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Autore: jomarch    03/09/2009    6 recensioni
Seguito de 'La mia famiglia e la Coppa Quattromalandrini': cinque anni sono passati dal diploma di Harry. Quante cose sono cambiate? Come se la cavano Harry e Ron, alle prese con il loro lavoro da Auror? Ed Hermione e Ginny? Dan sarà rimasto lo stesso scavezzacollo e la piccola Beth è timida come sempre? E James, Sirius, Remus, Lily, Hellen e Tonks? Tra gioie e piccoli dolori, discussioni e prese di posizione, ciascuno troverà se stesso e la sua strada.
Genere: Romantico, Commedia, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Ginny Weasley, I Malandrini, Il trio protagonista, Lily Evans
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bianco, nero, grigio





MORTON-ON-SWALE, Contea di York


Daniel fischiettava, mentre camminava lungo il sentiero sterrato che collegava casa sua con il centro del paese.

La chitarra che aveva in spalla, ben riposta nella sua custodia, non gli dava per niente fastidio, sebbene mille interrogativi popolassero i suoi già di per sé confusi pensieri.

Si stava domandando per quale folle motivo avesse acconsentito ad insegnare a quel ragazzino a suonare la chitarra. Cosa diavolo gli era saltato in mente quella mattina? Perchè si era alzato con la sensazione che fosse la cosa migliore che potesse fare?

Ringraziando Godric, nessuno dei suoi genitori era in casa, quando aveva deciso di uscire con la chitarra in spalla. Anzi, fortunatamente non sapevano nemmeno che fosse uscito.

Già immaginava la faccia di suo padre: l'avrebbe preso in giro sino al giorno della sua dipartita, poco ma sicuro, e sua madre l'avrebbe guardato con quel suo sorrisetto compiaciuto, che faceva, al confronto, faceva impallidire il saccente “Te-l'avevo-detto” di zio Remus.

Fortunatamente, casa Harding non era poi così lontana da Orchard House o le probabilità che Dan si decidesse a suonare quel campanello sarebbero diminuite drasticamente.

Gli Harding abitavano in una villetta poco fuori dal paese. Niente di troppo appariscente, anzi, era una normale casa Babbana con un piccolo giardinetto, un tavolo per mangiare fuori e due piani.

Il giardino era recintato con una bassa staccionata bianca, simile a quella che Lily e James avevano a Godric's Hollow. Dan si era sempre chiesto l'utilità di cancelli simili: potevano essere tranquillamente scavalcati, quindi la loro unica funzione era decorativa, a suo parere.

Dai Potter era solito scavalcarlo, prima di essere accolto da zia Lily con un sorriso esasperato che sembrava sempre dirgli:” Non cambierai mai, eh Dan?”

Ma, non essendo famigliare agli Harding, Daniel preferì suonare la orribile campana in ferro battuto che stava appesa al portoncino.

Si sentì un idiota, nel farlo e fu abbastanza sollevato nel vedere la porta di ingresso aprirsi e lasciare uscire una donna che, all'apparenza, doveva essere poco più vecchia di sua madre.

Sì?” chiese Mrs Harding, fissandolo curiosa.

Salve, sono Daniel Black. Mia madre mi detto che vi siete incontrate l'altro giorno in paese....”iniziò Dan, provando un po' vergogna per il modo in cui lei guardava i suoi jeans logori.

Oh, Daniel! Ma certo, vieni, entra. Non credevo che tua madre te lo dicesse davvero.”

Lo invitò ad entrare in casa, senza però fare ancora accenni al figlio.

Jacob è in camera sua, in questo momento. Sta facendo i compiti, è appena tornato da scuola, sai, finiscono alle quattro. Comunque credo che tu possa salire da lui. Voglio dire, sempre se ti va.”

spiegò, gentilmente.

Sarò sincero: sarebbe la prima volta che provo ad insegnare qualcosa a qualcuno. Non so se sono la persona adatta, signora.”Dan mise la mani avanti, accettando il bicchiere di tè freddo che gli era stato offerto.

Vedremo come andrà, Daniel. Ho chiesto di te perchè ricordavo dai racconti di Sophie che fossi bravo a suonare. Studi musica?” chiese.

Daniel pensò si riferisse a quando, durante l'estate, Dan si trovava con i ragazzi del paese e, di tanto in tanto portasse anche la chitarra. Chissà come faceva Sophie a ricordarsene, erano almeno due anni che non la vedeva più.

