso perché incapace di riflettersi anche nei suoi occhi, quello di Viego, caldo e raggiante, fu tra i più genuini non appena riconobbe chi fosse.

   
 
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