3.
Caitlyn
uscì dalla stazione con un pulsante mal di testa. Era stata
una giornata
estenuante più a livello mentale che fisico; tutto il giorno
calata su una
scrivania a leggere, catalogare e firmare varie scartoffie.
C’è chi avrebbe
pagato oro per essere al suo posto: essere retribuiti per star seduti
tutto il
giorno, in cui la cosa più faticosa da fare alzare una penna
e scrivere. Ma a
Caitlyn tutto questo stava estremamente stretto: era diventata
un’agente per
aiutare il prossimo, fare l’investigatrice. Ma il lavoro di
pattuglia le era
stato notevolmente ridotto da quando girava voce che sarebbe diventata
presto
sceriffo.
Non
era l’unica cosa che era cambiata tra i corridoi di quegli
uffici per questo
motivo: la maggior parte dei colleghi novellini, ogni volta che la
incrociavano, si riempivano la bocca di parole estremamente cortesi e
saluti
ufficiali. I suoi superiori le portavano un maggiore rispetto di prima,
ma le
mollavano molto più lavoro da svolgere.
Non
riusciva ad immaginarsi ancora nei panni di Sceriffo di Piltover; la
pressione
era tanta, le aspettative altissime, soprattutto in un momento di crisi
come
quello che la città stava passando. Pensare che avrebbe
ricoperto lo stesso
ruolo di Marcus, e prima di lui Grayson, la preoccupava.
D’altra
parte, una volta arrivata al vertice, avrebbe ottenuto il potere
necessario per
cominciare a far cambiare le cose. Non voleva essere ricordata come
l’eroina
che salvò Piltover dai malvagi chembaron, ma più
come colei che aveva dato
inizio ad un meccanismo di pace e fiducia. Una pacificatrice. Ma dal
momento
che la sua giornata si era ormai conclusa, si diede una pausa da quei
pensieri
e si diresse verso casa.
Una
volta varcato l’uscio, la scena che le si parò
davanti fu più o meno questa: il
piccolo tavolo da pranzo era apparecchiato per due, al centro una bella
bottiglia di vino e due bicchieri; nei piatti una cena calda ancora
fumante.
Il
rumore della porta che si chiudeva richiamò la fautrice del
tutto, che in quel
momento era in un’altra stanza. La salutò da
lontano, “ehi Cait!” per poi
attraversare il salotto per raggiungere il tavolo e sedersi,
“ti stavo
aspettando”.
Caitlyn
sorrise, “hai preparato tu tutto questo?” le chiese
felicemente sorpresa,
mentre si sfilò il cappello e il cappotto e lo
poggiò entrambi sullo schienale
della sedia, prima di sedersi anche lei.
“Pfft,
ovviamente!” Vi fece spallucce divertita e afferrò
la forchetta, “buon appetito
allora!” e si gettò a capofitto nel piatto.
Caitlyn
dovette ammettere che qualsiasi cosa avesse preparato aveva un aspetto
e un
profumo delizioso: sembrava uno stufato di qualche tipo, ricoperto di
una salsa
bruna e densa, con come cipolle e carote tagliate in grossi pezzi. Non
ci
rifletté molto e lo assaggiò anche lei: aveva un
sapore agrodolce, la carne era
tenerissima e gli occhi di Caitlyn si illuminarono appena ne
sentì il sapore.
“Ma è
delizioso” disse, prendendone un altro boccone, “ti
dirò: ha anche un sapore
molto familiare, come se l’avessi già mangiato
prima” finì, e si girò verso
l’altra.
Vi distolse
lo sguardo e fece la finta vaga, “bah, ti starai
sbagliando” senza aggiungere
altro e continuando a mangiare. Stava cercando di sopprimere la stessa
espressione che hanno i bambini quando combinano qualche marachella.
Caitlyn
assottigliò gli occhi, alla ricerca d’indizi:
sì, la cena era calda, ma non
c’era traccia di una pentola sul fuoco, né degli
scarti delle verdure, né la
presenza del classico disordine che c’è dopo aver
adoperato la cucina. In più,
non aveva mai visto Vi cucinare davvero, i suoi pasti di solito erano
caratterizzati da piatti freddi e cose relativamente semplici da
preparare.