Oh, no no. Non ho mai studiato musica, ho imparato da solo. Cioè, un po' mi ha insegnato mio padre, ma il grosso l'ho fatto da solo.” rispose, sperando di non fare danni con la sua sincerità.

Mrs Harding sembrò esprimersi in una smorfia, ma decise di passare oltre.

Sì, è vero. Tua madre mi ha detto che lavori.- annuì distratta- Bene, Daniel, cosa ne dici di provare? Jacob è di sopra. Vuoi che ti accompagni?”

Daniel scosse la testa.

No, no, faccio da solo.”

Come vuoi. E' la porta sulla sinistra.”

Voleva farsi un'idea di Jacob senza che gli fosse presentato da qualcun altro, pertanto, salì le scale seguito dall'occhio vigile di Mrs Harding e bussò alla porta che gli era stata indicata.

Avanti.” disse una voce giovane e non troppo entusiasta dall'altro capo della porta.

Dan aprì piano, incerto sul da farsi. La scena che gli si presentò agli occhi era quanto di più lontano immaginasse.

La stanza quadrata era illuminata soltanto dalla poca luce che filtrava da una finestra, la cui persiana era mezza chiusa.

Un ragazzino stava chino alla scrivania, con una penna in mano, un foglio davanti e un paio di grossi libri aperti. Quello che Dan suppose essere un computer o qualcosa del genere era acceso.

Jacob guardò interrogativamente verso Dan che, imbarazzato, si mise una mano nei capelli.

Ciao, io sono Dan. Mi avevano detto che volevi imparare a suonare la chitarra. Sarei qui per insegnarti, in teoria...” borbottò, chiedendosi per quale strano motivo quelle situazioni dovessero tutte capitare a lui.

Jacob lo guardò ed annuì.

Davvero? Sarebbe bello se tu mi insegnassi. Quando vuoi cominciare?”

Uhm... subito?” propose Dan, scettico.

Dammi dieci minuti che finisco qui.” rispose Jacob, mettendosi a scrivere con tutta fretta.

Dan appoggiò la chitarra e si fece più vicino alla scrivania.

Che stai facendo?”chiese.

Una ricerca di Scienze. I Vulcani.” spiegò pazientemente Jacob.

Oh. Sembra interessante.” commentò Dan, senza però pensarlo realmente.

In realtà no. Però è da fare. Studiavi anche tu Scienze a scuola?” chiese Jacob senza smettere di scrivere.

No. Non ho mai studiato scienze. Sono piuttosto ignorante per quanto riguarda queste cose.” confessò Dan. Quel ragazzino lo inibiva terribilmente.

Io mi sono un po' pentito di averla scelta, in realtà. Non mi piace molto. Però forse ci sono cose che uno dovrebbe sapere e basta. Non credi?”

Dan annuì e lasciò che Jacob finisse la sua ricerca senza più disturbarlo.

Lui a dodici anni non avrebbe mai fatto una ricerca che non gli interessava dicendo: “Non mi piace ma è da fare.” Si sarebbe lamentato all'infinito dell'entità del lavoro, riducendosi all'ultimo per la consegna.

Sorrise tra sé, ripensando alla mattana della sua adolescenza che, a sentire chi lo conosceva, non era ancora finita.

Jacob lavorava diligentemente e, nei dieci minuti promessi, terminando il suo compito con un'ultima occhiata scettica.

Dan, seduto sul letto, lo osservava curiosamente: sembrava estremamente meticoloso e, per un istante, gli ricordò i racconti che suo padre faceva sempre di Remus negli anni della scuola.

A posto?” chiese

A posto.” -annuì Jacob- “Anche se non ne sono molto convinto.” aggiunse.

Sono certo che sia un ottimo lavoro, sai? Ora ti va di iniziare a capire un po' dove mettere le mani su questa?” Dan gli mostrò la chitarra e Jacob, lasciando la ricerca sul tavolo, si sedette compostamente sul letto di fianco a Dan.

Jacob lo fissava senza aprire bocca, pronto ad apprendere qualsiasi cosa uscisse dalle labbra di Dan.

Dan lo guardava a sua volta, senza sapere bene da che parte cominciare.

Ok, ascolta- iniziò- io non ho mai studiato musica, so a malapena leggere le note su un pentagramma e non so solfeggiare, quindi scordati immediatamente una qualsiasi lezione teorica, chiaro? Io ti insegno a suonare come ho imparato io, ma scordati che ti insegni qualcosa che ha a che fare con la tecnica, ok?”

Tu come hai imparato?” gli chiese Jacob, senza staccargli gli occhi di dosso.

