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Autore: Xion92    23/11/2021    2 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccoci qua, ragazzuoli e ragazzuole! Finalmente ecco il terzultimo capitolo di questo mattone narrativo, l'ultimo tranquillo ma neanche del tutto, perché la battaglia finale non inizia nel prossimo capitolo, bensì alla fine di questo. Questo è tra l'altro l'ultimo capitolo in cui Angel e Ryou interagiscono, dopo anni e anni le loro scene, carine, comiche e di battibecchi, finiscono qui, quindi ho messo qualche scena importante tra loro due per dare un degno saluto alla loro relazione. Spero che questo capitolo vi piaccia! Buona lettura!

 

Capitolo 91 – I tre giorni più lunghi


Il mattino dopo Angel, contro la sua abitudine di alzarsi presto la mattina, stava ancora dormendo a pancia in su, esausta dallo sbattimento del viaggio della sera prima, quando, ancora nel sonno, percepì il disagio della sensazione di chi è osservato a propria insaputa. Allora aprì gli occhi e vide, a poca distanza dal suo viso, il sorrisone emozionato di Bu-ling, salita sul materasso, che la fissava. Allora si tirò su di scatto e le diede uno spintone buttandola giù dal letto.
“Bu-ling! Che ci fai in camera mia a quest’ora? E come sei entrata?”, le chiese sorpresa, stropicciandosi gli occhi con una mano.
“Dalla finestra che avevi lasciato socchiusa! Bu-ling non vedeva l’ora di rivederti! Così è venuta a trovarti!” spiegò tutta eccitata la ragazzina, rimettendosi in piedi con un salto.
Angel diede un’occhiata all’orologio sul comodino. “Grazie, ma potevi aspettare ancora un paio d’ore…”
“Ma che paio d’ore! Bu-ling vuole sapere tutto tutto di quello che hanno fatto Angel-neechan e Aoyama-niichan durante l’allenamento.” Si mise seduta sul pavimento a gambe incrociate. “Racconta, racconta dai!”
Angel la guardò a disagio, seduta sul materasso. Era ancora stanca e non aveva voglia di mettersi a raccontare tutto quello che lei e suo padre avevano fatto nei giorni precedenti. “E i tuoi fratelli?”
A quella parola, la ragazzina fece un salto come se l’avesse punta un’ape. “I fratelli! Bu-ling ha tanto pensato a rivederti che si è completamente dimenticata che deve preparar loro la colazione!”
Angel non fece neanche in tempo a proporre alla ragazzina di accompagnarla alla porta che lei aveva già aperto la finestra e si era buttata giù. La più grande, interdetta, si affacciò e la sua compagna la salutò da sotto.
“Allora ciao ciao, Angel-neechan! Ci vediamo dopo con gli altri!”, e sfrecciò via come il vento.
Angel non poté evitare di mettersi a ridere e tornò a sdraiarsi nel letto cercando di riprendere sonno. Ma ormai si era svegliata del tutto, quindi si alzò di nuovo e andò al piano di sotto.

Ancora era tutto silenzioso e buio. La ragazza aprì il frigo, scoprendo con sorpresa una ciotola riempita di riso e sugo di carne che, sicuramente, Keiichiro le aveva preparato la sera prima e poi aveva messo in frigo per farla cenare quando lei fosse tornata. Ma la sera prima lei non aveva sentito la fame, il boss non si era ricordato di dirglielo e lei era andata a letto senza mangiare. Visto che ora però lo stomaco le brontolava forte per il pasto saltato e la notte passata digiuna, decise di far colazione con quella che avrebbe dovuto essere la cena, tirò fuori la ciotola col riso e la mise nel microonde.
Mentre aspettava seduta, sentì dei passi per le scale e vide entrare in cucina Keiichiro e Ryou, ancora in tuta e maglietta per la notte. Saltò in piedi quando li vide entrare.
“Keiichiro! Che bello rivederti!”, esclamò contenta, e si avvicinò per abbracciarlo stretto.
“Ehi, ehi, piano”, sorrise il più grande, stringendola per le spalle. “Che bello averti di nuovo con noi, Angel-san. Anche per Ryou.”
Angel lanciò un’occhiata al ragazzo più giovane. “No, per il boss no”, scosse la testa, sorridendo leggermente. Ryou nel frattempo, dietro Keiichiro, faceva il sostenuto guardando altrove con le braccia conserte.
“Detto fra noi, Angel-san”, le mormorò all’orecchio Keiichiro. “Ryou è stato di cattivo umore per tutta la settimana.”
“Veramente?”, fece finta Angel di sorprendersi. “Ma anche mentre eri con Retasu?”
“No, con Retasu no”, rispose Ryou brusco.
Angel lo guardò di sottecchi facendo un sorriso furbo. “Mi vuoi bene, eh, boss?”
“Siediti e mangia e non fare commenti”, sbuffò Ryou infastidito, prendendo posto a tavola mentre Keiichiro tirava fuori il latte e il caffè.
“Mi hai preparato la cena ieri, Keiichiro, vero? Grazie!”, disse Angel tirando fuori la ciotola di riso dal microonde.
“Figurati”, rispose Keiichiro sorridendo. “A proposito, vuoi dirci com’è andata la settimana di allenamento?”
“Sì”, annuì Angel. “È andata bene, ho imparato a usare il Jinseikou. Ed inoltre mi sono tranquillizzata molto.”
“Tranquillizzata?”, chiese perplesso Ryou, mentre si versava il latte nella tazza.
“Sì, diciamo che ho accettato che le cose andranno come dovranno andare. Perché so che i miei genitori saranno con me, quindi non ho più paura di quello che potrà succedere”, buttò lì lei senza pensarci, mescolando con le bacchette il riso con il sugo.
Concentrata sul suo pasto e intenta a saziare la sua fame arretrata, Angel non si accorse che Ryou la stava fissando. Continuò a raccontare tra un boccone e l’altro tutta la parte pratica dell’allenamento a cui suo padre l’aveva sottoposta, mentre Keiichiro faceva ogni tanto dei commenti entusiasti o chiedeva qualche chiarimento. Appena finito di bere il latte, il ragazzo più giovane salì in camera sua e chiuse la porta. Prese il telefono e cercò il numero di Masaya.

Masaya e Ichigo stavano ancora dormendo abbracciati nel letto della ragazza. Il giovane udì, nel sonno, la vibrazione del suo cellulare e, stancamente, allungò il braccio verso terra, dove c’era la sua giacca buttata sul pavimento. Cercò nella tasca e lo trovò e, appena vide il nome di Ryou sul display, scacciò dalla mente ogni traccia di sonno.
“Pronto, Shirogane-san?”, rispose, tenendo stretta al petto Ichigo, che ancora dormiva.
“Aoyama, buongiorno”, lo salutò velocemente Ryou. “Bentornato. Ti ho svegliato?”
“Eh…” accennò lui, guardando la sua ragazza. “No no.”
“Ascolta, pensi di riuscire a passare qui al Caffè stamattina? Ti devo parlare”, disse serio Ryou.
“E’ urgente?”, chiese poco convinto Masaya, accarezzando con la mano libera i capelli di Ichigo.
“Sì, riguarda Angel.”
“Angel?” la voce di Masaya si impregnò di angoscia. “Arrivo subito. Viene anche Ichigo, va bene?”
“No, vieni tu solo. Ci vediamo dopo.”
“Cosa succede?”, chiese Ichigo preoccupata, che si era svegliata appena il suo ragazzo aveva pronunciato il nome della figlia.
“Devo andare a parlare con Shirogane”, rispose Masaya chiudendo lo schermo. “Mi dispiace, vorrei stare ancora qui con te, ma…”
“No, non preoccuparti di questo. È per Angel. Vai subito. Però vengo anch’io con te.”
Il ragazzo scosse la testa. “Ha detto che devo andare da solo.”
“Ma che motivo c’è?”, chiese Ichigo, la cui voce iniziava ad assumere un tono preoccupato. “Mica c’è niente che deve tenermi nascosto. Se riguarda lei, ho il diritto di sapere.”
Masaya cercò di tranquillizzarla. “Sicuramente sarà un motivo riguardante l’allenamento di cui vuole sapere i dettagli, magari per i suoi studi. Per questo non vuole che tu venga, sa che non ne varrebbe la pena.” Le accarezzò la guancia col dorso delle dita. “Sta’ tranquilla, non è niente di grave. Tu vestiti con calma, va bene?”
Ichigo lo guardò per un po’, con gli occhi velati di incertezza e timore. “Va bene”, acconsentì infine. “Ma dopo mi dirai per bene tutto quello che vi siete detti.”
Il ragazzo a quella condizione più che ragionevole annuì, si alzò e velocemente si rivestì, si caricò sulle spalle lo zainone che doveva restituire al Caffè e si incamminò, in punta di piedi per le scale per non svegliare la madre di Ichigo.
Sapeva che era assai improbabile che Ryou lo avesse chiamato veramente per conoscere i dettagli dell’allenamento. Per sapere una cosa del genere, che motivo avrebbe avuto di chiamarlo così presto al mattino? No, sicuramente era una cosa più seria riguardante Angel, ma lui a Ichigo aveva detto così per farla stare quieta. Lei non aveva la freddezza, la calma e il raziocinio che possedeva lui, se Ryou avesse detto loro qualcosa di più grave che riguardava la figlia, Ichigo non sarebbe stata in grado di processare la notizia e ragionarci sopra, ma si sarebbe lasciata prendere dall’impulso e dalla passione commettendo qualche sciocchezza. Tanto più che Ryou non era noto per avere molto tatto nel parlare, e non si sarebbe certo fatto scrupolo alcuno a dire chiaro e tondo qual era il problema. Era meglio che al momento lei ne stesse fuori. Poi, a seconda di quello che il loro capo gli avesse detto, lui avrebbe trovato il modo di filtrarlo e ammorbidirlo per farlo sapere anche a lei.

Nel frattempo Ryou, per togliersi di torno Angel ed evitare che la sua amica potesse sospettare qualcosa quando fosse entrato il padre, l’aveva spedita all’ipermercato lì vicino a comprare i rifornimenti per la dispensa.
Così, quando entrò Masaya, poté farlo sedere a uno dei tavolini senza la paura di essere sentiti. Anche se non si sedette con loro, Keiichiro rimase ad ascoltare poco distante.
“Veniamo subito al dunque, che non voglio farti perdere tempo”, gli disse senza tanti preamboli sedendosi di fronte a lui. “Prima tua figlia mi ha detto esattamente questo: ha accettato che le cose andranno come dovranno andare. Cosa significa, lo sai?”
Il giovane padre saltò un respiro a quelle parole, e si mise a riflettere, confuso.
“Eh… bella domanda”, rispose Masaya, passandosi una mano fra i capelli. “Non so di preciso cosa intenda con questo, qualcosa mi ha detto mentre eravamo via…”
“E sarebbe?”
“Mi ha detto che aveva paura della lotta contro Flan. Che è diverso dal dire che ha paura di Flan.”
“Giusto”, annuì Ryou, pensieroso. “Quindi intendeva che ha paura di qualcosa che potrebbe succedere nella lotta contro di lui.”
“Esatto, è quello che penso anch’io”, confermò Masaya.
“Però non è nemmeno qualcosa di ipotetico. Lei prima mi ha detto che ha accettato che le cose andranno come dovranno andare… quindi lei è sicura che questa cosa, qualunque essa sia, succederà… e per dirlo in quel tono e in quel modo…” ragionò ancora Ryou con lo sguardo che iniziava ad agitarsi. “Hai notato altro?”
“Sì”, annuì Masaya, col tono di voce che iniziava ad angosciarsi. “Mi è sembrato che facesse fatica a correre. Non riusciva a starmi dietro.”
Ryou rimase a pensare ancora ad occhi bassi, poi sollevando lo sguardo all’improvviso guardò l’altro uomo dritto negli occhi. “Non è che Angel ha accettato di dover morire?”
A quella parola, quasi Masaya balzò in piedi dalla sedia, e Keiichiro fece sbigottito un passo indietro. “No, non può essere. Non può essere, Shirogane-san!”
“E’ chiaro che la tua mente lo rifiuta, visto che sei suo padre. Ma devi prenderla come una possibilità. Non abbiamo nessuna motivazione concreta per giustificare questa conclusione, ma pensa bene a tutti gli indizi che hai: pensi che Angel si riferisse a questo?”
Masaya rimase a riflettere ad occhi socchiusi, raccogliendo tutti i fattori di sospetto che aveva raccolto nel tempo, oltre alle frasi ambigue che sua figlia gli aveva detto e al motivo per cui le sue frasi di conforto l’avevano fatta stare meglio e rasserenata. “Potrebbe, sì”, riaprì gli occhi infine.
Ryou tirò un gran sospiro. Appoggiò i gomiti al tavolo e incrociò le dita delle mani. “Allora ascolta bene: tempo fa avevo escluso questa possibilità, perché so che per Angel combattere contro Flan è uno scopo di vita. Ma ora… ora… non posso più pensarla in questo modo. Pensi che debba darle la possibilità di evitare di combattere?”
Masaya lo guardò sorpreso. “Vuoi dirle di non combattere contro Flan? No, non sarebbe la cosa giusta da fare, ne avevo discusso anche con Ichigo.”
“No, non ho intenzione di darle un ordine. So che se lo facessi mi obbedirebbe in qualunque modo la pensi, ma non mi sento di fare una cosa del genere e di soffocare la sua personalità. Già me l’aveva chiesto Ichigo, tempo fa, di ordinarglielo, e le avevo risposto di no per questo motivo. Gliela metterò solo come possibilità, dopodiché sarà lei a scegliere.”
“Angel non si tirerà mai indietro, Shirogane-san, lo sai”, scosse la testa Masaya.
“Sicuramente. Ma almeno lo avrà scelto lei. È probabile che da sola non direbbe mai che vuole evitare di combattere, ma se glielo proponessi io potrebbe anche ripensarci all’ultimo. Ma deve essere una sua decisione. Anche se sono il suo capo, non voglio comandarle una cosa del genere, per lei è una questione troppo importante. A parte che, a dirla tutta, non è detto neanche che mi obbedirebbe se glielo ordinassi, già un’altra volta è successo… quindi glielo chiederò soltanto, e avrà un’opportunità per salvarsi la vita. Allora, cosa ne dici?”, chiese infine Ryou, guardando l’altro serio.
“Shirogane-san, ti dovrò la vita, se riuscirai a farla decidere di rimanere qui con te e Akasaka-san mentre noialtri combatteremo contro Flan”, chinò la testa Masaya di fronte a Ryou.
Il più grande fece un sorriso dei suoi, appena accennato ma sincero. “Sta’ tranquillo. Rimani pure qui se vuoi, e fa’ venire anche Ichigo, senza più parlare della questione. Ci penso io dopo.”
Masaya a quel punto si alzò per andare in giardino in attesa della sua ragazza, ma Ryou lo fermò. “Aoyama.”
“Sì?”, chiese lui, girandosi di nuovo verso il suo capo.
Ryou lo guardò con un’espressione soddisfatta. “Angel ci ha raccontato del vostro allenamento. Ben fatto”, si complimentò secondo il suo costume, con poche parole ma sincere.
Masaya gli rivolse un sorriso contento e grato e si allontanò per uscire dall’edificio.