Alla
fine, le ritornò in mente un particolare fondamentale:
quella sera, prima di
finire il suo turno, il proprietario di un baracchino di cibo e bevande
era
venuto a fare un reclamo, perché aveva lasciato un pacco da
consegnare
incustodito e questo era sparito nel nulla. Lo stesso venditore
ambulante
chiese esplicitamente di Caitlyn per fare la denuncia,
perché si conoscevano, visto
che lei e Vi prendevano spesso da mangiare in quel posto. Aveva ormai
unito
tutti i punti.
Sbuffò
con arrendevolezza, “Vi, hai rubato questa roba
vero?”
L’altra
strabuzzò gli occhi, “come cazzo
hai fatto a capirlo così velocemente?”.
Ingurgitò l’ultimo pezzo di carne rimasto nel
piatto, e rassegnata disse “okay,
mi hai beccato. Almeno ci ho provato”.
Caitlyn
sbuffò di nuovo, questa volta leggermente arrabbiata,
“Vi non puoi continuare a
fare queste cose, non ce n’è bisogno”.
Le finanze in quella casa comunque non
mancavano di certo, Caitlyn provvedeva a tutto senza problemi, ma
c’era una
certa riluttanza da parte di Vi nell’accettare tutta quella
generosità. L’agente
aveva anche provato a lasciarle disponibili dei soldi ad uso esclusivo
dell’altra,
per abituarla ad un po’ d’autonomia, ma ogni volta
li ritrovava dove li aveva
lasciati, intoccati. Probabilmente la zaunita odiava sentirsi in
debito, in
qualsiasi situazione; essendo cresciuta in un contesto in cui avere un
debito probabilmente
significava diventare schiavi di una dinamica da cui difficilmente se
ne usciva.
Vi
tentò di giustificarsi, “ti stai spaccando la
schiena a lavoro e volevo fare
qualcosa di carino che provenisse da me”,
stava gesticolando
vivacemente per evitare il contatto visivo, “questo
è il meglio che posso fare,
okay? Mettiti nei miei panni, mi sento una maledetta
sanguisuga”, ora era lei
che stava rimproverando Caitlyn.
Alla
fine dei conti il punto di vista di Vi era comprensibile. Probabilmente
era la
sua condizione di estremo privilegio a rendergli difficile il tutto: la
zaunita
non era mai stata abituata ad avere una disponibilità
economica in generale,
tantomeno una sua casa e del cibo nella pancia tutti i giorni. Cose che
per
la piltoviana erano così scontante che il pensiero della
fortuna che ha avuto nella
vita nell’avere tutto garantito non l’aveva mai
sfiorata.
Caitlyn
rifletté a lungo, mentre lo stufato si raffreddava.
C’era solo una soluzione
quella situazione particolare, ed aveva un nome ben preciso.
“Hai
bisogno di un lavoro.”
Vi
rise. “La fai facile. Hai per caso visto qualcuno in disperato
bisogno
di una chempunk¹
che spacca nasi per l’azienda di famiglia? Perché
è l’unica cosa buona che so
fare e no, non li hai visti” prese la
bottiglia di vino e strappò il tappo
di sughero con i denti, per prendere un sorso.
Caitlyn,
contrariatissima, le diete un leggero schiaffo
sull’avambraccio, “non è vero.
Sei capace a fare molte cose” e Vi la scrutò come
per dirle sentiamo le
cazzate, dai.
“Potrai
non crederci, ma tanto per cominciare sei atletica”
alzò il pollice, come per
contare. “ti sei vista quando salti e scali palazzi come se
fosse la cosa più
tranquilla del mondo? Perché io sì,
e ti posso assicurare che non tutti
sono capaci di fare cose simili.”
“Sei
perspicace, capisci subito se sei in una situazione di pericolo oppure
no, poi
che a te non importi e ti butti comunque nella mischia è un
altro paio di
maniche” alzò l’indice.
