Angoli nascosti
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Capitolo 06
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La serata tra Bulma e Yamcha
era trascorsa tranquilla.
Il terrestre aveva prenotato un tavolino per due in un tranquillo
ristorantino in centro città, elegante, intimo e adatto a loro.
Bulma cercava in tutti i modi di estorcere informazioni al suo fidanzato circa
le sue reali intenzioni con allusioni e girandoci sempre intorno, ma Yamcha sembrava molto abile nel fare lo gnorri, e questo
indispettiva la sua fidanzata di parecchio, la quale era già pronta nel versare
tutte le lacrime di gioia per l’imminente proposta di matrimonio, susseguita
dall’arrivo della sua prole, perché Bulma voleva
almeno un paio di marmocchi da viziare e anche perché l’orologio biologico
iniziava ad andare avanti, o semplicemente era arrivato il momento per
costruire qualcosa di concreto per il futuro.
“Allora? Vuoi dirmi qual è questa sorpresa?” Gli chiese avvicinando un
calice di bollicine al suo con aria seducente.
Yamcha si strozzò con la sua stessa saliva mentre portava il bicchiere alla
bocca.
“Sei sempre stata troppo curiosa…lo vedrai…la serata non è ancora
terminata.” Le strizzò un occhio e Bulma si rilassò
un attimo convinta che prima o poi avrebbe tirato fuori dalla tasca interna
della sua giacca blu una scatoletta di velluto.
“Colpa della mia eterna voglia di sapere…sono una scienziata ed essere
curiosi è una mia priorità, mi dovresti conoscere bene.”
“Si, infatti, ti conosco bene!” Rispose sornione.
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L’ora era tarda, circa l’una di notte quando il dottor Gero si arrese,
spegnendo definitivamente il cyborg C-16 digrignando i denti dalla rabbia.
Eppure non capiva cosa avesse sbagliato e cosa c’era che non andava in lui,
forse qualche circuito difettoso o inceppato, ma la diagnostica del computer
risultò perfettamente funzionante e priva di bug.
Proprio non riusciva a capacitarsene della sua sconfitta che dovette uscire
in piena notte per schiarirsi le idee, prese il velivolo e di diresse verso la
Città Dell’Ovest.
In ogni caso non sarebbe riuscito a chiudere occhio.
“Maledetto ammasso di ferraglia arrugginito” Grugnì mentre chiudeva il
portellone del laboratorio pieno di rabbia e avviava il motore pigiando il
bottone di accensione sfrecciando a tutta velocità giù per quello strapiombo
nero come la pece.
Sbuffò a lungo lo scienziato mentre parcheggiava aeromobile nei pressi di
un vicolo vicino ad un locale ancora aperto.
Una bevuta lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee, anche se le condizioni
sue di salute non erano delle migliori.
Aprì la porta nello stesso istante dell’uscita di due ragazzi.
Una era alta, bionda e bellissima, indossava un vestitino grazioso azzurro
cielo come i suoi occhi e sopra le spalle un giubbetto di jeans.
Il ragazzo aveva i capelli neri e gli occhi azzurri, indossava un paio di
jeans e una polo arancione.
Tutti e tre si scrutarono per qualche secondo in maniera strana, poi fu la
ragazza a parlare per prima.
“E tu che vuoi, vecchio?” Chiese la ragazza bionda in modo riluttante
portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Dai, andiamo Lazuli, non vedi che è solo uno che
vuole farsi un drink in santa pace?” Disse in tono arrendevole il ragazzo che
era con lei.
“Che insolente, se sapessi chi sono io non ti rivolgeresti a me in quella
maniera altezzosa e cinica.” Incalzò lo scienziato.
Lazuli si scrollò di dosso la mano che il fratello le aveva messo sulla spalla
per richiamarla a sé.
“E sentiamo…chi saresti?” Si avvicinò al suo viso rugoso con tono di sfida.
“Forza Lazuli, hai bevuto un po' troppo per
questa sera, lascialo stare.”
“Io sono un brillante scienziato e…”
“Ok, ok…” Il ragazzo mise un braccio attorno alle spalle del vecchietto
conducendolo un po' lontano “…senti, mia sorella ha appena avuto una brutta
lite con il suo ragazzo e ha bevuto un po' troppo, io la sto solo riportando a
casa dopo che mi ha chiamato piangendo disperata. Ora se non ti dispiace, io
dovrei alzarmi presto domani, ho un importante esame, quindi… entra e fai finta
di non averci mai visto, ok?” Ammiccò il giovane.