Quando arrivò Ichigo, Angel non era ancora tornata, e la ragazza prese Masaya da parte.
“Allora, perché Ryou ti ha voluto qui?”, chiese preoccupata.
Il giovane la guardò incerto per un momento, ma poi subito le diede la risposta: “niente, mi ha esposto gli stessi dubbi che ti ho detto ieri sera. E gli ho dato le stesse risposte che ho dato a te.”
Gli dispiaceva di non rivelarle tutto, ma era consapevole che se le avesse detto che Ryou sospettava che Angel fosse certa di morire, Ichigo sarebbe anche potuta impazzire. Non osava immaginare cosa sarebbe potuto succedere se, al momento del suo confronto di prima con Ryou, fosse stata presente anche lei.
Ichigo lo indagò con gli occhi, come se ci fosse qualcosa che non la convinceva. “Ne sei proprio sicuro? Solo questo ti ha detto?”
Masaya annuì e Ichigo, finalmente convinta, si rilassò. “Ah, ecco. Hai fatto bene, amore. Certo che mi colpisce molto tutto questo affetto che Shirogane prova per Angel. Insomma, noi siamo i suoi genitori, ma da parte sua non pensavo…”
“Hai ragione”, annuì il ragazzo. “Sono molto legati, anche se a prima vista non sembra. Shirogane è… davvero un grande uomo. Gli affiderei la vita di Angel ad occhi chiusi.”
In cuor suo, guardando la sua compagna e tutto l’amore che provava per la loro figlia, sperò con tutto se stesso anche per lei che Ryou riuscisse a convincere Angel a rimanere al Caffè e a non seguirli nella battaglia.

Più tardi, quella mattina, oltre a Masaya e Ichigo, arrivarono anche Bu-ling, Zakuro, Minto e Retasu, nonostante il Caffè fosse chiuso. Anche a loro Angel e Masaya erano mancati, e appena furono tutti riuniti vollero sapere nei dettagli come si era svolto l’allenamento. Dopotutto, per loro era la parte bellica che contava in primis.
“Allora, silenzio tutti!” gridò Bu-ling. “Adesso Angel-neechan ci farà vedere come funziona il Jinseikou!”
“E come faccio a farvelo vedere?”, chiese perplessa Angel.
“Oh, sacrificheremo uno dei tavolini!”, batté le mani Bu-ling.
“Te lo do io il tavolino!”, intervenne Ryou, nervoso. “Poi me lo ripaghi tu.”
“No no, ehm, allora facciamo che Angel-neechan ce lo spiegherà e basta”, propose Bu-ling, conciliante.
“Sì, sarà meglio”, commentò Minto, incrociando le braccia.
“Allora, sì, ehm, funziona così”, cercò di spiegarsi Angel. “Si richiama la propria energia…”
“O meglio, l’energia di Profondo Blu, dicevamo”, precisò Zakuro, davvero interessata.
“Esatto, e poi la si fa passare nell’arma attraverso il braccio. Si corre verso il bersaglio e si dà un colpo con l’arma”, concluse la spiegazione Angel.
“Detto così, non sembra tanto complicato”, osservò Retasu.
“No, ma ti assicuro che è stato difficile, almeno per me”, obiettò Angel.
“Quindi adesso abbiamo un’arma in più contro Flan, giusto?”, indagò Minto.
“Oh sì!”, annuì convinta Angel. “So che avete tutte il vostro potenziamento, ma io non ce l’ho, quindi questo attacco mi permetterà di starvi un po’ dietro, non so se mi spiego.”
“Sì, ti spieghi”, confermò Zakuro. “Ma da quello che ho capito, questo Jinseikou, al contrario dei nostri attacchi, non è proprio sicuro. Sarà meglio che lo usi solo in caso di estrema necessità.”
“Sì, certamente. Non mi sognerei mai di mettere in pericolo Tokyo per niente”, assicurò Angel.
“Ragazzi, qui bisogna già comprare i biglietti per una vacanza collettiva! Con i nostri potenziamenti e in più il Jinseikou di Aoyama-niichan e Angel-neechan, abbiamo già vinto ancora prima di iniziare a combattere!” sentenziò Bu-ling, sollevando un braccio e puntando in alto un dito.
Rimasero ancora insieme per un’ora prima che i ragazzi tornassero alle loro occupazioni. Per Angel la loro compagnia era un toccasana, e rimase di buonumore, allegra come il suo solito per tutto il tempo in cui rimase insieme a loro.

Soltanto il pomeriggio, quando in casa ci fu silenzio, Keiichiro andò a bussare con cautela alla porta della stanza di Angel. Una volta entrato, la vide distesa sul letto che rileggeva con espressione tranquilla ma concentrata il suo libro sui samurai.
“Angel-san, dovresti andare di sotto da Ryou”, le disse Keiichiro.
“Come mai il boss mi vuole?”, chiese incuriosita Angel, mettendosi a sedere.
“Deve… ehm…”, fece l’uomo, incerto. “Deve farti una… proposta.”
“Eh?”, spalancò gli occhi Angel, guardandolo. “Ma… il boss non ha già Retasu? Ma pensa te che marpione!”
“Ma no, non in quel senso, nel senso di…”, ribatté Keiichiro, ma subito Angel, con uno sguardo furbo, era saltata giù dal letto e si era diretta in bagno.
“Dove vai, Angel-san?”, la chiamò l’uomo.
“Se il boss deve farmi la proposta, sarà il caso che almeno mi presenti da lui con i capelli in ordine, no?”, gli rispose lei mentre prendeva la spazzola dal cassetto, col tono come ad invitarlo a reggerle il gioco.
Controllò di avere pantaloni e maglietta in ordine e andò di sotto, arrivando davanti allo studio che aveva la porta aperta.
Ryou era seduto sulla sedia girevole, volto verso l’entrata. Angel, appena lo vide, si diede subito un contegno ed entrò nella stanza camminando in modo aggraziato ed elegante, o almeno sforzandosi di farlo. Il ragazzo la guardò con aria scettica e diffidente, visto il modo un po’ maschile di muoversi che la ragazza aveva abitualmente, ma non disse nulla.
“Dunque, caro il mio boss”, incominciò Angel, con un tono quasi untuoso e guardandolo di sottecchi. “Un uccellino mi ha detto che volevi farmi la proposta. Ebbene, eccomi qui, pronta per te”, disse, indicandosi con entrambe le mani con un gesto teatrale.
“Embé, c’è bisogno di entrare nello studio così?”, le chiese lui, che già iniziava a innervosirsi, alzandosi in piedi.
“Dai, su”, gli lanciò un’occhiatina lei. “Lo so anch’io che ti ho colpito dal primo momento che mi hai vista, e sai, può anche darsi che la cosa sia ricambiata. Quindi…” fece un passo verso di lui, e lui ne fece uno indietro, a disagio. “Quindi cosa aspetti a inginocchiarti di fronte a me e farmi quella proposta?”, gli chiese, alzando il mento, socchiudendo gli occhi e passandosi le dita fra i capelli. “Potrei anche dirti di sì, se non me lo chiedi non lo saprai mai.”
“Angel…” fece Ryou con la voce asciutta ed arrossendo in modo evidente. “Ma… ma… scherzi o fai sul serio?”
“O forse mi vuoi far credere che Retasu non ti basta? Sì, sì, lo so che per uno come te una sola potrebbe non essere sufficiente. E allora anche per questo, non hai che da chiedere”, insisté lei a punzecchiarlo, rivolgendogli un’occhiatina non proprio innocente. “Anche per questo potrei dirti di sì.”
A quelle parole, Ryou sentendosi montare il nervoso si avvicinò a lei e la spinse indietro fino a farla uscire dallo studio, sbattendole la porta davanti alla faccia.
“Sparisci immediatamente! Torna in camera tua! Non voglio vederti fino alla battaglia contro Flan!”, gridò dall’altra parte dell’uscio.
Keiichiro nel frattempo, poco più in là, era rimasto interdetto ad ascoltare, anche se rimanere serio in quella situazione era difficile anche per lui. Angel a quel punto non riuscì più a trattenersi e si lasciò andare a una forte e genuina risata, e rise finché le vennero le lacrime agli occhi. Si avvicinò all’uomo più grande e si appoggiò al suo braccio per un momento per evitare di perdere l’equilibrio. “Scusa, scusa…” riuscì a dire mentre rideva. “Dovevi vederlo! Oddio mio…” e tenendosi una mano sulla faccia mentre continuava a ridere salì con fatica le scale per tornare in camera sua.
Dopo poco, Ryou, a cui erano passati il nervoso e l’imbarazzo, riaprì la porta. Keiichiro, poco più in là, scosse la testa con disappunto ed accennò alle scale. Ryou tirò due profondi sospiri e, con un tono più controllato, gridò su per la rampa:
“Angel, dai, torna giù, smettila di scherzare. Nessuna proposta, ti devo solo parlare.”
“Va bene, boss”, rispose il suo tono allegro da sopra con ancora degli accenni di ridarella. “Che delusione, però!”
“Io non so cosa le faccio, uno di ‘sti giorni”, borbottò il ragazzo. “Quella non ce la faccio arrivare, alla battaglia contro Flan. La ammazzo io prima. E allora potrei anche evitarmi questo confronto con lei…” e valutando i pro e i contro di quella possibilità, rientrò nello studio.