Da solo. Mettendomi a suonare a caso e osservando quel che veniva fuori dopo aver letto delle spiegazioni in qualche libro.” spiegò Dan.

Jacob lo guardò con pura ammirazione e Dan, come al solito di fronte a complimenti sinceri, cercò di nascondere il rossore che gli imporporava il viso abbassando la testa.

Perchè vorresti imparare a suonare, Jacob?” domandò Dan, per sviare l'attenzione da sé.

Jacob alzò le spalle.

Non so... credo... credo che mi farebbe bene avere un qualche interesse in più. Tu perchè hai iniziato?”

Dan avrebbe preferito non parlarne, ma qualcosa gli suggeriva che a Jacob serviva saperlo.

Avevo... avevo dei problemi a casa, in quell'anno e così ho deciso di mettermi a suonare. Per non pensare, suppongo.” gli raccontò Dan. Non gli piaceva rivivere quei mesi, per niente. Erano stati orribili e lui aveva avuto paura come non mai, ma erano parte di lui e, forse, quello che era, era dovuto anche a quei terribili mesi.

Cominciamo?” domandò Jacob, intuendo che era arrivato il momento.

Dan si soffermò sul viso di quel ragazzino che proprio non riusciva ad inquadrare ed annuì.

Allora, tanto per cominciare, all'inizio usa il plettro. Poi, potrai scegliere se farne a meno o no, ma per il momento usalo.”- disse Dan, ficcandogli in mano il piccolo triangolino di plastica- “Secondo, sappi che ti farai piuttosto schifo, all'inizio, e che vorrai mollare parecchie volte e ti chiederai cosa ti è saltato in mente. Bene, questo è quanto. Allora si comincia sul serio. Ricordati che dovrai esercitarti parecchio anche da solo, altrimenti non imparerai. Ti mostro i primi accordi.”

Trascorsero le successive due ore a provare e Dan vide dei microscopici progressi tra il primo e l'ultimo tentativo di Jacob, tuttavia, cercò di moderare l'entusiasmo.

Quando si salutarono Daniel, era abbastanza perplesso riguardo l'esito del pomeriggio.

C'era qualcosa che gli sfuggiva, in Jacob. Qualcosa che non aveva notato ma che gli avrebbe permesso di comprendere quel ragazzino. Forse era tutto dovuto al fatto che si immaginava un piccolo sé in miniatura: un logorroico, noioso, esagerato, ribelle ragazzino di dodici anni, tale e quale era stato lui.

Forse era questo che lo spiazzava, la sensazione di non avere le chiavi per comprendere Jacob Harding.




HOGWARTS

Le ore di Erbologia erano sempre state una tortura per Beth. Riteneva che Erbologia fosse la materia più noiosa che esistesse e, come se non bastasse, le risultava sempre piuttosto difficoltoso prendere parte alle lezioni pratiche. Nonostante gli spessi guanti protettivi che la professoressa Sprite dava loro, le sue mani si ricoprivano comunque di graffi.

Ancora si chiedeva perchè al quinto anno avesse scelto di proseguire. O meglio, ancora si chiedeva perchè al quinto anno anziché dare retta ai sensati consigli di sua madre o alle testimonianze di Hellen, che per poco non perdeva un dito durante un trapianto di Mandragola, aveva seguito quello che quegli squinternati di suo padre, Sirius e Remus definivano il più utile consiglio alla vita. Ovvero, cercare di seguire più lezioni possibili insieme agli amici.

Così, Beth, quando assieme all'esito dei G.U.F.O. Aveva ricevuto il modulo per segnalare quali corsi avrebbe voluto seguire, aveva barrato senza remore la casella di Erbologia.

L'unico risultato, per il momento, era stato l'aumento esponenziale delle cicatrici sulle sue mani.

Maledizione!” imprecò, quando oltre al fiore di Artemisia stava per potare anche il suo dito.

Serve aiuto?” le sorrise Lucas, che aveva imparato che, per la salvezza dell'intera classe, oltrechè per l'incolumità di Beth, era il caso di stare nei paraggi quando l'amica aveva in mano delle cesoie.

Grazie.”gli sorrise, vedendolo prendere il ramo e deturparlo del suo fiore. Avevano coltivato l'Artemisia durante le lezioni di Erbologia e lo scopo era poi utilizzarla per preparare il Distillato della Morte Vivente a Pozioni.

Figurati.” le rispose Lucas, tornando ad attaccare i suoi rami.

