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Autore: Francyzago77    14/12/2021    7 recensioni
Questa storia nasce come seguito de "La figlia di Georgie". Sono passati diversi anni, quelli che erano bambini sono ormai cresciuti e coltivano sogni, desideri, amori e sentimenti che s'intrecceranno con le vite dei loro genitori.
Dopo più di un anno che era nel cassetto ho deciso di pubblicare questo racconto...consiglio di leggere "Georgie il sequel" e "La figlia di Georgie" dato che questa ne è la prosecuzione.
La maggior parte dei personaggi presenti non mi appartengono, sono di proprietà di Mann Izawa. Questa storia è stata scritta senza fini di lucro.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Arthur Butman, Georgie Gerald, Maria Dangering, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il portone doveva essere quello, ampio e robusto, proprio di fronte al negozio del fornaio.
Con un piccolo bagaglio in mano, Sophie bussò forte e, alzato lo sguardo verso la finestrella a destra, chiamò a gran voce il nome di Eric.
-Tu qui? – il giovane si era affacciato e sbalordito l’aveva esortata – Sali, sali su! Secondo piano, la prima porta dopo le scale.
Non gli parve vero ritrovarsela davanti. Erano passati diversi mesi.
-Che bella sorpresa! – esclamò Eric abbracciandola – Vieni dentro.
-Scusa se sono qui senza preavviso – balbettò Sophie entrando in casa.
-Non hai mica bisogno di un invito formale – rise lui - sei la benvenuta!
-Sophie, cara – la accolse Daisy lasciando la pentola sul fuoco – che gioia vederti! Accomodati e fa come se fossi a casa tua.
L’abbracciò anche lei e la fece sedere mentre Eric aveva già preso il bagaglio e lo stava sistemando in un angolo.
-Aggiungo subito un piatto in tavola – disse Daisy – stavamo per cenare, c’è della zuppa calda e un po’ di pane, non è molto ma lo dividiamo volentieri.
-Va benissimo – sussurrò Sophie – sono stanca del viaggio e non ho molta fame.
-Ascolta – esordì Eric – la casa non è grande, anzi, come puoi vedere, è abbastanza piccina. Per dormire dovrai accontentarti di quel divano, può andare?
-Ma certo – sorrise la ragazza guardandosi meglio intorno – andrà più che bene.
Era ancora frastornata, aveva voglia di scoppiare a piangere perché finalmente si sentiva tra mura amiche.
-Allora – iniziò Eric sedendosi accanto a lei – come mai da queste parti? Sei per una mostra, un convegno artistico o cosa? Non dirmi che sei qui esclusivamente per rivedere il tuo adorato cugino?
Sophie, in imbarazzo, non sapeva da quale parte cominciare, si limitò a dire:
-Avevo promesso sarei venuta a trovarvi!
-E a noi – s’intromise Daisy – fa molto piacere. Adesso ceniamo poi parleremo!
Le mise la minestra nel piatto e Sophie, facendosi forza, mangiò qualcosa.
-Vi siete sistemati bene – disse ai due durante il pasto – è carino qui!
Non voleva subito esporre il suo enorme problema, era ancora timorosa.
-Non è male – affermò Eric – questa è la stanza dove mangiamo, c’è il camino e la stufa per cucinare. Là c’è il divano e una piccola libreria, ci tengo i miei volumi per studiare. Poi la camera da letto, tutto qui.
Sophie respirava aria di famiglia, per quanto umile e semplice potesse essere quella dimora, le stava infondendo almeno dei momenti di serenità.
-Sai – proseguì il ragazzo – l’affitto non è alto, riusciamo a permettercelo, almeno per ora.
E guardò sua moglie che, sistemando la tavola, annuì con lo sguardo.
-Senti Sophie – le disse Eric – tanto, fermandoti per un po’, saresti venuta a saperlo. Prometti di non dire nulla a casa però, soprattutto ai miei.
La giovane non capì, cosa mai doveva tenere segreto.
Se c’era qualcuno che aveva qualcosa da nascondere lì era lei, non certo loro!