Quando Angel fu entrata di nuovo nello studio, stavolta con un’attitudine normale, il ragazzo tirò un sospiro e iniziò:
“allora, Angel, sai che non sono uno che ama dilungarsi, quindi vado al dunque. Fra tre giorni ci sarà la battaglia contro Flan, ci sei? Ti senti pronta?”
“Più che pronta, boss!”, esclamò convinta Angel.
“Eppure, sai che anche osservare da lontano una battaglia come facciamo io e Keiichiro ed eventualmente dare istruzioni ai guerrieri non è una cosa proprio semplice. Visto che sei diventata così brava a guidare nella lotta e ad elaborare piani e strategie…” ed aggiunse solo nel suo pensiero ‘…tanto che sia tua madre che Retasu che presumibilmente le altre ti vedrebbero bene come possibile sostituto di Ichigo, nel caso dovesse servire…’
“Eh, boss…”, lo incitò appena la ragazza a proseguire, mentre un’aura di timore aveva iniziato a circondarla.
“Ebbene, che ne dici di rimanere qui con noi durante la battaglia finale invece di andare là fuori a combattere? Così ci aiuti e gli altri avranno più opportunità di vincere”, concluse Ryou, cercando di dare un tono convincente alle frasi.
A quel punto, il ragazzo vide in Angel una reazione che non si aspettava. La vide iniziare a tremare leggermente e un’ombra di paura attraversarle gli occhi.
“Boss, ma io sono sempre stata una guerriera che agisce sul campo di battaglia. Non sono un’ufficiale”, protestò.
“Va bene, va bene, non sei un’ufficiale”, cercò di fermarla lui. “Mica ho detto questo. Ho detto che per quella battaglia potresti essere utile qui…”
Con timore, vide nella ragazza manifestarsi qualcosa che poteva assomigliare a un attacco di panico. Era agitata, con lo sguardo stralunato, le lacrime agli occhi, iniziava ad arrossarsi in viso e a tremare. Era impressionato nel vederla così, visto che nemmeno dieci minuti prima era stata tutto un ridere e un prendersi gioco di lui. Oltretutto non aveva mai manifestato davanti a lui dei segni di paura e di crollo emotivo così evidenti, e il vederla così fragile lo impressionò.
“Boss, no. Non ci provare, no…”, boccheggiò Angel, con la voce palesemente affaticata.
Allora il ragazzo si avvicinò a lei e le mise le mani sulle spalle. “Angel. Tranquilla. Stai. Calma.” Le disse con tono perentorio ma cercando di metterci dentro anche la rassicurazione. “Non è un ordine. Non ti sto dicendo che devi stare qui. Mi hai capito?”
Angel, dopo quelle parole, respirò in modo affannoso e agitato per pochi altri secondi, poi si calmò un po’, ed annuì, anche se non sembrava ancora tranquilla.
“E adesso ascoltami bene. Non ti sto ordinando. È una proposta che ti faccio. Era quella proposta su cui prima hai riso sopra.”
“Io non so perché ti sia venuto in mente di farmi una proposta simile…” riuscì a dire Angel, che capita la faccenda, era riuscita a calmarsi. “L’avrei presa meglio se davvero mi avessi chiesto di sposarti.”
Ryou alzò gli occhi al soffitto e le tolse le mani dalle spalle. “È inutile che mi prendi per uno stupido. Pensi che non lo sappia che hai qualcosa che non va? Pensi che non sappia che per motivi che non ci vuoi dire, rischierai la vita più dei tuoi compagni durante la battaglia?” le chiese con tono fermo.
Angel sbiancò a quelle parole, ma quando aprì la bocca per parlare, Ryou la interruppe. “No, non mi interessa sapere il motivo. Sono cose tue, e se non vuoi dirle avrai le tue ragioni. Quello che mi interessa è darti una possibilità. Ti sto dando l’opportunità di salvarti la vita. So che per te combattere contro Flan e vendicarti è la cosa più importante, ma sei ancora in tempo per cambiare idea.”
“E allora, se ci tieni tanto alla mia vita, perché non me lo ordini?”, chiese Angel, con un tono appena provocatorio.
“Se te lo ordinassi, tu rimarresti qui? Già una volta mi hai disobbedito, quando ti ho detto di rimanere in ospedale, dove saresti stata al sicuro, e tu invece sei andata a combattere il chimero di Ichigo lo stesso.”
Angel abbassò lo sguardo, si morse il labbro e non rispose.
“E comunque non voglio ordinarti niente. Puoi decidere da sola, lo sai tu, con tutte le tue motivazioni, qual è la cosa più giusta da fare.” Socchiuse gli occhi, tirò un gran sospiro e, quando le parlò di nuovo, la sua voce era più gentile. “Adesso voglio che tu torni in camera tua e ci pensi con calma. Potrai cambiare idea tutte le volte che vorrai, anche fino a un attimo prima della battaglia contro Flan. Hai tre giorni di tempo. Usali con saggezza e riflettici bene. Ricordati che se anche decidessi di rimanere qui con me e Keiichiro, sarai comunque utile per i nostri amici. Su quello non devi avere nessun dubbio, e nessuno ti giudicherà debole o codarda.”
Si rimise a sedere davanti al computer tornando a concentrarsi sullo schermo e lei, che nel frattempo si era calmata, tornò di sopra in camera sua.

Chiusa la porta di camera, si lasciò crollare seduta sul letto. La proposta che le aveva fatto il boss l’aveva completamente spiazzata. Intanto era evidente che la certezza della sua morte era chiara non solo a lei, ma aveva iniziato a toccare qualche altro membro del gruppo. Ci aveva provato in tutti i modi, ma non era riuscita a mantenere del tutto celato il suo segreto per un periodo così lungo. Lei, dopo tutto quel tempo, aveva inoltre raggiunto la sua serenità sulla sua inevitabile fine, ed ora Ryou se ne era uscito con un’opzione che non avrebbe mai pensato.
Sì, perché la possibilità di non doversi un giorno confrontare con Flan non le era mai venuta in mente. Anzi, era sempre stata l’unica sicurezza ed ambizione della sua vita. Poter combattere contro di lui e riuscire almeno a ferirlo prima di venire ammazzata era quello che aveva sempre voluto. Ma ora il boss le aveva aperto la possibilità di evitare quella lotta terribile e di continuare con la propria vita. Angel ci rifletté: che vantaggio poteva portarle tutto questo?
Un’altra volta le tornò in mente che un consiglio di suo nonno poteva esserle utile, ma fu solo per un attimo: lei ormai era un’adulta, non aveva nessun bisogno che il nonno le suggerisse cosa fare, specialmente dopo il suo sogno, in cui gliel’aveva fatto capire lui stesso. Poteva e doveva rifletterci e valutare da sola.
Ma alla fine, dopo aver ponderato tutte le possibilità, scosse la testa. A cosa le sarebbe servito sopravvivere, dopotutto? Sopravvivere per lei voleva dire ritornare al suo mondo originario e abbandonare tutto ciò che era riuscita a costruire in un anno intero. Sapeva che il suo mondo era ancora lì e poteva aver ancora bisogno di lei per eventuali minacce future, ma, a parte che con la sua disabilità avrebbe potuto comunque combinare poco, Angel sapeva che non sarebbe mai stata in grado di fronteggiare una cosa simile. Non voleva ritrovarsi completamente sola in un mondo devastato, senza più alcun membro della sua famiglia d’origine, senza i suoi amici con cui aveva legato nell’ultimo anno, senza i suoi genitori, senza Ryou, senza le altre Mew Mew… fino a un anno prima avrebbe trovato perfettamente normale essere sola in un mondo in cui non conosceva nessuno, ma ora il solo pensiero di continuare a vivere senza di loro lo trovava un destino ancora peggiore della morte. Era fuori di dubbio che, sia che fosse andata in battaglia che se fosse rimasta nelle retrovie, avrebbe potuto essere d’aiuto ai suoi compagni, quindi quella possibilità che le aveva dato il boss di aiutare a dirigere la lotta non aveva un vero peso. Ed inoltre, appena socchiudeva gli occhi le pareva di vedere lo sguardo maligno di Flan, e lì si sentiva il sangue bruciare di odio e desiderio di vendetta. No, molto meglio lottare contro quell’alieno malvagio, vendicare la sua famiglia e il suo mondo originari e morire con onore lasciando un bel ricordo di sé alle persone che rimanevano, piuttosto che evitare la battaglia contro il nemico a cui era legata a doppio filo, per poi ritrovarsi come una randagia da sola in un mondo ormai a lei estraneo e che avrebbe faticato comunque a difendere perché ormai era inabile.
Una volta tornata di sotto per cena, mentre apparecchiava la tavola disse a Ryou, che dava una mano a Keiichiro lì vicino:
“La tua proposta mi ha lusingato molto, boss, e ci ho pensato bene. Andrò a combattere, ho deciso così. Non ho bisogno di rifletterci anche i prossimi giorni.”
Ryou e Keiichiro si lanciarono un’occhiata un po’ triste, ma sembrava che si aspettassero quella risposta.
“Va bene, Angel, è una tua decisione e la rispettiamo”, annuì Ryou, e non tornò più sull’argomento.

L’indomani, la ragazza si svegliò tranquilla, senza nessuno strascico o dubbio dal giorno precedente. Le rimanevano ancora due giorni, ed era decisa ad usarli con saggezza.
Andata al piano di sotto, chiese a Ryou e Keiichiro che si stavano sedendo a tavola:
“che ne dite se domani andiamo a fare un picnic tutti insieme?”
Ryou la guardò strano: “a marzo?”
“Sì, giusto per stare insieme e respirare un po’ d’aria buona. Ne avevamo fatto uno simile l’anno scorso durante la fioritura dei ciliegi, ricordi? Anche se ancora i ciliegi sono spogli, ne potremmo fare uno comunque.”
“Non è una cattiva idea, Ryou, considerando che poi il giorno dopo ci sarà la battaglia”, aggiunse Keiichiro, voltandosi verso il suo amico.
Ryou ci pensò un attimo, poi annuì. “D’accordo, Angel. Se ci tieni, poi inviteremo tutti quanti. Keiichiro, ci pensi tu al mangiare?”
“Certamente”, sorrise Keiichiro. “Angel-san, per te indovina…”
“I mochi!”, esclamò Angel, speranzosa. “Con la marmellata. Come quelli di mia nonna. Per favore…”
“Certamente, ci metterò un attimo a farli, anche se tua nonna di sicuro li faceva più buoni. Tu fai un giro di chiamate ed invita tutti, okay?”
“Sì, subito.”
Prese il cellulare di Ryou e per prima chiamò Ichigo. La leader della squadra non ebbe quasi bisogno che Angel la invitasse; rispose entusiasta di sì e che avrebbe avvisato subito Masaya.
“Bene, e una e due”, commentò Angel soddisfatta chiudendo la telefonata. “La prossima”, e cercò il numero di Bu-ling.
“Angel-neechan!” esclamò all’altro capo della cornetta la ragazzina quando la più grande la ebbe salutata. “Scusa se parlo un po’ così, ma sto reggendo il cellulare con la spalla mentre con una mano spolvero, con l’altra passo lo spruzzino sulle superfici e con il piede reggo l’aspirapolvere.”
Angel non riuscì nemmeno ad immaginarsi la scena, ma non metteva in dubbio che quello che le aveva appena detto l’amica fosse vero. Da una come Bu-ling ci si poteva aspettare questo e altro.
“Domani faremo un picnic tutti insieme al parco Hinohara, sarà Keiichiro a preparare tutto il pranzo. Ci terrei molto che tu venga. Ci sarai, vero?”
“Eh, Angel-neechan, Bu-ling non sa. Ha un po’ di faccende lasciate indietro e fra qualche giorno torna il babbo dalla Cina. Bu-ling voleva fargli trovare tutta la casa in ordine e anche poche ore di lavoro sono preziose”, rispose dispiaciuta la ragazzina.
Ma Angel non era disposta a rinunciare alla sua compagnia per la giornata dell’indomani, l’ultima che avrebbero potuto passare insieme. “Se vengo subito e ti do una mano a pulire, poi domani verrai?”
“Oh, Angel-neechan, grazie!”, rispose emozionata Bu-ling. “Guarda, se vieni e riusciamo a finire, Bu-ling ci sarà di sicuro!”
“Bene! Faccio una chiamata veloce alle altre per invitarle e arrivo”, la salutò Angel, e chiuse la chiamata.
Senza perder tempo, chiamò Minto.
“Un picnic?”, fece la sua compagna titubante. “Sai che non sono molto avvezza a mangiare come… come i barboni, sai com’è.” Angel alzò gli occhi al soffitto prima che l’altra proseguisse. “Però verrò volentieri, visto che presto te ne andrai e non potremo passare molto altro tempo insieme. Purché tu oggi venga a pranzo da me.”
“A pranzo da te? E come mai?”, chiese stupita Angel.
“Così, ci tenevo che tu venissi. Se verrai a pranzo da me, per una volta nella vita potrai veramente mangiare come mangia qualcuno del mio rango”, spiegò Minto, con aria importante ma un po’ misteriosa.
“Se ci tieni, verrò”, rispose Angel, che non sapeva cosa pensare.
“Pefetto, dirò ai cuochi di preparare il pranzo anche per te. Arriva puntuale alla mezza, mi raccomando.”
Angel chiuse la comunicazione sospirando. Non sapeva come avrebbe trovato un pranzo a casa di Minto, lei che era abituata, anche al Caffè, a dei pasti e a dei modi di fare semplici e informali. Ma era pur vero che Minto durante l’estate aveva sperimentato il suo modo di vivere ideale, ed ora non poteva rifiutarsi di fare la stessa cosa.
“Vediamo la prossima”, e chiamò Retasu.
“Oh, Ryou-kun”, rispose con tono dolce la sua amica.
“No. Angel”, rispose lei divertita.
“Oh, scusa, Angel-san”, si corresse con un leggero imbarazzo Retasu. “Come stai, tutto bene? Ti è successo qualcosa?”
“No no, va tutto bene.”
“Sono contenta. Sai, pensavo proprio a te prima.”
“Davvero? Come mai?”
“Ti spiego, oggi pomeriggio dovrei andare in biblioteca a scegliere un paio di altri libri da leggere, ma sono un po’ a corto di idee. Allora pensavo, visto che tu hai gusti molto diversi dai miei, che potresti essermi di stimolo a provare qualcosa di nuovo.”
Angel si sorprese: non avrebbe mai pensato a se stessa come a qualcuno che potesse consigliare a Retasu in biblioteca, proprio perché in quanto a gusti ed attitudini erano in pratica l’opposto. Retasu riusciva sempre a ribaltare in meglio una situazione o un concetto che a prima vista sembrava negativo: forse era proprio questo uno dei fattori che avevano fatto innamorare il boss di lei.
“Verrò con piacere”, le rispose. “A proposito, ti ho chiamata perché domani faremo un picnic tutti insieme. Verrai?”
“Verrò di sicuro, Angel-san”, rispose Retasu. “Sei stata molto gentile ad invitarmi.”
‘Almeno lei non mi ha messo l’incontro con lei come condizione per venire domani’, pensò Angel una volta chiusa la chiamata. “Ora manca solo Zakuro.”
Cercò per ultimo il suo numero, e le rispose una voce che aveva un che di malinconico. “Angel. Che bello sentirti.”
“Zakuro, che cos’hai fatto?”, chiese preoccupata Angel.
“No, niente. Come mai hai chiamato? C’è qualcosa che ti preoccupa?”
Ma Angel non aveva intenzione di lasciar perdere. Non poteva sopportare di sentire Zakuro, l’amica che l’aveva aiutata tante volte, con quel tono abbattuto senza che potesse far niente per lei.
“Non è vero che non hai niente. Qualcosa hai fatto. Dai, dimmi. Anch’io tutte le volte che son stata male mi sono confidata con te, ora fallo tu con me”, insisté.
Zakuro rimase un attimo in silenzio prima di rispondere, ma quando lo fece la sua voce era più sicura e forte. “Ci sono dei momenti in cui mi sento un po’ triste ripensando agli anni passati, quando ancora vivevo in America con la mia famiglia. Ma non è niente di che, adesso mi passa.”
Angel si rese conto che, come Zakuro in passato l’aveva aiutata tante volte e l’aveva consigliata quando era stata male, ora era il suo turno di fare qualcosa per lei.
“Stasera ci sei? Cosa farai?”
“Nulla, sono in ferie in questo periodo.”
‘Ecco’, pensò Angel. ‘Se non ha niente da fare è chiaro che si intristisce a furia di rimuginare. Non si può starsene sempre da soli, anche se si ha un carattere come il suo. Io l’ho imparato.’
“Allora che ne dici se stasera andiamo fuori a cena io e te? A Shibuya ci sono tanti di quei localini alla buona che fanno robe squisite e che costano poco!”, propose sentendosi già la fame.
Zakuro rispose con un tono più lieto e leggero: “non sono abituata ad andare nei ristorantini informali. In genere ceno in albergo.”
“Proverai qualcosa di nuovo. E poi potremmo anche andare in un pub a…”, incalzò Angel, poi girò per caso lo sguardo e notò il boss che la fulminava con gli occhi.
“Angel. Tu. Non.”, le disse deciso Ryou utilizzando le mani per rendere più chiara la sua frase.
“Cioè, cioè, volevo dire”, si corresse subito Angel “che dopo cena devo tornare a casa. A proposito, domani facciamo un picnic, vuoi venire? Vedrai che ti divertirai.”
Sentì Zakuro rispondere cercando di trattenere una risata. “Verrò con molto piacere domani al picnic. Allora per cena ti passo a prendere e deciderai tu dove andare a mangiare.”
Angel chiuse infine l’ultima telefonata con un sospiro. “Boss, che guastafeste”, brontolò.
“Ti vedevo già, a tornare a casa ubriaca lercia con quell’altra poveretta che ti sorreggeva”, le disse contrariato Ryou.
Angel alzò le spalle e velocemente andò in camera sua, mise in un sacchetto un cambio d’abiti, tornò di sotto e corse ad infilarsi la giacca e a mettersi le scarpe.
“E adesso dove vai?”, le chiese Ryou.
“Ad aiutare Bu-ling, così domani viene anche lei. Dopo vado a pranzo da Minto, non aspettatemi. A proposito, domani vengono tutti”, ed uscì per raggiungere la casa dell’amica.