Ancora mi chiedo come fai. Io odio questa roba, tu invece, sembri esserci nato, Luke.” sospirò Beth, mettendo le foglie pulite nel cestino alla sua sinistra.

Ciascuno di noi è nato per qualcosa, Beth. Ricordatelo. Dai, lascia giù quelle cesoie che faccio io. Ti passo i rami potati dai fiori, tu togli le foglie e mettile lì dentro. Facciamo di sicuro prima e tu eviti di romperti qualcosa.” le disse Lucas.

Grazie. Forse se avessimo avuto l'Asfodelo sarebbe andata meglio.” Beth guardò all'altro capo dell'aula dove Thomas e Anne, assieme all'altra metà della classe, lavoravano con i rametti di Asfodelo.

Avresti rischiato di tagliarti un dito comunque, Beth.” osservò acutamente Lucas.

Forse. Fortuna che questo è l'ultimo anno che ho a che fare con questo pubblico pericolo. Dovrebbero bandire da Hogwarts una materia così pericolosa!”esclamò Beth, ridendo.

Sì, concordo. Bandire Erbologia e mantenere Difesa. Questo renderebbe la scuola meno pericolosa!” rise Lucas.

Bè, per me di certo!- ribadì Beth- Come va il Quidditch? Siete pronti per la partita?”

Lucas rispose solo dopo un po'. Per quanto lo riguardava andava sempre peggio. La Tirannia di B.B., come l'aveva soprannominata insieme ai ragazzi, proseguiva senza dare tregua.

Come vuoi che vada? B.B. Capisce di Quidditch quanto la mia civetta!” ringhiò.

Beth lo guardò di sottecchi, si aspettava una risposta simile.

Non voleva entrare nel merito della discussione. Bessie Brooke non era certo un mostro di simpatia e sin lì Lucas aveva tutte le ragioni, poteva avere ragione anche a sostenere che la fascia di Capitano avrebbe dovuto essere sua, ma una vita passata a casa Potter, tra suo padre e suo fratello, le aveva insegnato qualcosa di Quidditch. E Bessie Brooke era un'ottima Cacciatrice.

Ascolta, Lucas, lo so che ti meritavi quella fascia. Dovevi essere tu il Capitano, ma prova, sforzati di andarci d'accordo. Altrimenti rovinerai la squadra.”

Lucas la guardò teneramente: Beth era sempre la bambina ingenua che lui aveva conosciuto ad undici anni. Proprio per questo motivo non riusciva a capire come Daniel riuscisse a far entrare il casino che tormentava la sua vita anche in quella di colei che, per lui, restava sempre la piccola Beth.

Se l'amava come diceva, non doveva averne paura.

Bianco o nero. Così era la vita per Lucas.

Vorrei poterlo fare, Beth. Davvero, vorrei essere più simile a voi, ma io sono così. Non ci riesco, a stare zitto.” pensò Lucas, rispondendole con un semplice sorriso.




La Stanza delle Necessità non era mai stata il suo posto preferito, la riteneva sin troppo confusionaria, soprattutto quando ci entravano in quattro con quattro idee diverse di quello che dovrebbe esserci dentro.

Quella sera coesistevano la scrivania di Beth, la poltrona gonfiabile rosa shocking di Anne assieme al suo juke-box, il mini- campo da Quidditch che Lucas voleva per provare qualche schema, il divano su cui Thomas cercava un meritato riposo dopo una notte in bianco.

Il tutto era intervallato da pareti colorate, poster, libri che comparivano e scomparivano, pluffe che si scontravano con i muri, imprecazioni e caos. La Stanza delle Necessità, per quanto la riguardava, non conosceva il significato di Cosmos.

Elisabeth, sbuffando, posò la piuma.

Non è serata per scrivere?” si informò Thomas.

Non è serata per fare niente, questa.” osservò mestamente lei. Stava riprovando a scrivere ma sembrava che l'euforia e le idee fantasiose che la accompagnavano da bambina fossero di colpo scomparse.

Magari è solo la giornata di oggi, Beth. Forse serve solo esercizio. O forse, non puoi scrivere a comando. Devi scrivere quando senti di avere qualcosa da raccontare.” le suggerì Thomas, alzandosi dal suo prezioso e comodo divano per sedersi penzoloni sulla scrivania.