Daisy intanto stava sparecchiando, si allontanò un poco mentre Eric spiegava:
-Mi spiace ma sei capitata in un periodo abbastanza difficile per noi.
Sophie si sentì un attimo fuori luogo, non soltanto lei poteva avere dei problemi ma anche gli altri non ne erano esenti.
In quel momento si reputò un’egoista.
-Da circa un mese – spiegò Eric – Daisy non lavora più in ospedale, è stata licenziata e quindi abbiamo dovuto ricercare altre fonti di reddito. Io sto lavorando dal fornaio qui accanto e lei fa le pulizie saltuariamente da una signora.
-Licenziata? – domandò Sophie stupita – E i tuoi studi? Non li avrai mica abbandonati.
-No, certo che no – rispose Eric con forza – al forno vado la mattina presto così poi posso recarmi in ospedale per la specializzazione. La sera mi metto a studiare, anzi tra poco devo ripassare per la lezione di domani.
Sophie preferì non parlare, osservando Daisy che ora si era seduta con loro.
-Ti prego – le ribadì il ragazzo – di non farne parola con i miei genitori quando tornerai a casa. Ho ritenuto opportuno non metterli al corrente della situazione, si sarebbero allarmati troppo, soprattutto mia madre. Mio padre ci manderebbe dei soldi ma vogliamo farcela da soli. Ti sembrerà un peccato di orgoglio eppure è meglio così.
Fece una breve pausa poi continuò: 
-E la motivazione del licenziamento di Daisy è ingiusta e iniqua che darei solo un dolore ai miei se raccontassi a loro tutto.
A quel punto Sophie aveva accantonato il suo dramma e il vero motivo per cui era lì e si accinse ad ascoltare tutta quella storia.
Notò che Eric teneva stretta la mano di sua moglie, qualunque fosse la causa, pensò Sophie, Daisy poteva contare sull’appoggio e la comprensione della persona che amava. Per lei non era stato così, purtroppo.
-Una mattina – iniziò Eric – a Daisy, in ospedale, fu consegnata una lettera da parte del direttore. Era una lettera di licenziamento, senza preavviso e senza una motivazione. Quando tornai a casa la trovai a piangere qui, sul divano, con un foglio in mano.
-Non capivo il perché di quella decisione – continuò Daisy a bassa voce – ero sempre stata attenta e puntuale sul lavoro, scrupolosa e dedita ai pazienti, seguivo le indicazioni dei medici dettagliatamente. Non avevo commesso sbagli, nessuno si era mai lamentato del mio operato.
-Decisi di andare io dal direttore a chiedere spiegazioni – puntualizzò Eric – mi mossi immediatamente e, tornato in ospedale, bussai alla porta del suo ufficio.
Sophie ascoltava con attenzione, aveva dimenticato i suoi problemi e si era immersa in quel racconto cercando di capire.
-Purtroppo l’ambiente ospedaliero – disse Eric con rammarico – è stimolante e dà soddisfazioni ma è anche pieno di invidie e di persone senza scrupoli. E io e Daisy l’abbiamo imparato sulla nostra pelle.
-Cosa vi hanno fatto? – domandò Sophie sinceramente preoccupata. 
-È meglio ti racconti tutto dal principio – specificò Eric – così capirai tutta la vicenda. Il mio relatore, il professor Custer, primario di chirurgia, mi ha sempre apprezzato come studente tanto che, appena laureato, mi portava con sé al reparto e ora durante la specializzazione mi aveva scelto per alcune mansioni importanti.
-Me lo scrissi qualche tempo fa – lo interruppe Sophie – che ti vedevi ormai proiettato nella carriera di chirurgo.
-Infatti – continuò lui – era quello che più mi piaceva ma poi le cose sono cambiate. Devi sapere che nel mio corso c’è uno studente, Nick Morris, che da sempre ha invidiato le mie capacità e i miei voti alti. Non che lui sia da meno, è molto preparato ma non accetta di essere secondo a nessuno. Proviene da una famiglia molto in vista qui a Melbourne e non tollera di essere scavalcato dal figlio di un semplice agricoltore. Più di una volta mi sono trovato a discutere con lui ma poi l’ho sempre lasciato perdere!