Mentre era insieme a Bu-ling nella sua grande casa in stile cinese, mentre spolverava i mobili e la più piccola dava lo straccio, ad Angel venne in mente che quella era probabilmente l’ultima volta in cui loro due si ritrovavano insieme da sole. Non si poneva nemmeno il problema che le sarebbe mancata perché tanto, da morta, non avrebbe provato più niente. Però, anche se stava per lasciare tutto, era certo che lei, come le sue altre amiche, aveva segnato profondamente la sua crescita e la sua maturazione. Non sarebbe stata certamente quella che era oggi, se un anno prima non avesse incontrato lei e tutti gli altri. Ma lei, Angel, era stata in qualche modo d’impatto su di loro, oppure tutto quello che era per loro non era altro che una buona compagna di squadra?
“Senti, Bu-ling”, provò a dirle. “Tra qualche giorno, se riusciremo a sconfiggere Flan, ci separeremo e non ci vedremo mai più.”
“Già”, annuì la ragazzina, interrompendo il suo lavoro e chinando la testa abbattuta. “E Bu-ling è tanto triste per questo.”
“Dai, tirati un po’ su. Pensa a una cosa bella che ti è piaciuta fare con me”, le disse Angel col tono allegro.
La più piccola ci pensò. “Bu-ling ha tanti bei ricordi di tante cose che ha fatto con te. Ma una cosa mi è piaciuta più di tutte: venirti a trovare in ospedale.”
Angel si stupì di quella risposta. Perché ricordare con più piacere proprio un periodo in cui lei era immobilizzata in un letto e poteva solo guardare passivamente tutti gli spettacolini che la sua amica le proponeva?
“Sai, Angel-neechan, tu non sei la prima persona che Bu-ling è andata a trovare in ospedale. Ma questa volta, tu ne sei uscita guarita. E tutte le volte che venivo e chiacchieravo con te e facevo i miei numeri e ti tenevo su, vedevo che poi quando uscivo tu stavi meglio ed eri allegra. Bu-ling è sicura che anche per merito suo tu sei riuscita a guarire. La prima volta non ha potuto fare niente, ma questa volta… questa volta anche grazie a Bu-ling, tu sei guarita”, spiegò la ragazzina strofinandosi il dorso della mano sugli occhi.
Angel capì immediatamente a cosa si riferisse, si avvicinò a lei e la abbracciò stretta.
“Sai Bu-ling, anche mio nonno è morto per una brutta malattia. Posso capirti benissimo. Sono sicura che se non fosse stato per te, nemmeno io sarei riuscita a guarire.”
Bu-ling la strinse forte e si strofinò gli occhi un altro paio di volte prima di staccarsi da lei e rimettersi al lavoro.

Angel uscì da quella casa a mezzogiorno, spingendo le spalle all’indietro per sgranchirsele. Era stata una faticaccia pulire tutta quella immensa casa, ma era felice che l’indomani Bu-ling sarebbe uscita con loro, anche per merito suo.
“Adesso però devo andare da Minto. Speriamo che questo invito a pranzo non sia un pretesto per un tiro che vuol farmi…”, sospirò.
Si era cambiata prima di uscire dalla casa della sua compagna più piccola, si era messa un paio di jeans blu scuro stretti, una maglietta bianca a righe nere, una giacchetta di jeans e delle scarpe basse bianche. Ma non sapeva se questo look più curato per Minto sarebbe stato sufficiente. Sapeva inoltre di non conoscere le regole dell’etichetta, e che non sarebbe certo stata capace di comportarsi in modo aggraziato e discreto a tavola come lei. Ma non se ne preoccupava, in fondo. Se questo pranzo insieme era la condizione perché lei partecipasse al picnic di domani, era disposta a sopportarlo.
Arrivata davanti alla grande villa in cui abitava l’amica, Angel esitò per un attimo a suonare il campanello. Le venne in mente che, al contrario delle sue compagne, lei non era mai andata a casa sua prima d’ora, e sentiva un certo disagio ad entrare in un ambiente così diverso dal suo in cui non sapeva come muoversi. Ma poi, decisa a farla finita, suonò il campanello, e una volta che il cancello si fu aperto con uno scatto, percorse a testa alta il vialetto interno.
Sul portone trovò ad accoglierla l’anziana governante di casa Aizawa.
“Benvenuta, mia cara”, la salutò con un inchino, al quale Angel rispose subito inchinandosi anche lei, come aveva imparato a fare in quell’anno in cui era vissuta coi suoi amici. Era una forma di saluto che prima non aveva mai usato, visto che, come i suffissi per i nomi, era una cortesia che nel suo mondo non serviva, ma Masaya e Ichigo avevano provveduto ad istruirla a dovere sui modi di fare del mondo civilizzato.
“Accomodati pure. Minto ti sta aspettando in sala da pranzo. Io mangerò nell’altra sala da pranzo, Minto ci tiene ad essere sola con te”, le spiegò l’anziana donna, mentre la accompagnava per i corridoi.
‘Chissà perché vuole che a mangiare insieme siamo solo noi due? E poi, quante sale da pranzo hanno questi?’ si chiese Angel confusa, guardandosi in giro abbagliata da tanto sfarzo e sentendo i suoi abiti semplici inadeguati ad un ambiente simile. Si portò le mani alla testa cercando di lisciarsi i capelli, ma sapeva che era inutile: per quanto cercasse di spazzolarli o domarli, le sarebbero rimasti sempre arruffati, come quelli di suo padre.
Quando infine arrivarono in sala da pranzo, e vide il pavimento lucente e piastrellato, il lungo tavolo con la tovaglia cerata, e Minto seduta ad uno dei lati lunghi che la aspettava, col suo vestito blu con la gonna elegante col pizzo, senza un capello fuori posto e ben composta anche a tavola, il suo senso di disagio aumentò.
“Benvenuta, Angel”, la salutò con bei modi Minto. “Siediti pure di fronte a me, che adesso arriva il pranzo.”
Angel, cercando di dare un contengo ai suoi modi, si avvicinò e si sedette, provando imbarazzo. Nonostante il suo modo di muoversi un po’ alla buona, non se ne era mai vergognata, invece ora, in quel contesto, si sentiva decisamente fuori posto.
Minto, nonostante fosse il suo ambiente, non sembrava che stesse tramando qualcosa alle sue spalle. Era sinceramente contenta di vederla.
“Allora, cos’hai fatto stamattina?”, le chiese sorridendo.
“Ho… ho aiutato Bu-ling a pulire casa. Ma poi mi sono cambiata prima di venire qui, eh”, spiegò Angel, rigirandosi le mani in grembo senza sapere dove doverle mettere. Era buffo che tutte queste domande sul modo di comportarsi le venissero solo in quel momento, senza che mai prima avessero sfiorato la sua mente.
“Non ne dubito”, rispose Minto. “Hai dei modi da selvaggia, ma so che sei molto pulita.”
Si sentì un acuto abbaio. Angel sbirciò sotto il tavolo e vide accucciato un cagnolino dal pelo lungo e marrone chiaro.
“Oh, buongiorno”, lo salutò.
“Non farci caso. Mickey sta sempre vicino a me mentre mangio”, disse Minto.
Quando arrivò il cameriere con due piatti da portata e li posò davanti alle due ragazze, Angel esclamò “grazie”, e l’uomo non rispose, lanciando un’occhiata imbarazzata a Minto.
“Ma che ho detto di male?”, chiese perplessa Angel quando se ne fu andato.
“Era a disagio perché la servitù non va ringraziata”, spiegò Minto.
“Oh… ma non è una cosa gentile”, osservò l’altra, e guardò quello che quel signore le aveva portato. Forse perché il piatto era molto grande e quel qualcosa era solo una fetta, le diede un’idea di vuoto e che mancasse qualcosa. “Che cos’è, l’antipasto?”
“No, è il menù di oggi”, rispose Minto sorridendo appena. “Filetto di pesce scottato con salsa all’arancia.”
“Intendi dire che questo è tutto il pranzo?” chiese incredula Angel.
“Certamente. Se uno è equilibrato e moderato, un piatto così è più che sufficiente per pranzare. Il pasto più sostanzioso è la cena”, spiegò Minto, prendendo la forchetta e il coltello per il pesce di fianco al piatto.
Angel si sentiva a disagio, soprattutto dopo la spiegazione che le aveva appena dato la sua amica.
“Ehm… e non potrei avere un coltello come si deve?”
“E’ quello il coltello per tagliare il pesce. Guarda, si usa così”, le mostrò Minto come si tagliava il filetto.
Angel cercò di imitarla, ma mentre la sua amica in modo composto e aggraziato tagliava il pesce in pezzetti precisi senza difficoltà, lei, che non sapeva bene come maneggiare quella posata, fece un sacco di movimenti inutili riuscendo solo a strappare i vari pezzi della carne dell’animale in modo irregolare.
“Beh…”, commentò. “Almeno ora i pezzi sono più piccoli.”
Sul mangiare con calma e non riempirsi di nuovo la bocca già piena era stata già istruita da tempo da Ryou, ma non aveva perso l’abitudine di mangiare velocemente e di inghiottire quello che aveva in bocca quasi senza masticare. Tanto che, quando ebbe finito il filetto, Minto ancora non era nemmeno a metà.
La fame di Angel non si era affatto saziata con quel misero piccolo pasto, che, oltretutto, non le era nemmeno piaciuto. Non che non gradisse il pesce, ma aveva trovato quella salsa all’arancia decisamente di troppo, oltre al fatto che erano sapori raffinati a cui non era abituata. Secondo lei, un po’ di sale sul pesce bastava ed avanzava. Ma si vergognava a chiedere che le portassero qualcos’altro, così rimase in silenzio ad aspettare che anche Minto concludesse.
Quando la sua amica ebbe finito, si toccò appena le labbra col tovagliolo e mise le posate appaiate sul piatto, cosa che si sbrigò a fare anche Angel.
“Allora, come ti è sembrato questo pranzo?”, le chiese Minto.
“Eh…”, fece Angel. Non sapeva cosa risponderle. Da un lato non voleva mentirle, dall’altro non voleva nemmeno offenderla.
“Hai provato qualcosa che fa parte di uno stile di vita molto diverso dal tuo”, proseguì Minto. “Una volta l’ho fatto anch’io, non ricordi? La scorsa estate, quando sono venuta in montagna.”
“E’ vero”, ammise Angel. “So che quella volta non è stato facile per te adattarti. Ed è stato per una intera settimana, poi.”
Si ricordò con imbarazzo di come allora l’aveva presa in giro più volte per la sua incapacità di adattarsi alla vita selvaggia, e quando si era coalizzata con Ichigo e Bu-ling per farle uno scherzo, tirandole addosso una secchiata d’acqua. Allora era stata davvero insensibile e irrispettosa con lei. Si rese conto che ora Minto le aveva fatto fare lo stesso tipo di esperienza, ma in modo molto più contenuto: per lei era stato solo un pranzo durato un’oretta, e Minto non l’aveva derisa in alcun modo, né si era vendicata per il suo scherzaccio. Certo però che se l’intenzione di fondo dell’invito era quella di vendicarsi alla fine dell’inverno di una cosa successa l’estate prima, per Minto di certo la vendetta era un piatto da servire congelato, neanche freddo.
“Senti, Minto, se mi hai invitata qui per prenderti la tua rivincita per tutte le volte che durante la settimana in montagna ti ho presa in giro… scusa, sono stata infantile quella volta”, disse dispiaciuta, abbassando la testa.
“No, non ti ho invitata per questo. È che… averti invitata a pranzo, averti osservato mangiare e constatare quanto sei diversa da me nello stile di vita mi ha confermato quello che già pensavo, e quello che tu mi hai detto una volta. Come quella volta non riuscivo ad adattarmi io, ora non riesci ad adattarti tu. Anche gli altri sono diversi da me per il modo di vivere, ma non così tanto come te. Abbiamo uno stile di vita davvero incompatibile. Eppure stiamo insieme quasi tutti i giorni.”
Angel la guardò, sentendosi l’animo alleggerirsi a quelle parole.
“Mi hai fatto capire ancora di più che se due persone lottano insieme per una causa comune, possono essere molto diverse, ma possono collaborare ed essere amiche. Le differenze in questo caso si mettono da parte, perché dietro c’è un obiettivo più grande. Se non ci fosse stato questo, non ti avrei mai conosciuta. E sì, nonostante tutto, sono contenta di averti incontrata ed aver passato tanto tempo con te.”
Angel si sentì commuovere a quelle parole così profonde e significative che non credeva di poter mai sentire dalla bocca di Minto. Tirò un momento su col naso, nonostante l’ambiente raffinato. Si sarebbe volentieri alzata per andarla ad abbracciare, ma il suo impaccio in quella villa sfarzosa la fece rimanere inchiodata sulla sedia, da cui non si alzò fino all’ora di tornare a casa.