Sai, Thomas, quando ero piccola ero convinta che la prima regola dello scrittore fosse scrivere di ciò che non si conosce. Quindi, via con gli intrighi, i mondi fatati, i pirati, tragiche storie d'amore, gnomi furbacchioni... Ora credo che la prima regola per scrivere bene sia scrivere di cose che si conoscono.” osservò Beth, giocando col polsino del maglione. Si divertiva sempre a bucarli, con buona pace di sua madre che si ritrovava sempre buchi da rattoppare.

Secondo il mio modesto parere, credo tu abbia ragione. Se vuoi rendere vivi i tuoi personaggi, devi per forza parlare di cose che conosci.” disse Thomas.

Sì, ma io di cosa posso parlare? Non è che abbia fatto molte esperienze.” notò Beth.

Non devi per forza scrivere di esploratori o di guerre. Non hai fatto grandi esperienze, è vero, però osservi sempre tutto quello che ci succede. Guardali- indicò Anne e Lucas che si stavano facendo il solletico- non sono forse ottimo materiale, momenti come questi? E' di quello che conosci, che devi scrivere.”

A Beth scappò un sorriso, vedendoli discutere come sempre, colmi di affetto l'uno per altra.

Guardò Thomas, che recava in viso la sua stessa espressione, e pensò che, forse, il suo amico poteva avere ragione. Scrivere di quello che sapeva poteva essere davvero la soluzione per uscire da tutto.

Thomas rise del sorriso di Beth e, osservando ancora una volta l'angolo in cui Anne e Lucas si davano battaglia, pensò, con enorme soddisfazione, che certe cose non sarebbero mai potute cambiare.



Ahi!Ahi! Ahi! Basta, davvero! Luke, basta! Basta, ti prego! Mi stai soffocando! Pesi tre volte me! Levati!” strillava Anne, mentre Lucas proseguiva nel solletico.

Lucas, la guardò, inclinando il volto e scoppiando a ridere. Le porse la mano e la vide rialzarsi, agguerrita.

Ehi, ehi! Calma, iena. Dobbiamo andare, adesso. Thom, è ora.”

Thomas annuì e Beth gli passò il Mantello dell' Invisibilità e la Mappa del Malandrino.

Sicura di non voler venire?”

Beth annuì, ringraziando Thomas dell'offerta. Non poteva vedere Dan, era troppo presto.

Lucas le fece un cenno ed Anne si sedette vicino a lei, armata di “Settimanale delle Streghe.”

Da quando leggi questa roba?” chiese Beth, sbirciando la copertina.

Da quando voglio farmi quattro risate.” Anne alzò le spalle e aprì la rivista.








HOGSMEADE, I TRE MANICI DI SCOPA


Quando Lucas e Thomas arrivarono ai Tre Manici di Scopa, la moto di Dan era già parcheggiata sul retro del locale e, entrando, lo trovarono a scambiare due chiacchiere con Madama Rosmerta, la quale non mancava mai di riempirlo di domande sulla sua intera famiglia.

Daniel fu graziato dall'arrivo dei suoi amici e, afferrate tre Burrobirre, si lanciarono immediatamente ad un tavolo.

Come va?” chiese Dan, esibendosi in un sorriso carico di schiuma bianca.

Thomas e Lucas gli raccontarono un po' della vita ad Hogwarts, di quello che succedeva e non succedeva, delle differenze, dei professori.

Dan ascoltava, annuiva, esprimeva il suo parere ma sentiva quei racconti scivolargli via.

Quelle vicende scolastiche non lo riguardavano più. Le trovava quasi insignificanti, a pensarci bene. Si chiedeva perchè avesse passato anni a rodersi il fegato per cose simili e concluse che, in fondo, c'è un tempo per tutte le cose e, il suo di tempo, era finito.

Che, poi, dico io, Bessie Brooke è quanto di peggio potesse capitare! Capisce di Quidditch quanto la sua Puffola Pigmea!” si stava lagnando ancora Lucas.

Thomas sbruffava, tra un sorso e l'altro e Dan, annuiva, anche se si vedeva chiaramente che stava pensando ad altro.

Luke, premesso che hai tutte le ragioni di questo mondo, non ti rendi conto di combattere contro i mulini a vento?” osservò Thomas, per l'ennesima volta.

Sto pensando al bene di Grifondoro.” obbiettò Lucas.

Luke, non fare casini. Quello che ti stiamo dicendo è di fare boiate di cui ti potresti pentire. Quest'anno ci sono gli osservatori, lo sai.” spiegò Dan, parlando in un modo un po' più comprensibile per Lucas.