Il dottor Gero digrignò i denti, non era certo tipo di farla passare liscia
a dei ragazzini sfrontati, soprattutto non dopo una giornata come quella, ma
per quieto vivere preferì lasciare andare.
Ma quando quei due attraversarono la strada distrattamente, mentre Lapis
urlava alla sorella di stare attenta a due fari che si avvicinavano alla
velocità della luce, sul volto dello scienziato si materializzò un ghigno
sadico, forse aveva appena trovato chi poteva riempire quelle due capsule
bianche vuote e ancora anonime.
*
“STAI SCHERZANDO SPERO!” Sbottò Bulma uscendo dal
locale dalla luce soffusa rossa per le troppe lanterne appese al soffitto.
“Dai Bulmina non essere arrabbiata” La
inseguì Yamcha allungando il passo perché lei lo
stava facendo col suo lasciando il suo fidanzato qualche metro più distante.
“UNO SPETTACOLO DI DRAG QUEEN! Ma sei serio?” Si arrestò di colpo facendogli
sbattere quella faccia da deficiente che si ritrovava contro la sua schiena “E
NON CHIAMARMI BULMINA!”. Precisò indurendo ancora di più lo sguardo.
Yamcha sospirò, non riusciva proprio a capire perché la sua fidanzata inveiva
contro di lui in quella maniera, eppure sapeva benissimo quanto a Bulma piacessero spettacoli simili, quei lustrini, quelle
parrucche e persino gli abiti che considerava sempre meravigliosi.
“Perché fai così? Si può sapere che cosa ti è preso?” Provò a chiederle.
Bulma incrociò le braccia sotto il seno e si voltò dalla sua parte, stava per
vomitagli addosso di tutto, ma quello che riuscì a dire invece fu solo un
misero ‘niente’.
“Niente? Tutto qui!” Si meravigliò Yamcha
guardandola stranito.
“Si, niente! Perché? Secondo te ho qualcosa?” Continuò lei.
Yamcha le volse uno sguardo tra lo sbigottito e il sorpreso, ma era inutile
continuare a chiederle spiegazioni, se Bulma si era
messa in testa di tenerseli per sé i suoi segreti lo avrebbe fatto.
“No, no…era così…per dire!” Fece spallucce dandogliela vinta, di nuovo.
“Andiamo a casa, Yamcha” Lo disse in tono più
delicato, ma allo stesso tempo seccato e si sentì una stupida perché pensava
che Yamcha fosse finalmente pronto a compiere il
grande passo, ma evidentemente si sbagliava, oppure semplicemente il terrestre
aveva bisogno di altro tempo per riprendere in mano la sua vita dopo aver
trascorso svariati mesi nell’al di là, e forse era per questo che invece Bulma pensava seriamente al suo futuro.
Nonostante ci fossero delle sfere magiche a loro disposizione, la vita era
troppo breve per perdersi in cose frivole e inutili.
Yamcha prese delicatamente la mano di Bulma facendole
battere il cuore molto velocemente e dalla sua espressione anche quello del
fidanzato stava accelerando i battiti.
“Senti, Bulma…io non sarò il fidanzato perfetto,
però, ho accanto a me la persona che amo di più al mondo.” La guardò negli
occhi riscoprendoli di un blu intenso.
“I-io…voglio scusarmi per aver urlato, ma vedi…io…” Si fermò perché non era
quello il momento per confessargli che cosa credeva che succedesse in quella
serata d’estate, una volta a casa, forse tra qualche giorno ne avrebbero
parlato con più calma, e magari sarebbe stata lei a fargli la proposta “…io
credevo mi avresti portato in un altro posto.” Disse spicciola d’un fiato.
“Uh! E dove?”
“Non lo so…non immaginavo di certo ad uno spettacolo di Drag Queen” Gli
sorrise cominciando a camminare percorrendo il marciapiede e la via che li
avrebbe condotti a casa di Bulma.
“Volevo un po' svagare e ridere.”