“Keiichiro, per favore, mi prepari un piatto di riso al curry? Sto morendo di fame!”, esclamò Angel dopo aver spalancato la porta del Caffè. Era contenta di non doversi preoccupare del tono di voce che usava, a casa sua.
“Ma che urli?”, chiese Ryou affacciandosi dalla cucina. “Minto non ti ha dato da mangiare?”
“Sì, ma, parole sue, col suo pranzo ci si sazia solo se si è equilibrati e moderati.”
Ryou alzò gli occhi al soffitto. “Ah, allora è comprensibile che hai ancora fame. Keiichiro, falle il favore, mettile su un etto di riso.”
“Grazie”, disse Angel sedendosi con loro. “Dopo devo accompagnare Retasu in biblioteca.”
Ryou la guardò strano, e anche Keiichiro, col pacco di riso in mano, si girò a guardarla.
“Accompagnare Retasu? In biblioteca, tu?”, chiese Ryou incredulo.
“Sì, me l’ha chiesto lei al telefono.”
Ryou socchiuse gli occhi e, lasciandosi andare sulla sedia, si massaggiò la fronte con la mano. “Santa ragazza… cosa le sarà venuto in mente? Angel, vedi di comportarti bene con lei, chiaro?”
“Io mi comporto sempre bene con Retasu, boss”, rispose Angel fieramente. “Anche se non fosse la tua ragazza.”

Alle quattro, dopo una mangiata come si deve e una breve siesta, Angel si fece trovare davanti alla biblioteca, dove arrivò Retasu poco dopo.
“Oh, Angel-san!”, la salutò contenta. “Sei arrivata presto. Sei qui da molto?”
“No, saranno cinque minuti”, le rispose sorridendo Angel. Retasu le era sempre piaciuta molto. Le piaceva come fosse tranquilla e gentile e sapesse trovare il lato buono in tutto ciò che c’era. Sperava di poter essere all’altezza delle sue aspettative, quel pomeriggio.
“Allora entriamo. Mi raccomando, parliamo sottovoce”, la invitò Retasu.
Una volta dentro, Angel guardò in giro tra le scaffalature di libri, vagamente spaesata.
“Come ti ho spiegato al telefono, ultimamente non so più che libri prendere da leggere”, le bisbigliò l’amica. “Tu cosa sceglieresti?”
“Beh… tu di solito scegli i libri di poesie e fotografici, no?”, rispose Angel in un soffio. “Potresti vedere quelli.”
“Ma stavolta volevo provare qualcosa di diverso. È per questo che ho bisogno di un tuo consiglio. Non pensare ai miei gusti, dimmi qualcosa che prenderesti tu.”
Angel si arruffò i capelli con la mano, pensosa. Lì per lì non le venne in mente niente. A parte i libri di scuola, l’unico che possedeva e che aveva mai letto era quello sui samurai che le aveva regalato Ichigo.
“Se dovessi scegliere io… ne prenderei uno che racconta una bella storia.”
“Un romanzo, intendi.”
“Sì, ma il fatto è… che non ne conosco, di romanzi. Come faccio a consigliarti un titolo?”, chiese Angel, dispiaciuta di non poterle essere d’aiuto.
“Non c’è bisogno che mi dici un titolo, ci sono talmente tanti libri qui che, qualsiasi trama ti venga in mente, di sicuro c’è un titolo che le corrisponde. Prova a raccontarmi un accenno di storia che ti può piacere, poi proveremo a chiedere alla bibliotecaria se c’è qualcosa che gli assomigli.”
“Va bene”, assentì Angel. “Andiamo a sederci sulle poltrone, così penso meglio.”
Una volta sedute, Angel ribaltò la testa all’indietro sullo schienale, socchiuse gli occhi e si mise a pensare. Ma per quanto si sforzasse, non riusciva ad inventarsi niente di interessante. Non era semplice costruire una trama così dal nulla. Ma poi le venne in mente che le bastava pensare alla vita che aveva fatto lei. Aveva avuto un’esistenza così intensa e tormentata che forse bastava estrapolarne dei pezzi per mettere su una storia.
Pensò alla sua vita, alla sua infanzia e a tutte le sensazioni che aveva provato nelle varie situazioni in cui era passata.
“Senti questa: un bambino che vive in una situazione difficile per colpa di attacchi nemici che devastano il suo Paese, e deve cercare di sopravvivere riuscendo a trovare il cibo sufficiente per sé e magari… anche per un parente”, la buttò là, pensando che lei, da piccola, anche se i nonni non volevano, si toglieva un po’ del suo cibo dal piatto per darlo a loro.
“Sembra una trama pesante e triste, Angel-san”, commentò Retasu.
“Ne vuoi una allegra?”
“No, va bene così. Voglio che decida tu. Te ne viene in mente un’altra? Vorrei prendere due libri.”
Allora Angel si mise a riflettere di nuovo ad occhi chiusi. Non più sulla sua infanzia, ma sui suoi sentimenti e le sensazioni. Non seppe perché, le venne in mente il gran senso di libertà che la prendeva tutte le volte che usciva da Tokyo ed andava in montagna, nell’aria pura a cui era abituata fin da piccola. Di come i suoi istinti selvaggi prendessero il sopravvento ogni volta che si ritrovava nei boschi, in mezzo ai cespugli, agli alberi, agli altri animali, e diventava bestia anche lei, come la sua genetica le comandava.
“Il protagonista è un individuo normale che vive in città, ma all’improvviso si trova in mezzo alla natura, e man mano dimentica le vecchie abitudini e gli tornano i suoi istinti che credeva dimenticati. Lascia andare man mano la civiltà e si adatta a vivere nella natura selvaggia, come i suoi progenitori”, descrisse ad occhi socchiusi.
“Sembra una bella trama, molto intensa e piena di avventura”, approvò Retasu. “Andiamo a sentire dalla bibliotecaria se le viene in mente niente con una descrizione così.”
“Poi però non metterti a ridere se rimarrà a guardarci incredula”, mise le mani avanti Angel alzandosi in piedi.
Quando Retasu ebbe riportato alla bibliotecaria le due trame inventate dalla sua amica, la signorina le consigliò subito i titoli che quelle storie le avevano richiamato: Una tomba per le lucciole di Akiyuki Nosaka e Il richiamo della foresta di Jack London.
“Benissimo, li prendo tutti e due”, decise contenta Retasu.
Angel, di fianco a lei, era sbalordita.
“Hai visto, Angel-san? Mi sei stata davvero d’aiuto”, la ringraziò Retasu, una volta uscita insieme a lei col sacchetto con dentro i libri. “Ora finalmente leggerò qualcosa di diverso dal solito. Le storie che mi hai detto erano davvero belle. Ma non te le sei inventate, vero?”
“No, erano solo aspetti… della mia vita”, ammise lei.
“Ci potresti scrivere un libro, sulla tua vita”, rise Retasu. “Forse un giorno qualcuno lo farà.”
“Allora dovrà scrivere parecchie pagine”, si mise a ridere anche Angel.
“E se davvero dovesse farlo, sai quale sarebbe l’aspetto su cui mi piacerebbe si incentrasse di più?”, chiese Retasu. “Il cambiamento di opinioni che hai avuto durante la tua vita.”
“Eh?”, chiese meravigliata Angel.
“Sì, è l’aspetto di te che a me personalmente ha più colpito”, annuì Retasu. “Ti ricordi quando eri con noi all’inizio? Ecco, ovviamente avevo una buona opinione di te, però raramente avevo incontrato nella mia vita una persona così chiusa nelle proprie convinzioni.”
“Ti riferisci a come la pensavo sugli alieni?”, chiese Angel, sentendosi dentro un po’ di vergogna.
“Sì, ma di contro mi ha stupito molto come poi, riflettendoci sopra per tanto tempo, sei riuscita a cambiare tutte le strutture mentali che avevi. Con Waffle, anche se ci speravo, non c’è stato niente da fare, ma per te non è stato lo stesso. Potevi rimanere come lui, ed invece sei cambiata. Non è una cosa facile, quando si è ormai cresciuti”, le sorrise Retasu.
Anche Angel sorrise, sentendosi sollevata. “La differenza tra me è Waffle è che lui non ha mai avuto nessuno, amici soprattutto, con cui potersi confrontare. Ed io, se ho cambiato il mio pensiero, è stato soprattutto per merito tuo.”
“Questo è vero, ma allo stesso tempo anche tu mi hai dato qualcosa di importante. È per merito tuo che io e Ryou-kun ci siamo messi insieme. Mi hai dato un grande coraggio quella volta, sul lago. Sei davvero una cara amica.”
“Figurati, era il minimo”, sollevò le spalle Angel, sentendosi arrossire. “Cos’era in confronto a quello che tu hai fatto per me?”
“Non esagerare”, fece un risolino Retasu. “Sei ormai un elemento fondamentale per la squadra, Angel-san. Hai dato tanto a me così come hai dato tanto agli altri. Soprattutto durante le battaglie, tanto che più avanti, se dovesse arrivare un altro nemico, non so come faremmo a combattere senza di te. Anzi, sai che una volta io e Ryou-kun abbiamo parlato proprio di questo?”
“Avete parlato di me?”, chiese incuriosita Angel. “E di cosa, di preciso?”
Retasu iniziò a rispondere: “beh, che tu potresti essere… se Ichigo-san non…”, ma all’ultimo ebbe un ripensamento. “No, niente. Era una questione che riguardava me e lui.”
Angel la guardò per un attimo perplessa, ma accettò la sua spiegazione.
“Sarò felice di venire domani al picnic con voi”, la salutò Retasu. “Io devo andare da quella parte.”
“Io dall’altra. Ciao, Retasu! È stato bello stare con te oggi!”, la salutò Angel prima di incamminarsi da sola.
Mentre andava verso il Caffè, si rigirava nella mente tutto quello che la sua amica le aveva detto. Su come la ammirasse per essere stata in grado di cambiare opinione sugli alieni, sui ringraziamenti che le aveva fatto per averla aiutata a fidanzarsi col boss, e quell’accenno di discorso che aveva poi interrotto. Chissà cosa Retasu e il boss avevano pensato che lei, Angel, potesse essere? E Ichigo in tutto questo cosa c’entrava?