Dopo anni e anni a protestare al Dipartimento per i Giochi e gli Sport Magici, la professoressa McGranitt aveva ottenuto la presenza degli osservatori di squadre di Quidditch della Prima Lega alle partite tra i Dormitori di Hogwarts, offrendo così la possibilità ai ragazzi dell'ultimo anno di essere notati.

Daniel sapeva che Lucas era un ottimo portiere e che, magari, avrebbe potuto intraprendere quella strada, se, come faceva notare Thomas, avesse messo da parte la sua passione da zappaterra.

Per il momento, sembrava più interessato agli animali della Foresta Proibita e alle piante delle serre che non ad una pluffa.

Non me ne importa niente degli osservatori, voglio solo essere lasciato in pace, giocare a Quidditch e possibilmente vincere.” precisò Thomas.

Se vai avanti così non otterrai nessuna delle tre cose, Luke. Impara a far prevalere la ragion di stato.” gli suggerì nuovamente Thomas.

Lo so di non essere un grande esempio, Lucas, ma non fare idiozie, tutto qui.” concluse Dan, alzando le spalle.

Lucas roteò gli occhi, pensando che Dan fosse proprio l'ultima persona da cui ricevere paternali.

Comunque ho delle novità!” esordì Dan

Al mio paese c'è un ragazzino che voleva imparare a suonare la chitarra e... bè, sto provando ad insegnarglielo.” confessò imbarazzato.

E com'è?” si informò Thomas, che tra i tre, sentiva di essere quello con meno problemi.

E'... è bho. Vedete, sino ad ora ci sono andato solo due volte, ma è strano, nel senso... ho come l'impressione che Jacob mi consideri una sorta di modello. Ed è strano, perchè... io non sono mai stato il modello di nessuno.”

Sicuro?” ammiccò Lucas, sinceramente felice che le cose per Dan stessero iniziando a girare. Se lo meritava, dopo quello che aveva passato quell'estate.

Non so... è una sensazione piacevole. E' come se sentissi di avere uno scopo... e...- Dan esitò un attimo- ed è bello.” concluse.

Esitò perchè stava per dire un' altra cosa, ma si fermò.

Non era ancora pronto per dirlo, per ammetterlo, per confessare una sorta di mezza – vittoria, mezza-sconfitta. Prima voleva essere sicuro di averlo fatto.

Sembra che siamo un insieme di gente soddisfatta.” commentò Lucas, mentre Thomas sorrideva comprensivo.

Trascorsero l'ora seguente a parlare di tutte le cose che dovevano fare, a ricordare malefatte e imprevisti passati, a programmarne di futuri.

Si lasciarono con la sensazione che niente stava cambiando.

Lucas osservò Dan mettersi il casco, una volta usciti e, istintivamente, lasciò per un attimo Thomas .

Dan!” chiamò.

Dan alzò la testa e lo fissò, curioso.

Lei sta bene.” disse semplicemente Lucas, indicandogli Thomas con la testa.

Dan annuì e sorrise.

Lo immaginava. Era in buone mani. Mani forse migliori delle sue, pensò con amarezza.







MINISTERO DELLA MAGIA, DIPARTIMENTO AUROR


I primi giorni dal suo rientro dalla Grecia, Harry Potter, dopo essere stato accolto con mille festeggiamenti dai colleghi, si era ritrovato a pensare che la fresca aria mediterranea gli aveva fatto dimenticare quanto potesse essere stressante lavorare al Dipartimento Auror.

Dopo due settimane, però, era arrivato a pensare che il suo viaggio di nozze non aveva nulla a che fare con i ritmi del Dipartimento. Prima che partisse, infatti, era ancora concesso avere tempo per respirare.

Gran parte degli Auror più esperti erano passati a diretto rapporto di suo padre e Sirius, quasi che avessero creato una squadra speciale e loro più giovani erano costretti ad un lavoro a ritmi serrati.

Lui e Ron, sotto la sorveglianza del Caporale Giggs, stavano seguendo alcuni casi di omicidio piuttosto simili uno all'altro e che, si sospettava quindi essere opera della stessa persona.

Quel giorno la loro pista li aveva portati a Belfast ed Harry, dopo dodici ore in giro, aveva tutto meno che voglia di scrivere un rapporto.

Ma Ron aveva stilato quello della volta prima, quindi ora toccava a lui.

Sbuffando si appoggiò alla scrivania, mentre il consueto via vai di gente e porte sbattute accompagnava le porte degli uffici di James e di Sirius.