Alzò
anche il medio, “hai una soglia del dolore altissima, se sei
carica di
adrenalina nulla ti ferma, hai coraggio da vendere, sei leale, hai dei
valori
di ferro” finì per aver la mano completamente
aperta, “se i miei colleghi
avessero metà delle tue
qualità la mia vita sarebbe estremamente
più semplice.”
“Vacci
piano con le lodi cupcake, potrei pensare che tu ci stia finalmente
provando
con me.”
“Vi!”
la rimproverò, “sono seria. Penso davvero quello
che dico.”
Vi
guardò la bottiglia che aveva tra le mani e sorrise
amaramente. “Anche se
fosse? Quanto buona posso essere per una città come
Piltover? Queste non
sembrano qualità che apprezzate da queste parti”
distolse lo sguardo.
Caitlyn
incrociò le braccia con fare offeso, “io
le apprezzo”.
“Meno
male che tu sei unica nel tuo genere allora” le
regalò uno sguardo tenero, che causò
nella piltoviana un’esplosione di calore nel petto,
maldestramente celato da un
finto muso lungo che mise su per l’occasione.
Scosse
la testa per tornare a riflettere su una soluzione per quel problema.
Quando
arrivò all’illuminazione, si chiese come non ci
avesse mai pensato prima.
Lo
disse come se fosse sempre stata la conclusione più ovvia,
“potresti unirti
alle forze di polizia.”
“Sei
ufficialmente diventata matta, Caitlyn Kiramman” il
suo nome pronunciato
per intero la fece trasalire per un secondo, “okay che ci
conosciamo da
relativamente poco, ma non bisogna essere intelligenti per capire che
non ho
tutta questa simpatia per le forze dell’ordine.”
“Ma
pensa a quanto saresti perfetta!” Caitlyn
allungò la mano per stringere
il polso di Vi, come se l’altra avesse intenzione di scappare
da un momento
all’altro, sentendo quelle parole.
“Avresti
la possibilità di proteggere i più deboli,
aiutare il prossimo e …” si fermò e
ghignò
divertita, “ … saresti legalmente autorizzata a
prendere a pugni qualche
chembaron senza subirne le conseguenze.”
Vi rise
ancora, “legalmente autorizzata? Così mi
tenti.” Ma il divertimento finì ben
presto per far spazio ad un nuovo sentimento malinconico,
“sarebbe un bel
pensiero Cait, ma non credo che al Dipartimento di Sicurezza
di Piltover
accettino una come me”, un’orfana. Una ex-galeotta
della prigione di Stillwater.
Una zaunita.
Qualcosa
scattò nella testa di Caitlyn, che proprio in quel momento
decise quale sarebbe
stato il primo cambiamento che avrebbe fatto in veste di nuovo sceriffo.
“Invece
ti accetteranno” proferì, improvvisamente seria,
“provvederò personalmente alla
faccenda.”
“Come
fai ad esserne così sicura?”
La
piltoviana tentennò, ma non per timore di Vi, ma
perché lei stessa era ancora
terrorizzata dall’idea, “presto
diventerò sceriffo.” Si strinse nelle sue
braccia conserte, cercando conforto nel contatto delle sue dita sulla
sua
pelle. Guardò l’altra alla ricerca di
disapprovazione? Delusione?
“Oh,
finalmente Jayce prende una decisione giusta!”
sbatté la mano sul tavolo, “sei
nata per avere questo ruolo, cupcake. Te la caverai
benissimo.”
Per quanto
Caitlyn provasse ad invertire le cose, si ritrovava sempre lei ad
essere
sostenuta da Vi, volente o nolente. A quel tavolo diede voce per la
prima volta
ai suoi pensieri, ai suoi dubbi, e la zaunita
l’ascoltò senza battere ciglio.
Per quanto Vi facesse fatica a adattarsi alla nuova realtà
in superficie, non
si tirava mai indietro dal prendere sul serio ogni problema che Caitlyn
affrontava.
Un
giorno l’avrebbe ringraziata a dovere.
Alla prossima!