Ma non fece quasi in tempo a starci a pensare, perché quando arrivò a casa erano già le sei. Zakuro sarebbe passata a prenderla fra un’ora. Angel fece appena in tempo a farsi una doccia e a mettersi i vestiti puliti. Scese al piano di sotto, con la giacca in mano, subito dopo essersi asciugata i capelli e la trovò vicino all’ingresso che scambiava due parole con Ryou.
“Zakuro, buonasera!” la salutò.
La più grande sorrise lieta di vederla. Era bellissima, come sempre, con degli abiti eleganti anche se discreti, ed Angel percepì la differenza di aspetto che c’era fra loro due, anche se Zakuro non si era mai fatta problemi a portarla in giro.
“Allora, dove mi porti stasera? Tu dimmi pure, io ti seguo”, la invitò Zakuro.
“Sì, quando sono stata Shibuya con la leader ho visto una volta un localino dove fanno il ramen”, propose entusiasta Angel, infilandosi la giacca.
“Allora andiamo lì. Mangerò volentieri qualcosa di diverso”, approvò Zakuro.
“Te la affido, Zakuro”, disse Ryou. “Mi raccomando, non fate tardi. E controlla che non beva alcolici”, si raccomandò.
Zakuro annuì e insieme uscirono nella Tokyo notturna, ma che comunque era illuminata come se fosse giorno.
Dopo alcune fermate della metro e un pezzo di strada a piedi, raggiunsero il locale che aveva individuato Angel. Era una classica taverna tradizionale, con la gente che mangiava al bancone di legno e le lanterne di carta rossa. C’erano però anche dei tavolini, e dopo aver chiesto al cameriere, le due ragazze si sedettero. L’ambiente era molto alla buona e non certo silenzioso, ma il tono usato dagli altri clienti non era tanto alto, così le due amiche potevano parlare agevolmente senza bisogno di urlare.
“Come ti sembra qui, Zakuro?”, chiese Angel, che aveva molto a cuore che quella sera la sua amica si distraesse e si divertisse.
La più grande si guardò in giro incuriosita. “E’ diverso dai posti in cui mangio di solito. Molto verace”, commentò.
Angel si grattò la tempia, non conoscendo quella parola.
“Genuino”, spiegò Zakuro, sorridendole.
“Ah, ecco”, rispose Angel, che aveva capito. “Hai visto, non ci sono nemmeno i menù. Forse ci dirà il cameriere che cos’hanno.”
Ed infatti, poco dopo, arrivò un ragazzo vestito con una semplice camicia nera e un grembiule intorno alla vita, una divisa molto diversa sa quella elegante che Masaya e Keiichiro usavano al Caffè, che si mise ad elencare i vari tipi di ramen che avevano.
“Credo che prenderò un ramen classico col maiale”, ordinò Zakuro.
“Faccia due”, aggiunse Angel. “Acqua naturale e due bicchierini di nihonshu.”
Zakuro la guardò con un accenno di disapprovazione, ma Angel le rivolse uno sguardo supplicante, e lei non disse nulla. Il cameriere annuì e si allontanò.
“I bicchierini di nihonshu sono tutti e due per te?”, chiese Zakuro, sollevando appena un angolo della bocca.
“Ma no”, ribatté Angel, offesa. “Uno per me e uno per te.”
“Devo coprirti di nuovo con Shirogane, vero? Come un anno fa”, aggiunse Zakuro, socchiudendo gli occhi.
“Di nuovo?”, chiese Angel, perplessa.
“Sì, non ti ricordi?”, spiegò Zakuro, riaprendo gli occhi. “Quando eri appena arrivata e ti eri messa a correre per i tetti. Ero venuta a riportarti giù e mi ero inventata una scusa con Shirogane per non farti sgridare. Ora dopo un anno mi vedo proprio costretta a rifarlo.”
Alla più giovane si aprì un sorriso. “Sì, mi ricordo. Grazie se lo farai ancora, Zakuro. Il boss è proprio un guastafeste certe volte, fa di tutto per impedirmi di divertirmi.”
“Ma no. Cerca di tutelarti perché ti vuol bene”, rispose semplicemente Zakuro.
Angel non rispose a quelle parole, e il cameriere arrivò dopo poco con due grosse ciotole di ramen fumanti e profumate, col brodo che arrivava quasi fino all’orlo. Appoggiò poi dietro le ciotole una bottiglia d’acqua e due bicchierini con un liquido trasparente, ed Angel fece subito per afferrarne uno.
“Aspetta”, la fermò Zakuro. “Dopo, a stomaco pieno.”
Angel decise di fare come diceva. Poteva aspettare la fine della cena per bere, non faceva differenza per lei. “Beh”, esclamò brandendo le bacchette. “Buon appetito!”
“Buon appetito”, rispose discretamente Zakuro, e tutte e due si misero a mangiare, Angel ingurgitando gli spaghettini abbastanza velocemente, mentre la più grande masticando bene ogni boccone, ma senza i modi formali che aveva usato Minto all’ora di pranzo. Quando arrivarono a far rimanere solo il brodo, Zakuro lo sorbì usando il cucchiaio di ceramica, mentre Angel fece prima portandosi la tazza alla bocca e bevendo come fosse stato latte.
“Che mangiata!”, commentò Angel soddisfatta. “Buono, eh?”
“Molto”, approvò Zakuro, pulendosi la bocca col tovagliolo. “Brava, hai scelto proprio bene.”
“Sono contenta. Che dici, si sta meglio fuori a cena con un’amica, invece che soli a casa, vero?”, chiese Angel, allargandosi sulla sedia.
“Hai ragione”, annuì Zakuro. “Uscire con te mi sta facendo molto bene.”
“Come va col tuo lavoro? La tua carriera sta andando avanti?”
“Sì, non c’è niente di nuovo di particolare, anzi, quando giro più programmi e spot pubblicitari mi sento meglio di quando sono in ferie, come in questo periodo.”
“Certo, quando si lavora sodo non si ha tempo di stare a pensare.”
“Però sai, Angel”, le disse Zakuro in un sorriso. “Qualche volta, quando mi sento un po’ giù, penso a te per sentirmi meglio.”
“Cos’è che fai?”, chiese incredula Angel, ricomponendosi subito sulla sedia.
“Sì, in fondo il mio passato assomiglia al tuo. La mia casa natia si trova in un luogo molto lontano da qui, e quando sono arrivata a Tokyo per ricominciare da capo la mia vita ho dovuto lasciare tutto quello che avevo e che conoscevo dietro di me. Anch’io ho perso una persona importante prima di partire per arrivare qui”, raccontò Zakuro, col tono appena malinconico.
“E’ tutto quello che ho fatto io…” mormorò Angel.
“Sì, e nonostante vada avanti con la mia nuova vita in Giappone, ci sono tanti momenti in cui ho il rimorso, mi guardo indietro, sento che potrei non farcela…”
Angel la guardava incredula: sia perché era difficile per lei riconoscere che una donna apparentemente così stoica e dura come Zakuro potesse avere quei momenti di debolezza, sia perché era la prima volta in un anno che si conoscevano che si apriva così con lei.
“… e allora quando sento che sto per cedere, penso a te e dico: guarda Angel che è in una situazione come la mia, forse anche peggiore. Eppure lei tiene duro e va avanti, non molla mai, e quando cade si rialza sempre e riparte. E dopo averlo pensato, mi sento più forte anch’io”, concluse con un sereno sorriso accennato e gli occhi appena socchiusi.
Angel si sentì pizzicare gli occhi a quelle parole. Non avrebbe mai potuto immaginare che, in alcuni momenti, avrebbe potuto rappresentare quasi un punto di riferimento per la sua compagna più grande. Era qualcosa di pazzesco che fosse arrivata a farle una confidenza simile. Ma non era in fondo la stessa cosa che lei stessa aveva fatto con Zakuro tante volte in passato? Stavolta si erano solo invertite le parti. Angel, che non voleva mostrarle le sue lacrime, afferrò subito il bicchierino di nihonshu di fronte a sé.
“Dai, beviamo un paio di sorsi insieme, che è ancora caldo, che ne dici?”, chiese cercando di rendere allegro il tono. “Facciamo un brindisi. Decidi tu a cosa.”
Zakuro annuì e prese il suo bicchierino. “Al nostro futuro. Che possa essere luminoso e pieno di gioia e ricompense per tutti gli sforzi che abbiamo fatto.”
Angel si sentì una fitta di dolore al petto a quelle parole, sapendo quello che in realtà la aspettava, ma non fece trapelare nulla, e in contemporanea all’amica, si portò il bicchierino alla bocca buttando giù tutto in due rapidi sorsi. Si sentì una piacevole vampata di calore salirle alla testa e le guance arrossarsi, ma sopportò la botta d’alcol abbastanza bene.
Rese più allegre e disinvolte dal nihonshu appena bevuto, le due ragazze rimasero un’altra ora a chiacchierare e a ricordare con allegria i bei momenti passati insieme in tutto l’anno passato, e Angel vide lieta che Zakuro aveva un’altra luce negli occhi rispetto a quando era andata a prenderla a inizio serata. Sì, per il problema che aveva la più grande i grandi discorsi e le analisi psicologiche non servivano. Tutto quello che le occorreva era una bella serata fuori per distrarsi in compagnia di un’amica, e con soddisfazione constatò come la cura stava funzionando. Quando si alzarono da tavola, dal viso di Angel era ormai sparita ogni traccia di rossore e quando parlava non si sentiva più l’odore dell’alcool.
Zakuro volle a tutti i costi pagare la cena anche a lei e, dopo averla riaccompagnata al Caffè, la salutò nel suo solito modo discreto che usava di solito, ma Angel capì che era molto felice.
“Buonanotte, cara. Andrò a dormire contenta, stasera. Grazie di essere stata con me.”
Ma Angel era così contenta che la abbracciò stretta, come se fosse stata sua sorella maggiore.
“Ci vediamo domani al picnic, vero?”
Zakuro non ricambiò l’abbraccio, ma le fece una carezza affettuosa sulla testa. “Sì, ci vediamo domani.”
Quando Angel rientrò, Ryou e Keiichiro erano già andati nelle loro camere. Anche lei si ritirò nella sua, ed andò a dormire felice. Non avrebbe mai creduto, quella mattina che la giornata sarebbe andata in quella maniera. Era riuscita a passarla con tutte e quattro le amiche separatamente, e ciascuna di loro le avevano confidato qualcosa che riguardava il loro legame: Angel aveva sempre saputo quanto era loro riconoscente e quanto era cresciuta grazie a loro, ma oggi, per la prima volta, era venuta a conoscenza di qualcosa che rendeva lei significativa per loro, di qualcosa che aveva lasciato il segno. E si addormentò, con una gran serenità dentro, anticipando con la mente la bella, ultima giornata di pace che avrebbe vissuto insieme a tutti gli altri l’indomani.

Si risvegliarono e tutto era velato di grigio. Due notti prima c’era stata la pioggia, il giorno prima era uscito un po’ di sole ed ora, alla vigilia della grande battaglia, dense nubi si erano di nuovo accumulate sui cieli di Tokyo.
“Pioverà domani, boss?”, chiese Angel col cuore in gola a Ryou verso l’ora di pranzo, che seduto a uno dei tavolini controllava le previsioni sul giornale. Era un fattore importante, perché l’ambiente in cui si sarebbe svolto lo scontro poteva significare per loro la vita o la morte, la vittoria o la sconfitta.
“No”, disse infine Ryou dopo aver controllato bene. “Le nuvole rimarranno oggi, ma già domani dovrebbe schiarirsi. Sicuramente non pioverà.”
Angel tirò un gran respiro di sollievo. “Il cielo è dalla nostra parte, allora. Flan usa principalmente attacchi elettrici, un campo di battaglia bagnato potrebbe essere un grosso rischio per tutti noi.”
“Giusto. Hai ragione”, annuì Ryou. “Vi è andata bene.”
“E visto che non pioverà nemmeno oggi, avremo il picnic salvo”, commentò ancora Angel, e si spostò in cucina, dove Keiichiro stava impacchettando tutto il cibo che aveva finito di preparare per il picnic. La ragazza sospettava che avesse capito che doveva sfamare un esercito: un’insalatiera piena di chirashi sushi, un vassoio pieno di onigiri, tamagoyaki, crocchette di pollo e patate, edamame e i mochi che le aveva promesso.
“Ti sei dato davvero da fare, Keiichiro”, si complimentò Angel. “Ti sei alzato prima di me stamattina per preparare tutta ‘sta roba.”
“Tra te, Ichigo-san e Bu-ling non so chi potrebbe mangiare di più”, rise Keiichiro. “Così ho preparato più abbondante. Se avanzerà, lo mangeremo noi tre per cena.”