Dannazione, Black quando lo cerchi non c'è mai!” si stava lamentando il burbero Hook, soprannome di Robert Willport, un ispido Auror Scozzese che, a quanto Harry sapeva, aveva sempre mal digerito le fulminee promozioni di suo padre e di Sirius.

E' in giro, Hook. L'ho mandato io con una squadra. Se hai problemi con Black, vieni da me.”aveva replicato secco suo padre, sbattendogli la porta in faccia ed invitandolo ad andarsene.

Incuriosito, Harry, decise che era ora di saperne di più.

Da quando era tornato non aveva visto altro che suo padre e Sirius sommersi di lavoro, chiusi per ore ed ore nel loro ufficio, uscivano raramente e, quando ritornavano al Dipartimento, le loro facce si facevano sempre più scure.

Un paio di volte era comparso Kingsley Shackebolt e altrettante era venuta Madama Bones con alcuni eminenti membri del Ministero.

Suo padre sembrava non dormire decentemente da settimane e la dipendenza di Sirius dalla caffeina era aumentata.

Sospirò. Detestava essere l'ultimo a sapere le cose, quello per principio. Detestava ancora di più, però, essere tenuto all'oscuro di qualcosa che sembrava riguardare l'intera famiglia. Aveva ventitré anni, ormai. Era un suo legittimo diritto sapere.

Si alzò e bussò alla porta dell'ufficio di suo padre.

La targhetta “James C. Potter, Capo Dipartimento” gli faceva sempre venire da ridere; crescere con un padre giocatore di Quidditch e ritrovarselo Capo Dipartimento Auror aveva un che di sinistramente divertente. Senza contare che, nel Mondo Magico, molta gente era ancora perplessa dalla nomina.

James Potter era ricordato come uno strenuo e coraggioso combattente durante la Guerra e al termine di essa gli era stata presentata una carriera al Ministero, che avrebbe potuto essere brillante, ma lui aveva rifiutato, ributtandosi nel Quidditch, accantonato durante quegli anni.

Poi, all'improvviso, aveva abbandonato il Quidditch, diventato un Auror e nominato Capo Dipartimento al pensionamento di Rufus Scrimgeour.

Avanti!” esclamò James, nascondendo immediatamente le carte che aveva davanti alla vista del figlio.

Tutto bene a Belfast, Harry?” chiese, indicandogli la poltrona di fronte alla scrivania.

Sì, sì. Tutto a posto. Abbiamo degli indizi sul nascondiglio. Dovremmo prenderlo. Devo scrivere una relazione, ma penso che lo farò prima di andare a letto. Non credi che sia ora di andare a casa, papà?” Harry gli indicò l'orologio, che segnava le otto passate.

James annuì.

Sì, direi di sì. Ma vedi, ho ancora delle cose da sbrigare. Se tu vuoi andare, vai. Non far aspettare oltre Ginny.” gli consigliò James, stropicciandosi la faccia.

Lily dopo vent'anni era abituata ai suoi mostruosi ritardi, ma Ginny, forse, poteva essere ancora in tempo per salvarsi.

Harry non si mosse.

Papà, che sta succedendo?” chiese, fissando negli occhi il padre, seduto all'altro capo della scrivania.

Appariva stanco come raramente l'aveva visto, sembrava quasi invecchiato in poche settimane.

In teoria non dovrei dirtelo, lo sai questo?” lo apostrofò James, soffermando gli occhi su quel viso simile al suo. Non fosse stato per quella piccola gobba sul naso e per il colore degli occhi, James avrebbe potuto dire di avere davanti se stesso con vent'anni di meno e, in quei tempi, il fantasma di quello che era stato continuava a tormentarlo.

Ma tu me lo dirai, vero? E' un mio diritto, sapere. Lavoro qui. Ma soprattutto sono tuo figlio e merito di sapere cosa sta succedendo.”disse Harry, calcando la voce, come a sottolineare che, proprio perchè era suo figlio, aveva diritto di conoscere la ragione che portava suo padre a lavorare più del dovuto e ad essere così preoccupato.

James annuì, grave.

Non dovresti avere accesso a queste informazioni perchè non rientri nella squadra a cui è stato assegnato questo caso. - James bloccò con una mano le proteste con cui Harry lo stava già investendo- Non rientri nella squadra per mia scelta, è vero, ma perchè è il caso che tu ti ricordi sempre che l'avere tuo padre a capo del Dipartimento non fa di te un privilegiato. Esiste un cursus honorum, qua dentro. Almeno, esiste per quanto mi riguarda. Hai la tua gavetta da fare, le tue capacità da dimostrare e non solo a me, ma a tutti. Tutti devono imparare a conoscerti, vedere la tua autorità come una autorità indiscussa. E' così che si va avanti, è così che si assumono incarichi di responsabilità. Sapevi sin dall'inizio che non ti avrei concesso favori, vero?”