D’un tratto Bulma si sentì un’emerita scema,
perché non aveva tenuto conto che Yamcha voleva solo
tornare alla normale vita che conduceva, lontano dalla desolazione e dagli
allenamenti intensivi a cui si era sottoposto in quei mesi.
“Hai ragione, non ho ten…” Il rumore di gomme che
stridevano sull’asfalto e le urla che provenivano dalla via dopo l’aveva
interrotta da quello che stava per dirgli, costringendo entrambi in una corsa
sfrenata per vedere che cosa stesse succedendo.
Videro solo una macchina nera sfrecciare via a grande velocità che aveva
una pacca sul cofano, e se gli occhi non gli stavano giocando un brutto
scherzo, anche una striscia di sangue sul parabrezza, che prontamente il
conducente lavò via con un po' d’acqua azionando il tergicristallo.
Bulma rabbrividì, doveva essere successo per forza qualcosa di molto brutto, ma
quando entrambi con il cuore in gola arrivarono nell’ipotetico luogo
dell’incidente non vi trovarono niente e nessuno.
Solo dopo il loro arrivo poco distante dall’unico locale aperto sulla via,
cominciarono a uscire di corsa i clienti abituali rimasti per accertarsi che
nessuno si fosse fatto male.
“Come state? Tutto bene?” Gli domandò un ragazzo accorso un po' brillo ai
due fidanzati.
“S-si…ma siamo solo corsi per vedere se fosse successo qualcosa, ma non
abbiamo visto niente.”
“Ah!” Si limitò a dire il giovane per poi andarsene credendo di essersi
immaginato tutto.
Bulma e Yamcha continuavano a guardarsi attorno
spaesati e non capivano che cosa stesse accadendo, avevano sentito le ruote
stridere sull’asfalto, le urla, la macchina imbrattata di sangue e nel luogo
non c’era nulla, tranne che delle persone incredule che avevano avvertito i
medesimi ed inequivocabili rumori.
*
Il dottor Gero tirò un sospiro di sollievo quando arrivò al suo laboratorio
nascosto tra l’oscurità delle montagne.
Probabilmente se non avesse avuto con sé la sua invenzione, non sarebbe
stato in grado di raccogliere i corpi dei due giovani privi di conoscenza e
stivarli all’interno del velivolo in maniera lesta.
“L-lapis!” Mormorò la bionda aprendo a fatica gli occhi, per poi chiuderli
subito dopo essere stata investita dalla luce forte e bianca della lampada al
neon proprio sopra la sua testa.
Lazuli cercò di togliersi con le poche forze quella maschera trasparente che le
opprimeva la faccia, ma che le dava anche modo di respirare senza annaspare.
Il dottor Gero si avvicinò a lei che sussultò perché riconobbe in quel
medico, l’uomo che li stava importunando un attimo prima.
“Stai tranquilla cara, tra un po' sarà tutto finito.” Lo scienziato pigiò
dei tasti nel computer posto a lato.
“Dov’è, Lapis? Dov’è mio fratello?” Chiese mormorando mentre la sua voce
echeggiava all’interno di quel dispositivo.
Lazuli sentiva un dolore atroce attraversarle tutto il corpo e il fiato
diventarle sempre più corto.
La vista iniziava anche ad annebbiarsi mentre sentiva la vita scivolarle
via tra le dita, ma prima di chiudere gli occhi per sempre, poté sentire
ovattato, ma indistintamente le parole “E’ morto!” mentre quello schifoso
le accarezzava i capelli con le dita rugose e fredde.
*
Continua
*
Angolo
autrice: Ciao a tutti e come
sempre vi auguro un buon lunedì! Un altro capitolo dedicato a Bulma e Yamcha dove scopriamo che
cosa aveva in mente il terrestre.
Poi finalmente facciamo la conoscenza di Lapis e Lazuli,
ovvero i futuri e temibili C-17 e C-18 (p.s. nella
mia vecchia long si chiamavano invece Marron e Lith,
questa volta ho voluto cambiare visto che Toryhama ci
ha svelato il loro vero nome XD)
Colgo l’occasione per ringraziarvi per i messaggi che mi mandate ed i
pareri che mi lasciate sotto ad ogni capitolo, ma ringrazio anche chi legge in
silenzio e chi continua ad inserire la storia tre le PREFERITE, SEGUITE e
RICORDATE.
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Un abbraccione e al
prossimo lunedì.