Quando arrivarono al parco, ciascuno reggendo un pesante sacchetto con la roba suddivisa, trovarono che gli altri li stavano già aspettando sul prato che avevano scelto, vicino a un ciliegio ancora spoglio ma carico di gemme. Nonostante il tempo fosse nuvoloso, l’aria era tiepida e non tirava vento, così non c’era neanche bisogno della giacca. Si sentiva già l’aria della primavera che stava per iniziare. Ichigo, appena vide che stavano arrivando, si staccò dal gruppo e si avvicinò a loro quasi correndo.
“Ragazzi! Angel! Che bello vederti!” abbracciò l’altra ragazza che ricambiò d’istinto, solo con un braccio perché l’altro era tirato in basso dal peso dei contenitori. “Ieri non ci siamo viste, hai avuto da fare con le altre tutto il giorno, vero? Mi hanno raccontato”, le disse Ichigo, con gli occhi che le brillavano mentre la guardava.
Anche le altre ragazze salutarono con entusiasmo i nuovi arrivati, e Masaya, avvicinatosi alla figlia, le fece una carezza sulla guancia.
“Abbiamo già steso gli asciugamani, possiamo iniziare a sistemarci, Ryou-kun”, disse Retasu al suo ragazzo, che le stava vicino in modo discreto, essendoci così tante persone intorno a loro.
“Quanta premura”, commentò Minto contrariata. “Potremmo iniziare a fare un po’ di conversazione prima di…”
“Cibo! Cibo! Cibo!”, strillò Bu-ling strappando il sacchetto dalla mano di Keiichiro. “E l’hai fatto tutto tu, Keiichiro-niichan? Bu-ling vuole subito mangiare!”
“Cos’è, vuoi papparti tutto tu? Dammi qua!”, ribatté Ichigo contrariata e cercò di saltare addosso alla più piccola per strapparle il sacchetto di mano, mentre Masaya tentò di trattenerla afferrandola per la vita.
“Va bene, calmi!”, comandò Ryou con tono impositivo, pestando un piede. “Sedetevi e distribuitevi le cose senza litigare. Keiichiro ha fatto talmente tanta roba che potrebbero mangiarci quindici persone.”
“Agli ordini, boss!”, rispose Angel ridendo, portandosi la mano alla fronte facendo il saluto militare.
Il pranzo trascorse in modo allegro e leggero, con i ragazzi che, mangiando le varie portate che Keiichiro aveva preparato, non la finivano più di fargli i complimenti per la sua bravura in cucina.
Minto si era portata un cuscino da mettere tra sé e l’asciugamano per stare più comoda e sporcarsi di meno, Bu-ling mangiò in fretta la sua enorme porzione e, giusto per smaltire meglio, trovò che fosse una buona idea arrampicarsi alcune volte sull’albero di ciliegio lì vicino per poi tornare fra i suoi amici, Zakuro chiacchierava in modo abbastanza spigliato con Keiichiro chiedendogli come aveva preparato questo o quel cibo, Ryou e Retasu, seduti vicini, si comportavano in modo quasi neutro l’uno verso l’altra, ma spesso lui le chiedeva con un tono più dolce del normale se desiderasse un boccone di questo o un assaggio di quell’altro, e toccandole ogni tanto la mano libera che teneva vicina a lui. Ichigo e Masaya, che non si facevano certo problemi a mostrare a tutti la loro solida e profonda relazione, stavano seduti una davanti all’altro, Ichigo stava appoggiata al petto del ragazzo, che la teneva stretta a sé per la vita ed ogni tanto ne approfittavano per darsi una carezza o un bacio. Angel, seduta di fianco ai suoi genitori, dopo aver finito di mangiare e aver coronato il pasto con una gran quantità di mochi alla marmellata, sentendosi la sonnolenza del dopopranzo si era lasciata cadere all’indietro sull’asciugamano, appisolandosi e riempendosi le orecchie e la mente delle voci dei suoi amici e dei suoni della natura che si risvegliava dopo il sonno invernale. Dopo qualche minuto, sentì delle dita che la toccavano sulla guancia e sulla fronte, spostandole i ciuffi di capelli dagli occhi. Aprì gli occhi e guardò: era Ichigo che, seduta stretta tra le braccia di Masaya, la accarezzava in un modo così dolce che Angel si sentì arrossire, ma sperò che la sua leader non lo notasse.
“Vorrei fare due passi qua attorno nel parco, sennò mi viene da addormentarmi. Vieni con me, Angel?”, le chiese Ichigo.
A quelle parole, subito Angel si tirò su a sedere e poi in piedi, e anche Ichigo si alzò.
“Torniamo fra poco, ragazzi”, disse Ichigo agli altri, e con Angel si allontanò. Masaya le guardò per un po’ con intensità, poi si voltò consultandosi con Ryou con lo sguardo, rivolgendogli un’occhiata apprensiva. Il più grande, che aveva capito cosa intendesse, scosse la testa intristito. Masaya sospirò abbattuto e volse di nuovo lo sguardo verso le due ragazze che già erano lontane.

“Hai avuto proprio una bella idea a fare questo picnic, Angel. Ci voleva proprio”, disse Ichigo appena furono abbastanza lontane dal gruppo.
“Sì, ho voluto farlo perché… beh, è l’ultima volta che potrei fare una cosa simile con voi”, rispose Angel.
“Non è detto. Non potremmo farne uno per festeggiare dopo aver battuto Flan?”, chiese Ichigo, sorridendole come per darle un suggerimento.
Angel si arrestò per un attimo a quelle parole, ma riprese subito a camminare. “No, devo ripartire immediatamente. Sono stata via dal mio mondo anche troppo tempo.”
Ichigo proseguì a camminare con la testa appena abbassata e un’aria maliconica sul viso.
“Sei triste che non mi vedrai più?”, chiese Angel, preoccupata.
“Sì, molto”, annuì Ichigo. “Ma se è quello che vuoi, non posso certo impedirtelo.”
“Dai, leader, non è il momento di essere tristi, oggi. Oggi bisogna essere allegri e distrarsi, per le cose serie abbiamo tempo domani”, cercò di tirarla su Angel, con la voce squillante.
Ichigo la guardò sorridendo, anche se un po’ di malinconia le era rimasta negli occhi. “Anche tu non sopporti di vedere una compagna di squadra triste o nei guai, vero? Le altre mi hanno raccontato di ieri, prima che arrivaste voi. Sei stata davvero brava, dico sul serio. Sono molto contenta di te.”
Angel si fermò di nuovo, ed abbassò la testa con un sorriso imbarazzato e un lieve rossore sul viso. Ichigo si sentì un gran senso di tenerezza a guardarla. Angel aveva quindici anni come lei, era alta come lei, era forte, intelligente, svelta e coraggiosa, eppure la guardava e le sembrava di vedere una bambina. Aveva reagito alle sue parole come una bambina che riceve un complimento inatteso dalla mamma. Ma non era una cosa nuova: Angel si era sempre comportata da figlia nei suoi confronti, aveva sempre visto Ichigo come la sua mamma anche quando Ichigo non aveva la minima idea di chi Angel fosse, e la leader, che fino a dicembre aveva trovato questo suo comportamento come strano e inspiegabile visto il loro essere coetanee, dal momento che il suo istinto si era risvegliato e nel suo intimo l’aveva riconosciuta come sua figlia, l’aveva sempre vista come una bambina inerme e indifesa. Non trovava ci fosse nulla di sbagliato o strano in questo: il pensiero di abbracciarla, baciarla sulle guance e sulla fronte, accarezzarla, parlarle con dolcezza, desiderare di proteggerla e difenderla, ma anche sgridarla se faceva qualcosa che non doveva, tutto questo le sembrava normale e nella natura delle cose come lo era baciare sulla bocca il suo fidanzato. E inoltre, negli ultimi tempi, quando la guardava sentiva il ricordo che Angel fosse nata realmente da lei, aveva la sensazione di averla portata dentro e di averla messa al mondo, che quella ragazza che lei vedeva come una bambina fosse nata dalla sua stessa carne, di quella gravidanza e quel parto che aveva vissuto in quell’altra vita da cui Angel proveniva conservava traccia nella mente e le giungevano a intervalli dei flussi di coscienza, anche se a livello razionale sapeva che nulla del genere le era personalmente successo. Tutte queste sensazioni accrescevano i suoi sentimenti, e il profondo amore che sentiva per Angel, quell’amore così forte, così viscerale e intenso che non avrebbe mai creduto di poter provare nella vita, che trascendeva i limiti del tempo e dello spazio, era naturale e genuino come l’amore che la legava a Masaya e l’amicizia che la univa alle altre Mew Mew. E sebbene fosse consapevole che Angel non era a conoscenza che lei sapesse di essere sua madre, Ichigo sapeva tuttavia che Angel l’aveva sempre vista come tale, e da lei non desiderasse altro, anche se non l’aveva mai detto. Ma da tante cose lo poteva capire. Quindi non si fece problemi ad allungare la mano verso di lei e ad accarezzarla sulla guancia.
“Sei tranquilla per la battaglia di domani?”
Angel la guardò serena e, beata di quelle carezze, annuì.
“Lo sai quello che ti ha detto Masaya, vero? Io e lui ci saremo sempre per te. Non ti devi preoccupare per domani, hai capito?”
“Non sono preoccupata… non più, almeno”, la rassicurò Angel.
Quelle parole tranquillizzarono Ichigo, che le chiese: “sei contenta di essere stata con noi per così tanto tempo? O avresti preferito che quell’incidente di percorso che è successo quando sei arrivata qui non ci fosse mai stato? Avremmo potuto combattere subito Flan insieme e poi ci saremmo separate dopo qualche giorno.”
“No, sono contenta così”, rispose subito Angel. “Avrò… avrò perso mia nonna in questo modo, ma mi avete cambiato la vita. Non sarei certo cresciuta così tanto, se non fossi rimasta qui con voi.”
“E io non so nemmeno come facevo fino all’anno scorso, senza di te”, aggiunse Ichigo con trasporto. “E non so come farò, quando sarai ripartita. Anche se in qualche modo una consolazione l’ho trovata… ma non sarà la stessa cosa.”
“Vedrai, ce la farai benissimo. Andrai avanti con la tua vita: farai le superiori, ti diplomerai, ti sposerai con Masaya come hai sempre desiderato… no?”
Ichigo annuì. “Certo. Andrò a convivere con lui fra qualche settimana, se tutto andrà bene.”
“E… ascolta, leader. Quando avrai… dei figli, gli parlerai di me? Non vorrei essere dimenticata, è importante questo per me” chiese Angel, dopo un attimo di esitazione.
“Non devi neanche porti la domanda. Certo che parlerò loro di te, nessuno ti dimenticherà”, le assicurò Ichigo, e vide che Angel, che già era serena e tranquilla, dissolversi anche l’ultima apparente preoccupazione che aveva. ‘E sapranno che sei la loro sorella’, pensò mentre la guardava.
“Adesso torniamo indietro. Passiamo quello che rimane della giornata coi nostri amici”, la invitò poi.
“Sì. Con la mia famiglia”, ammise a cuore aperto Angel.
Ichigo la guardò con lo sguardo che le tremolava, e senza aggiungere altro tornarono sui loro passi.

Rimasero tutti insieme fino all’ora del tramonto, e stettero a guardare incantati il sole che calava. Il cielo era coperto dalle nuvole, ma all’orizzonte si stava appena schiarendo, e il sole basso spargeva una luce arancione sul fondo delle nuvole grigie più sopra.
“Che meraviglia!”, commentò Angel, a bocca aperta insieme agli altri. Sapeva che quello era il suo ultimo tramonto, e che non ne avrebbe mai più visti altri. Era contenta che il sole la salutasse in un modo così bello e poetico per l’ultima volta.
“Ragazzi”, Ichigo richiamò i suoi compagni, con tono serio, appena il sole fu scomparso all’orizzonte.
Gli altri sei guerrieri si raccolsero in circolo intorno a lei.
“E’ la sera prima della battaglia. Stasera cerchiamo di rilassarci, e andiamo a dormire presto. Vedrete che domani andrà tutto bene. Ci aspetta solo un’ultima grande prova, e poi ci sarà di nuovo la pace a Tokyo.”
Allungò la mano, mettendola all’interno del cerchio. Tutti gli altri, Angel, Masaya, Zakuro, Minto, Retasu e Buling misero la loro mano sopra la sua e la sollevarono poi tutti verso l’alto.
“Questo è lo spirito”, si complimentò Ryou, avvicinandosi. “Ascoltate come faremo. Questa notte io e Keiichiro terremo il computer acceso e faremo dei turni di veglia davanti al monitor per controllare eventuali segnali di allarme, visto che non possiamo sapere di preciso quando Flan avrà intenzione di attaccare. Se rileveremo qualcosa, vi chiameremo.”
I guerrieri annuirono, e dopo un caloroso saluto si separarono.
Angel tornò al Caffè con Ryou e Keiichiro, e dopo la cena con gli avanzi del picnic, Keiichiro disse ai suoi due amici.
“Io farò il primo turno di sorveglianza, fino alle tre del mattino. Ryou poi prenderà il mio posto. Angel-san, vai a letto subito, Flan potrebbe anche decidere di attaccare nel bel mezzo della notte, e devi essere riposata. Anche tu, Ryou. Ti chiamerò dopo quando mi dovrai dare il cambio.”