Harry annuì, senza ancora capire dove suo padre volesse andare a parare. Si era lamentato più volte per i compiti che gli erano stati assegnati. Sapeva di dover fare gavetta, era giusto così, ma aveva l'impressione che lo tenessero sotto una campana di vetro.

Da quando era riuscito ad affrontare la situazione con James, l'entità dei suoi incarichi era cresciuta e gli sembrava di aver raggiunto, finalmente, la considerazione che meritava. Infatti, per quanto riguardava il presente, le uniche sue motivazioni erano quelle di un figlio a cui viene nascosto qualcosa di troppo importante.

Lo so. Se sono qui è perchè, come figlio, voglio sapere cosa sta succedendo. Credo che mi sia dovuto.” precisò Harry.

James sorrise.

Infatti. Ti è dovuto. Avremmo dovuto parlartene prima, Harry, hai ragione. Che Sirius con Dan faccia quello che crede, ma io e la mamma avremmo dovuto parlartene prima. Dovremmo dirlo anche a tua sorella, in effetti.- James sospirò e riprese a parlare.- Nel Dicembre dell' 80 i Mangiamorte hanno incendiato il villaggio di Quethiock con l'Ardemonio. Nessun sopravvissuto.”

Tu c'eri?” sussurrò Harry, inorridendo al pensiero di case e persone bruciate da quel fuoco inestinguibile.

James scosse la testa.

No, Harry. Né io né la mamma andammo a Quethiock. Ci stavamo già nascondendo.”

Harry annuì. Sapeva dai racconti dei suoi genitori quello che avevano rischiato per proteggerlo.

E cosa c'entra Quethiock col presente?”

Non furono mai trovati i responsabili e, ora grazie a nuovi elementi, abbiamo dei nomi. I fratelli Lestrange, Rosier, che è morto poco dopo, e Peter Minus.” concluse James, pronunciando quel nome tutto d'un fiato. Prima lo diceva, meglio era.

Restarono in silenzio, guardandosi l'un l'altro. James attendeva la reazione di Harry, Harry voleva che suo padre accrescesse le spiegazioni.

Peter Minus?- sillabò- Quel Peter Minus?”

Quanti altri Peter Minus credi che io conosca, Harry?” lo interrogò beffardo James.

E?” lo incalzò il figlio, senza far caso alla provocazione.

E niente. Pare che ci sia coinvolto. Ci sarà un processo, sarà dimostrata la sua colpevolezza e il Bacio del Dissennatore sarà la pena.”concluse James, giocando con gli occhiali.

Gli sta bene.” sentenziò Harry, duro. James lo ammonì con un'occhiata severa.

Papà, ha cercato di ucciderci! Ha cercato di uccidervi! Vi fidavate di lui, e vi ha venduto a Voldemort! Azkaban non è abbastanza per gente del genere!” esclamò Harry, con un disprezzo che raramente gli si era sentito nella voce.

Il Bacio di un Dissennatore è peggio della morte, Harry.” gli ricordò James.

Se lo merita.” osservò Harry, ancora pieno di rabbia, senza riuscire a capire come suo padre potesse essere così calmo o meglio, era come se fosse in pena per le sorti di quell'uomo che senza remore aveva venduto lui e la sua famiglia a Voldemort.

Se lo merita? Nessuno merita una sorte del genere, Harry. Nemmeno il tuo peggior nemico. E, mi spiace dirlo, ma Peter Minus era mio amico. Non lo perdono per quello che ha fatto, ma privarlo della sua anima non mi sembra la soluzione. Le cose non sono mai bianche o nere, ragazzo mio, spesso sono grigie.” osservò James, con una lucidità che spiazzò suo figlio.





Buonasera a tutti, sono in ritardo come al solito. Chiedo scusa.

Questa rivelazione finale è stata inserita perchè... perchè vorrei un confronto tra i Malandrini. Tra i Quattro Malandrini, perchè quattro erano.

Spero vorrete seguirmi in questo tortuoso percorso.

Ringrazio: Bellis, Alohomora, Princess Marauders, Padfoot_07, Lulu Cullen, Devijina, ginny_

e Potter92 per le recensioni. Vi risponderò presto via e-mail, se per voi non è un problema.

A presto.














  
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