-È stato lui – chiese Sophie con forza – a far licenziare Daisy?
-In modo indiretto sì – ammise Eric ma fu sua moglie a continuare la narrazione.
-Un giorno – proseguì la ragazza – tra i pazienti m’imbattei in un uomo che mi riconobbe. Era uno dei clienti del bordello.
Daisy abbassò lo sguardo non riuscendo più a parlare, Eric le fece coraggio:
-Non devi vergognarti con Sophie, a lei possiamo raccontare tutto.
La giovane allora continuò:
-Nick Morris era tra gli specializzandi che si occupavano di quel reparto. Molto probabilmente è venuto a conoscenza delle mie vicende passate da quel paziente ed ha riferito tutto al direttore dell’ospedale il quale mi ha licenziato in tronco. 
-Quando entrai nella stanza del direttore per delle spiegazioni – ora era Eric a parlare – ci trovai anche il professor Custer che, ignaro del motivo per cui ero lì, mi presentò subito come il suo miglior studente. Io chiesi invece il perché del licenziamento di mia moglie e il direttore, dopo aver appreso il nome di Daisy, si fece una risatina ironica e mi disse che il suo ospedale non poteva permettersi di far lavorare una ragazza di quel genere. Gli sottolineai che Daisy era una persona pulita, che quello era il suo passato ma lui iniziò a ridere ancora più forte. Mi aggiunse poi, con aria di superiorità, che quel tipo di ragazze si frequentano ma non si sposano. A quel punto non ci ho visto più e l’ho colpito con un pugno. E l’avrei steso a terra se non fosse intervenuto il professor Custer a fermarmi e a condurmi fuori. Capirai Sophie che con quel gesto è terminata la mia carriera all’ospedale di Melbourne. Anzi, dovrei anche ritenermi fortunato perché il giorno dopo il professor Custer è venuto a dirmi che se non mi hanno buttato fuori dal corso è stato grazie a lui che mi reputa un ottimo studente e ha convinto il rettore a non espellermi. Ma a lezione poi ha scelto Morris come suo assistente facendomi capire che per me non c’era più speranza di un futuro lì dentro.
-Tutto questo è disgustoso! – esclamò Sophie dispiaciuta e amareggiata.
-Ammetto di essere stato troppo impulsivo – affermò Eric – a mente fredda non avrei dovuto colpire il direttore ma ho trovato tutta la vicenda così ingiusta! Anche il professore mi ha deluso, ormai non mi parla quasi più e per superare l’esame dovrò studiare il doppio mentre quel vigliacco di Morris ha la strada spianata verso una brillante carriera.
-Tutto questo per colpa mia! – sussurrò Daisy quasi in lacrime.
-Basta con la parola colpa – disse Eric con vigore – lo vuoi capire che non è così? Ce la faremo ugualmente, terminata la specializzazione ritorneremo a casa e mi occuperò dello studio del dottor Dewy. Forse è bene così, ero diventato troppo ambizioso, non mi farà male tornare con i piedi per terra!
-Ma tu sei veramente bravo – affermò Daisy – e meriteresti molto di più.
-Non m’interessa stare in un posto dove ci hanno trattato in quel modo – asserì il ragazzo prontamente – ancora qualche mese e poi andremo via. Dovremmo farcela con le spese e l’affitto, studiare e lavorare non mi spaventa.
Fece un sorriso e messa una mano su quella di Sophie le disse:
-Hai capito tutta la vicenda? Concordi con me che è meglio non dire nulla a casa?  Soffrirebbero e basta.
La giovane annuì e inaspettatamente chiese:
-Avete bisogno di soldi, quindi?
-Con sacrifici ce la stiamo cavando – rispose Eric pensieroso e guardò la cugina che, presa la sua borsetta, tirò fuori una busta e rivelò:
-Sono nei guai, Eric!
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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