I due più giovani annuirono ma, quando Angel fece per alzarsi da tavola, Ryou la fermò con queste parole: “Angel, come buon augurio per la battaglia di domani, ti va di bere una birra insieme a noi?”
Lei si girò incredula a guardarlo. “Non ho capito bene, boss.”
“Hai capito benissimo. È tanto che non bevi alcolici, e una lattina di birra non comprometterà certo i tuoi riflessi e la tua sveltezza di domani. Penso che dopo tutto questo tempo te la meriti.”
“Questo è vero”, riconobbe subito Angel. Il boss non sapeva che la sera prima aveva bevuto il nihonshu insieme a Zakuro, ma era anche vero che il termine molto tempo era relativo: per lei, un periodo di tempo di un giorno senza alcolici era eccome un periodo lungo! Perciò andò in cantina, recuperò tre lattine di birra e le portò su, ne diede due a Keiichiro e Ryou e stappò la sua.
“Al fegato di Angel”, rise Ryou sollevando la sua lattina. “Che possa tenere duro a tutti gli alcolici che si berrà in futuro.”
Angel e Keiichiro scoppiarono a ridere e tutti e tre si bevvero con allegria la loro birra.

Ma, una volta calmata e tornata nella sua camera, invece di andare subito a dormire, Angel rimase seduta per un po’ sul bordo del materasso, a riflettere intensamente su tutto quello che aveva passato in questo anno che le aveva cambiato la vita, a quello che i suoi amici e i suoi genitori le avevano detto, come avevano influito sulla sua crescita e a quello che avevano significato per lei. Non era brava con le parole, ma non voleva morire il giorno dopo senza che potesse esprimere fino in fondo tutto quello che pensava di loro. Prese un foglio protocollo e una penna e si mise seduta alla scrivania. Mordicchiò l’estremità della penna per un paio di minuti e si mise a scrivere una lunga lettera indirizzata a ciascuno dei suoi compagni, mettendoci tutto quello che pensava, riuscendo ad esprimersi meglio su carta di quanto riuscisse a fare solitamente con la voce. Mezz’ora dopo, terminato il suo scritto lungo quattro facciate, lo rilesse un paio di volte per correggere un paio di errori qui ed aggiungendo qualche kanji di là, piegò il foglio in quattro parti ed andò a dormire, in pace col mondo e contenta che quelle tre interminabili giornate di attesa fossero finite. Che quell’anno di attesa fosse finito.

Alcune ore dopo, nel mezzo della notte, Keiichiro aveva concluso il suo turno ed era andato a dormire, ed ora davanti allo schermo, cercando di mantenersi vigile nel silenzio assordante dell’attesa, c’era Ryou. Quasi appisolato, con una tazza di caffè sulla scrivania, verso le quattro del mattino si svegliò quando il computer iniziò a dare un forte segnale di allarme.
Il sonno scorse via immediatamente dalla mente del ragazzo, e disse piano, dopo un gran sospiro:
“eccoci. Ci siamo. Inizia la battaglia. Un’altra grande battaglia finale.”
Corse su per le scale ed entrò nella camera di Angel. La ragazza, come certi grandi generali prima della battaglia campale, dormiva profondamente senza alcun pensiero di quello che sarebbe accaduto l’indomani, ma quando Ryou la toccò sulla spalla, come un animale selvatico si ridestò già lucida e completamente consapevole di quello che stava succedendo.
“E’ ora. Il computer ha dato l’allarme. Preparati, adesso vado a svegliare Keiichiro e contatteremo gli altri”, le disse il boss nel buio.
Angel annuì convinta e determinata, alzandosi in piedi.

Nemmeno un quarto d’ora dopo, i guerrieri, richiamati, erano al Caffè, nel salone principale, allineati, e fissavano Ryou con espressione seria e concentrata.
“Bene, ragazzi”, disse il giovane con tono deciso. “Il computer ha individuato una presenza aliena nel confine tra il quartiere di Shibuya e il quartiere Meguro. Non abbiamo idea di chi sia, se Flan o qualcos’altro, ma sicuramente di mezzo c’è lui. Il momento è arrivato. Conto su tutti voi. A parte Angel, avete già combattuto una volta, un anno fa, contro un potente e terribile nemico, e siete riusciti. Sono sicuro che riuscirete anche questa volta. Siete preparati. Avete il vostro potenziamento e i vostri poteri, e tutta la mia fiducia. Masha vi seguirà e riprenderà la battaglia, io e Keiichiro osserveremo attraverso di lui dal computer tutto quello che accadrà, e interverremo a darvi delle dritte se necessario. Ci siete?”
Tutti e sette i combattenti del gruppo annuirono come una persona sola. Ryou scambiò con Retasu una breve ma intensa occhiata prima di proseguire.
“Allora…”, e facendo un cenno con la mano gridò “Tokyo Mew Mew, andate, e salvate il Giappone e la Terra un’altra volta!”
“Sì!”, gridarono tutti e sette, e dopo essersi trasformati si voltarono e corsero fuori dal Caffè, nella notte buia e fredda.
Solo Mew Angel rimase indietro per un attimo. Si avvicinò a Ryou e tirò fuori dalla tasca della divisa la lettera che aveva scritto la sera prima.
“Boss, leggi questa insieme agli altri quando saranno tornati qui. Non aprirla prima.”
Ryou gliela prese dalla mano senza farle domande, ma la guardò con uno sguardo abbattuto e chiaramente sofferente, visto che il significato di quelle parole era chiaro. Mew Angel sentì che non riusciva a sostenere quel suo modo di guardarla, e decise che era meglio chiuderla lì.
“Addio, boss. Addio, Keiichiro. Grazie infinite, per tutto”, disse velocemente cercando di non far trasparire il proprio dolore nel dire quelle parole. Si voltò e fece per correre fuori e raggiungere gli altri, ma quando fu quasi sulla porta sentì la voce del boss che la chiamava.
“Aspetta!”
Allora si arrestò e si girò a guardarlo. Ryou, e Keiichiro accanto a lui, la guardavano in un modo triste, di chi fosse consapevole di come sarebbero andate a finire le cose e che quella era l’ultima volta che si vedevano.
“Addio, Angel”, la salutò Ryou con la voce spezzata. La ragazza credeva che fosse finita lì, stava per voltarsi di nuovo e rimettersi a correre, ma il boss aggiunse qualcos’altro, una cosa che lei non si sarebbe mai aspettata di poter udire dalla sua bocca. “Ti ho voluto molto bene.”
Mew Angel sentì il cuore farle male a quelle parole. Si sentì qualcosa incrinarsi dentro, quasi come se tutte le certezze che aveva avuto fino ad ora si stessero ribaltando. Per un attimo le balenò nella mente la possibilità di piantare tutto e rimanere nel Caffè durante la battaglia pur di evitare a Ryou la disperazione che avrebbe avuto quando fosse morta. Ma, per evitare che veramente quella possibilità diventasse una decisione, senza pensare oltre e senza trattenersi, si girò ed uscì di corsa dalla loro base, sentendosi gli occhi bruciare.
Ma, appena fu fuori, l’aria fredda della notte le fece passare all’istante tutti i brutti pensieri. Doveva rintracciare gli altri. Non sapeva dove fossero di preciso, ma sapeva grossomodo qual era la strada per il quartiere di Shibuya. Non era una notte limpida, come aveva previsto Ryou il giorno prima, il cielo era completamente nuvoloso, ma non dava l’idea di dover piovere. Dopo aver fatto qualche centinaio di metri, sentì il rumore dei piedi dei suoi compagni che calpestavano il terreno e si portò velocemente al loro passo. Per fortuna non correvano a una velocità troppo elevata, e lei riusciva a restare nel gruppo, pur se in fondo. Forzando l’andatura, riuscì a portarsi in testa, affiancandosi a Mew Ichigo, come aveva iniziato a fare in modo naturale nelle ultime battaglie a cui avevano partecipato insieme. Sotto il comando della leader, correvano compatti, come se fossero un solo guerriero.
“La zona in cui si trova quella presenza, Flan o chimero che sia, non è molto lontana da qui. Possiamo arrivarci passando per le normali strade”, disse Mew Ichigo.
Mew Angel provò un senso di sollievo: in questo modo nessuno si sarebbe accorto del suo handicap, almeno non adesso. Se avessero dovuto saltare sopra un palazzo per prendere la via dei tetti per lei sarebbe stato un problema.

Arrivati a un gruppo di palazzi al limite del quartiere di Shibuya, la squadra sentì un basso e sordo brontolio. Si arrestarono tutti.
“Adesso facciamo attenzione”, disse Mew Ichigo, abbassando la voce. “Riuscite a capire da dove proviene?”
Mew Angel orientò le orecchie in avanti. “Leader, da dietro quel palazzo laggiù.”
Allora tutto il gruppo, camminando con cautela, si portò dietro l’angolo dell’edificio che celava il nemico. Sporgendosi, i guerrieri videro sorpresi quello che doveva essere un Chimero, un grosso mostro dalle sembianze feline. L’animale a cui più assomigliava pareva essere un leopardo, con la pelliccia ocra e varie macchie e rosette sparse. Era una bestia gigantesca, alta almeno sette od otto metri, e si aggirava per le strade deserte guardandosi in giro sospettosa e nervosa, emettendo ringhi e bassi ruggiti. I suoi occhi erano di un arancio acceso e dalle sue zampe partivano degli artigli lunghi almeno un metro e taglienti come cesoie. Si riuscivano a distinguere bene tutti i suoi lineamenti, perché nonostante fosse piena notte e nuvoloso, le luci della città erano accese e si vedeva chiaro quasi come se fosse giorno.
“Che significa adesso questo mostro?”, chiese Mew Pudding, impaziente e poco convinta. “Dov’è Flan?”
“Non ne ho idea”, rispose Mew Zakuro. “Ma dobbiamo stare attenti. Un alieno non è mai troppo lontano da un chimero.”
“Ma questo mostro non vi sembra un po’… diverso?”, chiese Mew Lettuce.
“Diverso?”, chiesero gli altri, guardandola.
“Sì, guardategli gli occhi: hanno un’espressione. Sembra non essere mosso dal puro istinto come gli altri, ma pare avere un’intelligenza di fondo.”
Lo guardarono attentamente. “Può anche darsi che hai ragione, comunque è terrificante”, gemette Mew Mint.
“A vederlo, sembra molto potente. Certo non è un chimero comune”, concluse il Cavaliere Blu, osservandolo con attenzione.
Il chimero agitò un orecchio e volse il muso verso l’angolo da dietro il quale i guerrieri lo osservavano nascosti. Li notò immediatamente, e scoprì le zanne affilate guardando malignamente nella loro direzione.
“Ci ha visti!”, esclamò Mew Pudding, allarmata.
Subito il grosso felino partì alla carica verso di loro, ruggendo selvaggiamente e con gli artigli affilati che brillavano nelle luci dei lampioni.

 

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Piccola nota: le battute che si scambiano Retasu e Angel a una certa, sulla vita di Angel così intensa e piena da poterci scrivere un libro e che questo sarebbe sicuramente lunghissimo, è un riferimento a questa fan fiction. Che tanto questo è, un romanzo che parla della vita di questa ragazza, della sua backstory, nascita, crescita fino ai quindici anni. Lunga più di 1100 pagine, e ancora devo riscrivere e allungare tutta la prima parte e scrivere i due capitoli finali. Madò.

In questo capitolo, il legame di apprendimento che lega Angel agli altri personaggi trova il suo compimento e la sua conclusione. Per tutta la durata della storia, lei ha imparato da loro molte cose importanti che l'hanno fatta crescere, e ora che siamo alla fine, c'è una specie di "ritorno": anche Angel è stata importante per gli altri personaggi, ognuno per un motivo diverso, e con questi confronti separati è venuto fuori quello che loro hanno imparato da lei. Non è rimasto più nulla in sospeso e la storia può avviarsi alla sua conclusione.

Quindi, con la battaglia finale appena iniziata, vi saluto e ci vediamo al prossimo capitolo! Aspetto i vostri pareri! Ciao!

   
 
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